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Cassazione Civile 2552/2023 – Revocatoria ordinaria – Alienazione di immobile e destinazione di parte del prezzo al soddisfacimento di debiti scaduti – Revoca dell’alienazione

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Ordinanza 2552/2023

 

Revocatoria ordinaria – Alienazione di immobile e destinazione di parte del prezzo al soddisfacimento di debiti scaduti – Revoca dell’alienazione – Ammissibilità

È assoggettabile ad azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’alienazione di un bene immobile da parte del debitore, anche se il relativo prezzo sia stato destinato, in parte, al pagamento di debiti scaduti del venditore-debitore, non potendo tale circostanza ex se escludere la sussistenza dell'”eventus damni”. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, nel rigettare la domanda avanzata dal creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c., aveva rilevato che il debitore aveva venduto il proprio immobile e utilizzato una parte del prezzo ricavato per l’estinzione di debiti scaduti, senza però accertare l’eventuale rilevanza del residuo patrimoniale rimasto al debitore ai fini della tutela delle ragioni creditorie).

Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 27-1-2023, n. 2552   (CED Cassazione 2023)

Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria) – Giurisprudenza

 

 

Rilevato che,

con sentenza resa in data 20/10/2020 (n. 344/2020), la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da Do. Ar. per l’accertamento dell’inopponibilità nei propri confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto con il quale Ci. Va. (proprio debitore a titolo risarcitorio) aveva ceduto, in favore di Vi. Lu., un proprio immobile;

con la stessa decisione, la corte d’appello, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Ar., ha disposto l’integrale compensazione tra le parti di entrambi i gradi del giudizio di merito;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, non avendo l’Ar. impugnato la mancata pronuncia in cui era incorso il tribunale in relazione alla domanda di accertamento del proprio credito nei confronti del Va., tale credito doveva ritenersi definitivamente non comprovato, neppure sotto il profilo del suo carattere litigioso, con la conseguente insussistenza di un presupposto essenziale ai fini dell’accoglimento della domanda revocatoria spiegata in via principale;

sotto altro profilo, la corte territoriale ha evidenziato come il Va. avesse quasi totalmente impiegato il ricavato della vendita del proprio immobile per l’estinzione di altri debiti scaduti e garantiti, come tali non soggetti a revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c.;

avverso la sentenza d’appello, Do. Ar. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

Vi. Lu. resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

Ci. Va. e An. Da., quest’ultimo già chiamato in giudizio in qualità di procuratore speciale del primo, non hanno svolto difese in questa sede; Vi. Lu. ha depositato memoria;

con ordinanza interlocutoria n. 20969/22 resa in data 1/7/2022, la Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione ha invitato il ricorrente a depositare la prova dell’avvenuta notificazione del ricorso nei confronti di Ci. Va., ovvero, in mancanza, a procedere all’integrazione del contraddittorio nei relativi confronti;

eseguito tale ultimo incombente, a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bisc.p.c.;

considerato che,

con il primo motivo del ricorso principale, Do. Ar. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 324 e 346 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che l’omessa adozione, da parte del primo giudice, di alcuna pronuncia sulla domanda di accertamento del proprio credito nei confronti del Va. (proposta dall’attore in via subordinata), potesse interpretarsi alla stregua di un suo implicito rigetto, con il relativo conseguente passaggio in giudicato a seguito della mancata impugnazione dell’omessa pronuncia da parte dell’Ar., dovendo piuttosto intendersi, detta mancata impugnazione, quale mera rinuncia implicita di detta domanda di accertamento, pacificamente riproponibile in altro e separato giudizio;

il motivo è manifestamente fondato;

