Sentenza 2511/2016
Esecuzioni immobiliari – Errore nella fissazione del prezzo a base d’asta – Responsabilità del notaio
In tema di esecuzioni immobiliari, la differenza tra il prezzo di aggiudicazione a conclusione di un’asta, successivamente dichiarata nulla per essere stato fissato il prezzo base con provvedimento illegittimo, e quello corrisposto in misura maggiore, all’esito di nuova vendita disposta con prezzo base corretto, non integra un danno ingiusto risarcibile, neppure nei confronti del notaio delegato ex art. 591 bis c.p.c., perché l’illegittimità del primo di tali prezzi esclude l’ingiustizia del maggior esborso dovuto dall’aggiudicatario, che non ha diritto a fruire delle conseguenze, a sé favorevoli, di un illegittimo erroneo provvedimento di fissazione del prezzo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l’ingiustizia del danno lamentato da una parte che, ad un prima aggiudicazione, il cui prezzo base era stato erroneamente ribassato sul presupposto di un precedente esperimento, in realtà mai espletato, era poi risultata nuovamente aggiudicataria, ma per un prezzo più elevato, all’esito della successiva asta, esperita dopo l’intervenuta declaratoria di nullità della prima vendita).
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 9-2-2016, n. 2511 (CED Cassazione 2016)
Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p. 1. – La (OMISSIS) srl citò in giudizio il notaio (OMISSIS), delegato (ai sensi dell’art. 591-bis codice procedura civile) alle operazioni di vendita nella procedura di espropriazione immobiliare n. 212/93 r.g.e. del tribunale di Arezzo, per conseguirne condanna al risarcimento dei danni – quantificati in almeno euro 476.756,60 – da essa lamentati quale acquirente di un bene da lui posto in vendita dapprima ad un prezzo base erroneamente ribassato – e riguardo al quale essa si era resa aggiudicataria provvisoria in data 21.11.02 per euro 261.000 – e poi, vittoriosamente esperita opposizione agli atti esecutivi dal fallimento (OMISSIS) snc e dal socio illimitatamente responsabile (OMISSIS), a seguito della rinnovazione dell’incanto ad opera di diverso delegato – in data 8.7.04 – ed al maggior prezzo di euro 390.000: indicando quali danni non solo la differenza in aumento del prezzo di aggiudicazione e delle spese relative, ma anche la perdita di ingenti investimenti relativi ad immobili collegati a quello acquistato ed inseriti in un più ampio programma imprenditoriale.
L’adito tribunale di Perugia – sez. dist. di Città di Castello accolse parzialmente la domanda, condannando il notaio, già delegato, a pagare la somma di euro 226.756,00 (oltre interessi e spese di lite); ma la corte di appello di Perugia, dapprima sospesa l’esecuzione della gravata sentenza, accolse in parte il gravame principale del (OMISSIS) e respinse quello incidentale della (OMISSIS), riducendo il danno riconosciuto ad euro 21.885,60, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo.
Per la cassazione di tale ultima sentenza, resa in data 29.5.12 col n. 208, ricorre oggi la (OMISSIS) srl, affidandosi a dieci motivi: ai quali resiste il (OMISSIS) con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p. 2. – Alla disamina del ricorso (notificato prima del 31.1.13 e quindi in tempo tale da escludere l’applicabilità del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater come introdotto dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) giova premettere la ricostruzione dei fatti ed illustrare subito appresso la ratio decidendi della qui gravata sentenza.
p. 2.1. La (OMISSIS) srl aveva partecipato, da sola, all’incanto indetto per il 21.11.02 dal notaio delegato (OMISSIS) e si era aggiudicata, pertanto – secondo la normativa anteriore alla novella del 2006 – in via provvisoria, l’immobile nel centro storico di (OMISSIS) offerto in vendita al prezzo di euro 261.000; ed a seguito di tanto l’aggiudicataria aveva avviato contatti per l’acquisto di due lotti confinanti (di proprietà di tali (OMISSIS) e (OMISSIS)), da coinvolgere, in uno a quello appena aggiudicato, in un complessivo progetto di attività di ristorazione e ricezione turistica, il cui studio aveva quindi commissionato ad un professionista ed il finanziamento delle cui spese aveva iniziato a ricercare su piazza.
