Ordinanza 26050/2022
Offerta reale dell’indennità di avviamento – Idoneità – Inclusione degli interessi sulla somma dovuta per indennità – Necessità – Esclusione
Costituisce valida offerta reale, ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 1208 c.c., nonché ai fini della valutazione del risarcimento del danno ex art. 1591 c.c., quella avente ad oggetto l’indennità di cui all’art. 34 della l. n. 392 del 1978, ancorché non includa gli interessi, atteso che il credito per l’indennità di avviamento diviene esigibile solo nel momento in cui avviene il rilascio dell’immobile.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 5-9-2022, n. 26050
Art. 34 Legge 392/1978 (Indennità per la perdita dell’avviamento) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi, per
la cassazione della sentenza n. 2348/19, del 22 maggio 2019,
della Corte di Appello di Napoli che – nel pronunciarsi, quale
giudice del rinvio, all’esito della sentenza n. 28322/17 con cui
questa Corte aveva cassato la sentenza n. 2457/2015, del 9
giugno 2016, della stessa Corte napoletana – ha respinto il
gravame della (OMISSIS), così confermando il rigetto della domanda
risarcitoria, ex art. 1591 cod. civ., proposta contro (OMISSIS),
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), reiezione già
disposta dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, con
sentenza n. 500/12, del 9 novembre 2012.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente una
complessa vicenda processuale, relativa ad un contratto di
locazione – avente ad oggetto un immobile sito in Sant’Angelo
d’Ischia, destinato ad uso diverso da quello abitativo e,
segnatamente, adibito a ristorante – concluso, nel 1968, da essa
(OMISSIS) e dalla di lei madre (OMISSIS), con (OMISSIS) e
(OMISSIS) (quest’ultimo, dante causa dei predetti
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)).
2.1. Antefatto della presente vicenda è costituto dal ricorso
con cui le locatrici (OMISSIS)-(OMISSIS) richiesero al Pretore di Ischia,
nel 1977, di dichiarare cessata la proroga legale della locazione,
in ragione della necessità di adibire l’immobile ad uso proprio di
abitazione e attività commerciale, giudizio conclusosi, dieci anni
più tardi, con la sentenza di questa Corte (n. 4620/87, del 20
maggio 1987) che, respingendo l’impugnazione degli (OMISSIS), ne
confermava la condanna al rilascio dell’immobile. Rarnmenta,
inoltre, la ricorrente che le locatrici ebbero ad adire nuovamente
– nelle more dello svolgimento di quel primo giudizio – il Pretore
ischitano, per la fissazione della data di esecuzione del rilascio,
instaurando una controversia conclusa con una parziale
conciliazione intervenuta il 9 febbraio 1983, in forza della quale,
mentre gli (OMISSIS) riconsegnavano parte dell’immobile, le (OMISSIS)(OMISSIS) si impegnavano a non porre in esecuzione la sentenza di
rilascio, fino alla decisione di questa Corte (poi intervenuta, come
detto, il 20 maggio 1987). Essendo i conduttori, tuttavia, venuti
meno all’obbligo di rilasciare la parte residua dell’immobile
secondo la scadenza pattuita, la parte locatrice si rivolgeva,
ancora una volta, all’autorità giudiziaria, affinché determinasse la
misura dell’indennità di avviamento ex art. 34 della legge 27
luglio 1978, n. 392.
