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Cassazione Civile 24618/2018 –  Trasferimento della servitù in luogo diverso necessità – Fondamento

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Sentenza 24618/2018


Trasferimento della servitù in luogo diverso necessità – Fondamento

L’art. 1068, comma 2, c.c. autorizza il mutamento del luogo della servitù, a richiesta di chi ne è gravato, ma esige che le opere necessarie a tale mutamento siano eseguite nell’esclusivo ambito del fondo servente, dovendosi ritenere abusive quelle che dovessero insistere nel fondo dominante poiché le opere siffatte verrebbero a ledere la sfera dominicale altrui.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 5 ottobre 2018, n. 24618   (CED Cassazione 2018)

Articolo 1068 c.c. annotato con la giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

  1. I ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Aosta, (OMISSIS) e (OMISSIS), acquirenti di parte del fondo di loro proprietà, facendo valere tre pretese:
  2. a) una volta accertata la nullità del contratto di compravendita limitatamente alla parte in cui era stata concessa, in favore del fondo acquistato, una servitù in deroga alle distanze legali per le costruzioni a carico del fondo rimasto di proprietà degli attori, dichiarare tenuti e condannare i convenuti alla riduzione in pristino, mediante demolizione delle opere realizzate a distanza dal confine inferiore rispetto a quella prevista dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore del Comune di Aosta;
  3. b) dichiarare tenuti e condannare i convenuti ad attenersi alle prescrizioni contenute nel rogito notarile del 1991 e nella scrittura privata del 1996 e quindi a posizionare la strada di accesso al fondo di loro proprietà al livello in cui si trovava il terreno al momento della stipulazione dei predetti atti, fatto salvo l’eventuale diverso livello nel tratto indispensabile per raggiungere detta quota a partire da via (OMISSIS) e conseguentemente a demolire i manufatti realizzati (la strada, i muri di sostegno e la scarpata) e a realizzare le opere previste dai due atti, precisamente il muretto di sostegno e la recinzione in rete metallica da porsi al di sopra del muretto, e a ripristinare lo stato originale del terreno di proprietà degli attori, a eliminare il tratto di strada da dove si estende oltre la lunghezza pattuita di metri 60 con conseguente demolizione dei muri di sostegno, a porre fine all’occupazione del fondo di proprietà degli attori nella parte che va dall’attuale muro di sostegno alla recinzione provvisoria;
  4. c) dichiarare l’esistenza di una servitù di condotta di acqua irrigua a carico del fondo di proprietà dei convenuti e a favore del fondo di proprietà degli attori e conseguentemente dichiarare tenuti i convenuti a rimettere in pristino i luoghi e quindi a demolire le opere illegittimamente eseguite sul fondo dominante, a stabilire il tracciato della servitù lungo il preesistente pergolato e comunque, in caso di spostamento, in modo tale da far rientrare il corso d’acqua nel punto in cui si inseriva quando è stato stipulato il rogito di compravendita.

I convenuti, costituendosi, chiedevano di respingere le domande degli attori e, in via riconvenzionale, di condannarli a risarcire i danni, subiti e subendi, per avere confidato nella realizzabilità della costruzione a confine con la proprietà degli attori.

Il Tribunale di Aosta ha accolto le domande degli attori e rigettato la domanda riconvenzionale dei convenuti.

  1. I convenuti hanno impugnato la sentenza. La Corte d’appello di Torino – con la pronuncia 28 novembre 2011, n. 1724 – ha accolto l’impugnazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) e ha così rigettato le domande proposte in primo grado dai (OMISSIS).
  2. (OMISSIS) e (OMISSIS), nonchè (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (moglie e figli di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS)) ricorrono per cassazione.

(OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso.

I ricorrenti e i controricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il ricorso è articolato in otto motivi.
  2. I primi tre motivi concernono la c.d. servitù in deroga alle distanze legali:
  3. a) Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli871, 872 c.c., articolo 23 norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Aosta, articoli1418, 1362, 1366 e 1367 c.c.: la Corte d’appello avrebbe errato sia nell’interpretare il citato articolo 23 norme tecniche sia nel ritenere che gli appellanti, siglando la clausola che espressamente prevedeva la servitù a carico del loro fondo residuo, non potevano che accettare la ripartizione delle distanze tra le rispettive future costruzioni, accollandosi in toto il rispetto della distanza complessiva di 10 metri; il giudice avrebbe dovuto limitarsi “a dichiarare la nullità della clausola, senza inventarsi un accordo mai raggiunto fra i contraenti”.

