Ordinanza 23650/2022
Ricorso per Cassazione – Motivi del ricorso – Motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – Presupposti
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per Cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Ordinanza 28-7-2022, n. 23650
Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione) – Giurisprudenza
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n. 20/2021 resa pubblica in data 1.2.2021, ribaltando l’esito del giudizio di primo grado svoltosi davanti al Tribunale Regionale per la Regione Sicilia, ha respinto la domanda proposta da (OMISSIS) e dagli altri proprietari in epigrafe indicati per conseguire nei confronti del convenuto (OMISSIS) e degli Assessorati Regionali chiamati in causa, il risarcimento dei danni provocati ai loro fondi dall’esondazione del canale (OMISSIS) nel territorio comunale di (OMISSIS) il (OMISSIS).
Per giungere a tale conclusione il Tribunale Superiore, per quanto ancora interessa in questa sede, ha rilevato:
– che dall’esame della consulenza tecnica di ufficio svolta unitariamente da un agronomo e da un ingegnere idraulico) eseguita dopo quasi un anno dall’evento, considerata anche l’assenza di un tempestivo accertamento tecnico preventivo, non era emersa nessuna prova dei danni lamentati;
– che i due consulenti tecnici avevano escluso il deprezzamento dei fondi;
– che non erano condivisibili i danni accertati solo presuntivamente;
– che neppure ricorrevano le condizioni per una valutazione in via equitativa, mancando addirittura la prova dell’an debeatur;
– che l’appello incidentale spiegato dagli attori (contro la pronuncia di condanna alle spese di lite in favore dell’Assessorato Regionale) era da considerarsi tardivo, perchè proposto in violazione delle prescrizioni dell’art. 343 c.p.c., norma applicabile anche ai giudizi in materia di acque pubbliche.
3 Contro tale sentenza i soccombenti propongono ricorso davanti alle Sezioni Unite della Corte, affidato a tre censure, contrastate con separati controricorsi dal Consorzio e dall’Assessorato Regionale.
I ricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Col primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di più fatti decisivi, rappresentati da “fatti storici e più punti basilari e decisivi della CTU” che avrebbero portato al rigetto dell’appello. Dopo avere evidenziato l’erronea qualificazione dei corsi d’Acqua (OMISSIS) e (OMISSIS) come canali, nella causa di danno temuto promossa subito dopo l’allagamento del 2017, con cui era stato ingiunto al Consorzio di eseguire la manutenzione dei predetti canali. Altro omesso esame riguarderebbe, ad avviso dei ricorrenti, la sentenza delle SSUU n. 32726/2018, costituente “giudicato interno” sulla natura di canali di bonifica ed irrigazione, soggetti alla manutenzione del Consorzio.
Ancora, i ricorrenti si dolgono dell’accoglimento, da parte del TSAP, del quinto motivo di appello del Consorzio (riguardante solo l’entità della quantificazione dei danni) senza avvedersi che già con l’atto introduttivo era stato richiesto un accertamento tecnico preventivo e senza avvedersi che la consulenza tecnica di ufficio aveva accertato i danni (perdita del 30% delle arance per l’anno in corso e del 1 5 % per quello successivo per le cattive condizioni degli alberi allagati), confermando la relazione del tecnico di parte. Altra critica si incentra sull’inutile richiamo alla valutazione equitativa (peraltro esclusa), a fronte di una chiara prova dei danni, in violazione dei principi costituzionali e della CEDU sulla tutela della proprietà privata.
Il motivo è infondato.
Come già affermato da queste SSUU con la sentenza n. 8053/2014, (richiamata, peraltro, dagli stessi ricorrenti), l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831).
