Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 25085/2022 – Contratti con la p.a. – Condizione potestativa mista – Comportamento della p.a. contrario a buona fede – Avveramento della condizione

Richiedi un preventivo

Sentenza 25085/2022

 

Contratti con la p.a. – Condizione potestativa mista – Comportamento della p.a. contrario a buona fede – Avveramento della condizione

Le parti sono tenute a comportarsi secondo buona fede anche quando al contratto sia stata apposta una condizione sospensiva qualificabile come “potestativa mista”, con la conseguenza che, se un Comune abbia affidato ad un professionista la progettazione di un’opera pubblica, subordinando l’erogazione del compenso al finanziamento di quel progetto da parte della Regione, l’affidamento di un successivo incarico di progettazione della stessa opera pubblica ad un altro professionista, di cui il Comune chieda ed ottenga il finanziamento, costituisce comportamento contrario a buona fede, in violazione dell’art. 1358 c.c., che determina l’avveramento fittizio della condizione, ai sensi dell’art. 1359 c.c.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 22-8-2022, n.  25085   (CED Cassazione 2022)

Art.1385 cc (Contratto condizionale) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla domanda proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. con la quale chiese la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 216.000,00, a titolo di “compenso a successo” per aver svolto una prestazione di consulenza continuativa per la realizzazione di impianti di energia eolica.

La società attrice dedusse di aver ricevuto l’incarico con lettere contratto del 5.2.2003 e 15.1.2004, che prevedevano il compenso a successo sul presupposto che si fosse verificata la condizione della stipula dei contratti di finanziamento.

(OMISSIS) s.r.l. espose che, nella vigenza dell’incarico, la (OMISSIS) s.r.l aveva stipulato un accordo con il Comune di Pietramontecorvino, ove era stato realizzato l’impianto eolico, in virtù del quale la realizzazione della centrale eolica poteva essere affidata ad una società progetto e, in esecuzione di tale accordo, la (OMISSIS) si era avvalsa della società (OMISSIS) s.r.l.

Detta società aveva quindi presentato istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione del parco eolico, che era stata rilasciata dalla Regione.

La (OMISSIS) s.r.l. dedusse l’applicabilità il suo diritto al compenso ai sensi dell’art. 1359 c.c. sostenendo che la condizione si era verificata; in subordine, chiese accertarsi il diritto all’indennità ex art. 2041 c.c., per avere contribuito alla realizzazione della centrale di (OMISSIS).

La (OMISSIS) s.r.l. si costituì ed eccepì il difetto di legittimazione passiva in per aver ceduto il progetto alla (OMISSIS) s.r.l., che lo aveva portato a termine; contestò che si fosse avverata la condizione prevista in contratto.

(OMISSIS) s.r.l si costituì e chiese la chiamata in causa della (OMISSIS) s.r.l., che si difese contestando il diritto al compenso chiesto dalla società attrice per non aver contribuito alla sua realizzazione.

Il Tribunale di Milano rigettò la domanda di (OMISSIS) s.r.l., ritenendo che la condizione che subordinava il diritto al compenso alla concessione del finanziamento si fosse avverata dopo circa tre anni dalla scadenza pattuita in contratto quando non era più vigente e vincolante tra le parti.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 20.3.2017 rigettò l’appello della (OMISSIS) s.r.l. e, per l’effetto, confermò la decisione del primo giudice.

Un primo profilo affrontato dalla Corte di merito riguardava l’interpretazione della clausola 4.2 del contratto, con la quale le parti avevano sottoposto l’efficacia della clausola relativa al compenso all’avverarsi della condizione sospensiva del finanziamento e della realizzazione dell’impianto eolico; la Corte distrettuale ritenne che la condizione avrebbe dovuto verificarsi nel termine che le parti avevano pattuito per l’efficacia dell’accordo o comunque in epoca immediatamente successiva.

Nel caso di specie, l’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto era stata rilasciata dopo oltre due anni dalla scadenza del contratto e la realizzazione dell’impianto era avvenuta dopo quattro anni dalla scadenza del contratto concluso tra (OMISSIS) s.r.l. ed (OMISSIS) s.r.l.; conseguentemente la condizione si era verificata in un lasso di tempo non congruo rispetto alla scadenza del contratto e, soprattutto, con l’intervento della società progetto (OMISSIS) s.r.l.

