Ordinanza 23959/2023
Verificazione della scrittura privata ex artt. 216 e 217 cpc – Produzione dell’originale della scrittura disconosciuta
In tema di verificazione della scrittura privata, gli artt. 216 e 217 c.p.c. non prescrivono, quale requisito di ammissibilità della relativa istanza, la produzione dell’originale della scrittura, dacché la parte che su di essa fondi la propria pretesa è abilitata a dimostrare l’esistenza, il contenuto e la sottoscrizione del documento con i mezzi ordinari di prova. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso che adombrava l’inammissibilità della domanda di accertamento della autografia della firma apposta su cambiali in conseguenza della mancata produzione degli originali dei titoli recanti la contestata sottoscrizione).
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 7-8-2023, n. 23959 (CED Cassazione 2023)
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) propose, ai sensi dell’art. 615, primo comma,
cod. proc. civ., opposizione avverso l’atto di precetto per il pagamento
di somme intimatole dalla società (OMISSIS) s.r.l. in forza
di una cambiale dell’importo di euro 10.000 emessa dalla (OMISSIS) soc.
coop. a r.l.: asserì la falsità della sottoscrizione, apparentemente
riferibile all’intimata, apposta sul titolo.
Nel costituirsi in lite, la (OMISSIS) s.r.l., oltre al rigetto
dell’avversa domanda, chiese, previo accertamento dell’autografia
della firma apposta su cinquantotto cambiali dell’importo cadauna di
euro 10.000 a scadenze mensili progressive rilasciate in suo favore,
dichiararsi (OMISSIS) obbligata, in solido con la (OMISSIS) soc. coop.
a r.l., al pagamento delle somme portate dalle cambiali.
2. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Roma: rigettò
l’opposizione all’esecuzione; accertò l’autografia della firma apposta da
(OMISSIS) sulle cinquantotto cambiali rilasciate in favore della
(OMISSIS) s.r.l. e dichiarò la stessa (OMISSIS) coobbligata
al pagamento di tali effetti cambiari.
3. La decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello interposto
da (OMISSIS) la quale avverso la stessa ricorre per cassazione,
affidandosi a quattro motivi; non svolge difese in grado di legittimità,
benché ritualmente intimata, la (OMISSIS) s.r.l..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza ex art. 360,
primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per violazione degli artt. 99,
112, 163 e 216 cod. proc. civ..
La ricorrente assume l’inammissibilità della avversa domanda di
accertamento della autografia della firma apposta sulle cinquantotto
cambiali – che qualifica sub specie iuris come istanza di verificazione in
via principale – per mancata produzione dei documenti cambiari recanti
la contestata sottoscrizione.
1.1. Il motivo è infondato.
Nel costituirsi nel giudizio di primo grado, l’opposta chiese di
dichiarare l’opponente (OMISSIS) (co)obbligata al pagamento di
somme portate da cinquantotto cambiali di euro 10.000 cadauna
«previo accertamento dell’autografia della firma» su di esse apposta.
Rispetto alla domanda di accertamento della posizione debitoria
così formulata, la richiesta di verifica della sottoscrizione delle cambiali
assume una funzione strumentale, in guisa di mezzo istruttorio volto
ad asseverare la soggettività passiva della situazione obbligatoria.
Pur sussunta nell’àmbito della verificazione di scrittura regolata
dagli artt. 216 e seguenti cod. proc. civ., detta istanza non richiede, in
ossequio alla deformalizzazione che connota l’istituto, una specifica
modalità di introduzione nella lite, non origina peculiari scansioni
procedimentali e nemmeno impone lo svolgimento di attività istruttorie
predeterminate, potendo la riferibilità della scrittura essere accertata
con ogni strumento asseverativo (in tal senso va inteso il consolidato
indirizzo di questa Corte secondo cui l’istanza di verificazione della
scrittura privata non esige la formale apertura di un procedimento
incidentale, né l’assunzione di specifiche prove; da ultimo: Cass.
