Ordinanza 26277/2023
Ordinanza di inammissibilità dell’appello ex artt. 348 bis e ter cpc – Ricorribilità in cassazione – Regolamento di competenza
L’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. (nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149 del 2022) per la mancanza di una ragionevole probabilità di essere accolto, fondata su argomentazioni estranee alla pronuncia di primo grado, non è impugnabile per cassazione né con regolamento di competenza, perché la possibilità che la pronuncia di secondo grado possa basare il giudizio pronostico su ragioni diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado è presupposta dall’art. 348-ter c.p.c., che regolamenta diversamente i casi in cui, con riferimento al giudizio di fatto, tali ragioni siano o meno identiche.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 11-9-2023, 26277 (CED Cassazione 2023)
Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione)
Rilevato che
(OMISSIS) ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost.
ovvero, in via gradata, istanza di regolamento necessario di
competenza avverso l’ordinanza n. 5228/2021 del Tribunale di Vibo
Valentia pubblicata il 13 settembre 2021, con cui è stata pronunciata
l’inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., e in ulteriore subordine, ricorso
ex art. 348 ter comma 3 c.p.c. avverso l’ordinanza del Giudice di pace
di Vibo Valentia;
(OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS), sebbene intimati, non
hanno ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità;
per quanto ancora qui rileva, la ricorrente aveva proposto
domanda risarcitoria dinanzi al Giudice di Pace di Vibo Valentia avverso
la compagnia assicurativa (OMISSIS) e (OMISSIS) per i danni
derivatile a seguito del sinistro stradale verificatosi il 28/04/2019 nel
Comune di Brancaleone (RC), per esclusiva responsabilità del
(OMISSIS), il cui veicolo era assicurato con la (OMISSIS); costituitasi in
giudizio la sola compagnia di assicurazioni, aveva contestato il merito
della pretesa, eccependo anche il difetto di competenza territoriale del
Giudice di Pace adito; il giudice di pace aveva accolto l’eccezione
indicando come alternativamente competenti il Giudice di Pace di
Milano e il Giudice di Pace di Locri, (rispettivamente, il primo sede
legale della stessa assicurazione e luogo di adempimento
dell’obbligazione, ed il secondo, luogo del sinistro, nonché residenza e
domicilio del (OMISSIS) e luogo di adempimento dell’obbligazione);
aveva proposto appello Laura (OMISSIS) che aveva eccepito, tra l’altro,
la non validità dell’eccezione proposta dalla (OMISSIS), non avendo essa
debitamente dedotto ex art. 19 c.p.c. l’inesistenza di uno stabilimento
e di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio nel Comune ove
aveva sede il giudice adito;
il Tribunale di Vibo Valentia aveva pronunciato ordinanza ex art.
348-bis c.p.c., ritenendo che l’appello non aveva ragionevoli probabilità
di essere accolto, in quanto la (OMISSIS) aveva correttamente individuato
i fori alternativi e, dunque, correttamente proposto l’eccezione di
incompetenza territoriale;
la causa è stata fissata in trattazione camerale a norma dell’art.
380 bis 1 c.p.c. per il giorno 12 giugno 2023;
il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che
con la prima parte del gravame, la ricorrente propone ricorso
straordinario, lamentando la nullita’ del procedimento e della sentenza
per violazione dell’art.348-ter c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c.,
tenuto conto che l’adozione del provvedimento di appello del tribunale
sarebbe avvenuta senza sentire le parti e dopo la trattazione, in
violazione del principio del contraddittorio;
con la seconda parte dell’impugnazione, la ricorrente propone
regolamento necessario di competenza avverso la stessa ordinanza del
Tribunale ex art. 348 ter comma 1 c.p.c. basato su un duplice profilo:
– il primo, sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e
38 c.p.c. in quanto il Tribunale di Vibo Valentia avrebbe pronunciato
l’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c. al di fuori dei casi
consentiti dalla legge, tenuto conto che la prognosi negativa di cui alla
citata norma non poteva essere riferita alle questioni sulle condizioni
per la trattazione nel merito della domanda, tradizionalmente indicate
come “presupposti processuali”, quand’anche esse rappresentino il
merito della impugnazione;
– il secondo, contestando la diversa ratio decidendi espressa dal
Tribunale che, a differenza del Giudice di pace, che si era limitato a
prendere in esame l’eccezione di competenza sollevata dalla (OMISSIS),
aveva valutato come “completa” la contestazione ex art. 19, comma 1,
c.p.c. effettuata quest’ultima e ritenendo che “quanto affermato da
parte appellante, invece, si risolverebbe nell’onere per parte appellata,
convenuta in primo grado, di fornire prova di un fatto negativo e cioè
inammissibile”, nonostante che (OMISSIS) non avesse mai allegato e
provato l’inesistenza di uno stabilimento e di un rappresentante nella
circoscrizione del giudice adito;
con l’ultima parte dell’impugnazione, la ricorrente ha infine
proposto ricorso per cassazione ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c.