Ne scaturiva un ulteriore, prolungato, contenzioso
(contraddistinto anche da quattro istanze di ricusazione dell’adito
Pretore), definito, in prime cure, con l’adesione – secondo quanto
assume la (OMISSIS) – alla determinazione compiuta dagli (OMISSIS),
che individuavano il dovuto in £. 105.000.000. Le locatrici,
pertanto, in data 13 aprile 1992, provvedevano ad effettuare la
corrispondente offerta reale ai conduttori, da costoro però
rifiutata, avendo gli stessi, per contro, esperito appello contro la
sentenza pretorile, del 28 febbraio 1992, di determinazione
dell’indennità, e ciò sul presupposto che il provvedimento di
riassunzione del giudizio – adottato all’esito del rigetto dell’ultima
istanza di ricusazione del giudice di prime cure – non era stato
notificato al procuratore degli (OMISSIS) (che nel frattempo aveva
rinunciato al mandato defensionale), bensì a costoro
personalmente. Cassata, per tale ragione, da questa Corte, con
sentenza n. 154/1998 (non senza aver essa previamente disposto
l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di
(OMISSIS), nel frattempo deceduto), la decisione con cui il
giudice di appello aveva rigettato il gravame dei conduttori
dell’immobile, il giudizio per la determinazione dell’indennizzo –
riassunto dal solo (OMISSIS) (OMISSIS) – veniva definito con decisione
che confermava la determinazione già operata dal Pretore
ischitano, limitandosi il Tribunale di Napoli (sentenza n. 4367/03)
a commutare l’importo di £. 105.000.000 in C 54.228,00, con
pronuncia divenuta definitiva il 21 luglio 2007, in virtù della
sentenza con cui questa Corte – accogliendo il ricorso dell'(OMISSIS)
e decidendo nel merito – condannava le locatrici al pagamento
degli interessi legali, dal 1987, sulla somma così determinata ai
sensi del citato art. 34 della legge n. 392 del 1978 (sentenza n.
16176/2007).
2.2. Tale essendo l’antefatto del presente giudizio, questo
veniva instaurato dalle (OMISSIS)-(OMISSIS), con ricorso depositato il
19 marzo 2008, per conseguire – come detto – il risarcimento del
danno, sul presupposto che gli (OMISSIS) si fossero resi inadempienti
all’obbligo di restituzione dell’immobile sin dal 20 maggio 1987,
ossia dalla data cui risaliva la pronuncia di questa Corte (resa
all’esito del giudizio per il rilascio della “res locata”), all’adozione
della quale le parti avevano subordinato l’esecuzione del rilascio.
Quanto all’entità del pregiudizio subito, la stessa veniva indicata
nella differenza esistente tra la somma quantificata come
corrispettivo effettivamente dovuto per locazione (assumendo £
5.000.000 mensili come base per il calcolo dell’importo
complessivo, essendo stata tale somma posta dagli (OMISSIS) come
base per calcolare l’indennità di avviamento), e quella derivante,
invece, dall’applicazione del canone di locazione contrattualmente
pattuito e – tuttora – corrisposto dai conduttori, ovvero JE. 83.000
mensili, pari a C 42,37.
La domanda risarcitoria veniva, tuttavia, rigettata dal
Tribunale, con decisione poi confermata in seconde cure,
pronuncia, quest’ultima, cassata da questa Corte. Essa, in
particolare, escludeva che – contrariamente a quanto affermato
dal giudice di appello – potesse attribuirsi efficacia di giudicato
esterno, nel giudizio risarcitorio instaurato dalle locatrici a norma
dell’art. 1591 cod. civ., alla pronuncia con cui il Tribunale di Napoli
aveva accolto l’opposizione all’esecuzione, proposta dai (OMISSIS)
(OMISSIS), avverso il rilascio dell’immobile, sul presupposto della
carenza di definitività della sentenza che aveva quantificato
l’indennità di avviamento, donde la conseguente improcedibilità
dell’intrapresa esecuzione per il rilascio. Secondo questa Corte,
infatti, il giudicato doveva intendersi “limitato alla procedibilità
della procedura di esecuzione”, rimanendo„ al contrario, privo di
effetti “in ordine alla sussistenza o meno di mora della parte
conduttrice, ai fini dell’applicazione dell’articolo 1591 cod. civ.
chiesta con le domande versate nella presente causa dalla parte
locatrice”.
Riassunto, dunque, il giudizio innanzi alla Corte di Appello di
Napoli, quale giudice del rinvio, essa confermava il rigetto della
domanda risarcitoria. Esito al quale perveniva sul rilievo che
l’offerta reale dell’indennità di avviamento – effettuata dalle
locatrici il 13 aprile 1992 – non potesse avere valenza liberatoria,
per la discordanza dell’importo offerto e di quello preteso dai
conduttori, per l’assenza del requisito della validità (essendo stata
compiuta sulla base della sentenza pretorile, poi dichiarata nulla
per un vizio del contraddittorio in danno dei conduttori convenuti
in giudizio) e di quello della completezza, non essendovi
ricompresi gli interessi di mora a decorrere dal 1987.
