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Cassazione Civile 25752/2022 – Revocazione art 395 cpc – Erronea percezione del contenuto di scritto difensivo

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Sentenza 25752/2022

Revocazione art. 395 cpc – Erronea percezione del contenuto di scritto difensivo

Qualora l’atto difensivo depositato dalla parte sia stato falsamente rappresentato, e sia pertanto rimasto oggetto di un errore di percezione da parte del giudicante, avendo ciò comportato che la decisione assunta sia stata fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ricorre il vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c.

Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenza 1-9-2022, n. 25752   (CED Cassazione 2022)

Art. 395 cpc (Revocazione) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate notificava il 22.12.2009 a (OMISSIS), libero professionista, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) (ric., p. 2), fondato innanzitutto su movimentazioni bancarie non giustificate: versamenti e prelevamenti. L’atto impositivo attiene ai tributi Irpef, Iva ed Irap, oltre sanzioni ed accessori, per complessivi Euro 1.230.337,50, in riferimento all’anno 2004. L’Amministrazione finanziaria contestava costi ritenuti indeducibili e maggiori ricavi non dichiarati.

2. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che riteneva fondate le opposizioni proposte ed annullava l’avviso di accertamento.

3. L’Agenzia delle entrate spiegava appello avverso la pronuncia adottata dalla Ctp, innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte. La Ctr accoglieva l’impugnativa, e riaffermava validità ed efficacia dell’atto impositivo.

4. (OMISSIS) ricorreva per cassazione avverso la decisione assunta dalla Ctr, e questa Corte di legittimità, con decisione n. 547 del 2020, lo accoglieva solo parzialmente, in relazione ai prelevamenti bancari effettuati dal contribuente, lavoratore autonomo e non imprenditore, e rinviava innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte.

5. Ha proposto ricorso per revocazione, avverso la indicata sentenza di questa Corte, (OMISSIS), affidandosi a due strumenti di impugnazione. L’Amministrazione finanziaria non si è costituita in questo giudizio, ma ha depositato istanza di partecipazione all’eventuale discussione orale della causa. Il contribuente ha pure depositato memoria.

5.2. Il P.M. ha depositato le proprie conclusioni scritte, domandando accogliersi il primo motivo di revocazione, respinto il secondo, quindi rigettarsi il ricorso nel merito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso per revocazione, proposto ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, il contribuente contesta l’erronea pronuncia di inammissibilità di parte del terzo motivo di ricorso per cassazione per asserita (ed insussistente) violazione del principio di autosufficienza del gravame, sulla base della svista percettiva consistente nell’avere la Corte di legittimità erroneamente ritenuto non trascritto il contenuto dell’avviso di accertamento impugnato, o non allegato copia di esso o non aver indicato tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio di merito” (ric., p. 8).

2. Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, il ricorrente censura l’erronea pronuncia, con riferimento al sesto motivo del ricorso per cassazione, in ordine alla conoscenza e conoscibilità, da parte del ricorrente, dei controlli bancari menzionati nell’avviso di accertamento impugnato, attesa la posterità – risultante dagli atti di causa – di detti controlli rispetto al processo verbale di costatazione sulla base del quale è stato emanato l’avviso di accertamento de quo” (ric., p. 19).

3. Mediante il primo strumento di ricorso per revocazione, il contribuente critica la pronuncia di inammissibilità del terzo motivo di ricorso, emessa dalla Cassazione con la ricordata sentenza n. 547 del 15.1.2020, affermando la mancata trascrizione dell’atto impositivo nel contenuto del ricorso. Con il secondo motivo di ricorso per revocazione, il contribuente critica l’errore di fatto in cui è incorso il giudice impugnato, per aver ritenuto che, indipendentemente dalla motivazione propria dell’avviso di accertamento, il ricorrente fosse stato già portato a conoscenza delle contestazioni che gli venivano mosse relativamente alle movimentazioni bancarie, perchè aveva ricevuto notifica del Processo verbale di costatazione. Il contribuente censura il vizio di percezione in cui sarebbe incorso il giudice, perchè le indagini bancarie sono state esperite successivamente rispetto a quando è stato redatto e notificato il processo verbale di costatazione, e le relative contestazioni non potevano pertanto essere state incluse nel Pvc.