avverso la decisione di prime cure lamentando la nullita’ del
procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 19, 38 e 132
n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c.; in particolare, contesta
che il Giudice di Pace nell’accogliere l’eccezione sollevata dalla (OMISSIS)
non ha considerato la seconda parte dell’art.19 c.p.c. e cioè che la
predetta convenuta non avesse allegato l’inesistenza di uno
stabilimento e di un rappresentante abilitato a stare in giudizio in
ordine alla domanda proposta nel luogo di competenza del giudice
adito, non dichiarando l’eccezione sollevata come incompleta e
ritenendo quindi correttamente radicata la causa;
anzi tutto, le censure rivolte all’ordinanza di inammissibilità
dell’appello pronunziata dal Tribunale, ai sensi dell’art. 348-ter, comma
1, c.p.c. non sono ammissibili in questa sede;
ciò non solo rispetto ai profili illustrati all’interno della seconda
parte dell’impugnazione (con cui si lamenta la pretesa enunciazione di
altra ratio decidendi), posto che a mente del terzo comma della norma
in discorso, in presenza di una declaratoria di inammissibilità
dell’appello il ricorso per cassazione deve essere presentato “contro il
provvedimento di primo grado”, ma anche in relazione ai profili
illustrati nella prima parte dell’impugnazione (con cui si lamenta un
asserito “vizio proprio” all’ordinanza del Tribunale per l’asserita
violazione dell’art.348-ter c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4, c.p.c.);
nello specifico, in ordine alla prima parte dell’impugnazione
ovvero al preteso vizio proprio dell’ordinanza di secondo grado
lamentato ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., soccorre il principio,
anche di recente ribadito da questa Corte, secondo cui l’ordinanza di
inammissibilità dell’appello, adottata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. (nel
testo ratione temporis applicabile), è ricorribile per cassazione,
limitatamente “ai vizi suoi propri”, tra i quali rientra l’inosservanza della
specifica previsione di cui all’art. 348 ter, comma 1, c.p.c., secondo la
quale il giudice provvede con ordinanza dopo aver sentito le parti; tale
prescrizione non richiede, tuttavia, che le parti compaiano
personalmente, né che si proceda a discussione orale, essendo
sufficiente che le stesse siano poste in grado di interloquire sulla
questione, come nel caso in cui l’appellato abbia richiesto nella propria
comparsa l’applicazione di detta ordinanza definitoria (Cass. Sez. 1,
06/03/2023 n. 6589);
alla luce del richiamato principio, la censura della ricorrente si
rivela carente della necessaria specificità; infatti, la deduzione con il
ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte
ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il «fatto
processuale» (Cass. Sez. U., 25 luglio 2019, n. 20181), e nel caso in
esame, la circostanza che la parte appellata non avesse sollevato
l’eccezione ex art. 348 bis c.p.c. non è stata provata dalla odierna
ricorrente, e dall’esame del verbale di udienza, redatto mediante
trattazione scritta, emerge chiaramente che il Tribunale ha deciso sulla
base delle note autorizzate e che comunque ha dato conto di decidere
“viste le eccezioni dell’appellata costituita” (come risulta anche da
quanto illustrato dalla ricorrente a pag. 8 del ricorso);
è pure inammissibile il ricorso in ordine alla seconda parte
dell’impugnazione;
questa Corte ha già affermato che è inammissibile il ricorso per
cassazione con il quale si contesti un error in iudicando, se proposto
avverso l’ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c. motivata con la
formulazione del giudizio prognostico di manifesta infondatezza nel
merito dell’appello, per il sol fatto che essa, pur condividendo le ragioni
della decisione appellata, contenga anche proprie argomentazioni,
diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado,
perché tale possibilità è consentita dall’art. 348 ter, comma 4, c.p.c.,
che permette, in tal caso, l’impugnazione della sentenza di primo grado
per vizio di motivazione, facoltà esclusa qualora le ragioni delle
decisioni di primo e secondo grado siano identiche quanto al giudizio di
fatto (Cass. Sez. 1, 22/05/2019, n. 13835, Cass. Sez. 6 – 3,
26/11/2020 n. 26915);
ebbene, il Tribunale con l’ordinanza in esame ha dichiarato
l’inammissibilità dell’appello per mancanza di una ragionevole
probabilità di essere accolto e ha condiviso l’impianto argomentativo
del primo giudice, apportando valutazioni soltanto integrative rispetto
ad esso; va disattesa in proposito l’allegazione prospettata dalla
ricorrente secondo cui i giudici d’appello sarebbero entrati nel merito
in violazione dei confini posti dall’art. 348-bis c.p.c. con integrale
sostituzione delle ragioni della decisione;
in altri termini, è stato chiarito che l’ordinanza ex art. 348-bis
