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Cassazione Civile 238/2023 – Deposito telematico atto di citazione – Errore all’esito dei controlli della cancelleria – Rinnovazione per rimessione in termini

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Ordinanza 238/2023

Deposito telematico atto di citazione – Errore all’esito dei controlli della cancelleria – Rinnovazione per rimessione in termini

In tema di deposito telematico di un atto processuale, la presenza, all’esito dei controlli della cancelleria, di un “errore fatale” che, non imputandosi necessariamente a colpa del mittente, esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico, impedendo al cancelliere l’accettazione del deposito, oltre a consentirne l’eventuale rinnovazione con rimessione in termini, non determina effetti invalidanti, quando vi sia il pieno raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c..

Cassazione Civile, Sezione 6-Lavoro, Ordinanza 5-1-2023, n. 238   (CED Cassazione 2023)

 

 

RILEVATO CHE

1. Ma. Br., impiegato direttivo del Comune di San Nicola dell’Alto, dopo avere ottenuto un primo accertamento – con sentenza passata in giudicato – del suo demansionamento (sentenza 1834/2001 del Tribunale di Crotone) ha poi agito per ottenere l’adibizione a mansioni confacenti al livello di appartenenza ed al risarcimento del danno;

2. è quindi intervenuta altra sentenza (1178/2005, sempre del Tribunale di Crotone), anch’essa passata in giudicato, che ha riconosciuto il danno professionale, esistenziale e biologico fino al 19.2.2004;

3. il Br. ha quindi ulteriormente agito nel presente processo per il riconoscimento del danno maturato successivamente a quella data, attribuitogli in primo ed in secondo grado, con sentenza di appello poi cassata da questa S.C.;

4. la Corte d’Appello di Catanzaro, quale giudice del rinvio, ha confermato l’accoglimento della domanda risarcitoria, ma solo fino al giugno 2005, perché essa ha ravvisato nella sopravvenuta delibera del 3.6.2005 una decisione idonea a collocare ed avviare il ricorrente a mansioni adeguate rispetto alla categoria D di appartenenza;

5. con la medesima sentenza è stato poi confermato anche il rigetto della domanda di risarcimento del danno biologico, già disattesa fin dal primo grado del processo;

6. Ma. Br. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, resistiti da controricorso del Comune e di Giuseppe Greco, quest’ultimo integrato anche da ricorso incidentale;

7. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata; 8. il ricorrente ha infine depositato memoria illustrativa.

CONSIDERATO CHE

1. il primo motivo del ricorso principale deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), con riferimento all’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 ed al CCNL di riferimento, oltre a violazione dei principi dettati dalla Corte di Cassazione nella sentenza rescindente da cui è scaturito il giudizio di rinvio, infine pervenuto alla pronuncia qui impugnata;

2. il motivo assume che si sarebbe avuta una mancata e/o errata ricostruzione del contenuto delle mansioni assegnate nel periodo dedotto in giudizio (febbraio 2004 – febbraio 2007), anche in ragione dei provvedimenti assunti dalla P.A. datore di lavoro, il tutto con errata operazione di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 5, c.p.c.;

3. il ricorrente sostiene, in particolare, che quanto argomentato dalla Corte territoriale sulla nuova delibera del giugno 2005 non sarebbe corretto, perché essa non apportava alcun elemento di novità rispetto alle precedenti attività, sottolineando come non si potesse ragionare in termini di mera coerenza astratta tra mansioni ed inquadramento, senza considerare come le funzioni attribuite continuassero a non prevedere la direzione di un ufficio e la rilevanza esterna dell’attività;

4. il motivo prosegue rimarcando come le prove raccolte rendessero evidente come solo in seguito alla determinazione del 14.2.2007, con la quale il ricorrente venne identificato come Responsabile dell’Ufficio Urbanistica-Manutenzione servizi a rete, vi fosse stato il recupero di funzioni coerenti con quelle spettanti, senza contare l’avere la Corte di merito trascurato i comportamenti di emarginazione tenuti nel tempo dal Comune;

5. il motivo prosegue ancora mettendo in evidenza come le delibere 3.6.2005 e 12.5.2006, valorizzate dalla Corte del rinvio , fossero in realtà analoghe a quelle precedenti, rispetto alle quali i giudizi svoltisi inter partes avevano ritenuto, con efficacia di giudicato, l’inidoneità ad un corretto adempimento agli obblighi datoriali;