osserva il Collegio come il giudice a quo , nell’affermare l’equivalenza ad un rigetto – o, in ogni caso, all’attestazione della mancata dimostrazione di alcun credito, anche litigioso, dell’Ar. nei confronti del Va. – della mancata adozione, da parte del primo giudice, di alcuna pronuncia sulla domanda di accertamento del credito vantato dall’attore nei confronti del Va. (con il conseguente relativo passaggio in giudicato a seguito della mancata impugnazione, da parte dell’attore, di tale omessa pronuncia), si sia posto in contrasto con il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte ai sensi del quale, quando la sentenza di primo grado manchi di statuire su una delle domande introdotte in causa (e non ricorrono gli estremi di una sua reiezione implicita, n é risulta che la stessa sia rimasta assorbita dalla decisione di altra domanda da cui dipenda: cfr. Cass., 2/4/2002, n. 4628; Cass., 10/9/1999, n. 9619), deve riconoscersi alla parte istante la facoltà di far valere tale omissione in sede di gravame, ovvero, in alternativa, di riproporre la domanda in separato giudizio, considerato che la rinunzia implicita alla domanda stessa di cui all’art. 346 c.p.c., per non avere denunciato quell’omissione in appello, ha valore processuale e non anche sostanziale (Sez. 3, Ordinanza n. 1828 del 25/01/2018);

tale conclusione, in particolare, deve ritenersi la logica conseguenza del principio in forza del quale va esclusa la formazione di alcun giudicato sugli aspetti del rapporto dedotto in giudizio che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto, quali quelli oggetto di una domanda su cui sia stata omessa la pronuncia (Sez. 3, Ordinanza n. 1828 del 25/01/2018, Rv. 647587 – 01, cit; Sez. 3, Sentenza n. 21266 de l 10/10/2007, Rv. 599517 -01);

nel caso di specie, oltre a non aver costituito oggetto di alcun accertamento effettivo specifico e concreto, la domanda dell’Ar. diretta all’accertamento del proprio credito nei confronti del Va. non poté neppure dirsi legata da un rapporto di pregiudizialità o dipendenza dall’azione revocatoria proposta in via principale, avendo piuttosto il giudice di primo grado disatteso detta domanda principale, non già in ragione dell’inesistenza della qualità di creditore in capo all’Ar., bensì della mancata dimostrazione, da parte di quest’ultimo, del concreto ricorso delle altre condizioni imposte, dall’art. 2901 c.c., ai fini dell’accoglimento dell’actio pauliana spiegata in via principale;

con il secondo motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto insussistente il requisito dell’eventus damni a sostegno dell’azione revocatoria spiegata dall’odierno ricorrente (attesa l’avvenuta utilizzazione, da parte del Va., del prezzo della compravendita impugnata per l’estinzione di altri debiti scaduti e garantiti), avendo la stessa corte d’appello riconosciuto come non tutto l’importo ricavato dalla vendita fosse stato utilizzato dal Va. per l’estinzione di detti debiti scaduti, non potendo attribuirsi alcun significato all’eventuale sussistenza di garanzie reali sul bene compravenduto con l’atto impugnato;

il motivo è manifestamente fondato;

osserva il Collegio come la stessa corte territoriale, nel dare atto dell’avvenuta utilizzazione, da parte del Va., solo di una parte del prezzo ricavato dalla compravendita impugnata in questa sede per l’estinzione di debiti scaduti (“il ricavato della vendita è stato quasi totalmente impiegato per il pagamento di rilevanti debiti scaduti e garantiti”: cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), abbia implicitamente riconosciuto la sussistenza di un residuo patrimoniale rimasto in capo al Va. in conseguente di detta cessione, senza peraltro darsi cura di accertare, in termini positivi o eventualmente negativi, la rilevanza di detto residuo patrimoniale ai fini della tutela delle ragioni creditorie;

da tale premessa di fatto –direttamente ricavabile dalla lettura della sentenza impugnata (nella specie neppure contestata in sede di ricorso incidentale dalle controparti interessate) – discende la violazione del parametro normativo in questa sede dedotto dal ricorrente principale, non potendo escludersi in alcun modo l’avvenuta dimostrazione, da parte delle controparti interessate, del ricorso concreto di una fattispecie estintiva della prerogativa di tutela azionata in questa sede dall’Ar.;

con l’unico motivo di ricorso incidentale proposto, Vi. Lu. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente disposto l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio, in difetto dei presupposti al riguardo previsti dalla legge;

l’accoglimento dei due motivi del ricorso principale – con la conseguente cassazione della sentenza impugnata – valgono a ritenere assorbita la rilevanza dell’impugnazione incidentale proposta dalla Lupo in ordine alle modalità di regolazione, da parte del giudice d’appello, delle spese dei gradi del giudizio di merito;

sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza del ricorso principale (assorbito il ricorso incidentale), deve essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione del 8/11/2022.