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Cassazione Civile 24913/2022 – Requisiti dell’atto interruttivo della prescrizione

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Ordinanza 24913/2022

Requisiti dell’atto interruttivo della prescrizione

L’atto di interruzione della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, comma 4, c.c., non deve necessariamente consistere in una richiesta o intimazione, essendo sufficiente una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti l’intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante.(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva escluso l’effetto interruttivo della prescrizione di un atto volto ad invitare la controparte ad un incontro per la quantificazione dei danni subiti, con riserva di adire l’organo giudiziario competente in caso di esito negativo dell’incontro o di rifiuto a conciliare).

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 18-8-2022, n. 24913   (CED Cassazione 2022)

Art. 2943 cc (Interruzione della prescrizione) – Giurisprudenza

 

 

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. In data 10.5.1990 (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. concludevano un contratto di compravendita di cosa futura, in virtù del quale (OMISSIS) alienava alla prima un complesso immobiliare sul quale avrebbe successivamente costruito per il corrispettivo di Lire 11.900.000.000. Nel corso dei lavori, (OMISSIS) richiese di apportare modifiche all’originario progetto, che furono approvate dall’amministrazione comunale con variante del 6.11.1991. Ritenendo l’acquirente inadempiente all’obbligo di versamento degli acconti di prezzo pattuiti, (OMISSIS) la convenne dinanzi al Tribunale di Cagliari, invocando la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni. Nelle more della causa di risoluzione, le parti addivennero a un accordo (formalizzato in una transazione del 31.7.1995, integrata in data 11.9.1995), in virtù del quale l’impresa costruttrice rinunciò alla domanda di risoluzione e riprese i lavori, che portò infine a termine, consegnando l’opera ad (OMISSIS) in data 3.6.1999.

Con atto di citazione notificato il 6.10.2005, (OMISSIS) convenne nuovamente (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Cagliari, domandando il risarcimento dei danni patiti, per aver fatto colpevolmente slittare i tempi di completamento dell’opera (originariamente fissati al 1992), così ottenendo un fabbricato di maggiore superficie e valore commerciale rispetto a quanto originariamente pattuito, non compensato da un corrispondente incremento del prezzo, nonchè per aver reso necessario l’utilizzo di mq. 884 di un lotto limitrofo di proprietà della (OMISSIS), al fine di realizzare le modifiche al fabbricato richieste da (OMISSIS).

Il Tribunale rigettò la domanda, rilevando la prescrizione decennale vuoi del diritto al risarcimento del danno da responsabilità contrattuale, vuoi dell’azione di arricchimento senza causa (esperita in via subordinata dall’attrice), non utilmente interrotta secondo quanto emergente dai documenti prodotti.

Propose appello (OMISSIS), sostenendo che la prescrizione era stata interrotta, dapprima dal verbale di ripresa dei lavori del 31.7.1995; successivamente da altro verbale del 5.11.1997; infine, dalla diffida del 28.12.1999, indirizzata dalla ricorrente al Compartimento regionale dell'(OMISSIS), nella quale il legale di (OMISSIS) prospettava l’attivazione della tutela giurisdizionale degli interessi della propria assistita, nel caso in cui non si fosse addivenuti a una definizione conciliativa della controversia. Quanto al danno da “perdita di cubatura”, secondo l’appellante il relativo termine di prescrizione era cominciato a decorrere solo dal 15.7.1996, allorquando la richiesta di variante edilizia era stata rigettata dall’amministrazione comunale. Infine, relativamente all’azione di arricchimento senza causa, il dies a quo della prescrizione doveva individuarsi nel 3.6.1999, data di consegna dell’opera finita alla committente.

La Corte d’Appello di Cagliari ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo corretta la ritenuta decorrenza della prescrizione, al più tardi, dal verbale del 1995, e negando efficacia interruttiva alla missiva del 28.12.1999, contenente, secondo la Corte territoriale, non già una formale intimazione di pagamento, ma solo l’invito a pervenire a una definizione conciliativa della controversia, con riserva di far valere in sede giudiziaria le ragioni della propria cliente.