In relazione alla richiesta di compenso per l’attività svolta dalla società attrice dopo la scadenza del contratto, la Corte di merito accertò che (OMISSIS) s.r.l. non aveva svolto attività di supporto di gestione nella fase di permitting nè aveva svolto attività urgenti dopo la scadenza del contratto.

Infine, il rigetto dell’operatività dell’art. 1358 c.c. venne fondato sull’assenza, in capo alla (OMISSIS) s.r.l. di un comportamento doloso o colposo che avrebbe impedito l’avverarsi della condizione.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso La (OMISSIS) s.r.l. sulla base di cinque motivi.

Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) s.r.l., già (OMISSIS) s.r.l.

Il Pubblico Ministero, nella persona del Dott. Fulvio Troncone ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque rigettare il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso e dichiararsi assorbiti il primo e secondo motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367, 1371 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il ricorrente contesta l’affermazione della Corte di merito, secondo cui l’evento dedotto in condizione avrebbe dovuto verificarsi entro il termine di scadenza dell’accordo o comunque in epoca immediatamente successiva. Nell’interpretazione del contratto, il giudice di merito non avrebbe tenuto conto che, nelle due lettere del 5.2.2003 e del 15.1.2004, si faceva espresso riferimento ad attività da compiersi “successivamente” alla scadenza dell’accordo poichè l’erogazione del finanziamento poteva richiedere tempi più lunghi sicchè la condizione poteva verificarsi anche dopo la scadenza del termine previsto in contratto. Inoltre, sarebbe violata l’interpretazione sistematica del contratto, che prevedeva la possibilità di proroghe in considerazione dei tempi di rilascio delle L’interpretazione non sarebbe conforme all’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nella formazione e nell’esecuzione del contratto in quanto era stata la (OMISSIS) s.r.l. a concludere una convenzione con il Comune di (OMISSIS), con cui era stata autorizzata ad avvalersi di una società progetto per la realizzazione dell’impianto eolico, trasferendo a terzi la propria posizione contrattuale, senza che la ricorrente potesse manifestare opposizione o imporre la sua prestazione. Sarebbe quindi errata l’interpretazione della Corte di merito nella parte in cui subordina la maturazione del compenso a successo al verificarsi della condizione.

Il motivo è infondato.

Il sindacato di legittimità non può vertere sul risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, salvo la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (tra le altre, Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465).

La denuncia in cassazione di un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. ma è necessario specificare i canoni che in concreto assuma violati e, in particolare, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato; le doglianze non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non dovendo quest’ultima essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni; pertanto, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319).

Oggetto della censura è l’errata interpretazione della clausola 4.2. nella parte in cui determina il compenso a successo, subordinandolo all’ottenimento del finanziamento ed alla realizzazione dell’impianto.

La Corte di merito, cui è demandata l’interpretazione del contratto, non ha violato il criterio di interpretazione letterale e gli altri criteri ermeneutici nel ritenere che la clausola 4.2. del contratto prevedesse un compenso premiale, fosse sottoposto all’avverarsi della condizione sospensiva costituita dalla stipula del contratto di finanziamento dell’opera e dalla realizzazione dell’impianto eolico di (OMISSIS).

Nella specie, la Corte di appello ha correttamente ravvisato la presenza di una condizione sospensiva apposta al preliminare, tenuto conto della chiara e univoca locuzione inserita nell’art. 4.2 del contratto, che prevedevano il compenso a successo sul presupposto che si fosse verificata la condizione della stipula dei contratti di finanziamento.

Tale interpretazione non viola i canoni interpretativi nè è contraria alla buona fede in quanto non esclude il diritto al compenso ma lo subordina all’avveramento di un evento futuro ed incerto, costituito dal finanziamento e dalla realizzazione dell’opera.

All’interpretazione plausibile della Corte di merito, il ricorrente contrappone una interpretazione alternativa basata su elementi estranei al contratto, e, segnatamente, sulla base del contenuto della convenzione conclusa tra la (OMISSIS) s.r.l. ed un terzo, che non era parte dell’accordo, ovvero il Comune di (OMISSIS).