02/11/2022, n. 32169; Cass. 04/07/2017, n. 16383).
Coerentemente con la descritta struttura, gli artt. 216 e 217 del
codice di rito non prescrivono, quale requisito di ammissibilità della
istanza di verificazione (proposta in via incidentale o principale), la
produzione dell’originale della scrittura, dacché la parte che su di essa
fondi la propria pretesa è abilitata a dimostrare l’esistenza, il contenuto
e la sottoscrizione del documento con i mezzi ordinari di prova.
È dunque in iure non corretta la prospettazione della ricorrente, la
quale ascrive all’omissione allegativa dell’originale una (insussistente)
efficacia preclusiva del vaglio di merito in ordine alla paternità della
scrittura, e ciò tanto più nella concreta vicenda processuale in esame,
in cui gli originali delle cambiali non erano in disponibilità dell’opposta
poiché sottoposti a sequestro in un procedimento penale (circostanza
di cui dà conto la sentenza impugnata: pag. 5, primo capoverso).
2. Il secondo motivo prospetta una nullità della sentenza ex art.
360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112
cod. proc. civ. in relazione all’art. 342 cod. proc. civ..
Si rileva l’omessa pronuncia sui motivi di appello concernenti
l’ammissibilità e la fondatezza della domanda riconvenzionale: ad
avviso del ricorrente, «la “prova” utilizzata per rigettare l’opposizione
a precetto» (cioè a dire la perizia calligrafica svolta nel procedimento
penale) «non era certo idonea a giustificare l’estensione dell’oggetto
del giudizio all’obbligazione cui si riferivano le cambiali non prodotte».
2.1. La doglianza è infondata.
Prestando completa adesione alla decisione di prime cure (di cui ha
financo trascritto interamente la parte motiva) suffragata da ulteriori
valutazioni, l’impugnata sentenza ha espresso un inequivoco
convincimento sulla ascrivibilità delle cambiali alla parte opponente,
argomentato in base alla pregnanza e concludenza delle emergenze
dell’elaborato redatto dal perito nominato dal P.M. nel corso delle
indagini penali aventi ad oggetto la falsità delle sottoscrizioni.
Del pari, ha adeguatamente replicato alle censure sollevate
dall’appellante in ordine alla mancata produzione degli originali dei titoli
di credito, reputando detta circostanza non dirimente e concludendo,
quindi, per l’autografia o, comunque, per la riferibilità delle
sottoscrizioni all’apparente firmataria in base ad una complessiva
valutazione del materiale probatorio a disposizione.
Alcuna omissione di pronuncia può dunque ravvisarsi.
3. Il terzo motivo prospetta nullità della sentenza ex art. 360, primo
comma, num. 4, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 101 e 310 cod.
proc. civ., 129 cod. proc. pen. e 2697 cod. civ..
Ad avviso dell’impugnante, la gravata sentenza ha fondato il dictum
«esclusivamente» su un «elemento dalla chiara natura indiziaria, quale
mero argomento di prova», ovvero sulla perizia grafologica svolta nel
procedimento penale, acquisita oltre il termine preclusivo per le
produzioni documentali, con l’effetto, in violazione dei criteri di riparto
dell’onere della prova, «di sopperire alla mancata produzione dei titoli
cambiari posti a fondamento della obbligazione della (OMISSIS)».
3.1. Il motivo è inammissibile, prima che infondato.
È inammissibile laddove evidenzia la tardività dell’acquisizione della
perizia grafologica svolta in àmbito penale, poiché avvenuta elassi i
termini per le articolazioni istruttorie previsti dall’art. 183 cod. proc.
civ.. La circostanza, siccome in thesi integrante un error in procedendo
inficiante il giudizio di primo grado, doveva essere dedotta dapprima
nel giudizio di primo grado e poi, ove non considerata nel senso voluto
dalla parte, in ossequio al generale principio della conversione dei vizi
di nullità in motivi di gravame di cui all’art. 161 cod. proc. civ., come
motivo di appello avverso la sentenza di prime cure: ma la proposizione
quanto meno di una impugnazione di detto tenore non è stata allegata,
tanto meno con la dovuta chiarezza, dalla ricorrente.