3.1. I motivi di impugnazione presentano motivi di connessione, attenendo entrambi ad un vizio di percezione attinente all’avviso di accertamento, rispettivamente riferite alla sua trascrizione nel ricorso del contribuente, ed al suo contenuto, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di chiarezza espositiva.

3.2. Tanto premesso, in relazione al primo motivo di ricorso per revocazione, risulta opportuno ricordare che il giudice impugnato scrive: “Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui la censura è riferita all’omesso rilievo, da parte del giudice tributario d’appello, della nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, non essendone stato trascritto il contenuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione… nè avendone il ricorrente allegato copia o indicato tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio di merito, così da porre la Corte in condizione di potere esprimere il sindacato richiesto”, Cass. 20.1.2020, n. 547, p. 4 s..

3.2.1. Il contribuente contesta però che nel ricorso per cassazione da lui introdotto, “da pagina 2 a pagina 14… viene riprodotto integralmente il contenuto dell’avviso di accertamento in questione… proprio in funzione dell’osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione” (ric., p. 9).

Intiero, in questo caso il “fatto” non percepito dal collegio giudicante è rappresentato da una porzione del ricorso per cassazione proposto dal contribuente, ma tanto non esclude la ricorrenza dell’errore revocatorio di cui all’articolo 395, n. 4, c.p.c. In accordo con quanto sostenuto anche dal P.M. nelle sue conclusioni scritte, pertanto, sembra opportuno anche indicare il principio di diritto secondo cui “qualora l’atto difensivo depositato dalla parte sia stato falsamente rappresentato, e sia pertanto rimasto oggetto di un errore di percezione da parte del giudicante, avendo ciò comportato che la decisione assunta sia stata fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ricorre il vizio revocatorio di cui all’articolo 395, n. 4, c.p.c.”.

3.2.2. Osservato, ancora, che dagli atti di causa non emerge che il fatto della trascrizione dell’atto impositivo nel ricorso del contribuente abbia costituito un punto controverso tra le parti, deve concludersi che la censura proposta dalla parte con il primo motivo di ricorso per revocazione risulta fondata, e pertanto deve essere accolta.

3.3. Con il secondo motivo di ricorso per revocazione, il ricorrente critica l’ulteriore errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice impugnato, per aver ritenuto che il (OMISSIS) fosse stato già portato a conoscenza delle contestazioni che gli venivano mosse nell’avviso di accertamento, relativamente alle movimentazioni bancarie, in conseguenza della ricevuta notifica del Processo verbale di costatazione. Il contribuente censura il vizio di percezione in cui è incorso il giudice, perchè le indagini bancarie, come risulta dallo stesso atto impositivo, sono state esperite successivamente rispetto a quando è stato redatto e notificato il processo verbale di costatazione, e le relative contestazioni non erano state pertanto incluse nel Pvc.

3.3.1. Il giudice impugnato scrive che “le doglianze riferite all’insufficiente o omessa motivazione per difetto d’indicazione e/o allegazione delle movimentazioni bancarie nell’atto impositivo sono infondate, essendo noto al contribuente, all’esito della verifica su di lui effettuata, il contenuto del processo verbale di costatazione” (sent. Cass., p. 6).