c.p.c. ha l’effetto di «stabilizzare la sentenza di primo grado (idonea a
passare in giudicato in mancanza di impugnazione) attraverso una
prognosi sull’inaccoglibilità del gravame. La prognosi non cessa di
essere tale — e il provvedimento che ne dà conto non si colloca per ciò
solo al di fuori dal modello normativo suo proprio — ove si basi su
argomentazioni estranee alla pronuncia del giudice di prima istanza:
una estensione in tale direzione dell’apparato motivazionale
dell’ordinanza sarà anzi del tutto naturale ove il gravame si fondi su
deduzioni, non specificamente esaminate dal giudice di prima istanza,
ma articolate dall’appellante, che il giudice di secondo grado reputi
manifestamente infondate (atte cioè ad escludere che l’impugnazione
presenti, anche con riguardo ad esse, «una ragionevole probabilità di
essere accolta»). Tale esito è coerente col sistema: infatti il quarto
comma dell’art. 348 ter c.p.c. preclude possa farsi valere il motivo di
cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. con riguardo all’ipotesi in cui l’ordinanza di
inammissibilità si fondi sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di
fatto, poste a base della decisione impugnata, sicché è lo stesso
legislatore a riconoscere, implicitamente, che l’ordinanza pronunciata
dal giudice di appello possa non basarsi, puramente e semplicemente,
sugli esiti coincidenti, in primo e in secondo grado, della risoluzione
della medesima quaestio facti: in quest’ultima ipotesi è infatti precluso
dedurre col ricorso per cassazione l’omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti; nelle altre — tra cui
è da ricomprendere il caso in cui la motivazione del giudice di appello
non investa quella questione, ma altri temi — la censura in discorso è
ammessa (sempre che si controverta, come è ovvio, dell’omesso
esame di cui al cit. n. 5). La possibilità che la pronuncia di secondo
grado possa basare il giudizio prognostico su «ragioni» diverse da
quelle prese in considerazione dal giudice di prima istanza è in altri
termini presupposta dall’art. 348 ter (che regolamenta diversamente i
casi in cui, con riferimento al giudizio di fatto, quelle «ragioni» siano o
meno identiche)» (Cass. Sez. 1 13835 del 2019, in motivazione, punto
4.).
In definitiva, non è impugnabile per cassazione né per
regolamento per competenza, l’ordinanza ex artt. 348 bis e 348 ter —
la quale si attesti sulla formulazione del giudizio meramente
prognostico circa il rigetto nel merito dell’appello — per il sol fatto che
essa contenga proprie argomentazioni, estranee alla pronuncia di
primo grado;
l’ultima parte dell’impugnazione proposta avverso la decisione di
prime cure è, viceversa, fondata;
nel caso di specie, dall’esame della comparsa di costituzione della
società odierna intimata, come riportata dalla odierna ricorrente (alle
pagg. 12-15 del ricorso), emerge che l’eccezione di incompetenza non
fu completa quanto alla posizione della (OMISSIS), giacché riguardo ad
essa, mancò la contestazione circa l’esistenza del foro alternativo di cui
all’art. 19 comma 1 ultima parte c.p.c., applicabile nel caso in esame,
essendo convenuta una persona giuridica.
Va sottolineato, al riguardo, che è principio consolidato quello
secondo cui in caso di eccezione di incompetenza territoriale sollevata
da persona giuridica, la mancata contestazione nella comparsa di
risposta della sussistenza del criterio di collegamento indicato nell’art.
19, primo comma, ultima parte, c.p.c. — cioè dell’inesistenza nel luogo
di competenza del giudice adito dall’attore di un suo stabilimento e di
un suo rappresentante autorizzato a stare in giudizio con riferimento
all’oggetto della domanda — comporta l’incompletezza dell’eccezione,
onde la stessa deve ritenersi come non proposta, con il conseguente
radicamento della competenza del giudice adito (Cass. Sez. 6-3,
11/12/2014 n. 26094; Cass. Sez. 6 – 2, 07/08/2018 n. 20597; di
recente Cass. Sez. 6 – 3, 26/07/2019 n. 20387);
in conclusione, i motivi di ricorso proposti avverso la decisione
del Tribunale vanno dichiarati inammissibili, mentre è fondato il motivo
di ricorso avverso la decisione del Giudice di pace di Vibo Valentia; per
l’effetto, l’ordinanza del Giudice di pace va cassata con rinvio al Giudice
di pace di Vibo Valentia, in persona di diverso giudice, che provvederà
anche sulle spese del giudizio di legittimità;
per questi motivi
la Corte dichiara inammissibili i motivi di ricorso avverso l’ordinanza
del Tribunale di Vibo Valentia, accoglie il motivo di ricorso avverso
l’ordinanza del Giudice di Pace di Vibo Valentia e, per l’effetto, cassa
l’ordinanza del Giudice di pace di Vibo Valentia e rinvia allo stesso
Giudice di pace, in persona di diverso magistrato, che provvederà
anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile, il 12 giugno 2023