6. i motivi dal secondo al quinto denunciano, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione delle stesse norme (artt. 101 cost., 115, 116 e 421 c.p.c. e 139 d.lgs. 209/2005) e si riferiscono alle precedenti pronunce interpartes già passate in giudicato;

7. in particolare viene denunciato il contrasto con il giudicato riveniente dalla sentenza n. 1178/2005, per mancata attribuzione del danno biologico (secondo motivo) e del danno esistenziale già riconosciuti in quella pronuncia (terzo motivo), rimarcandosi come al limite quel precedente avrebbe dovuto eventualmente essere valorizzato come elemento presuntivo per raggiungere analoghe conclusioni in questa sede;

8. analoga violazione del giudicato è denunciata rispetto alla sentenza inter partes 1834/2001 (quarto motivo), richiamandosi quanto in essa argomentato rispetto all’adibizione del ricorrente all’Ufficio manutenzione servizi a rete, quale mansione carente di contenuti professionali effettivi e comportante un sostanziale svuotamento di compiti ed ancora con l’ultimo motivo si richiama nuovamente la sentenza 1178/2005, sostenendo che nel presente processo non bisognasse «semplicemente capire se le mansioni assegnate a partire dalla deliberazione n. 65 del 3.06.2005 erano o meno conformi alla classificazione in astratto prevista dal CCNL di riferimento … ma verificare se al Dott. Br. era stata finalmente riconosciuta la sua originaria posizione di Capo Ufficio o altra mansione equivalente»;

9. i motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione, secondo l’ordine logico-giuridico delle questioni;

10. va intanto richiamato, perché consolidato e qui condiviso, il principio per cui «in tema di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all’art. 2103 c.c.» (C. 18817/2018; C. 7106/2014; C. 18283/2010);

11. è dunque sterile l’insistenza del ricorrente sugli specifici contenuti professionali dei precedenti incarichi, in quanto ciò che conta è l’idoneità formale, rispetto alle declaratorie, di quelli successivamente attribuitigli;

12. la Corte di merito ha preso le mosse dal fatto che con la delibera del giugno 2005, il Br. era stato «nominato responsabile del procedimento relativamente all’istruttoria delle pratiche dell’Ufficio Urbanistica, con il compito di predisporre tutti gli atti necessari per il rilascio del permesso a costruire, per l’istruttoria delle domande di sanatoria, per la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia. Si specifica che per ogni pratica deve redigere una relazione nella quale indica la qualificazione tecnico giuridica , la sua valutazione di conformità alla normativa vigente, la formulazione di una proposta motivata per l’emanazione del provvedimento conclusivo che rimane di competenza del responsabile dell’area», aggiungendo poi che con la delibera del 12.5.2006, il ricorrente fu «nominato responsabile del procedimento di tutte le pratiche afferenti la manutenzione dei servizi a rete provveditorato, con il compito di predisporre tutti gli atti amministrativi e tecnici, nonché attività di ricerca ed elaborazione dati ai fini di predisposizione di progetti per la realizzazione e/o manutenzione di edifici impianti e infrastrutture, gestione dell’inventario dei beni immobili, definizione analisi funzionali e macroanalisi dei servizi da automatizzare, disegno della struttura informativa di eventuali progetti, effettuazione rilevazione e controllo rete trasmissione dati, sviluppo e manutenzione reti, coordinamento di LSU, coordinamento delle ditte che hanno in appalto i servizi comunali, recepimento di istanze evidenziate dall’ufficio di polizia municipale, gestione unitamente al responsabile dell’area tecnica, delle relazioni organizzative interne e/o tra unità di organizzazione diverse da quelle di appartenenza, in maniera negoziale e complessa, formulazione al responsabile dell’area tecnica di una proposta motivata per l’emanazione del provvedimento conclusivo»;