La Corte territoriale negava, inoltre, rilievo anche alla
rinnovata offerta del 4 agosto 2003, seguita alla sentenza n.
4367/03, emessa il 19 marzo 2003 dal Tribunale partenopeo,
dopo la riassunzione avvenuta a seguito del rinvio disposto da
questa Corte con la sentenza n. 154/1998 del 10 gennaio 1998
3. Avverso la sentenza della Corte partenopea ricorre per
cassazione la (OMISSIS), sulla base – come detto – di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360,
comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione e falsa
applicazione degli artt. 34 e 69 della legge 27 luglio 1978, n. 392,
nonché del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito
con modificazioni nella legge 21 febbraio 1989, n. 61, in relazione
agli artt. 1206, 1207, 1208, 1209, 1210, 1212, 1213, 1218, 1220
e 1591 cod. civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art.
1591 cod. civ., in relazione agli artt. 112, 113, 115 e 116 cod.
proc. civ. e all’art. 2697 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma
che “l’offerta dell’indennità per la perdita dell’avviamento
commerciale non ha valenza liberatoria nell’ipotesi di discordanza
del suo importo rispetto alle indicazioni fornite dal conduttore, nel
qual caso la relativa determinazione può avvenire con la sola
definizione del giudizio di merito, nel quale le parti hanno l’onere
di quantificare la somma rispettivamente reclamata e offerta”.
Orbene, la Corte partenopea avrebbe omesso di considerare
la circostanza – ampiamente documentata e mai contestata dagli
(OMISSIS) – della insussistenza della discrasia tra l’importo richiesto
dai conduttori quale indennità per la perdita dell’avviamento
commerciale e la somma offerta dalle locatrici a tale titolo.
Circostanza attestata dalla stessa sentenza del Pretore di Ischia
del 28 febbraio 1992, all’esito del primo grado di giudizio per la
determinazione di quanto dovuto ex art. 34 della legge n. 392 del
1978, pronuncia che dava conto, per tale ragione, della
sopravvenuta inutilità della consulenza tecnica d’ufficio; d’altra
parte, pure la decisione resa in appello non faceva alltro che
ragguagliare in euro l’importo di £. 105.000.000, già determinato
dal primo giudice in forza della somma di £. 5.000.000 individuata
dai conduttori come base per il computo dell’indennità.
Detto importo, sottolinea la ricorrente, ha formato oggetto
dell’offerta reale del 13 aprile 1992, sicché essa – al netto di ogni
altra considerazione, ed in conformità coni la giurisprudenza di
questa Corte – doveva ritenersi idonea a costituire in mora i
conduttori, quanto meno in termini di “indennità provvisoria”,
salvo conguaglio con la sentenza definitiva, essendo la
controversia relativa alla determinazione dell’indennità ex art. 34
della legge n. 392 del 1978 ancora “sub iudice”.
Errata, pertanto, sarebbe la sentenza impugnata pure nella
parte in cui afferma che la determinazione dell’indennità di
avviamento “può avvenire con la sola definizione del giudizio di
merito”, perché i giudici del rinvio “sembrano adombrare l’idea”
che, in caso di disaccordo tra le parti, occorra “necessariamente
attendersi la conclusiva definizione del giudizio di merito”, in
contrasto con gli indirizzi del giudice della nomofilachia, che
ammettono – secondo la ricorrente – l’offerta di indennità
provvisoria, salvo conguaglio.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 1206, 1207, 1208, 1209, 1210, 1212, 1213, 1218,
1220 e 1591 cod. civ., in relazione agli artt. 34 e 69 della legge
n. 392 del 1978, nonché al decreto-legge n. 551 del 1988,
convertito in legge n. 61 del 1989, e agli ard. 112, 113, 1.15, 116
e 159 cod. proc. civ., oltre a violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 384, 392, 393 e 394 cod. proc. civ., in relazione all’art. 12
disp. prel. cod. civ. e agli artt. 1362, 1363, 1364, 1367, 1368,
1369, 1371 e 1591 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma
che “il 13 aprile 1992 le proprietarie offrirono la somma indicata
dal Pretore d’Ischia con la sentenza 28 febbraio 1992; ma tale
decisione fu espressamente dichiarata nuna”, per il già indicato
vizio del contraddittorio.
