Ordinanza 25743/2023
Assicurazione contro i danni – Clausola contrattuale contemplante il risarcimento in forma specifica – Riparazione del veicolo in una carrozzeria indicata dalla società assicurativa – Esclusione del carattere vessatorio della clausola
In tema di assicurazione contro i danni, la clausola contrattuale contemplante il risarcimento in forma specifica, predisposta unilateralmente dall’assicuratore, non può ritenersi vessatoria, non determinando uno squilibrio in suo favore dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto, tenuto conto che, in linea generale, la concreta operatività di tale forma di risarcimento, ove materialmente possibile, trova un limite nelle esigenze di tutela del debitore, il quale può liberarsi mediante il risarcimento per equivalente, ove quello in forma specifica risulti per lui eccessivamente oneroso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il carattere vessatorio della clausola che prevedeva la riduzione del 50% della franchigia per l’assicurato che si fosse rivolto, per la riparazione del veicolo, ad una carrozzeria indicata dalla società assicurativa).
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 04/09/2023, n. 25743 (CED Cassazione 2023)
Art. 1341 cc (Condizioni generali di contratto)
Art. 2058 cc (Risarcimento in forma specifica)
Rilevato che:
con sentenza 22 ottobre 2021, n. 985, il Tribunale di Mantova, in
parziale riforma della sentenza n. 249/2019 del Giudice di pace della
stessa città, ha rigettato la domanda di accertamento dell’obbligo della
società assicurativa di pagare, a titolo di indennizzo, il danno residuo
(Euro 500 rispetto all’offerta liquidativa già percepita e decurtata della
franchigia), previa declaratoria di inefficacia della clausola di scoperto
pari “al 10% con minimo di Euro 500”, asseritamente vessatoria,
proposta da (OMISSIS), titolare della (OMISSIS), quale
cessionario del credito derivante dalla polizza di assicurazione stipulata
in favore di (OMISSIS), nei confronti dell’(OMISSIS) s.p.a.;
il Tribunale ha così deciso, per quanto ancora interessa, sul rilievo
che la predetta clausola – prevedendo, non già una “franchigia”
espressa in cifra fissa, ma uno “scoperto” a carico dell’assicurato, da
calcolarsi in misura percentuale rispetto al danno risarcibile – non
integrava una clausola limitativa di responsabilità ma una clausola di
limitazione del rischio, concorrendo alla precisazione dell’oggetto del
contratto e, dunque, non poteva reputarsi vessatoria e non richiedeva
la specifica approvazione per iscritto;
propone ricorso per cassazione (OMISSIS), titolare della
(OMISSIS), sulla base di tre motivi;
non risponde l’intimata (OMISSIS) s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai
sensi dell’art.380-bis.1 cod. proc. civ.;
il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte;
non sono state depositate memorie.
Considerato che:
1.1. con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa
applicazione dell’art. 1341 cod. civ., in relazione agli artt. 33-36 del
d.lgs. n. 206 del 2005;
il ricorrente, dopo avere criticato la distinzione operata dalla
sentenza impugnata tra “franchigia” e “scoperto”, sostiene che la
clausola contrattuale “scoperto 10% minimo 500 Euro”, incidendo
unicamente sull’entità dell’indennizzo, avrebbe introdotto una
limitazione della responsabilità dell’assicuratore, ricadendo nelle
previsioni degli art. 1229 e 1341 cod. civ.;
1.2. con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360
n.4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza, per asserita omessa
pronuncia sulla domanda subordinata di applicazione della franchigia
(scoperto) più favorevole, prevista dall’art. 4.17 delle condizioni di
polizza;
il ricorrente deduce che, sebbene tale domanda fosse stata
«regolarmente ribadita in grado di appello», la questione non sarebbe
stata minimamente esaminata dal Tribunale, né alcuna specifica
statuizione sul punto sarebbe ravvisabile nel dispositivo della sentenza
impugnata;
1.3. con il terzo motivo viene nuovamente denunciata la violazione
e falsa applicazione dell’art. 1341 cod. civ. e degli artt. 33-36 d.lgs. n.
206/2005;
il ricorrente deduce il carattere vessatorio anche della clausola più
favorevole, asseritamente prevista al punto 4.17 delle condizioni
generali di contratto, avente ad oggetto la riduzione del 50% della
franchigia per l’assicurato che si rivolga ad una carrozzeria indicata
dalla società assicurativa;
sostiene che tale condizione introdurrebbe solo apparentemente un
trattamento più vantaggioso per l’assicurato, restringendone, invece la
libertà contrattuale e determinando un significativo squilibrio dei diritti
e degli obblighi derivanti dal contratto in favore dell’assicuratore, non
controbilanciato da tariffe o altre condizioni di vantaggio per
l’assicurato;
2. il primo e il terzo motivo – da esaminare congiuntamente per
ragioni di connessione – sono infondati;
2.1. va premesso che, nell’ambito del contratto di assicurazione,
sono da considerare limitative della responsabilità, per gli effetti
dell’art. 1341 cod. civ., le clausole che circoscrivono le conseguenze
della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito,
mentre, al contrario, attengono all’oggetto del contratto quelle che
concernono il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque,
specificano il rischio garantito (tra le altre, Cass. 10/11/2009, n.