13. essa ha quindi evidenziato come la distinzione tra la categoria D e la categoria C «non può farsi risiedere nell’assenza di autonomia e di responsabilità dei risultati nella prima rispetto alla seconda, perché tali connotati sono espressamente previsti per entrambe», ma «deve farsi invece riferimento: alle conoscenze che nella cat. D sono plurispecialistiche mentre per la C sono monospecialistiche; ai contenuti che nella categoria D sono di tipo tecnico, gestionale o direttivo, mentre nella categoria C sono di concetto; alla complessità dei problemi che è elevata per la cat. D, con elevata ampiezza delle possibili soluzioni, mentre per la cat. C è media, basata su modelli esterni predefiniti e con significativa ampiezza delle soluzioni possibili», precisandosi ancora che «altrimenti detto, ai fini della distinzione occorre fare riferimento alle ripartizione di fondo tra le due categorie, basata sulla previsione, quanto alla categoria D, di un elevato patrimonio di conoscenze teoriche specialistiche e gestionali, con attribuzione di una correlata autonomia e responsabilità proprie, in contrapposizione alle competenze professionali medie richieste per i lavoratori della categoria C, cui sono assegnati ambiti operativi precisi e metodologie definite»;

14. la Corte territoriale ha ancora e consequenzialmente precisato che «le attività assegnate al lavoratore … quale responsabile dell’Ufficio e dei relativi procedimenti di predisposizione degli atti amministrativi e tecnici relativi al settore rimesso alla sua competenza, nonché di ricerca ed elaborazione dati ai fini di predisposizione di progetti per la realizzazione e/o manutenzione di edifici impianti e infrastrutture, nonché ancora la formulazione di proposte motivate per l’emanazione del provvedimento conclusivo che rimane di competenza del responsabile dell’area, implicano conoscenze tecnico-specialistiche e competenze professionali che vanno ben oltre quelle di tipo operativo e basate su metodologie definite che connotano la categoria C», sottolineando come il «criterio discretivo della categoria D rispetto alla categoria C non si fonda sull’assunzione di responsabilità collegata alla sottoscrizione dell’atto conclusivo del procedimento, ma – per come più sopra evidenziato- su una serie di elementi quali conoscenze che nella cat. D sono plurispecialistiche mentre per la C sono monospecialistiche, contenuti che nella categoria D sono di tipo tecnico, gestionale o direttivo , mentre nella categoria C sono di concetto, complessità dei problemi», non potendosi al contempo attribuire rilievo all’asserita «subordinazione rispetto ad un dipendente con inquadramento inferiore (categoria D1) considerato che l’assegnazione dei compiti all’appellante e i controlli sul suo operato sono stati effettuati dall’ing. Greco in qualità di professionista esterno all’amministrazione che viene incaricato, in quanto provvisto del necessario titolo della laurea in ingegneria, della direzione dell’intera Area tecnica»;

15. rispetto a tale completo quadro ricostruttivo è evidente come il richiamo, di cui al ricorso per cassazione, a diverse possibili letture dell’istruttoria, sia improprio, risolvendosi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento giudiziale tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (C., SU, 34476/2019; C. SU, 24148/2013);

16. il ragionamento della Corte territoriale, una volta tenuto conto del richiamato parametro della equivalenza formale, esclude poi che abbia rilievo l’insistenza del ricorrente sul fatto che egli fosse stato o meno preposto ad un ufficio o avesse o meno relazioni esterne, perché convincentemente la Corte territoriale, rispetto alle plurime caratteristiche che connotano la categoria D e che non necessariamente devono ricorrere tutte, ha individuato come tratto comune ed indefettibile quello delle « conoscenze tecnico – specialistiche e competenze professionali che vanno ben oltre quelle di tipo operativo e basate su metodologie definite che connotano la categoria C», riconoscendone poi in concreto la ricorrenza fin dal giugno 2005;

17. anche il richiamo agli effetti delle precedenti pronunce tra le parti non è decisivo;

18. premesso che il giudicato non si forma certamente su apprezzamenti di diritto, ma semmai sul riconoscimento di una certa situazione giuridica soggettiva quale conseguenza del giudizio su una certa situazione di fatto, è evidente che quelli valorizzati nel caso di specie sono – le delibere del 2005 e del 2006 – fatti nuovi, la cui valutazione non era vincolata da quelle precedentemente svolte su altre circostanze e situazioni considerate nelle precedenti decisioni;

19. del resto, la Corte territoriale, ha espressamente rilevato come «per il periodo che va dal febbraio 2004 al giugno 2005, la verifica in oggetto non può prescindere dalla sentenza n.1178/2005 passata in cosa giudicata», aggiungendo però che «poiché le mansioni in essere al febbraio 2004 sono identiche a quelle già valutate inferiori con sentenza passata in giudicato e il primo atto che le modifica è del giugno 2005, deve concludersi che nel periodo dal febbraio 2004 al 2 giugno 2005 sussiste il demansionamento», il che attesta il controllo eseguito in ordine al permanere, fino giugno 2005, delle mansioni già valutate come inferiori nei precedenti inter partes e dunque l’ osservanza al vincolo del giudicato;