Tale passaggio motivazionale viene ritenuto in contrasto con
le norme di diritto richiamate nella rubrica del motivo e con i
principi espressi dalla sentenza rescindente di questa Corte che
ha dato luogo al giudizio di rinvio.
Per un verso, infatti, si sottolinea come – a norma dell’art.
1591 cod. civ. – il presupposto dell’obbligo risarcitorio del
conduttore, resosi inadempiente all’obbligazione di restituzione
della “res locata”, sia esclusivamente la mora, evenienza da
ritenersi integrata – stante la reciproca interdipendenza tra tale
obbligazione e quella, del locatore, relativa al pagamento
dell’indennità di avviamento – allorché la parte conduttrice abbia
ricevuto il pagamento dell’indennità ex art. 34 della legge n. 392
del 1978, ovvero (come nel caso in esame) l’offerta reale.
Priva di rilievo sarebbe, poi, la circostanza relativa alla nullità
della sentenza pretorile, in forza della quale venne effettuata
l’offerta del 12 aprile 1992. E ciò perché – a norma dell’art. 159
cod. proc. civ. – la nullità di un atto processuale non comporta la
nullità degli atti successivi da esso indipendenti, norma da
coordinare con l’art. 34, comma 4, della legge n. 392 del 1978,
come modificato dal d.l. n. 551 del 1988 (ritenuta applicabile
anche alle locazioni stipulate anteriormente alla legge sull’equo
canone), secondo cui l’offerta della somma “risultante dalla
sentenza di primo grado consente, salvo conguaglio all’esito del
giudizio, l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile”,
con ciò dimostrando l’ininfluenza, rispetto all’offerta, delle
vicende che abbiano, eventualmente, ad interessare la sentenza
determinativa dell’indennità.
D’altra parte, anche la sentenza rescindente di questa Corte
attribuisce rilievo – quale presupposto della mora del conduttore,
rilevante ai fini ed agli effetti dell’art. 1591 cod. civ. – alla “offerta
reale in sé”, affermando “che la locatrice non è affatto tenuta a
disporre di un titolo esecutivo affinché si integri un
inadempimento del conduttore”, e ciò in coerenza con la
giurisprudenza di questa Corte che ricollega la mora
nell’adempimento dell’obbligazione di restituzione della “res
locata” alla semplice proposizione della domanda risarcitoria, e
non già al suo accoglimento. Si confermerebbe, pertanto,
l’indifferenza delle vicende relative alla sentenza determinativa
della misura dell’indennità rispetto agli obblighi risarcitori
conseguenti al mancato adempimento dell’obbligo di rilascio
dell’immobile locato.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma
1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 1206, 1207, 1208, 1209, 1210, 1212, 1213, 1218,
1220 e 1591 cod. civ., in relazione all’art. 12 disp. prel. cod. civ.
e agli artt. 34 e 69 della legge n. 392 del 1978, nonché al decreto-
legge n. 551 del 1988, convertito in legge n. 61 del 1989, e agli
artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma
che neppure rileva la circostanza che il Tribunale di Napoli “avesse
quantificato l’indennità in C 52.228,00 perché si trattava della
prima, valida liquidazione dell’indennità, poi comunque rettificata
dalla Cassazione, con la sentenza n. 16176/2007, che aggiungeva
gli interessi a decorrere dal 1987, questi ultimi mai offerti”.
La ricorrente contesta che la mancata offerta degli interessi
avesse reso l’offerta reale, eseguita il 13 aprile 1992 (e poi
reiterata il 4 agosto 2003), inidonea a costituire in mora i
conduttori, in relazione all’obbligazione di rilasciare l’immobile.