Nel caso in esame, la critica, a ben vedere, si incentra sulla valutazione di elementi istruttori, quali appunto le relazioni di consulenza tecnica, oppure sul mancato esame del contenuto di provvedimenti giurisdizionali (v. in particolare pag. 12 ricorso si richiama un’ordinanza emessa in giudizio cautelare ed una pronuncia di legittimità), ma non considera invece che l’unico fatto storico decisivo da esaminare da parte del Tribunale Superiore era l’esistenza di danni ai fondi dei ricorrenti come diretta conseguenza dell’omessa manutenzione del canale (OMISSIS) e il giudice di appello l’ha esaminato ed escluso con congrua motivazione sotto il profilo della mancanza di prova: ed infatti (v. pagg. 11 e ss. sentenza impugnata), è stato accertato, con apprezzamento in fatto certamente qui non sindacabile, che in atti nessuna prova sussiste dei danni lamentati e che “quanto alla dedotta esondazione nei fondi e alla sua durata” manca persino ogni elemento nella perizia di parte circa “l’effettiva entità della permanenza dello stato di sommersione dei suddetti fondi” e che le foto realizzate dal consulente di parte, presumibilmente circa 10 giorni dopo l’evento, mostravano che la condizione dei luoghi era quasi totalmente tornata alla normalità ad appena dieci giorni dall’evento, mentre i fondi che dalle foto apparivano ancora allagati, lo erano solo a causa della assenza di adeguate opere di regimentazione e scolo delle acque meteoriche e a causa del fatto che il terreno era sottomesso rispetto alla strada poderale, laddove, invece, altri proprietari si erano opportunamente cautelati realizzando opportune opere di presidio idraulico ed avendo il CTU evidenziato che l’evento piovoso si esaurì nell’arco di qualche ora.
Ancora, il giudice di merito ha rilevato, sempre, con apprezzamento in fatto e sulla scorta dei rilievi peritali, che i terreni erano abbandonati da anni per mancata potatura ed omesse cure colturali e che sempre i consulenti tecnici avevano negato il sollevamento di molti metri del fiume (OMISSIS) (come invece asserito dal CT di parte), precisando che di solito le esondazioni lasciano sul suolo evidenti tracce di materiale vegetale e corpi estranei, mentre nel caso in esame in tutte le aziende agricole ispezionate non si erano notati grossi depositi di limo e quant’altro. E ancora, il TSAP ha escluso la prova di un minor raccolto evidenziando, a parte la mancata produzione di documenti contabili per dimostrare la contrazione dei profitti, anche il fatto che gli stessi consulenti tecnici avevano utilizzato continuamente il periodo ipotetico.
Lo stesso dicasi per le anticipazioni per la semina e per sistemazione terreno mentre, quanto al nesso causale, sono state evidenziate dal TSAP anche le avverse condizioni climatiche, caratterizzate da temperature estreme. E ancora, sempre il giudice di merito, ha accertato una serie di opere di alterazione della sagoma del canale, ritenute rilevanti ai sensi dell’art. 1227 c.c..
Ha poi osservato il TSAP che i dati desunti dai CTU erano stati ricavati da una consulenza tecnica di parte ritenuta in più occasioni inattendibile ed ha evidenziato il mancato ricorso, da parte degli appellati, allo strumento dell’accertamento tecnico preventivo prima della proposizione del giudizio. Ha quindi concluso per l’insussistenza delle condizioni per un risarcimento, neppure in via equitativa.
Come si vede, si è in presenza di un tipico giudizio di fatto, frutto di valutazione degli elementi istruttori, e come tale insindacabile in questa sede, a meno di non stravolgere la natura del giudizio di legittimità.
2 Col secondo motivo i ricorrenti denunziano la violazione del Regio Decreto n. 1775 del 1933, art. 200, lettera b) per avere il Tribunale Superiore deciso in contrasto con altre sentenze passate in giudicato tra le stesse parti. Richiamano al riguardo l’art. 517, n. 8 del precedente c.p.c., coevo al Regio Decreto n. 1775 del 1933.
Il motivo è inammissibile.