20. d’altra parte non può sottacersi come la Corte di merito abbia elencato espressamente i compiti attribuiti con le delibere del 2002 e del 2003, le quali fanno riferimento ad incombenti istruttori delimitati, per quanto mano a mano incrementati, mentre solo con la delibera del 2005 vi è stata individuazione del Br. quale “responsabile” dell’istruttoria e della vigilanza urbanistica e poi, dal 2006, di tutte le pratiche afferenti la manutenzione dei servizi a rete ed è appunto su tali assegnazioni «quale responsabile dell’Ufficio e dei relativi procedimenti di predisposizione degli atti amministrativi e tecnici relativi al settore rimesso alla sua competenza» che la Corte di merito, in una con l’apprezzamento del rilievo conoscitivo più elevato proprio delle attività svolte, fonda la conclusione per cui quelle attribuzioni «vanno ben oltre quelle di tipo operativo e basate su metodologie definite che connotano la categoria C»;

21. tutto ciò attesta sia che vi è stata la valutazione di permanenza delle pregresse mansioni fino al giugno 2005, sia la valutazione differenziale rispetto a quanto accaduto dal giugno 2005 in poi e, del resto, è innegabile che la delibera del giugno 2005 una differenza l’abbia segnata, avendo fatto riferimento alla responsabilità istruttoria del procedimento e di vigilanza del settore amministrato da un intero ufficio – e non a singoli e parcellizzati incombenti istruttori ad esso afferenti, sicché va escluso il verificarsi di una violazione dei vincoli di giudicato, dovendo tali elementi di novità essere evidentemente oggetto di un nuovo apprezzamento giudiziale;

22. quanto, infine, al sollecitato apprezzamento dei pregressi giudicati quali elementi indiziari, si tratta ancora della pretesa ad una valorizzazione di elementi istruttori, in sé del tutto impropria, come già si è detto, ad individuare vizi di legittimità deducibili presso la S.C.;

23. è poi palese che il riconoscimento di un danno (biologico o esistenziale) per effetto di comportamenti illegittimi tenuti in un certo periodo –qui i periodi interessati dalla sentenza 1178/2005 – non necessariamente significa che analogo danno, in mancanza di prova concreta di esso, si debba essere verificato successivamente e dunque è improponibile una proiezione verso il futuro del giudicato da questo punto di vista;

24. venendo al ricorso incidentale, è necessaria una premessa di ordine processuale;

25. il deposito telematico contenente i motivi incidentali fu infatti rifiutato dalla cancelleria per “errore fatale”;

26. dalle difese svolte nella memoria finale del ricorrente principale, è tuttavia emerso che vi era stata notifica del predetto controricorso e ciò ha permesso di verificare che esso era effettivamente presente presso il sistema informatico della Cancelleria;

27. è in proposito accaduto che, in esito alla notifica pacificamente avvenuta del controricorso, il deposito di esso, pervenuto telematicamente e con ricevuta di accettazione e, poi, di consegna, comunicate dal sistema al difensore del ricorrente incidentale, abbia dato luogo al menzionato “errore fatale” che ha comportato il successivo “rifiuto” da parte della Cancelleria;

28. la disciplina giuridico-processuale di una tale evenienza è ricostruita da C. 17404/2020,la quale ha spiegato come il deposito telematico degli atti via PEC si perfezioni in quattro fasi, caratterizzate da una serie di PEC trasmesse dalla Cancelleria o dal sistema al depositante, consistenti in: -ricevuta di accettazione; -ricevuta di avve nuta consegna (da cui prende data il deposito ma che è condizionata dai controlli automatici di cui al punto che segue); -esito controlli automatici; – esito del controllo manuale del Cancelliere, che può consistere in una “accettazione” o nel “rifiuto” del deposito;

29. i menzionati controlli automatici possono infatti concludersi con il rilievo di un “errore fatale”, che non si imputa necessariamente a colpa del mittente, ma esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico e che impedisce al Cancelliere l’accettazione del deposito;