Ciò, innanzitutto, perché la sentenza impugnata avrebbe
accolto dell’art. 1208, comma 1, n. 3), cod. civ. – norma che esige
per la validità dell’offerta reale che essa comprenda anche gli
interessi – una “isolata lettura”, senza tenere conto della norma
speciale di cui all’art. 34, comma 4, della legge n. 392 del 1978,
“idonea, se del caso, anche a derogare la regola generale”.
Inoltre, il giudice del rinvio non avrebbe considerato che la
sentenza pretorile del 1992 (come quella resa, nel 2003, dal
Tribunale) non menzionavano gli interessi nel determinare la
somma dovuta a norma dell’art. 34 della legge n. 392 del 1978 e
che, comunque, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in
mancanza di riconsegna dell’immobile, non spettano gli interessi
sulla somma determinata per l’indennità di avviamento.
Non senza rilievo, infine, sarebbe la circostanza che (OMISSIS)
(OMISSIS) avesse manifestato la volontà di accettare l’offerta reale
del 1992 senza addurre l’incongruità della somma o l’assenza
degli interessi, bensì, esclusivamente, la nullità della sentenza
pretorile di determinazione dell’indennità di avviamento in
ragione del vizio di nullità del giudizio per difetto di regolare
instaurazione del contradittorio, dopo il rigetto dell’ultima istanza
di ricusazione del Pretore.
3.4. Il quarto motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma
1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 1591 cod. civ., in relazione agli artt. 113, 115 e 116 cod.
proc. civ. ed agli artt. 2697, 2727, 2728 e 1223 cod. civ., nonché
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 394 cod. proc. civ., in
relazione 345, 240, 241, 242, 243, cod. proc. civ. e 2736, comma
1, n. 2), cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui “omette
di valutare (ritenendolo assorbito) il profilo afferente la
quantificazione del danno risarcibile”, ribadendo anche di aver
richiesto il deferimento – possibile anche d’ufficio – del
giuramento suppletorio.
4. Gli (OMISSIS) hanno resistito, con controricorso, all’avversaria
impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità,
ovvero, in subordine, il rigetto, proponendo, inoltre, con lo stesso
atto, pure ricorso incidentale condizionato.
In relazione al ricorso avversario, i controricorrenti
evidenziano come il giudice del rinvio abbia correttamente escluso
l’esistenza di un’offerta di pagamento dell’indennità di
avviamento valida, efficace e completa, la verifica della cui
sussistenza era stata richiesta dalla pronuncia rescindente
adottata da questa Corte, senza, peraltro, enunciare alcun
principio di diritto. In particolare, la validità dell’offerta reale è
stata esclusa sul rilievo, non solo della sua nullità, ma anche della
sua incompletezza, innanzitutto perché i conduttori avevano
richiesto il pagamento non di £. 105.000.000 (come ritenuto dalla
sentenza del Pretore ischitano e come sostenuto dall’odierna
ricorrente), bensì di £. 150.000.000. Inoltre, l’offerta reale non
era comprensiva degli interessi.
In ogni caso, i controricorrenti – a confutazione della pretesa
della (OMISSIS) – si richiamano al principio affermato da questa Corte
e secondo cui, “in tema di locazione di immobili ad uso non
abitativo, il diritto del locatore al risarcimento del danno, a norma
dell’art. 1591 cod. civ., per la ritardata restituzione dell’immobile
locato, ancorché sia stato emanato un provvedimento di rilascio,
non va riconosciuto per il periodo precedente alla corresponsione
dell’indennità di avviamento, di cui agli artt.. 34 e 69 I. n. 392 del
1978, atteso che tale corresponsione costituisce condizione per
l’esecuzione del provvedimento di rilascio, sicché, fin quando essa
non avvenga, la ritenzione dell’immobile da parte del conduttore
è legittima”.
4.1, Quanto, invece, al ricorso incidentale condizionato, esso
si articola sulla base di due motivi.