La vendita era però stata impugnata con opposizione agli atti esecutivi, notificata anche a quella stessa aggiudicataria provvisoria il 10.1.03, per erroneità del prezzo base, erroneamente fissato – fin dall’avviso di vendita del 16.10.02 – in euro 258.664,00, visto che quell’esperimento, seguito ad un precedente sospeso, non avrebbe potuto considerarsi ulteriore e consentire il ribasso rispetto al prezzo base di quello, pari ad euro 323.329,45.
Ciononostante, la (OMISSIS) srl si era costituita per contrastare l’opposizione e comunque, mentre era in corso il relativo processo, aveva acquistato almeno uno degli immobili confinanti (quello di tal (OMISSIS), in data 21.7.03, per euro 150.000 e contraendo mutuo per euro 120.000), deducendo di aver tentato di procrastinare l’acquisto dell’altro immobile (di tale (OMISSIS), per euro 600.000) in considerazione della lite pendente; la quale ultima era stata poi decisa dal tribunale di Arezzo con declaratoria di nullità anche della vendita del bene e ordine di restituzione all’aggiudicataria (provvisoria) delle somme già versate.
A seguito di tanto, l’immobile staggito era poi stato – ad opera di diverso notaio delegato – posto di nuovo in vendita, al prezzo base di euro 324.000: ed all’esito del relativo incanto, al quale stavolta non aveva partecipato da sola, la stessa (OMISSIS) si era resa nuovamente aggiudicataria dell’immobile, per il prezzo di euro 390.000; ma nel frattempo la proprietaria dell’ultimo e più impegnativo dei lotti coinvolti nel complessivo progetto lo aveva validamente promesso in vendita a terzi, sicchè il progetto si era rivelato ormai irrimediabilmente compromesso.
La (OMISSIS) srl aveva quindi citato in giudizio il notaio già delegato per il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante, quantificati in rispettivi euro 176.756,60 ed euro 300.000: ed il tribunale aveva riconosciuto all’aggiudicataria il risarcimento di euro 9.088 per interessi passivi bancari dal 20.11.02 al 21.3.04, euro 8.008,60 per spese legali dinanzi al g.e. del tribunale di Arezzo, euro 149 per spese di registrazione della sentenza, euro 66.000 per differenza tra prezzo base e prezzo di aggiudicazione, euro 14.447 per maggiori oneri di trasferimento del bene, euro 13.728 per onorari del geometra incaricato della redazione del progetto poi fallito, nonchè euro 50.000 per lucro cessante.
p. 2.2. La corte territoriale, invece, in sede di appello:
– ha escluso l’addebitabilità al notaio della differenza tra il prezzo della prima e quello della seconda aggiudicazione (e relativa differenza dell’imposta di registro), negando un diritto della (OMISSIS) a veder cristallizzato il prezzo nella misura non conforme a diritto;
– ma soprattutto ha negato ricondursi all’errore del notaio la mancata realizzazione del programma edilizio, dovendo quest’ultima ascriversi alla condotta della (OMISSIS), che aveva deciso di attendere il riacquisto del bene staggito prima di acquistare o di assicurarsi il terzo immobile coinvolto;
– ed ha riconosciuto quindi come ascrivibili all’errore del notaio le perdite connesse al perdurare del deposito cauzionale afferente la prima asta e per tutto il periodo di pendenza dell’opposizione agli atti esecutivi, nonchè le spese tecniche di progettazione, per essere stato il relativo incarico conferito prima del dispiegamento dell’opposizione agli atti esecutivi: tanto da ridurre il risarcimento del danno ad euro 21.885,60.
p. 2.3. Esula dal thema decidendum ogni questione sulla responsabilità del professionista delegato alle operazioni di vendita nel processo esecutivo: infatti, è coperta da giudicato interno la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale del notaio per l’illegittimità degli atti di procedura da lui posti in essere.
p. 3. – Per passare al merito delle censure, vanno esaminati dapprima i motivi quinto e settimo, attesane la priorità logica.