Evidenzia tuttavia il ricorrente che l’avviso di accertamento “pur menzionando i rilievi di cui al processo verbale di costatazione del 3/6/2009, dà, altresì, atto – nella sezione seconda – che gli accertamenti bancari sono stati effettuati successivamente al processo verbale di costatazione e che, dunque, giammai avrebbero potuto essere contenuti in tale processo verbale, posto a fondamento dello stesso avviso di accertamento. Si legge, infatti, nell’avviso di accertamento de quo: “Gli esiti dell’ispezione documentale operata sulle scritture contabili ufficiali, semplificate, portate dal p.v.c. del 3 giugno 2009… sono state integrati dall’ulteriore istruttoria d’ufficio con l’acquisizione delle copie dei conti correnti bancari intestati al Sig. (OMISSIS) o comunque a lui riferibili”. Il giudice impugnato è quindi incorso in un errore di percezione che ha falsato le sue valutazioni.

3.3.2. Osservato, anche in questo caso, come dagli atti di causa non emerga che il “fatto” consistente nella impossibilità che il processo verbale di costatazione notificato alla parte contenesse dati relativi agli accertamenti bancari, in quanto eseguiti successivamente alla notifica dell’atto di verifica, abbia costituito un punto controverso tra le parti, deve concludersi che pure la censura proposta dalla parte con il secondo motivo di ricorso per revocazione risulta fondata, e pertanto deve essere accolta.

3.4. Occorre pertanto procedere alla valutazione nel merito dei motivi di ricorso proposti dalla parte.

In proposito la parte propone una pluralità di critiche. Lamenta alla Ctr di non aver rilevato la “gravissima carenza di motivazione dell’avviso di accertamento” (ric., p. 16), e sottolinea che in nessun documento redatto dall’Amministrazione finanziaria, e comunque portato a sua conoscenza, “è indicato in alcun modo a quali analitici versamenti o prelevamenti”, il contribuente “debba fare riferimento per poter esercitare il proprio diritto di difesa costituzionalmente garantito… il contribuente non è stato posto in condizione di difendersi… vanno inoltre sottolineate l’assoluta inutilizzabilità probatoria e la conseguente inefficacia sanzionatoria delle risultanze dei conti bancari della Sig.ra (OMISSIS) e della Sig.ra (OMISSIS), con riferimento alle presunzioni di legge richiamate dall’Ufficio… con riferimento a conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse, ancorchè legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, salvo che l’amministrazione opponga e poi provi in sede giudiziale che l’intestazione a terzi sia fittizia” (ric., pp. 12, 17, 18, 19). Censura ancora il ricorrente che “nessun estratto conto è stato allegato all’avviso di accertamento impugnato, nè riferito al conto del ricorrente oggetto di controllo, nè riferito ai conti della Sig.ra Caione nè a quello della Signora (OMISSIS) esaminati dall’Amministrazione… in nessun modo l’Ufficio ha provato (e neppure ha tentato di farlo…) che il conto corrente della Sig.ra (OMISSIS) e quello della Sig.ra (OMISSIS)… fossero fittiziamente intestati” (ric., p. 25, 26).

3.4.1. La Ctr ha invece ritenuto che l’avviso di accertamento risultasse sufficientemente motivato, e che non si sia registrata, in proposito, alcuna violazione del diritto di difesa del contribuente.

In definitiva il contribuente lamenta, per quanto ancora di interesse, che non gli è stata mai fornita dall’Agenzia delle Entrate una indicazione analitica di ciascun versamento bancario non giustificato che gli viene contestato, anche in relazione a quelli accertati sui conti correnti delle sue strette congiunte, moglie e figlia.