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1353 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito ritenuto l’inefficacia del contratto perchè la condizione si sarebbe verificata dopo un lasso di tempo non congruo, in tal modo recependo un significato estraneo alla lettera dell’art. 1353 c.c., che non prevederebbe, neppure implicitamente, il termine entro il quale la condizione debba verificarsi. La società ricorrente contesta la pertinenza del precedente richiamato (Cass. 22888/2013), che riguarderebbe una fattispecie in cui la condizione non si era verificata mentre, nel caso di specie, l’evento si era verificato ed il giudice di merito avrebbe dovuto stabilire soltanto se ed in quale misura fosse dovuto il compenso.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 116 c.p.c., art. 132 Cost. n. 4 e art. 111 Cost, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di merito avrebbe omesso ogni motivazione in ordine all’attività svolta da (OMISSIS) in seguito alla scadenza del contratto, come risulterebbe dalla mail del 17.12.2014, con la quale sarebbero stati richiesti alla società ricorrente, dopo la scadenza del contratto, interventi urgenti proprio in relazione al progetto eolico del Comune di (OMISSIS) e dall’e mail inviata dalla società (OMISSIS) s.r.l., cui era stato affidato il progetto, all’amministratore unico di (OMISSIS) s.r.l., con la quale sarebbero stati richiesti servizi di assistenza anche dopo la scadenza del contratto. La Corte avrebbe ritenuto generica il rilievo di (OMISSIS) s.r.l. in ordine allo svolgimento, da parte della società, di attività dopo la scadenza del contratto con motivazione apparente.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame ai un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riferimento alle allegazioni difensive che avrebbero provato lo svolgimento di attività dopo la scadenza del contratto.

Con il quinto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento all’omesso verificarsi della condizione a causa del comportamento della (OMISSIS) s.r.l., che si sarebbe avvalsa di una società progetto per la realizzazione del paco eolico.

I primi tre motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

La Corte d’appello ha ravvisato nella clausola 4.2. del contratto una condizione sospensiva con la quale le parti avevano sottoposto l’efficacia della clausola relativa al compenso a successo all’avverarsi della condizione sospensiva costituita dalla stipula del contratto di finanziamento dell’opera e dalla realizzazione dell’impianto eolico di (OMISSIS).

Si trattava di una condizione potestativa mista in quanto l’avveramento dipendeva in parte dal caso o dalla volontà del terzo, in parte dalla volontà di uno dei contraenti.

In assenza di una specifica clausola contrattuale (o un insieme di elementi che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti di condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse), la condizione stessa deve ritenersi apposta nell’interesse di entrambi i contraenti (conf. Cass. n. 6423/2003; Cass. n. 23824/2004).

Sotto il profilo della violazione di legge, l’art. 1359 c.c., secondo cui la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa, introduce una fictio di avveramento a tutela di possibili comportamenti dolosi o colposi posti in essere dal soggetto controinteressato; detta norma e è applicabile alla condizione potestativa mista, il cui avveramento dipende in parte dal caso o dalla volontà di un terzo, in parte dalla volontà di uno dei contraenti (Cass. 5492/2010).

Questa Corte ha ulteriormente precisato che nelle ipotesi in cui il pagamento del compenso per l’opera professionale pattuita sia subordinato alla erogazione di un finanziamento da parte di un soggetto terzo, il creditore della prestazione deve unicamente provare il contratto, mentre il debitore sub condicione del compenso deve dimostrare che il proprio comportamento è stato conforme ai doveri nascenti dall’art. 1358 c.c. (ex multis Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n. 29641; Cass. 13469/2010).

In nessun caso la condizione, quale evento futuro ed incerto è compatibile con la fissazione di un termine “che le parti avevano stabilito per l’efficacia del loro accordo” “correlato all’attività che per contratto avrebbe dovuto svolgere la società che prestava la consulenza”.