p. 3.1. Col quinto motivo ci si duole di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.), di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 584 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) e di omessa pronuncia (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.): la ricorrente lamenta avere la corte territoriale del tutto tralasciato la questione, agitata dal notaio nel suo appello, sull’insussistenza di diritti in capo all’aggiudicataria provvisoria, sulla quale anch’essa era intervenuta; ma il controricorrente rileva l’anomalia della doglianza relativa ad una omissione sulle censure di controparte.
p. 3.2. Col settimo motivo si adducono violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.), violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227, co. 2, cod. civ., degli artt. 166 e 167 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.), nonché omessa pronuncia (in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.): la (OMISSIS) srl ritiene malamente omessa la disamina dell’eccezione, da essa formulata, di inammissibilità per novità del motivo di appello formulato da controparte in ordine all’applicazione dell’art. 1227 codice civile; ma il controricorrente, oltre ad evidenziare che il mezzo di censura riguarda la tesi prospettata da esso stesso quale appellante, ribatte che con esso era solo stato messo in luce come molti dei danni fossero da ascriversi alla condotta della danneggiata.
p. 3.3. Il primo dei detti motivi è inammissibile, perchè le tesi il cui mancato esame lamenta la ricorrente sono state sottoposte al giudice di appello dalla sua controparte e non risultano avere influito in alcun modo sulla decisione finale, sicchè su quegli specifici punti non si può neppure in astratto configurare alcuna soccombenza in capo alla (OMISSIS). L’altro di detti motivi è poi infondato, perchè l’individuazione della sussistenza o meno di un nesso causale tra la condotta del convenuto danneggiante rientra negli accertamenti ufficiosi che il giudice del merito deve compiere, sul materiale istruttorio ritualmente acquisito, per stabilire la responsabilità di quello ed accogliere o meno la domanda nei suoi confronti proposta.
p. 4. – Vanno ora esaminati i motivi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e nono, che meritano una trattazione congiunta per la loro evidente intima connessione.
p. 4.1. ol primo motivo si lamentano contemporaneamente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.) ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.).
In sostanza, la ricorrente nega avere mai invocato la cristallizzazione del prezzo in sede di prima asta, riproponendo la qualificazione di ingiustizia del danno consistente nel maggior esborso tra la prima aggiudicazione e la seconda, quest’ultima imposta dalla condotta colposa del notaio.
Quest’ultimo ricorda la carenza di diritti in capo all’aggiudicatario provvisorio e prospetta sia l’impossibilità di un utile sfruttamento di un errore nella fissazione del prezzo base a danno di creditori e debitore esecutato, che la non doverosità delle scelte successive di controparte.
p. 4.2. Col secondo motivo si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.).
La ricorrente rimarca non avere la corte di appello preso in considerazione, quale voce di danno, anche la maggiore imposta di registro versata sul maggior prezzo della seconda aggiudica; ma il controricorrente ribatte che, sia pure per implicito, la corte territoriale ha escluso ogni nesso causale tra la condotta del notaio e l’esborso di un maggior prezzo, a quest’ultimo riconducendo anche l’accessorio onere fiscale derivante.
p. 4.3. Col terzo motivo si deducono ad un tempo violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.), violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) e vizio di omessa pronuncia (ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.).
La ricorrente ripercorre le vicende del giudizio di primo grado e ricorda avere il tribunale riconosciuto il fondamento della sua pretesa nella responsabilità aquiliana, lamentando però avere a suo dire la corte territoriale omesso di motivare sulla sussumibilità in detta categoria del pregiudizio consistente nell’esborso del maggior prezzo di aggiudicazione e nei maggiori oneri.
Il notaio ribatte che la corte di appello ha dapprima ricondotto la fattispecie nell’alveo della responsabilità extracontrattuale, per poi escludere in concreto un nesso tra molte delle voci di danno esposte e la sola condotta illegittima, consistente nella messa in vendita a prezzo erroneo.
p. 4.4. Col quarto motivo si protesta per la violazione dell’art. 2043 cod. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) e per insufficiente ed apodittica motivazione (in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.).