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha anzitutto ritenuto – con una interpretazione plausibile – che il citato articolo 23 delle norme tecniche di attuazione, allora vigenti, prevedesse che i confinanti possono costruire, in presenza di determinati presupposti, in aderenza sul confine o con il rispetto della misura di 5 metri dal confine, senza porre alcun esplicito divieto alla possibilità che i proprietari confinanti si accordino sulla ripartizione della misura complessiva tra i rispettivi (costruendi) fabbricati, così seguendo l’orientamento di questa Corte per cui i privati possono accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare (cfr. Cass. 2117/2004, richiamata dalla sentenza impugnata). Tale accordo sulla ripartizione della distanza la Corte ha ravvisato nella clausola contenuta nell’atto pubblico di compravendita del 17 maggio 1991, che recita “al fondo acquistato è concessa servitù di deroga a distanze legali per costruzioni a carico del fondo rimasto di proprietà della parte venditrice, allo scopo di costruire in aderenza al confine nel lato opposto a nord per un tratto complessivo di metri 15”. Il giudice d’appello – cui spetta il compito di interpretare il contratto applicando i canoni interpretativi di cui agli articoli 1362 c.c. e segg. – ha ritenuto, facendo leva sul principio della buona fede e su quello di conservazione del contratto, che le parti abbiano inteso costituire una servitù sul fondo dei venditori al fine di consentire ai compratori di costruire sul nuovo confine, così vincolando il loro fondo al rispetto della distanza complessiva di 10 metri tra l’edificio costruendo dei compratori e un eventuale, futuro costruendo loro edificio.

  1. b) Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli871 e 872 c.c., articolo 7 delle vigenti citate norme tecniche di attuazione, articoli 1418 1362 1367, 2657 c.c.: la Corte d’appello ad abundantiam ha detto che la clausola costitutiva della servitù di deroga alle distanze legali sarebbe valida a maggior ragione in base alle nuove norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Aosta – il cui articolo 7 prevede la possibilità di riduzione fino all’annullamento delle distanze imposte tra le costruzioni e il confine in presenza del consenso della proprietà confinante, espresso con atto trascritto nei pubblici registri – con assunto ad avviso dei ricorrenti paradossale, in quanto la validità della clausola contrattuale deve essere valutata sulla base della norma regolamentare vigente all’epoca della sua stipulazione.

Il motivo non può essere accolto. Come affermano gli stessi ricorrenti, il richiamo all’articolo 7 delle vigenti citate norme tecniche di attuazione è stato compiuto dal giudice d’appello solo ad abundantiam rispetto alla ratio attaccata con il primo motivo di ricorso, così che il rigetto del primo motivo rende privo di interesse il secondo.

  1. c) Il terzo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli articoli871, 872 c.c., articoli 23 e/o 7 delle citate norme tecniche di attuazione, articoli1418, 1362, 1367 1372 c.c.: i ricorrenti lamentano che dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge come controparte abbia realizzato 89 centimetri in più di costruzione rispetto ai 20 metri concessi in forza del contratto datato 17 maggio 1991 e della successiva scrittura privata integrativa, 89 centimetri che, a differenza di quanto afferma il giudice d’appello, non sarebbero parte della recinzione, ma dell’edificio.

Il motivo non può essere accolto. I ricorrenti nella rubrica denunciano violazione e falsa applicazione di disposizioni normative, ma poi il motivo si sostanzia in una critica alla qualificazione in fatto operata dalla Corte d’appello – tramite il rinvio alla consulenza tecnica d’ufficio – degli 89 centimetri quale edificio e non recinzione, qualificazione incensurabile di fronte a questa Corte di legittimità.

  1. Il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo attengono alla servitù di passaggio a carico del fondo degli attori:
  2. a) Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli871 e 872 c.c., articoli 23 e/o 7 delle citate norme tecniche, articoli1418, 1362, 1367 c.c.: in relazione al muro di contenimento realizzato dai resistenti, la Corte d’appello avrebbe errato nell’affermare che secondo la consulenza tecnica d’ufficio il muro è un muro di sostegno e contenimento della scarpata naturale, come tale non qualificabile come costruzione agli effetti delle norme sulle distanze, e non un dislivello artificialmente realizzato dai resistenti.

Il motivo non può essere accolto. I ricorrenti nella rubrica denunciano violazione e falsa applicazione di disposizioni normative, ma poi il motivo si sostanzia in una critica alla lettura operata dalla Corte d’appello della consulenza tecnica d’ufficio, lettura che rientra tra i poteri del giudice di merito e che, ove come nel caso di specie – sufficientemente e coerentemente motivata, è inammissibile in questa sede.