23741; Cass. 7/04/2010, n. 8235; Cass. 11/06/2019, n. 15598;
recentemente, Cass. 4/02/2021, n.2660, non mass.);
2.2. ciò premesso, deve escludersi che siano soggette all’obbligo
della specifica approvazione preventiva per iscritto le clausole che si
limitano a prevedere uno scoperto in termini percentuali o, in luogo del
risarcimento per equivalente, l’obbligo, per l’assicuratore, di
provvedere alla riparazione in forma specifica (eventualmente, come
nella specie, attraverso la previsione della riparazione del veicolo
presso una carrozzeria convenzionata), la quale costituisce una forma
di risarcimento o di indennizzo che consente al danneggiato di ottenere
il ristoro del pregiudizio subìto mediante la diretta rimozione delle
conseguenze dannose e la restitutio in integrum del medesimo bene
che costituiva il punto di riferimento oggettivo dell’interesse leso;
con siffatte clausole, infatti, non viene imposto al contratto di
assicurazione un peso che rende eccessivamente difficoltosa la
realizzazione del diritto dell’assicurato né si consente all’assicuratore di
sottrarsi in tutto o in parte alla sua obbligazione o si assoggetta la
soddisfazione dell’assicurato all’arbitrio dell’assicuratore e ai tempi da
questo imposti per la definitiva liquidazione della somma dovuta;
piuttosto, senza determinare alcun significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi derivanti dal contratto di assicurazione, viene specificato
l’oggetto del contratto stesso e vengono pattuite le modalità e la forma
con cui l’assicuratore è tenuto a rivalere l’assicurato del danno
prodottogli dal sinistro;
le clausole in questione, pertanto, non rientrano tra quelle
limitatrici della responsabilità dell’assicuratore e non richiedono per la
loro efficacia la specifica approvazione per iscritto del contraente per
adesione ai sensi dell’art. 1341 c.c.;
2.3. con particolare riguardo alle clausole che prevedono, in luogo
del risarcimento per equivalente, l’obbligo, per l’assicuratore di
provvedere alla riparazione in forma specifica, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente – il quale sembra considerare il risarcimento
per equivalente maggiormente satisfattivo per il creditore rispetto a
quello in forma specifica – va altresì puntualizzato, in termini generali,
che, sebbene la scelta tra le due forme risarcitorie spetti al creditore
(art. 2058, primo comma, c.c.), tuttavia, se il debitore offre il
risarcimento in forma specifica, l’eventuale rifiuto di tale offerta
potrebbe essere contrario a buona fede, nella misura in cui precludesse
al debitore di conseguire un risultato utile che non comporta per il
creditore un apprezzabile sacrificio e che è, anzi, normalmente più
adeguato al fine risarcitorio e, dunque, al soddisfacimento
dell’interesse creditorio (art. 1174 cod. civ.);
proprio su tali presupposti la dottrina ammette che danneggiato e
danneggiante possono validamente ed efficacemente accordarsi sul
risarcimento in forma specifica, anche in via preventiva: tale accordo,
infatti, integra un contratto innominato avente causa risarcitoria,
diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo
l’ordinamento giuridico (art. 1322, secondo comma, cod. civ.);
la clausola contrattuale diretta a prevedere siffatta forma
risarcitoria, predisposta unilateralmente dal debitore, non determina,
pertanto, uno squilibrio in suo favore dei diritti ed obblighi derivanti dal
contratto: la concreta operatività di tale istituto, ove sia materialmente
possibile, trova infatti un limite, non già nelle esigenze di tutela del
creditore (il cui interesse viene, al contrario, pienamente reintegrato),
ma nelle esigenze di tutela del debitore, il quale può liberarsi mediante
il risarcimento per equivalente, ove quello in forma specifica risulti per
lui eccessivamente oneroso (art. 2058, secondo comma, cod. civ.;
Cass. 27/07/2022, n. 23415);
il primo e il terzo motivo vanno pertanto rigettati;
3. il secondo motivo è inammissibile;
3.1. va, al riguardo, ricordato che nel giudizio di legittimità, la
deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod.
proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato
investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e
ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali
istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro
esatti termini con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o
del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte,
onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della
tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni
prospettatevi;
pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di
cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può
esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza
al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di
inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non
essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo
alla verifica degli stessi (Cass. 14/10/2021, n. 28072; in precedenza,
tra le altre, Cass. 4/07/2014, n. 15367);
3.2. nel caso di specie, della domanda che non sarebbe stata
delibata non si fa menzione nella sentenza impugnata;
il ricorrente avrebbe quindi dovuto indicare precisamente l’atto
difensivo in cui era stata tempestivamente e ritualmente proposta in
primo grado nonché, in ipotesi di omessa pronuncia o di non
accoglimento di tale domanda da parte di quest’ultimo, la relativa
doglianza o l’espressa riproposizione delle stesse nel ricorso in appello,
eventualmente riportando i corrispondenti brani dei precedenti atti di
parte nel ricorso per cassazione;
in difetto dell’assoluzione di questo onere – nel ricorso si dice solo
che «la domanda proposta dalla (OMISSIS) in via
subordinata, diretta ad ottenere la riforma della sentenza di primo
grado con applicazione della franchigia (scoperto) più favorevole
prevista dall’art.4.17 delle condizioni generali di polizza [era] stata
regolarmente ribadita in appello» (p.7), senza riportare tale domanda
nei suoi esatti termini e senza specificare l’atto difensivo in cui era stata
proposta e, eventualmente, riproposta – il motivo fondato sul dedotto
error in procedendo non può ritenersi ammissibile, non avendo questa
Corte gli elementi per verificare l’originaria ritualità e tempestività della
domanda asseritamente non delibata, nonché la ritualità e tempestività
delle censure eventualmente formulate in appello avverso la omessa
pronuncia in primo grado ovvero la ritualità e tempestività della loro
espressa riproposizione in ipotesi di mancato accoglimento;
4. in definitiva, il ricorso va rigettato per essere infondati il primo
e il terzo motivo e inammissibile il secondo;
5. non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità,
stante l’indefensio della società intimata;
6. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del
comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass., Sez. Un.,
20/02/2020, n. 4315).
Per Questi Motivi
la Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello
stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile
della Corte di cassazione, in data 23 marzo 2023.