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Cassazione Civile 23582/2023 – Regolamento di condominio – Previsione nel regolamento della riserva di proprietà di un piano da parte della venditrice del complesso con esclusione dalle tabelle millesimali – Modificabilità a maggioranza ex art. 1136, comma 2, cc

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Ordinanza 23582/2023

Regolamento di condominio – Previsione nel regolamento della riserva di proprietà di un piano da parte della venditrice del complesso con esclusione dalle tabelle millesimali – Modificabilità a maggioranza ex art. 1136, comma 2, cc

In tema di condominio, la previsione, nel regolamento, della riserva di proprietà di un piano da parte della venditrice del complesso, con esclusione dalle tabelle millesimali, non ha natura contrattuale, poiché non si tratta di clausola limitatrice dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, o attributiva ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri; ne consegue che tale clausola può essere modificata mediante una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 2, c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva rigettato la domanda di nullità della deliberazione assembleare di modificazione dei criteri di ripartizione delle spese condominiali ed aveva negato la natura contrattuale del regolamento condominiale che escludeva dal computo dei millesimi e dalle spese l’immobile di cui la venditrice del complesso si era riservata la proprietà).

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 02/08/2023, n. 23582   (CED Cassazione 2023)

Art. 1123 cc (Ripartizione delle spese)

Art. 1136 cc (Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni)

Art. 1138 cc (Regolamento di condominio)

 

 

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), in qualità di legale rappresentante del Centro
Sportivo (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), (OMISSIS) e
(OMISSIS) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di
Roma il condominio di Via (OMISSIS), per sentir dichiarare nulla
ed inefficace la delibera adottata in data 5.11.2004, con la quale
venivano posti a loro carico gli oneri condominiali dei piani piloty dei
villini A, B, C, D. In particolare, gli attori esposero di essere
proprietari dei piani piloty e che, secondo il regolamento
condominiale, avente natura contrattuale in quanto adottato da tutti i
condomini con sottoscrizione dell’atto notarile, non erano tenuti a
partecipare alla ripartizione delle spese. Dedussero, in particolare
che, ai sensi dell’articolo 29 del citato regolamento, la società
venditrice si era riservata la proprietà dei piani dei piloty e si era
obbligata, solo in caso di utilizzazione degli stessi, a procedere al
calcolo dei millesimi con conseguente variazione delle tabelle.
Si costituì il Condominio per resistere alla domanda e, in via
riconvenzionale, chiese, ai sensi dell’articolo 69 disposizioni attuative
cc, la revisione o la modifica delle tabelle e per l’effetto, l’attribuzione
ai piani piloty del valore millesimale.

Il Tribunale dichiarò la nullità della delibera nella parte in cui aveva
posto a carico degli attori il pagamento degli oneri condominiali,
osservando che l’articolo 29 del regolamento condominiale prevedeva
l’esonero per i proprietari dei piani piloty dal pagamento degli oneri
condominiali nonché l’obbligo della società costruttrice di procedere
alla revisione delle tabelle millesimali in caso di mutamento della
destinazione delle unità escluse dalle ripartizioni. Nel caso di specie,
le tabelle vigenti non attribuivano valore ai piani piloty e non
potevano essere modificate se non con il consenso unanime dei
condomini o per atto dell’autorità giudiziaria a norma dell’articolo 69
delle disposizioni attuative del codice civile.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 14.11.2017, in riforma
della sentenza di primo grado, rigettò la domanda di nullità della
delibera, ritenendo valida l’approvazione della modifica adottata a
maggioranza dei condomini sul presupposto che l’atto di
approvazione delle tabelle rientrasse nella categoria dei negozi di
accertamento.

Per la cassazione della sentenza d’appello (OMISSIS), in
qualità di legale rappresentante del Centro Sportivo (OMISSIS) s.r.l.,
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno
proposto ricorso sulla base di un unico motivo.

Il Condominio di Via (OMISSIS), ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie
illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità
del ricorso per tardività perché notificato a mezzo PEC alle 22.14
dell’ultimo giorno utile e non entro le h.21.00, come prescritto
dall’art.16 septies del D. L. n.179 del 2012 e dall’art.147 c.p.c.

La Corte Costituzionale, con sentenza del 9.4.2019, n.75, ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.16 septies del D.L.
18.10.2012, n.179, conv., con modif., nella L. 17.12.2012, n.221,
nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità
telematiche, la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21
ed entro le ore 24, si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno
successivo, anziché al momento di generazione della predetta
ricevuta. Il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta,
infatti, introdotto allo scopo di tutelare il destinatario, per
salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21
alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a
controllare la propria casella di posta elettronica; il che giustifica,
secondo il giudice delle leggi, la fictio iuris, contenuta nella seconda
parte della norma in esame, per cui il perfezionamento della notifica
— effettuabile dal mittente fino alle ore 24 — è differito, per il
destinatario, alle ore 7 del giorno successivo. Ma non anche giustifica
la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della
notifica nei riguardi del mittente, al quale — senza che ciò sia
funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante
che il mezzo tecnologico lo consenta — viene invece impedito di
utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa:
termine che l’art.155 c.p.c. computa «a giorni» e che, nel caso di
impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte
dell’ultimo giorno.