  1. b) Il quinto motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli1063, 1065, 1362 e 1363 c.c.e insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5: la Corte d’appello ha errato nel ritenere legittimo Io scavo effettuato per la realizzazione della strada realizzata sul fondo servente dei venditori.

I denunziati vizi non sussistono. La Corte d’appello si è basata da un lato sull’interpretazione, ad essa spettante, dell’atto di compravendita del 1991 e della scrittura privata del 1996 e dall’altro lato sulla valutazione di elementi istruttori (in particolare le indicazioni presenti nella relazione del consulente tecnico d’ufficio e la circostanza della firma di una tavola allegata al progetto dalla quale risultava che per la realizzazione della strada sarebbe stato necessario uno scavo), elementi la cui valutazione spetta al giudice di merito e che il giudice ha logicamente e sufficientemente motivato.

  1. c) Il sesto motivo lamenta violazione o falsa applicazione degli articoli1063, 1065, 1362 e 1363 c.c., nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione sotto altro profilo. La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare ulteriori circostanze: in particolare, se è vero, come afferma la Corte, che dalla consulenza tecnica d’ufficio emerge la necessità di effettuare uno scavo rispetto al piano di campagna originario per raggiungere il portone nord della proprietà (OMISSIS) – (OMISSIS), è altrettanto vero che ciò è dipeso dalle scelte progettuali del tecnico di controparte; il giudice d’appello, poi, avrebbe omesso di considerare quanto riferito dal consulente tecnico d’ufficio circa le inesattezze delle tavole progettuali sottoscritte dai ricorrenti.

Il motivo non può essere accolto: esso si sostanzia – al di là del richiamo alla violazione o falsa applicazione di disposizioni normative – nella critica alla valutazione operata dal giudice d’appello della relazione del consulente tecnico d’ufficio, valutazione che il giudice sufficientemente e coerentemente motiva e che è sottratta pertanto al vaglio di questa Corte.

  1. d) Il settimo motivo contesta violazione o falsa applicazione degli articoli1063, 1065, 1362 e 1363 c.c., nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione: la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la lunghezza di metri 60 riguardi non già l’intera strada, ma solo il tratto successivo alla “curva sinistrorsa verso ovest che segue all’intersezione con via (OMISSIS)”.

Il motivo non può essere accolto: esso contesta l’interpretazione posta in essere dalla Corte d’appello, interpretazione che la Corte dettagliatamente e coerentemente argomenta con l’esame, letterale, dell’atto di compravendita del 1991 e della scrittura privata del 1996 e che ulteriormente suffraga con quanto affermato dal consulente tecnico d’ufficio (cfr. pp. 20-21 della sentenza impugnata).

  1. L’ottavo motivo – lamentando violazione o falsa applicazione degli articoli 832, 1027, 1063, 1069 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 11,Legge Regionale Valle d’Aosta n. 11 del 1998, articolo 60- censura la parte della sentenza impugnata relativa alla servitù di acquedotto: la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere legittimo lo spostamento provvisorio, protrattosi per anni, del tracciato della servitù e soprattutto nel ritenere legittima la realizzazione di una vasca per la decantazione delle acque sul fondo di proprietà dei ricorrenti.

Il motivo è fondato per quanto concerne la realizzazione della vasca sul fondo dei ricorrenti. La clausola costitutiva della servitù, secondo cui “il fondo venduto è gravato da servitù di condotta di acqua irrigua corrente, con andamento da est a ovest lungo l’attuale pergolato; ove gli acquirenti intendessero spostare il tracciato dell’esercizio di tale servitù dovranno fare in modo che il corso d’acqua rientri nella proprietà (OMISSIS) nel punto in cui si inserisce attualmente o più a monte”, se legittima lo spostamento del tracciato, non legittima la costruzione di una vasca, sia pure di piccole dimensioni, sul fondo dominante. Il mutamento del luogo della servitù, contemplato dell’articolo 1068 c.c., comma 2, “esige che le opere necessarie a tale mutamento siano eseguite nell’esclusivo ambito del fondo servente, dovendosi ritenere abusive quelle che dovessero insistere nel fondo dominante, dato che le opere siffatte verrebbero a ledere la sfera dominicale altrui” (così Cass. 2657/1958).

  1. L’accoglimento dell’ottavo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il rinvio della causa al giudice di secondo grado che dovrà riesaminare la fattispecie alla luce del principio di diritto sopra ricordato.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi sette motivi e accoglie l’ottavo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Torino anche per provvedere in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

 

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