La ricorrente lamenta che malamente si è esclusa l’ingiustizia del danno consistente nella costrizione a partecipare ad un incanto successivo con la presenza di altri offerenti e il rischio, poi concretizzatosi, di numerosi rilanci; ma la controparte ribatte che correttamente la corte di merito ha escluso l’ingiustizia nella formazione di un giusto prezzo all’esito della gara tra gli offerenti, pure ipotizzando la mancata partecipazione al primo incanto di altri interessati per la rilevabilità dell’errore nella determinazione del prezzo base.
p. 4.5. Col sesto motivo si stigmatizzano violazione dell’art. 2043 codice civile e dell’art. 41 codice penale (in relazione all’art. 360 codice procedura civile, n. 3) ed omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 codice procedura civile, n. 5).
La (OMISSIS) ripercorre i fatti di causa ed applica i principi in tema di causalità agli elementi istruttori, in particolare riportando le deposizioni dei testi e richiamando l’acquisto del secondo immobile e la relazione del proprio tecnico, sottolineando che il ritardo nell’acquisto del terzo era dipeso dalla necessità di attendere l’esito dell’opposizione alla vendita illegittima tenuta dal notaio.
Quest’ultimo ribatte che correttamente la corte territoriale ha ascritto a scelte volontarie dell’aggiudicataria la posposizione delle trattative e quindi il successivo fallimento del programma.
p. 4.6. Con il nono motivo si ipotizza un’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., sull’appello incidentale.
La ricorrente lamenta non avere la corte territoriale neppure preso in considerazione la sua doglianza sulla liquidazione del danno emergente, pur avendo riformato la voce relativa al danno da lucro cessante; ma il (OMISSIS) ribatte che chiaramente la corte di merito ha individuato i soli danni causalmente riconducibili alla sua condotta illegittima, escludendo gli altri.
p. 5.- I motivi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e nono, cosi’ illustrati, si infrangono però sull’ineccepibile ricostruzione della corte territoriale di esclusione ora dell’ingiustizia del danno, ora del nesso causale tra la condotta illegittima del notaio – la fissazione di un prezzo base d’asta più basso del dovuto – ed alcuni dei danni esposti.
p. 5.1. Quanto agli esborsi per il più alto prezzo di aggiudicazione, basti notare che la necessaria legalità del subprocedimento di vendita e di formazione del giusto prezzo (su cui, per tutte, v. Cass. 21 settembre 2015, n. 18451) esclude che possa qualificarsi ingiusta la diminuzione patrimoniale consistente nell’adeguamento dell’esborso, dovuto a quel titolo, al corretto sviluppo di quel subprocedimento alla stregua dei presupposti di legittimità riscontrati in un primo tempo violati. A tale conclusione si giunge correttamente sulla base del seguente principio di diritto: non integra un danno ingiusto suscettibile di essere risarcito, tanto meno nei confronti di notaio delegato ai sensi dell’art. 591-bis codice procedura civile, la differenza tra un prezzo di aggiudicazione ottenuto in forza di provvedimento di fissazione di prezzo base che debba qualificarsi e sia poi riconosciuto illegittimo e quello, maggiore, al quale ha poi avuto luogo l’aggiudicazione all’esito di fissazione del prezzo base corretto, perchè l’illegittimità del primo di tali prezzi esclude l’ingiustizia della riconduzione a legittimità dell’esborso dovuto per l’aggiudicazione e perchè non ha l’aggiudicataria diritto a vedere consolidata, neppure quale termine di raffronto con il successivo esborso, alcuna conseguenza favorevole di un procedimento illegittimo quale la fissazione di un prezzo base erroneo.
p. 5.2. Quanto alla mancata realizzazione del programma imprenditoriale, è correttamente ascritta alla libera determinazione dell’acquirente la scelta (non solo e non tanto) di resistere nell’opposizione agli atti esecutivi, quanto soprattutto) di non adottare cautele negoziali (come messo in luce dalla corte territoriale) per assicurarsi – almeno temporaneamente – il terzo e più impegnativo immobile; a quest’ultimo riguardo, del resto, potendo bene aggiungersi che la strategia dell’aggiudicataria è con tutta evidenza stata quella di accettare il rischio dell’illegittimità della prima aggiudicazione, noto fin dalla proposizione – il 10.1.03 – dell’opposizione agli atti esecutivi contro di quella, per poi liberamente indursi non solo a resistere nella relativa causa e ad acquisire solo uno degli altri due immobili, quello acquistato il 21.7.03, senza poi mantenere utilmente in vita le trattative sul terzo e più impegnativo di quelli.