Con specifico riferimento alla domanda risarcitoria per il danno da “perdita della volumetria”, a dire della Corte d’Appello esso non poteva ritenersi imputabile ad (OMISSIS), dal momento che la possibilità di ottenere la concessione edilizia in deroga è prevista per gli edifici di proprietà pubblica, mentre, al momento della richiesta di variante, il manufatto era ancora di proprietà della (OMISSIS) (sarebbe stato trasferito ad (OMISSIS), infatti, solo nel 1999).

Infine, con riguardo all’azione ex art. 2041 c.c., la Corte di merito ha ritenuto che essa, benchè non prescritta (dovendosi fissare il dies a quo della prescrizione nella data di consegna dell’immobile), si rivelava infondata, sul presupposto che “l’incremento di valore dell’immobile dopo il trasferimento di proprietà per effetto dell’andamento del mercato immobiliare non costituisce ingiustificato arricchimento in capo all’acquirente”; che “l’ingiustificato arricchimento collegato all’utilizzazione per la realizzazione di una parte del fabbricato (..) della cubatura relativa a un fondo di proprietà della società (OMISSIS) srl non risulta provato in quanto esso deve essere quantificato in relazione non al valore dell’intero immobile, ma al valore dell’edificato riconducibile alle varianti per l’approvazione delle quali è stata utilizzata detta cubatura, edificato neppure individuato in corso di causa”; che “il depauperamento non è stato provato in quanto nulla è stato allegato in ordine alla diminuzione di valore del fondo del quale è stata utilizzata la cubatura per realizzare le varianti del fabbricato diventato di proprietà dell'(OMISSIS)”.

Contro tale pronunzia, la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L'(OMISSIS) resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

2.1 Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss., con riferimento al contenuto degli atti interruttivi della prescrizione, posto che sia il verbale di “ripresa dei lavori” del 31.7.1995 sia la diffida del legale di (OMISSIS) del 28.12.1999 contenevano, secondo la ricorrente, un’inequivocabile intimazione ad adempiere l’obbligazione risarcitoria (rientrando, pertanto, nel campo d’applicazione dell’art. 2943 c.c., comma 4, prima parte).

2.2. Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per non aver sottoposto alle parti (in violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 111 Cost.), la questione dell’insussistenza di un danno imputabile ad (OMISSIS) in relazione allo sfruttamento di maggiore volumetria di proprietà di (OMISSIS), rispetto alla quale la ricorrente avrebbe potuto far valere la legittimazione di (OMISSIS) ad ottenere l’ampliamento di volumetria, siccome titolare di un diritto di godimento sull’area (nonostante questa fosse ancora in proprietà di (OMISSIS) al momento dell’edificazione).

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura infine l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere il giudice di merito rigettato la domanda ex art. 2041 c.c., senza prendere posizione alcuna sui documenti prodotti dalla ricorrente, nè pronunciarsi sulle ulteriori istanze istruttorie formulate dalla stessa, erroneamente affermando che i fatti costitutivi della domanda non fossero stati provati.

3. Il primo motivo è fondato.

Preliminarmente è necessario puntualizzare, che, al di là delle norme di legge violate indicate nel ricorso, la censura denunzia, in sostanza, una violazione di legge sulla natura ed efficacia dell’atto interruttivo della prescrizione, dovendo conseguentemente individuarsi la norma rilevante nell’art. 2943 c.c. (come, del resto, chiaramente evincibile dalla specifica giurisprudenza richiamata dalla ricorrente).

Deve, quindi, applicarsi il principio espresso, tra le varie, da Cass., n. 12690/2018, secondo cui, “in tema di ricorso per cassazione, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilità di questo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura”.