È infondato laddove frontalmente confligge, senza offrire spunti per
una sua rimeditazione, con il consolidato indirizzo di questa Corte
secondo cui, in mancanza di una espressa previsione di tassatività dei
mezzi di prova e di qualsiasi divieto di legge il giudice civile, ai fini della
decisione, oltre a poter utilizzare prove raccolte in diverso giudizio fra
le stesse o altre parti, può anche avvalersi delle risultanze derivanti da
atti di indagini preliminari svolte in sede penale (tra i quali anche una
perizia tecnica), se idonee ad offrire sufficienti elementi di giudizio e
non smentite dal raffronto critico con le altre emergenze istruttorie,
cioè a dire apprezzandone l’efficacia asseverativa concludente con
valutazione che, se sorretta da adeguata e logica motivazione, non è
sindacabile in sede di legittimità (da ultimo, così Cass. 01/02/2023, n.
2947; Cass. 19/07/2019, n. 19521; Cass. 02/07/2010, n. 15714). E
tanto a maggior ragione se sull’elemento così acquisito sia stato in ogni
caso garantito un adeguato contraddittorio alle parti.
Nella specie, la Corte capitolina ha considerato decisivi gli esiti della
perizia espletata su incarico del P.M. in sede di indagini preliminari,
logicamente argomentando la maggiore valenza dimostrativa di essa
rispetto alle altre emergenze istruttorie (e, segnatamente, rispetto alle
divergenti risultanze della perizia stragiudiziale di parte opponente) in
considerazione della concreta possibilità, di cui quell’ausiliario del
magistrato si è potuto avvalere, di prendere in esame direttamente i
documenti in originale: ha infatti evidenziato che «mentre il perito
penale aveva esaminato gli originali delle cambiali […] il c.t.p. si era
limitato ad analizzare le copie delle cambiali e le argomentazioni del
perito penale».
4. Il quarto motivo prospetta «illegittimità della sentenza ex art.
360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 132,
secondo comma, num. 4 e 232 cod. proc. civ.».
La ricorrente deduce che il giudice territoriale abbia acriticamente
aderito alle risultanze della consulenza tecnica svolta nel procedimento
penale, senza tener conto della perizia di parte prodotta dall’opponente
e delle deposizioni testimoniali, sviluppando un percorso motivazionale
non conforme ai dettami dell’art. 132 cod. proc. civ..
4.1. La censura è inammissibile.
Come è noto, è sottratta al sindacato di legittimità (se non negli
angusti confini dei vizi motivazionali rilevanti ai sensi dell’art. 360,
primo comma, num. 5, cod. proc. civ., qui nemmeno adombrati) la
valutazione delle prove operata dal giudice di merito, siccome attività
riservata in via esclusiva al suo discrezionale apprezzamento, attività
che include la individuazione delle fonti del convincimento, il giudizio di
attendibilità e concludenza delle prove, la scelta, tra le complessive
risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti (sul tema, tra le tantissime: Cass.
04/03/2022, n. 7187; Cass. 19/07/2021, n. 20553; Cass. 29/12/2020,
n. 29730; Cass. 17/01/2019, n. 1229).
A dispetto della veste formale attribuita dalla parte, la doglianza in
esame si concreta, al fondo, in una inammissibile sollecitazione di
questa Corte ad un riesame dei mezzi istruttori, finalizzato ad una
valutazione nuova e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di
merito: un’attività del tutto estranea alla natura ed alla funzione del
giudizio di legittimità.
5. Il ricorso è rigettato.
6. Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di
legittimità, non avendo ivi la parte intimata svolto difese.
7. Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente – ai
sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in
misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art.
1-bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a
norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione
Civile, il giorno 4 aprile 2023.