Ordinanza 24157/2020
Decreto ingiuntivo – Opponibilità allo stato passivo del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ma privo di dichiarazione di esecutività – Esclusione
Non è opponibile alla procedura fallimentare il decreto ingiuntivo non opposto ma privo di dichiarazione di esecutività ex art. 647 c.p.c. intervenuta prima della dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che non sono ammissibili al passivo neanche le spese sostenute per l’ipoteca giudiziale eventualmente iscritta in base al predetto decreto ingiuntivo.
Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 30-10-2020, n. 24157 (CED Cassazione 2020)
Art. 647 cpc (Esecutorietà del decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza
RILEVATO
– che è proposto ricorso, fondato su due motivi, avverso il decreto del Tribunale di Novara del 24 agosto 2018, con il quale è stata solo parzialmente accolta l’opposizione della (OMISSIS) s.p.a. allo stato passivo fallimentare della (OMISSIS) s.r.l., per la somma di Euro 633,39, in chirografo;
– che il Tribunale ha ritenuto come il credito per fatture emesse, portato dal decreto ingiuntivo non opposto, ma privo della dichiarazione di esecutorietà di cui all’art. 647 c.p.c., correttamente non sia stato ritenuto dal giudice delegato opponibile al fallimento; ha, inoltre, ritenuto che vada escluso dal passivo l’importo per le spese relative all’iscrizione della ipoteca giudiziale;
– che non svolge difese l’intimata procedura;
– che la ricorrente ha depositato la memoria.
CONSIDERATO
– che i motivi di ricorso sono i seguenti:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., artt. 2697 e 2846 c.c., artt. 39, 113 e 647 c.p.c., artt. 45 e 93 L. Fall., Decreto Legislativo n. 231 del 2016, art. 6, perchè il credito deriva da decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione prima del fallimento, onde esso è opponibile al fallimento, in mancanza dovendosi sollevare questione di legittimità costituzionale in riferimento alle norme su menzionate; inoltre, la circostanza che l’ipoteca non si sia consolidata non esclude che il creditore ipotecario abbia diritto al rimborso dei costi connessi, e l’art. 6 cit., prevede il diritto del creditore ad ottenere il rimborso dei costi sostenuti per il recupero del credito;
2) nullità del decreto per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., perchè il tribunale ha omesso di pronunciarsi sulla circostanza della mancata opposizione al d.i., nonchè circa l’avvenuto deposito dell’istanza di esecutorietà del medesimo prima del fallimento;
3) omesso esame ed omessa motivazione, con riguardo alla pacifica circostanza che la richiesta di concessione di definitiva esecutorietà ex art. 647 c.p.c., fu depositata prima della pronuncia di fallimento;
– che il primo motivo è manifestamente infondato;
– che, al riguardo, lo stesso ricorso deduce la non avvenuta emissione del decreto di esecutività ex art. 647 c.p.c., in data anteriore alla sentenza dichiarativa del fallimento, riferendosi, al più, alla mera mancata opposizione ante fallimento: pertanto, occorre ribadire il principio secondo cui il decreto ingiuntivo non opposto, ma privo della dichiarazione ex art. 647 c.p.c., non è sufficiente all’ammissione al passivo fallimentare (cfr. Cass. 31 gennaio 2014, n. 2112 e Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; ed ancora Cass., ord. 24 ottobre 2017, n. 25191; Cass., ord. 24 gennaio 2018, n. 1774; Cass., ord. 3 settembre 2018, n. 21583; Cass., ord. 16 settembre 2019, n. 23023);
– che, quanto alla mancata ammissione delle spese per ipoteca giudiziale, il tribunale si è attenuto al principio, secondo cui “nel momento in cui non è opponibile al fallimento il decreto ingiuntivo, neppure le relative spese possono essere ammesse, avendo questa Corte già affermato che, ove sia mancato il decreto ex art. 647 c.p.c., prima del fallimento, resta inopponibile anche l’ipoteca giudiziale eventualmente iscritta in base al decreto provvisoriamente esecutivo ed il creditore non può ottenere l’ammissione al passivo per il credito costituito dalle spese sopportate per il giudizio monitorio e per l’iscrizione dell’ipoteca” (così, in motivazione, Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass., 1 aprile 2005, n. 6918; 23 luglio 1998, n. 7221; 25 marzo 1995, n. 3580; 1 dicembre 1994, n. 10260; 8 giugno 1988, n. 3885; v. pure Cass. 5 novembre 2010, n. 22549);
– che il secondo ed il terzo motivo, da trattare insieme in quanto presentano le medesime caratteristiche, sono manifestamente infondati, dovendosi rilevare come il tribunale abbia esaminato proprio le dette difese e circostanze;
– che non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 -quater, d.P.R. 115/02, come modificato dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del co. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 ottobre 2020.