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Cassazione Civile 24758/2021 – Cessione dei crediti verso la p.a. non derivanti da contratti di somministrazione, fornitura o appalto

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Ordinanza 24758/2021

Cessione dei crediti verso la p.a. non derivanti da contratti di somministrazione, fornitura o appalto

Il divieto di cessione dei crediti verso la P.A. senza l’adesione di quest’ultima, sancito dall’art. 70 r.d. n. 2240 del 1923, si applica solamente ai rapporti di durata come l’appalto e la somministrazione (o fornitura), rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l’esigenza di garantire la regolare esecuzione della prestazione contrattuale, evitando che durante la medesima possano venir meno le risorse finanziarie del soggetto obbligato verso l’Amministrazione e possa, così, risultare compromessa la regolare prosecuzione del rapporto; ne consegue che la cessione di un credito derivante da altri contratti soggiace in tutto e per tutto all’ordinaria disciplina codicistica. (In applicazione del principio enunciato, la S.C. ha escluso, rigettando il corrispondente motivo di ricorso, che la cessione in favore di una società di factoring del credito derivante da prestazioni sanitarie erogate in regime di convenzione richiedesse l’adesione della Amministrazione debitrice).

Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 15-9-2021, n. 24758   (CED Cassazione 2021)

Art. 1260 cc (Cessione del credito) – Giurisprudenza

Art. 1264 cc (Efficacia della cessione del credito riguardo al debitore ceduto) . Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Asl Roma 1 ricorre, con due motivi, illustrati da memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Roma – in accoglimento dell’impugnazione proposta da (OMISSIS) S.p.A., cessionaria del credito, ed in riforma della sentenza del Tribunale di Roma, in un giudizio in cui erano stati riuniti due distinte domande proposte l’una per rivendicare la sorte principale del credito e l’altra gli interessi e la rivalutazione – ha confermato, quanto alla sorte principale, il decreto ingiuntivo opposto in primo grado, avente il n. 1722/2006, rigettando nel resto l’appello.

La Corte territoriale ha ritenuto che il credito vantato dalla cessionaria per corrispettivi di prestazioni sanitarie rese dall’ (OMISSIS) all’Ospedale “Cristo Re” di Roma, negli anni 1995, 1997, 1998 e 1999, fosse stato correttamente azionato nei confronti della Ausl Roma “E”, appellante, territorialmente competente, e che non dovesse valere la diversa legittimazione della Regione Lazio, mero adiectus solutionis causa dell’azienda sanitaria sul cui territorio insistono i soggetti accreditati, erogatori di prestazioni sanitarie.

Tanto sarebbe valso nella tacita abrogazione del Decreto Legge n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, conv. in L. n. 423 del 1993, ad opera della riforma sanitaria introdotta dai dd.ll.gg.ss. del 1992 e 1999, nel carattere temporaneo della prima previsione da intendersi cessata con l’approvazione della Legge Regionale Lazio 16 giugno 1994, istitutiva delle nuove Ausl.

Resistono con controricorso (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.r.l., quest’ultima quale ulteriore e parziale cessionaria dei crediti già vantati dall’ (OMISSIS), che propongono, anche, ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

2. Va in via preliminare scrutinato il ricorso incidentale con il quale, per unico motivo, Unicredit si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza per avere la Corte di merito rigettato, per implicito, con conseguente rimessione in termini della parte, l’eccezione, articolata da (OMISSIS) S.p.A., di decadenza in cui era incorsa l’Asl per avere fatto valere il proprio difetto di legittimazione, attiva e passiva, soltanto nelle memorie conclusionali di appello e non in primo grado, nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, al momento della propria costituzione in giudizio.

Il motivo è infondato.

La questione relativa alla titolarità del diritto controverso, pur attenendo al merito e non alla legittimazione “ad causarli”, non costituisce eccezione in senso stretto, ma mera difesa tutte le volte in cui non comporti la deduzione di un fatto nuovo (estintivo, modificativo o impeditivo) non dedotto dall’attore, sostanziandosi, invece, in questioni di diritto oppure nella mera negazione dei fatti costitutivi dedotti dall’attore cosicchè la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risulta dagli atti di causa (Cass. 22902/2013; Cass. 17385/2015; così Cass. 21235 del 2019; Cass. 21235 del 2019; Cass. 11744 del 2018; Cass. S.U. 2951 del 2016), evidenza in fatto quest’ultima che, soddisfatta, rende infondato il motivo del ricorso incidentale.