30. il sistema ruota giuridicamente attorno al disposto dell’art. 16- bis, co. 4, d.l. 179/2012, nella parte in cui esso regola il deposito con modalità telematiche richiamando, per la sua attuazione, il «rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici » ;

31. C. 17404 cit. spiega altresì come l’art. 16-bis cit., al comma 7, precisi che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia;

32. sempre C. 17404 cit. riferisce che la normativa regolamentare cui fa rinvio l’art. 16-bis, co. 4 è quella di cui al d.m. n. 44 del 2011 e «per effetto dell’ulteriore rinvio operato dall’art. 34 di quest’ultimo, quella del Provv. DGSIA 16.4.2014” e che «in particolare, gli artt. 13, comma 7, del d.m. n. 44 del 2011 e 14 del Provv. DGSIA, stabiliscono che «il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia… , secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 » ;

33. la richiamata ordinanza di questa S.C. ne conclude, richiamando anche altri precedenti, che «il perfezionamento del deposito telematico di un atto, benché anticipato al momento della ricezione della seconda delle quattro PEC di cui si è ampiamente dato conto in precedenza, resta comunque condizionato dal superamento (positivo) dei controlli automatici eseguiti dai sistemi ministeriali: in altri termini, il valore della RdAC è equiparabile a quello del timbro del “depositato” solo per effetto del superamento dei controlli automatici, nel senso che è l’esito positivo di questi ultimi che consente alla seconda ricevuta PEC di produrre – anticipatamente rispetto al momento di ricezione della quarta ricevuta – gli effetti giuridici previsti dal comma 7 dell’art. 16 – bis d.l. n. 179 del 2012 (e 13 del d.m. n. 44 del 2011) » , sicché in quella sede, stante la non imputabilità alla parte dell’esito finale negativo del deposito, si è ritenuta ammissibile l’istanza di remissione in termini presentata dalla parte onde procedere a nuovo deposito;

34. successivamente, C. 19796/2021, nel ribadire che «il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, vale a dire la ricevuta di avvenuta consegna” ha aggiunto dapprima che il verificarsi dell’effetto giuridico del deposito dell’atto non dipende dalle successive PEC (controlli automatici e comunicazione del loro esito), che condiziona soltanto «il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità dalle altre parti del processo » , ne ha desunto che « l’eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non fa venir meno tale effetto, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l’atto stesso o i suoi allegati » ;

35. venendo allora al caso di specie, si deve intanto prendere atto della sostanziale autonomia della causa che coinvolge da un lato il Br. ed il Comune (proseguita in questa sede solo al fine di stabilire i limiti della responsabilità dell’ente) e, dall’altro lato, il Br. ed il Greco (proseguita in questa sede solo per definire la questione sulle spese di lite riguardanti il processo tra questi due litisconsorti), di cui si dirà anche in prosieguo e che consente qui di ragionare considerando le sole posizioni dei predetti Br. e Greco, quali parti interessate ai motivi azionati con il ricorso incidentale;

36. si deve a questo proposito osservare che l’avvenuta notifica del controricorso contenente il ricorso incidentale, oltre ad essere pacifica sulla base della memoria, risulta avvenuta in data 16.8.2021 (data della corrispondente r.a.c.) e dunque tempestivamente rispetto alla notifica del ricorso per cassazione perfezionata il 6.7.2021 e tenuto conto che il 15.8. era giorno festivo;

37. gli atti telematici accessibili presso la Cancelleria di questo stesso ufficio giudiziario permettono non solo al giudice di visionare il controricorso e gli allegati, ma anche di accertare che la ricevuta di avvenuta consegna del deposito si è perfezionata certamente non oltre il 6.9.2021, data della Pec di “rifiuto”, sicché il deposito, per quanto dipendente dal controricorrente, è avvenuto entro i termini di cui all’art. 370 c.p.c., tenuto anche conto che il 5.9.2021 era domenica;

38. tutto ciò permette quindi di ritenere che ogni scopo processualmente rilevante sia stato raggiunto, in quanto il controricorso è stato notificato a chi doveva difendersi rispetto ad esso e del resto il collegio era in grado di conoscere, attraverso il sistema telematico di Cancelleria, i dati rilevanti per il decidere, come reso anche noto ad entrambe le parti attraverso l’ordinanza interlocutoria con la quale, dovendosi comunque definire le sorti di quel controricorso incidentale, si è direttamente ed inevitabilmente coinvolta nella trattazione della questione anche la parte controricorrente;