Del principio affermato dalla Corte Costituzionale ha fatto
applicazione Cassazione civile sez. I, 18/01/2022, n.1383, ribadendo
che l’art. 147 c.p.c. è funzionale alla tutela del diritto al riposo del
destinatario, diritto che non è lambito né tantomeno infranto
dall’effettuazione di una notificazione telematica, la qual cosa indice a
reputare, nell’ottica dell’interpretazione costituzionalmente orientata,
l’inapplicabilità quoad tempus dell’art. 147 c.p.c., alle notificazioni
telematiche, e l’applicabilità della regola generale in forza della quale
i termini per le impugnazioni sono stabiliti a mesi o a giorni, sicché la
loro scadenza va fissata alle 24:00 dell’ultimo giorno utile.

Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la “violazione o falsa
applicazione di norme di diritto. Art. 360 co 1 n. 3 e art. 29
regolamento condominiale di natura contrattuale”; i ricorrenti
censurano la statuizione della Corte d’appello in ordine alla possibilità
di modificare, mediante delibera adottata a maggioranza, la
ripartizione delle spese, previste sulla base delle quote millesimali,
derogando al regolamento condominiale di natura contrattuale. Si
sottolinea come la Corte abbia contraddittoriamente riconosciuto da
un lato la possibilità che il condominio potesse, a maggioranza
semplice, determinare una nuova ripartizione delle spese in deroga al
regolamento condominiale di natura contrattuale e dall’altro,
riconoscere la piena validità dell’articolo 29 del regolamento
condominiale, che prevede l’esonero, per i proprietari dei piani piloty,
dal pagamento degli oneri condominiali. Secondo i ricorrenti, il
criterio di ripartizione delle spese condominiali è liberamente
derogabile per convenzione purché previsto in un regolamento
contrattuale o in una convenzione sottoscritta da tutti i condomini
originari, stante la natura contrattuale del regolamento, come
riconosciuta tanto dal giudice di prime cure quanto dal giudice
d’appello.

Il motivo è inammissibile perché elude la ratio decidendi, fondando la
possibilità di modificare la ripartizione delle spese con la maggioranza
di cui all’art.1136 c.c. sulla natura non contrattuale del regolamento
di condominio.

Questa Corte, ha chiarito che le clausole dei regolamenti condominiali
predisposti dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed
allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché
quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime
di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si
tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà
esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori
diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso
dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che,
mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate
soltanto dall’unanimità dei condomini e non da una deliberazione
assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima
natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono
modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza
prescritta dall’art. 1136, c, 2, c.c. (Cassazione civile sez. un.,
30/12/1999, n.943).

Nella recente pronuncia (Cassazione civile sez. II, 09/08/2022,
n.24526) è stato ribadito che le norme del regolamento che hanno
natura contrattuale e possono essere modificate solo all’unanimità
sono le clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà
esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori
diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso
dei beni comuni, hanno natura regolamentare e sono modificabili a
maggioranza.

Nel caso di specie, l’art.29 del Regolamento di condominio con cui la
società venditrice si riservava la proprietà dei piano piloty, privi di
valore millesimali, e si obbligava, in caso di utilizzazione degli stessi,
a procedere al calcolo degli stessi, con conseguente variazione delle
tabelle, in funzione della variata destinazione di tali beni, non ha
natura contrattuale in quanto non si tratta di clausola limitatrice dei
diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero
attributiva ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri.

Ne consegue che detta clausola, in relazione alla disciplina delle
spese, poteva essere modificata da una deliberazione adottata con la
maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 2, c.c.

La natura contrattuale del regolamento condominiale non si estende,
infatti, alle tabelle millesimali, la cui finalità è quella di tradurre la
proprietà in frazioni millesimali (Cassazione civile sez. un.,
09/08/2010, n.18477).

E’ stato più volte affermato da questa Corte che, in tema di
condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di
quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la
conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il
consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la
maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2 c.c. (Cassazione
civile sez. II, 25/10/2018, n.27159; Cassazione civile sez. II,
10/03/2020, n.6735).

Tale principio è stato affermato con nitidezza da questa Corte con
riferimento sia all’atto di approvazione delle tabelle millesimali che a
quello di revisione delle stesse; è, infatti, sufficiente la maggioranza
qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta
l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente
ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, la
tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al
regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella
“diversa convenzione”, di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., rivelando la
sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei
condomini (v. nn. 20888/23 e 6735/20).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis
dello stesso art.13, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al
pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art.
13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione
civile della Corte di cassazione, in data 14 aprile 2023.