Come precisato da questa Corte, il criterio distintivo, tra termine (art. 1183 c.c.) e condizione (art. 1353 c.c.) va ravvisato nella certezza e nell’incertezza del verificarsi di un evento futuro che, in tema di obbligazioni contrattuali, le parti hanno previsto per l’assunzione di un obbligo o per l’adempimento di una prestazione. Ricorre l’ipotesi del “termine” quando detto evento futuro sia certo, anche se privo di una precisa collocazione cronologica, purchè risulti connesso ad un fatto che si verificherà certamente e, come tale, può riguardare sia l’efficacia iniziale che quella finale di un negozio giuridico o in particolare di un’obbligazione o di un credito di una parte. Nell’ipotesi della condizione, invece, si versa nell’incertezza dell’evento futuro dal cui verificarsi dipende il sorgere (condizione sospensiva) o il permanere (condizione risolutiva) dell’efficacia di un contratto o di un’obbligazione ad esso inerente. L’accertamento della previsione in un atto negoziale un termine o di una condizione attiene all’interpretazione del suo contenuto ed implica un’indagine “di fatto” riservata al potere istituzionale del giudice del merito; pertanto censurabile in sede di legittimità per le ipotesi in cui detto giudice si sia discostato dal criterio giuridico di riferimento o di motivazione inadeguata, tale da non consentire di ripercorre l'”iter” logico seguito nell’attribuire l’efficacia di una stipulazione o l’adempimento di una obbligazione all’una o all’altra fattispecie (in termini Cass. 22.03.2001).

La Corte di merito, con motivazione apparente ed in violazione dell’art. 1353 c.c., dopo aver qualificato come condizione la clausola che subordinava il compenso a successo all’ottenimento del finanziamento ed alla realizzazione dell’impianto, ha ritenuto che la stessa clausola contemplasse un termine previsto per l’efficacia dell’accordo coincidente con la scadenza del contratto e che (OMISSIS) s.r.l., che aveva interesse all’avveramento della condizione, non si fosse attivata per ottenere il finanziamento laddove l’evento futuro ed incerto dipendeva in parte dal caso, in parte dal comportamento del terzo, in parte dall’altro contraente.

Come affermato da questa Corte, ai sensi dell’art. 1358 c.c., colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte.

L’obbligo di comportarsi secondo buona fede durante la pendenza della condizione è principio che riguarda anche il contratto sottoposto a condizione potestativa mista (Cass., S.U. n. 18450/2005).

In tale ipotesi, l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (Cassazione civile sez. H, 11/09/2018, n. 22046; Cassazione civile sez. III, 22/12/2004, n. 23824).

Nel caso di specie, la (OMISSIS) s.r.l. non aveva un interesse contrario all’avveramento della condizione ma solo l’obbligo di comportarsi secondo buona fede in pendenza della condizione, consistente nell’obbligo di astensione dal compimento di attività che potesse impedire l’avveramento della condizione.

La Corte di merito si è discostata da tali principi nei limiti in cui non ha individuato comportamenti della (OMISSIS) s.r.l. contrari all’avveramento della condizione ma ha dato rilievo decisivo all’assenza di attività volta ad ottenere il finanziamento poichè l’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto fosse stata rilasciata in seguito all’intervento svolto da altra società.

Tale obbligo era estraneo al contratto che prevedeva una condizione potestativa mista.

Va, infine, ricordato l’indirizzo giurisprudenziale, ribadito da Cass. n. 12/2014, secondo cui, “in tema di compenso del professionista per l’elaborazione di un progetto di opera pubblica, la cui corresponsione sia subordinata al finanziamento dell’opera da parte della Regione e alla presentazione della richiesta di finanziamento e gestione della relativa pratica da parte del Comune beneficiario dell’opera stessa, l’affidamento della stessa, nelle more dell’elaborazione del progetto da parte del professionista, ad altro soggetto privato, costituisce comportamento contrario a buona fede, in violazione dell’art. 1358 c.c., che determina l’avveramento fittizio della condizione, ai sensi dell’art. 1359 c.c.”

Il precedente richiamato da parte ricorrente (Cass. 22888/2013) riguarda una fattispecie in cui la condizione non si era verificata mentre, nel caso di specie, l’evento si era verificato il giudice di merito avrebbe dovuto stabilire soltanto se ed in quale misura fosse dovuto il compenso.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

“L’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede durante la pendenza della condizione è principio che riguarda anche il contratto sottoposto a condizione potestativa mista. In tale ipotesi, l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, che, invece, deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista”.

Al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Vanno dichiarati assorbiti i restanti motivi di ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile in data 13 aprile 2022.