3. Ciò posto, con il primo motivo la ricorrente in via principale As1 fa valere la “violazione del Decreto Legge n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, convertito in L. n. 423 del 1993, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

In forza della D.G.R. n. 602 del 2004 e del Decreto Legge n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, convertito in L. n. 423 del 1993, la Regione Lazio aveva accentrato su di sè i pagamenti relativi alle prestazioni rese dagli Ospedali Classificati, quale era il “Cristo Re”, e pertanto soggetto passivo dell’azione di pagamento doveva ritenersi la Regione Lazio e non la Asl territorialmente competente.

Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.

3.1. Integra pieno orientamento di questa Corte quello per il quale, in tema di organizzazione sanitaria, il Decreto Legge n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, conv., con modif., dalla L. n. 423 del 1993 (a tenore del quale nei rapporti con le strutture private convenzionate “in caso di mancato pagamento delle relative ipettanze, si deve considerare debitore inadempiente e soggetto passivo di azione di pignoramento per le obbligazioni sorte successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto l’ente incaricato del pagamento del corrispettivo, anzichè l’unità sanitaria locale competente”), si applica anche dopo la riforma del sistema sanitario di cui al Decreto Legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, con riferimento alle prestazioni sanitarie autorizzate dalle unità sanitarie locali che si sono costituite in aziende sanitarie locali (Cass. 05/07/2018, n. 17587; in termini: Cass. 13/02/2020, n. 3676, in motivazione p. 5; Cass. n. 21235 del 2019, in motivazione p. 6; Cass. n. 13333 del 2015).

La questione della individuazione del soggetto legittimato passivo per le obbligazioni di pagamento di prestazioni rese da soggetti convenzionati con il S.S.N. e autorizzate dall’Azienda sanitaria locale va risolta, per la Regione Lazio, pertanto, alla luce del combinato disposto del Decreto Legge 27 agosto 1993, n. 324, art. 1, comma 10, conv., con modd., in L. 27 ottobre 1993, n. 423, Decreto Legislativo n. 502 del 1992, art. 2 e Legge Regionale n. 18 del 1994, art. 2, comma 2, lettera c), là dove la designazione operata dalla Giunta regionale con relativa delibera si sostanzia nella determinazione, da parte dell’Organo competente, di una modalità di finanziamento dell’Azienda sanitaria mediante l’incarico al pagamento.

3.2. In erronea applicazione dell’indicata normativa, la Corte di appello di Roma ha ritenuto il Decreto Legge n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, conv., con modif., dalla L. n. 423 del 1993, previsione di carattere temporaneo e tacitamente abrogata dalla riforma del servizio sanitario nazionale, introdotta con il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e il Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 29 e la Legge Regionale Lazio 16 giugno 1994, n. 18, istitutiva delle nuove Ausl, e, nell’indicata premessa, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto la legittimazione dell’opponente azienda sanitaria senza scrutinare i contenuti della delibera di Giunta per l’individuazione dell’ente incaricato del pagamento del corrispettivo quale soggetto debitore-inadempiente.

3.3. Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, questa Corte cassa l’impugnata sentenza e rimette al giudice del rinvio, in applicazione dell’indicato principio, di accertare il soggetto obbligato al pagamento.

4. Il secondo motivo con cui la ricorrente deduce – giusta l’applicabilità della normativa speciale prevista nelle somministrazioni, forniture ed appalti per il caso in cui il debitore ceduto sia la p.A. – la violazione del Regio Decreto n. 2440 del 1923, art. 70 e della L. n. 2248 del 1865, art. 9, all. E, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella necessità che per la cessione del contratto intervenga l’accettazione dell’Amministrazione, debitrice ceduta, è infondato.

è principio solido nelle affermazioni di questa Corte quello per il quale, con riferimento alla disciplina della cessione dei crediti verso la P.A., il divieto di cessione senza l’adesione della P.A., di cui al Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2240, art. 70, si applica solamente ai rapporti di durata come l’appalto e la somministrazione (o fornitura), rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l’esigenza di garantire la regolare esecuzione della prestazione contrattuale, evitando che durante la medesima possano venir meno le risorse finanziarie del soggetto obbligato verso l’amministrazione e possa risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto.

Ne consegue che la cessione di un credito derivante da altri contratti soggiace in tutto e per tutto all’ordinaria disciplina codicistica (Cass. n. 18339 del 27/08/2014; Cass. n. 2209 del 01/02/2007).

5. In via conclusiva, accolto il primo motivo del ricorso principale, rigettato il secondo ed il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma che, in altra composizione, provvederà, anche, a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, accoglie il primo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, alla camera di consiglio della sesta sezione civile, sottosezione prima del 27 aprile 2021