4.1.1. Con il primo motivo, i soli eredi di (OMISSIS)
reiterano – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc.
civ. – l’eccezione di difetto legittimazione passiva, denunciando
violazione ed erronea applicazione degli artt. 1590 e 1591 cod.
civ., lamentando che la (OMISSIS) non ha mai provato la loro qualità
di eredi e, comunque, deducendo di non essere mai succeduti in
un contratto risoltosi tredici anni prima della morte del loro dante
causa (avvenuta il 29 maggio 1992).
4.1.2. Con il secondo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360,
comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. – è denunciata violazione e
falsa applicazione dell’art. 2 del decreto-legge 25 settembre
1987, n. 393, convertito in legge 25 novembre 1987, n. 478,
nonché dell’art. 2946 cod. civ.
Viene, in primo luogo, ribadita l’eccezione di prescrizione del
credito vantato dalla (OMISSIS). La stessa, quanto alla posizione
degli eredi di (OMISSIS), sarebbe “matematica”, essendo
trascorsi oltre dieci anni dalla morte del “de cuius”, avvenuta il 29
maggio 1992, e “non essendo essi responsabili di certo in proprio
per il periodo successivo”. Quanto, invece, a (OMISSIS) (OMISSIS), si
evidenzia che – anche a voler seguire la giurisprudenza citata dal
giudice di prime cure (Cass. Sez. 2, sent. 13 dicembre 2006, n.
26741) – non vi sarebbe dubbio alcuno che la richiesta risarcitoria
potrebbe riguardare solo i dieci anteriorii l’inizio del presente
giudizio e giammai quelli pregressi, posto che il diritto al
risarcimento si ricollega a ciascun giorno di occupazione.
In secondo luogo, si ribadisce l’eccezione di applicabilità
dell’art. 2 del decreto-legge 25 settembre 1987, n. 393,
convertito in legge 25 novembre 1987, n. 478, che esenta il
conduttore dal pagamento del risarcimento del danno ex art.
1591 cod. civ., per impossibilità di reperire altro immobile idoneo,
per la carenza di altri locali da destinare all’esercizio “de quo”.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ribadendo le
proprie argomentazioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Il ricorso principale va accolto, quantunque nei termini – o
meglio, nei limiti – di seguito meglio precisati.
6.1. Per l’esattezza, i primi tre motivi di ricorso – da scrutinare
congiuntamente, data la loro connessione, investendo, sotto
diversi angoli visuali, la questione relativa alle condizioni di
validità dell’offerta reale compiuta dalla parte locatrice – sono
fondati, per quanto di ragione.
6.1.1. Rileva in tale prospettiva, come meglio si dirà di
seguito, la constatazione che, se l’offerta reale effettuata dalla
parte locatrice il 13 aprile 1992 – ed avente ad oggetto la somma
determinata a titolo di indennità di avviamento in virtù della
sentenza del Pretore di Ischia del 28 febbraio 1992 — venne
travolta dall’annullamento, in sede di appello, di detta pronuncia
pretorie, ad opera della sentenza n. 432111993, resa il 26 aprile
1993, dal Tribunale di Napoli quale giudice di appello (pronuncia,
a propria volta, cassata da questa Corte con sentenza n.
154/1998, del 10 gennaio 1998, tanto da rendere necessario un
nuovo intervento del Tribunale partenopeo, in veste di giudice del
rinvio, con sentenza n. 4367/03, del 19 marzo 2003), la
formulazione di una nuova offerta reale, il 4 agosto 2003, proprio
sulla base di quella decisione adottata dal Tribunale di Napoli, è
valsa a costituire in mora la parte conduttrice, in relazione
all’obbligazione di rilascio dell’immobile.
In altri termini, la determinazione dell’indennità da parte
della sentenza pretorile del 28 febbraio 1992 (inizialmente idonea
a fondare la pretesa al rilascio dell’immobile e a escludere il diritto
di ritenzione della parte conduttrice) ebbe come temporanea
conseguenza la legittimità dell’offerta reale del 13 aprile, sebbene
essa sia, poi, venuta meno in forza della successiva vicenda
processuale dell’annullamento della sentenza stessa da parte del
Tribunale, ciò che, ai sensi dell’art. 336, comma 2, cod. proc.
civ., pronuncia che ha travolto anche l’atto dipendente da quella
prima pronuncia, costituito, appunto, da quell’offerta.