E tali ultime valutazioni in punto di mero fatto corrispondono a corretta applicazione di regole generali in tema di causalità e sono scevre da vizi logici o giuridici, sicchè resistono alle contestazioni variamente ad esse mosse, sottraendosi a censura nella presente sede di legittimità.
p. 5.3. è appena il caso di sottolineare come sia stata inutile la disamina dell’appello incidentale con cui la (OMISSIS) richiedeva maggiori liquidazioni, una volta che la corte territoriale ha analiticamente ripercorso quali voci fossero riconoscibili, o per l’effettiva ingiustizia del danno, o per la sussistenza del nesso causale, e quali invece no: in tal modo, l’espressa qualificazione di quelle causalmente riconducibili alla condotta colposa del notaio ha comportato, anche solo per implicito, l’esclusione di tale riconducibilità per le altre.
p. 6. – Va ora, per priorità logica, esaminato il decimo motivo, con cui si lamentano un vizio di pronuncia ed illogicità della stessa ed un’omessa valutazione di risultanze istruttorie, in relazione – rispettivamente – ai nn. 4 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.
In particolare, l’odierna ricorrente (OMISSIS) contesta il totale apoditticamente riconosciuto dalla corte, non corrispondente alla somma degli addendi pure ritenuti collegati causalmente alla condotta del danneggiante; ed al riguardo quest’ultimo eccepisce l’inammissibilità per mancata allegazione della documentazione su cui la doglianza si fonderebbe.
Il motivo è non solo ammissibile – ricostruendosi alla stregua del tenore letterale della stessa sentenza gravata e della non congruenza tra i suoi richiami ai subtotali e le sue conclusioni, cosi’ risultando irrilevanti i singoli documenti alla cui stregua computare i primi – ma soprattutto fondato, perchè l’errore prospettato non si esaurisce in una non accorta estrinsecazione di operazioni aritmetiche (nel qual caso si sarebbe in presenza di un errore materiale di calcolo aritmetico, non ammesso quale motivo di doglianza in Cassazione: il quale però si configura solo quando vi sia stata una erronea applicazione delle regole matematiche ma sulla base di presupposti numerici non contestati ed esatti: tra le altre, Cass. 15 maggio 2009, n. 11333), ma involge – ben al contrario – la corrispondenza dei singoli addendi, solo presupposti e non esplicitati, alla natura od oggetto delle voci di danno corrispondenti e, in modo particolare, della ascrivibilità o meno di ciascuna di queste alla limitata condotta del notaio delegato, riconosciuta specificamente come causa.
p. 7. – La sentenza va quindi cassata in parte qua; ma, poichè non è possibile, mediante la mera riconsiderazione dei dati di fatto già a disposizione in questa sede, addivenire alla sicura identificazione delle voci di danno causalmente ricollegabili alla sola condotta qui ritenuta fonte di responsabilità, non può provvedersi alla decisione nel merito: e tuttavia la cassazione comporta l’assorbimento dell’ottavo motivo sulle spese di lite, essendo evidente come il giudizio del rinvio debba provvedervi in considerazione dell’esito complessivo del processo.
p. 8. – Del ricorso va quindi accolto il decimo motivo, con assorbimento dell’ottavo e rigetto di tutti gli altri: si impone il rinvio alla medesima corte territoriale, che provvederà ad adottare specifica motivazione sulle singole voci riconosciute e ad operarne la corretta addizione con analitica indicazione degli addendi dell’operazione; per poi liquidare le spese anche dell’intero giudizio, tra cui quelle di legittimità, alla stregua della considerazione complessiva dell’esito della controversia.
p. 9. – è appena il caso di rilevare che non può farsi luogo alla condanna alle spese per responsabilità aggravata, sollecitata dal Pubblico Ministero di udienza, atteso che il ricorso, sia pure limitatamente a due dei motivi dispiegati, non è stato disatteso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il decimo motivo, dichiara assorbito l’ottavo e rigetta nel resto il ricorso; cassa in relazione alla censura accolta e rinvia alla corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, addì 27 novembre 2015.