3.4.2. Invero, come già rilevato dal P.M. nelle proprie conclusioni scritte, nell’avviso di accertamento per cui è causa, trascritto nel suo originario ricorso per cassazione dal ricorrente, e riportato per stralci anche nel ricorso per revocazione dal contribuente, ed in particolare nella “Sezione seconda”, l’Amministrazione finanziaria spiega che il calcolo del reddito non dichiarato del contribuente, ricavato dalle movimentazioni bancarie, è stato effettuato “escludendo gli importi di valore inferiore a Euro 1.000,00, tenuto conto della quantità rilevante dei movimenti bancari esaminati e delle difficoltà insite nella ricostruzione di fatti economici contabili ed extracontabili, a distanza di tempo, nell’ambito di scritture contabili semplificate ma soprattutto inattendibili e sostanzialmente omissive. Ove possibile sono state ritenute rilevanti le giustificazioni annotate sugli estratti conto, quali i prelevamenti ed i relativi versamenti d’imposte e tributi per conto dei clienti (F-24), pagamenti di canoni periodici, giroconti; dal totale dei movimenti registrati sui conti correnti sono stati sottratti i compensi registrati in contabilità nel loro valore complessivo di Euro 292.586,00”. Sono quindi indicati i dati aggregati del “valore complessivo dei versamenti e dei prelevamenti ritenuti ingiustificati” rilevati in relazione a ciascun conto corrente esaminato, nonchè il valore complessivo dei compensi dichiarati, e dalla differenza tra questi dati si ricavano i “compensi omessi”.

3.4.3. Le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate appaiono invero sufficientemente analitiche per consentire il pieno dispiegarsi del diritto di difesa del contribuente. Questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articolo 32 consente all’Amministrazione finanziaria di riferire de plano ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, salva la prova contraria da parte di costui, e la legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, posto che il citato articolo 32 prevede quel contraddittorio alla stregua di mera facoltà, non di obbligo, dell’amministrazione tributaria”, Cass. sez. V, 26.4.2017, n. 10249 (conf. Cass. sez. V, 29.3.2002, n. 4601).

3.4.4. Non si è poi mancato di specificare che “in tema di accertamenti bancari, gli Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articolo 32 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 articolo 51 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze”, Cass. sez. V, 30.6.2020, n. 13112.

Deve quindi osservarsi che il contribuente insiste nel criticare l’operato dell’Amministrazione finanziaria, ma neppure allega di aver contrastato analiticamente la legittimità di nessuna delle operazioni bancarie che gli venivano contestate.

3.4.5. Quanto alla affermata mancata attitudine probatoria delle movimentazioni estratte dai conti correnti delle strette congiunte, moglie e figlia, occorre poi osservare che questa Corte regolatrice, proprio nella decisione impugnata per revocazione nel presente giudizio, ha affermato che “in tema di accertamento dell’imposta sui redditi (nella specie da lavoro autonomo), le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà delle dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone”, Cass. sez. V, 15.1.2020, n. 549. Questo orientamento giurisprudenziale trova riscontro in altre decisioni della Suprema Corte pronunciate in materia in proposito analoga, relativamente alla possibilità per gli Uffici finanziari e la Guardia di finanza, previa autorizzazione degli organi a ciò deputati, di richiedere copia dei conti correnti del socio, senza alcuna limitazione all’attività di indagine, anche mediante l’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, ai soci e pure ai loro familiari, al fine di provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati all’amministratore, ai soci o ai loro familiari (cfr. Cass. sez. V, 18.12.2014, n. 26829, Cass. sez. V, 1.10.2014, n. 20668, e Cass. sez. V, 6.12.2011, n. 26173).

3.4.6. Occorre quindi osservare che, anche a tal proposito, il contribuente si limita a contestare l’operato dell’Amministrazione finanziaria, ma neppure allega che le sue familiari svolgessero un’attività propria e lucrativa, idonea a giustificare i versamenti registrati sui loro conti correnti, in modo da far ritenere verosimile che detti versamenti non fossero in realtà da attribuire all’attività libero-professionale del contribuente.

3.5. Per quanto attiene il merito del giudizio, pertanto, il ricorso

proposto dal contribuente appare infondato, e deve pertanto essere

rigettato.

3.6. L’esito del giudizio, e la peculiarità delle questioni esaminate, inducono a ritenere equo disporre la compensazione delle spese di lite.

La Corte.

P.Q.M.

accoglie il ricorso per revocazione proposto da (OMISSIS), e revoca la decisione impugnata; quindi, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introdotto da (OMISSIS).

Dichiara compensate tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 24.6.2022.