Sotto questo profilo, dunque, la sentenza oggi impugnata
non merita censura, nell’escludere che l’offerta reale del 13 aprile
1992 potesse ritenersi “valida”, ai fini ed effetti di cui all’art. 1208
cod. civ.
Essa, per contro, erra nel negare validità alla successiva
offerta del 4 agosto 2003, seguita alla sentenza n. 4367/03,
emessa il 19 marzo 2003 dal Tribunale partenopeo, dopo la
riassunzione avvenuta a seguito del rinvio disposto da questa
Corte con la sentenza n. 154/1998 del 10 gennaio 1998.
6.1.2. Non può, infatti, attribuirsi rilievo alla circostanza che
tale offerta – al pari della precedente, effettuata il 13 aprile 1992
– non fosse “completa”, non contemplando gli interessi legali.
Invero, questa Corte ha da tempo affermato il principio
secondo cui gli interessi sulla somma dovuta a titolo di indennità
ex art. 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 decorrono dalla data
di rilascio della “res locata”, giacché “il credito per l’indennità di
avviamento diviene esigibile solo nel momento in cui avviene il
rilascio dell’immobile” (così già Cass. Sez. 3, sent. 22 ottobre
1994, n. 8713, Rv. 488228-01), conclusione che la successiva
giurisprudenza di legittimità ha ribadito sul rilievo che “le
obbligazioni di pagamento dell’indennità e di rilascio dell’immobile
sono in rapporto di reciproca dipendenza, per modo che ciascuna
delle prestazioni diviene inesigibile in difetto di contemporaneo
adempimento (o offerta di adempimento) dell’altra” (così, in
motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 10 febbraio 2003, n. 1930, Rv.
560319-01, nonché, più di recente, e sempre valorizzando
l’interdipendenza funzionale tra le due obbligazioni – del resto
affermata da questa Corte al suo più alto livello nomofilattico, cfr.
Cass. Sez. Un., sent. 15 novembre 2000, n. 1177, non massimata
sul punto – Cass. Sez. 3, sent. 25 febbraio 2014, n. 4443, Rv.
629685-01; nel senso della debenza degli interessi solo a far data
dal rilascio dell’immobile si veda anche Cass. Sez. 3, sent. 6
maggio 2010, n. 10962, Rv. 613050-01).
L’offerta reale, dunque, poteva – legittimamente – non
includere la corresponsione degli interessi, sicché essa non può
ritenersi, per tale ragione, “incompleta”.
Né, in senso contrario, può addursi la circostanza che questa
Corte – con la sentenza 21 luglio 2007, n. 16176, che ha definito
il giudizio sulla determinazione dell’indennità di avviamento
(cassando, sul punto, la sentenza di appello allora impugnata e
decidendo direttamente nel merito) – abbia riconosciuto la
debenza degli interessi dal 1987, e ciò pur in difetto di rilascio
dell’immobile.
L’efficacia di tale statuizione, infatti, deve essere limitata alla
quantificazione dell’importo che sarà liquidato, alla parte
conduttrice, ai sensi dell’art. 34 della legge n. 392 del 1978,
mentre nel presente giudizio si tratta di valutare se l’offerta reale
delle locatrici, effettuata nel 2003, fosse stata idonea a costituire
in mora la parte locataria in relazione all’obbligazione di rilascio
del bene. In altri termini, non potrebbe prospettarsi, neppure
astrattamente, un profilo di contrasto con il giudicato costituito
dalla sentenza di questa Corte n. 16176 del 2007, perché il
riconoscimento della debenza degli interessi – che, peraltro,
risulta non in linea con la giurisprudenza sopra richiamata –
sull’indennità di avviamento, non esclude che l’offerta reale possa
essere idonea a determinare gli effetti di cui all’art. 1591 cod.
civ., ovvero il diritto al risarcimento del danno.