39. il che impedisce di attribuire all’ “errore fatale”, manifestatosi dopo il realizzarsi dei presupposti giuridici di validità del deposito, una qualche concreta rilevanza;

40. in definitiva può affermarsi che la presenza di un “errore fatale” nel deposito di un atto in forma telematica, oltre a consentire l’eventuale rinnovazione per rimessione in termini, non permette di ragionare in termini di effetti invalidanti, quando vi sia il pieno raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, co. 3, c.p.c.;

41. il ricorso incidentale va dunque esaminato nel merito;

42. esso, come si è detto, riguarda solo la questione sulle spese nel rapporto tra il Br. ed il Greco;

43. quest’ultimo fu evocato in giudizio in ragione della domanda di annullamento degli incarichi a lui conferiti dal Comune, per le posizioni rivendicate invece dal Br.;

44. tale domanda, rigettata dal Tribunale in primo grado, con condanna al rimborso delle spese di causa a favore del Greco, non è stata poi accolta neppure in secondo grado, peraltro con compensazione delle spese di appello tra il Br. ed il Greco;

45. il Br. ha quindi proposto un primo ricorso per cassazione, con riferimento alle pretese azionate nei riguardi del Comune, nel quale fu evocato anche il Greco, che rimase però intimato;

46. la sentenza di appello è stata cassata e in sede di rinvio, nel contraddittorio del Greco, vi è stata nuova pronuncia di merito sulla pretesa del Br. verso il Comune e la Corte territoriale, nel decidere sulle spese, ne ha statuito la compensazione anche verso il Greco per tutti i gradi di giudizio;

47. su quest’ultima statuizione si incentrano i due motivi di ricorso incidentale del Greco, il quale censure la sentenza resa in sede di rinvio per non avere considerato che sulla condanna a suo favore al rimborso delle spese di primo grado si era formato il giudicato interno, per effetto del rigetto dell’appello proposto nei suoi confronti poi non seguito da ricorso per cassazione (primo motivo e prima parte del secondo motivo) e per essersi disposta la compensazione finale senza alcuna motivazione nei suoi riguardi e comunque senza la ricorrenza dei corrispondenti presupposti;

48. il motivo sulla violazione del giudicato interno è fondato ed assorbente al fine di comportare la cassazione della sentenza impugnata;

49. il rigetto anche in appello delle domande contro il Greco, non seguito da ricorso per cassazione contro quest’ultimo o con riguardo alle questioni sull’attribuzione degli incarichi che ne avevano comportato l’evocazione in causa, ha comportato la definitività delle decisioni sulle spese fino ad allora rese su quel rapporto processuale, sicché la compensazione finale disposta in sede di rinvio è giuridicamente errata;

50. ne deriva la cassazione di essa, cui può seguire la definizione nel merito dell’assetto delle spese rispetto all’intero processo, da attuare prendendo atto che il giudicato interno riguarda però non solo le spese di primo grado (poste dal Tribunale a carico del Br. ed a favore del Greco), ma anche la compensazione disposta in appello, perché su di essa non vi era stato ricorso per cassazione del Greco, nonostante egli fosse vincitore in quel grado di giudizio;

51. in tal senso vanno dunque regolate le spese del primo e del secondo grado;

52. nulla è a disporsi per le spese del primo giudizio di legittimità in quanto il Greco, qui vincitore, rimase in quella sede intimato;

53. quanto al giudizio di rinvio, è evidente che l’evocazione in esso del Greco avrebbe dovuto tenerlo indenne dalle corrispondenti spese, che gli vanno dunque rimborsate, nella misura di cui al dispositivo;

54. quanto al presente giudizio di legittimità, l’accoglimento soltanto parziale del ricorso incidentale (rigettato rispetto alle spese del grado di appello) giustifica l’integrale compensazione di esse tra le due predette parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, condanna Carmine Br. al pagamento in favore di Giuseppe Greco delle spese di primo grado, che liquida in euro 1.950,00; compensa le spese di appello e condanna il ricorrente principale al pagamento in favore del ricorrente incidentale delle spese del giudizio di rinvio, che liquida in euro 2.500,00 oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso nella Adunanza camerale del 15 novembre 2022