Tanto premesso, ai fini della decisione sul motivo di ricorso, occorre puntualizzare, in linea generale, che le caratteristiche degli atti evocati dall’art. 2943 c.c., comma 4, prima parte si compendiano nella “chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo)” e nella “esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l’effetto sostanziale di costituire in mora il soggetto indicato (elemento oggettivo)” (così, da ultimo, Cass., n. 15140/2021, che ha specificato che il secondo requisito, “pur richiedendo la forma scritta, non postula l’uso di formule solenni, nè l’osservanza di particolari adempimenti”). In senso analogo si è espressa anche Cass., n. 15714/2018, alla cui stregua, “per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e dell’espressa richiesta di adempimento al debitore”. Per quel che riguarda la specifica richiesta di adempimento, merita di essere segnalato l’orientamento giurisprudenziale che ne ha escluso l’indispensabilità, osservando come sia sufficiente “una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti, puramente e semplicemente, l’intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante, in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell’art. 2943 c.c., comma 4, in sinergia ermeneutica con la più generale norma dettata, in tema di prescrizione, dall’art. 2934 c.c. (così Cass., n. 15766/2006 -che ha riconosciuto efficacia interruttiva della prescrizione a una lettera inviata dal danneggiato in un sinistro stradale alla compagnia di assicurazioni del danneggiante, contenente solo “una semplice offerta di soluzione stragiudiziale della controversia, e non anche una intimazione o richiesta di adempimento” -, nonchè, più di recente, Cass., n. 1166/2018). Con specifico riguardo all’irrilevanza della “prospettata alternativa di una soluzione conciliativa della vertenza”, si veda Cass., n. 16465/2017, nonchè Cass., n. 25061/2016, con riferimento all’invito, rivolto dall’assicurato alla propria assicurazione, a nominare un perito per la stima dei danni, “con l’avviso che, in difetto, si sarebbe adito il magistrato competente per procedere alla stima e liquidazione del danno”).

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Cagliari si è discostata da tali principi con riferimento alla diffida del 28.12.1999, nella quale l’avvocato dell’impresa ricorrente, dopo avere dettagliatamente illustrato i danni lamentati e operato una quantificazione di massima degli stessi, aveva manifestato la disponibilità della cliente “ad un incontro onde pervenire ad una definizione in via amichevole delle ragioni del contendere”, concludendo: “ove, peraltro, codesta (OMISSIS) non reputasse di dover delibare in via informale quanto sopra, non potrò fare a meno, pur spiacente, di richiedere, in esecuzione del mandato conferitomi, l’intervento dell’autorità giudiziaria per la tutela degli interessi della mia assistita. Resto in attesa di un cortese riscontro entro il prossimo 20 gennaio” (il testo integrale della lettera è stato riprodotto dalla ricorrente alla nota I a pagg. 19 e ss. del ricorso).

Nè appare adeguatamente valutato dalla Corte di merito, dall’angolo visuale della prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione, il contenuto della lettera inoltrata dal capo del Compartimento di Cagliari alla Direzione centrale dell'(OMISSIS) (e, per conoscenza, al legale della società costruttrice), riportato alla nota 2 a pag. 22 del ricorso, che recita: “con l’allegata del 28 dicembre u.s., il Legale della (OMISSIS) s.r.l. (precedente denominazione dell’odierna ricorrente, n.d.r.) ha formalmente richiesto il ristoro dei pregiudizi e danni subiti in dipendenza della realizzazione del fabbricato sito in (OMISSIS), destinato a nuova sede del Compartimento e che, in breve sintesi, si riferiscono: 1. Esecuzione di opere non previste nel contratto; 2. Maggiore durata dei tempi per l’esecuzione dell’opera; 3. Maggiori oneri per ritardati pagamenti; 4. Danni d’immagine. (..)”. è opportuno richiamare, al riguardo, il precedente di cui a Cass., n. 17018/2008, secondo cui “la prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione può essere ricavata anche in via presuntiva dallo scritto col quale il debitore, rispondendo a diffide o contestazioni del creditore, dimostri per ciò solo di avere ricevuto un atto avente tutte le caratteristiche della costituzione in mora”.

La sentenza, dunque, che ha in sostanza valorizzato il tono garbato della lettera al fine di escludere l’efficacia interruttiva, senza però misurarsi con i citati principi di diritto, deve essere cassata.

Si rende così necessario un riesame del contenuto degli atti sopra illustrati, alla luce dei principi di diritto evidenziati.

L’accoglimento del motivo in esame comporta logico assorbimento dei restanti.

Il giudice di rinvio, che si identifica nella Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18/05/2022.