6.1.3. D’altra parte, all’accoglimento dei primi tre motivi di
ricorso, nei termini indicati, non è di ostacolato neppure
l’affermazione che le locatrici non avessero invocato, nella causa
risarcitoria da esse instaurata, la debenza del risarcimento a far
tempo dall’offerta del 13 aprile 1992. Sul punto è sufficiente
osservare che trattandosi di un “minus” rispetto alla domanda
proposta, sicché non vi era bisogno di una richiesta specifica, in
quanto implicitamente compresa nel “majus” richiesto.
Al riguardo, infatti, non sembra inutile rammentare come il
fatto costitutivo della pretesa risarcitoria, ex art. 1591 cod. civ.,
sia la mancata restituzione dell’immobile da parte del locatario (e
la sua conseguente occupazione dell’immobile “sine titulo”, da
intendersi come un danno unico, sebbene rilevante “sotto due
prospettive: del locatore che non ottiene la restituzione e dell’ex
conduttore che detiene l’immobile”; Cass. Sez. 3, sent. 10 maggio
2013, n. 11118, Rv. 626247-01), e ciò, nella specie, in
conseguenza dell’esistenza di una valida offerta reale. In altri
termini, non rileva – se non ai fini della quantificazione del danno
– il fatto che l’offerta reale risalga al 4 agosto 2003, piuttosto che
al 13 aprile 1992. Del resto, come evidenziano proprio gli (OMISSIS)
nel loro controricorso (pagg. 9-10), il ricorso ex artt. 447-bis cod.
proc. civ. delle (OMISSIS)-(OMISSIS) conteneva la richiesta di
risarcimento dei danni, addirittura, dal 20 maggio 1987 (data del
passaggio in giudicato della sentenza che condannava i conduttori
al rilascio), sicché la decisione di ricondurre l’obbligo risarcitorio
ad un momento successivo, che si tratti del 13 aprile 1992 o del
4 agosto 2003, rappresenta, in ogni caso, un “minus” rispetto
alla domanda risarcitoria così come formulata, senza che potesse
pretendersi – come ritiene la Corte territoriale – che la parte
locatrice proponesse una domanda che facesse specifico
riferimento a tale seconda offerta, come si legge a pag. 16 della
sentenza impugnata, ove si afferma, con riferimento all’offerta
dell’anno 2003, che essa non era “neppure invocata a fondamento
dell’originaria pretesa azionata”.
6.2. Il quarto motivo di ricorso resta assorbito
dall’accoglimento, per quanto di ragione, dei primi tre.
7. Il ricorso incidentale condizionato è, invece, inammissibile.
7.1. Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui “è
inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale
condizionato allorché proponga censure che non sono dirette
contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni
su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole
assorbite” (che è quanto risulta avvenuto nel caso in esame),
“atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza
che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà
di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso
di annullamento della sentenza” (da ultimo, Cass. Sez. 5, sent.
22 settembre 2017, n. 22095, Rv. 645632-01, conforme anche
Cass. Sez. 3, sent. 12 giugno 2020, n. 11270, Rv. 658152-02;
nello stesso senso già Cass. Sez. 5, ord. 20 dicembre 2:012, n.
23548, Rv. 625035-01).
8. In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi del ricorso
principale, per quanto di ragione, con assorbimento del quarto, e
la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte di Appello
di Napoli, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel
merito (oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del
presente giudizio di legittimità), alla stregua del seguente
principio di diritto:
“costituisce valida offerta reale, ai sensi ed agli effetti di cui
all’art. 1208 cod. civ., nonché, segnatamente, ai fini della
valutazione del risarcimento del danno ex art. 1591 cod. civ.,
quella avente ad oggetto l’indennità di cui all’art. 34 della legge
27 luglio 1978, n. 392, ancorché non includa gli interessi, atteso
che il credito per l’indennità di avviamento diviene esigibile solo
nel momento in cui avviene il rilascio dell’immobile”.
PQM
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, per
quanto di ragione, e dichiara assorbito il quarto, cassando, per
l’effetto, la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello
di Napoli, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel
merito, oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del
presente giudizio di legittimità.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della
Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 3 maggio 2022.