A parte il palese difetto di specificità della censura (art. 366 c.p.c., n. 6) laddove, nel denunziare la violazione di asseriti giudicati, ci si limita a menzionare solo gli estremi delle altre pronunce senza però trascriverne – quanto meno nei passaggi rilevanti – il contenuto (cfr. ricorso pagg. 3,4,9 e 15 del ricorso), è sufficiente rilevare che nel caso in esame oggi non si discute della qualificazione del canale (OMISSIS) (se, cioè, si tratti di un corso d’acqua naturale o di un canale artificiale di bonifica e di irrigazione con tutte le conseguenze in tema di legittimazione passiva nelle azioni risarcitorie): la sentenza impugnata ha infatti accolto il quinto motivo di appello, cioè quello avente ad oggetto proprio la sussistenza dei danni ai terreni degli appellati (odierni ricorrenti) in occasione dell’evento piovoso del (OMISSIS).
è allora evidente che le pronunce oggi richiamate dai ricorrenti, riferendosi ad eventi pregressi (accaduti nel (OMISSIS), per espressa ammissione in ricorso a pag. 15), portano necessariamente ad escludere in radice che gli accertamenti compiuti in quelle diverse vicende sulla prova dei danni possano formare giudicato nel caso in esame, relativo all’evento piovoso del gennaio 2017: l’asserito contrasto di giudicati, dunque, non sussiste.
3 Col terzo ed ultimo motivo i ricorrenti denunziano la violazione del Regio Decreto n. 1775 del 1933, art. 200, lettera b) e art. 158, comma 2 rimproverando al Tribunale Superiore di avere errato nel dichiarare la tardività del loro appello incidentale sulla condanna alle spese in favore dell’Assessorato Regionale. Osservano in proposito che i richiami giurisprudenziali contenuti nella impugnata sentenza si riferiscono al giudizio ordinario e quindi si rivelano inappropriati anche perchè il Regio Decreto n. 1775 del 1933, art. 155 prevede il termine breve tra la notifica del ricorso e la comparizione delle parti, mentre l’art. 156 prevede il termine di 5 giorni prima di quello indicato in citazione per iscrivere la causa a ruolo e l’art. 158 autorizza il convenuto “a dare la risposta con le sue difese fino alla prima udienza, se non vi abbia provveduto con controricorso”.
Il motivo è infondato.
La questione posta col motivo in esame non è nuova. è stato infatti già affermato che nel procedimento d’appello davanti al Tribunale Superiore delle acque pubbliche deve ritenersi consentita, in difetto di diversa previsione e di ragioni d’incompatibilità, la proposizione di gravame incidentale, alla stregua del rinvio alle norme del codice di rito contenuto nel Regio Decreto n. 1775 del 1933, art. 208; ne consegue che, nel giudizio di secondo grado, si applica il disposto dell’art. 343 c.p.c., avuto riguardo anche all’individuazione dei modi e tempi di costituzione, con conseguente applicabilità delle decadenze derivanti dalla loro inosservanza.
Tenuto conto di questo inquadramento, anche con riferimento alla proposizione dell’appello incidentale avanti al TSAP, ai fini della tempestività della costituzione dell’appellato che intenda avanzare anche detto gravame in via incidentale, occorrerà porre riferimento all’udienza indicata nell’atto di appello principale (Sez. U, Sentenza n. 16979 del 25/06/2019 Rv. 654370 anche in motivazione a pagg. 8 e 9).
Nel caso in esame, i ricorrenti – è bene sottolinearlo – non indicano neppure quale fosse la data fissata nell’atto di appello per l’udienza e quindi quale fosse il termine di comparizione concesso dal Consorzio, così contravvenendo ancora una volta all’onere di specificità del motivo (cfr. in proposito, sulla rituale proposizione delle censure per errores in procedendo, tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012 Rv. 622361); e in definitiva, non si confrontano con la citata pronuncia emessa proprio in un caso di appello incidentale davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche depositato il giorno stesso dell’udienza (v. pag. 9 sentenza SSUU n. 16979/2019 cit.)
La decisione impugnata, pertanto, non merita neppure quest’ultima censura, essendosi attenuta al principio di diritto affermato da questa Corte.
Il ricorso va, dunque, respinto, con inevitabile addebito di spese alla parte soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater-, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5.000,00 in favore di ciascuno dei due controricorrenti, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge nella misura del 15% in favore del Consorzio ed oltre spese prenotate a debito in favore dell’Assessorato Regionale.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.