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Cassazione Civile 26078/2017 – Assegno bancario senza provvista – Prova del pagamento entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo

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Ordinanza 26078/2017

Assegno bancario senza provvista – Prova del pagamento entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo

In tema di emissione di assegno bancario senza provvista, la prova del pagamento entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell’assegno, cui consegue l’inapplicabilità della relativa sanzione amministrativa, non ammette equipollenti e, onde evitare accordi fraudolenti dell’obbligazione cartolare, esige la certezza della data del pagamento, rappresentando il rispetto di detto termine condizione per l’operare dell’esenzione da responsabilità; tale prova va pertanto fornita al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del rapporto esclusivamente nelle forme previste dall’art. 8, della l. n. 386 del 1990 e, cioè, mediante quietanza con firma autenticata del portatore ovvero con attestazione dell’istituto di credito presso il quale è stato effettuato il deposito vincolato dell’importo dovuto.

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 2-11-2017, n. 26078   (CED Cassazione 2017)

Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

  1. – Il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, adito su impugnazione avverso pronuncia del giudice di pace di Ischia concernente opposizione avverso ordinanza-ingiunzione emessa dalla prefettura di Napoli per violazione dellaL. n. 386 del 1990, art. 2(emissione di assegni senza provvista), con sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c. in data 27.1.2014 ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti del prefetto di Napoli.

1.1. Nell’esaminare l’appello, il giudice monocratico del tribunale ha considerato che il termine per l’eccepita prescrizione quinquennale decorresse dall’avvenuta violazione, fatta coincidere con la data di emissione dell’assegno del 20.12.2005, ma fosse stato interrotto giusta il rinvio operato dalla L. n. 689 del 1981, art. 28, comma 2 al codice civile mediante la notifica della contestazione al trasgressore avvenuta il 25.5.2007, per cui da tale data decorresse un nuovo quinquennio.

1.2. Il giudice ha altresì considerato che la circostanza che l’assegno fosse stato pagato, giusta quietanza liberatoria in atti, fosse ininfluente sulla legittimità dell’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, posto che l’esenzione da sanzione ai sensi della L. n. 386 del 1990, art. 8 si avrebbe solo in caso di pagamento entro i 60 gg. dall’avvenuta violazione, termine nel caso di specie superato.

  1. – Avverso tale sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione su due motivi. L’avvocatura dello stato e l’agente per la riscossione (OMISSIS) s.p.a. non svolgono difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Dovendo essere il ricorso disatteso per le ragioni di cui in prosieguo, deve la corte esimersi dal valutare eventuali esigenze di regolarizzazione del contraddittorio, dovendo farsi applicazione del principio della “ragione più liquida”, in base al quale – quand’anche di tali adempimenti vi fosse effettiva necessità – la loro effettuazione pur nell’ininfluenza sull’esito del giudizio sarebbe lesiva del principio della ragionevole durata del processo (v. Cass. sez. U. n. 26373 del 2008; sez. U, n. 6826 del 2010; n. 2723 del 2010; n. 15106 del 2013; sez. U, n. 23542 del 2015).
  2. Con il primo motivo (violazione della L. n. 689 del 1981, art. 2 e art. 28, comma 2) il ricorrente denuncia come erronea la sentenza impugnata, in quanto non avrebbe fatto applicazione della regola per cui il termine quinquennale di prescrizione decorre dalla data di commissione della violazione.

2.1. Il motivo è inammissibile. Invero, pur comprendendosi dal ricorso che il ricorrente ritiene di poter accostare il termine di prescrizione a un termine di durata massima del procedimento non sussistente in materia, il motivo non si confronta, non richiamandola e non confutandola, con l’esplicita affermazione contenuta nella sentenza impugnata, e sorretta da rinvii a precedenti, circa l’essere stato il termine di prescrizione interrotto mediante la notifica della contestazione al trasgressore avvenuta il 25.5.2007, data da cui è decorso un nuovo quinquennio; giusta il rinvio operato dall’art. 28 secondo comma L. n. 689 del 1981 al codice civile, a norma dell’art. 2943, ultimo comma, cod. civ.  tale notifica vale infatti ad interrompere il decorso del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in quanto idonea a costituire in mora il debitore. Non risultando correttamente impugnata la ratio decidendi predetta, sussiste l’inammissibilità ravvisata.

  1. Con il secondo motivo (violazione dell’art. 8 della I. n. 386 del 1990) il ricorrente censura la decisione del giudice d’appello, nella parte in cui ha ritenuto che solo il pagamento nel termine di gg. 60 dalla violazione, ai sensi della predetta disposizione, comportasse il non doversi emettere l’ordinanza-ingiunzione; sostiene il ricorrente che detto termine non sia applicabile, quando il pagamento sia poi avvenuto.

3.1. Il motivo è infondato. L’art. 8 L. cit., sotto la rubrica “Pagamento dell’assegno emesso senza provvista dopo la scadenza del termine di presentazione”, dispone al primo comma: “nei casi previsti dall’art. 2, le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente.” L’ultimo comma dispone che il procedimento sanzionatorio non debba aver avvio prima del decorso del termine di cui al comma 1. Da tali disposizioni si evince con chiarezza che solo il pagamento entro il termine è idoneo a evitare l’avvio del procedimento sanzionatorio.

3.2. In tal senso, del resto, va data continuità alla giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 10977 del 2012) che ha chiarito che la prova del pagamento – ai sensi della norma speciale predetta – entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell’assegno non ammette equipollenti e, al fine di evitare accordi fraudolenti tra i soggetti privati dell’obbligazione cartolare, esige la certezza della data del pagamento; pertanto, a garanzia di questa, la prova di tale pagamento deve essere fornita al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del rapporto mediante quietanza a firma autenticata del portatore ovvero mediante attestazione dell’istituto di credito presso il quale è stato effettuato il deposito vincolato dell’importo dovuto. Tale esigenza di certezza in tanto ha ragion d’essere, in quanto il rispetto del termine sia condizione per l’operare dell’esenzione da responsabilità. Ne discende il rigetto del motivo.

  1. Dovendo nel complesso rigettarsi il ricorso, non deve pronunciarsi sulle spese, stante il non espletamento di difese da parte degli intimati. Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 si deve dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 si dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 14 giugno 2017.