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Cassazione Civile 23482/2017 – L’oggetto del negozio transattivo

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Ordinanza 23482/2017

L’oggetto del negozio transattivo

L’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacchè la transazione – quale strumento negoziale di prevenzione di una lite – è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile.

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23482   (CED Cassazione 2017)

Articolo 1965 c.c. annotato con la giurisprudenza

 

 

RILEVATO

che:

l’Enfap Friuli Venezia Giulia propone ricorso, affidato a tre motivi, nei confronti della (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la decisione di primo grado, con cui era stata accolta l’eccezione della convenuta fondata sulla transazione intervenuta fra le parti in merito al rapporto bancario già intercorso fra le parti;

la parte intimata resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

il primo motivo del ricorso, con il quale si deduce la violazione degli articoli 1350, 1362, 1366, 1988 e 2697 cod. civ. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è infondato, in quanto la Corte di appello ha qualificato il negozio giuridico intervenuto fra le parti in forma scritta, mediante proposta ed accettazione, come transazione, sulla base della corretta applicazione del canone ermeneutico dettato dall’articolo 1362 cod. civ., avuto riguardo, da un lato, all’inequivocabile tenore della missiva della ricorrente in data 4 dicembre 2006, in cui, indicata la propria posizione debitoria, si propone il pagamento di una determinata somma, “dietro sottoscrizione di apposita transazione”, e, dall’altro, alla risposta della banca circa la disponibilità “ad accettare il pagamento dell’importo di Euro 621.190,77 a saldo e stralcio della maggior esposizione debitoria derivante dall’apertura di credito citata in oggetto”;

che correttamente è stato ravvisato nell’accordo così raggiunto un negozio di natura transattiva, avuto riguardo alle reciproche concessioni delle parti al fine di prevenire una lite;

l’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacchè la transazione quale strumento negoziale di prevenzione di una lite – è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile (Cass., 14 gennaio 2005, n. 690);

il secondo mezzo, con il quale si deduce omessa motivazione su un punto decisivo della lite ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è in parte inammissibile ed in parte infondato;

quanto al primo profilo, deve richiamarsi la nuova formulazione, applicabile nella specie “ratione temporis”, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso già chiarito da questa Corte (Cass., Sez. un., n. 8053 del 2014), secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione;

deve poi rilevarsi che non vengono in considerazione aspetti di natura fattuale, bensì argomenti attenenti alla qualificazione giuridica del contratto, in relazione ai quali non è predicabile il vizio di motivazione;

del pari infondata è la terza censura, con cui si denuncia la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. per non essersi esaminati gli aspetti dedotti dall’appellante per affermare l’insussistenza del negozio transattivo, in quanto è pacifico che il giudice non viola il precetto contenuto nella norma invocata allorchè renda la pronuncia richiesta sulla base di una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti (Cass., 24 marzo 201.1, n. 6757; Cass. 25 settembre 2009, n. 20652);

le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 100,00, di cui euro per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13.

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