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Cassazione Civile 26310/2021 – Azione revocatoria ordinaria – Art. 2901 cc – Eventus damni

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Ordinanza 26310/2021

Azione revocatoria ordinaria – Art. 2901 cc – Eventus damni

In tema di azione revocatoria ordinaria, l’accertamento dell'”eventus damni” non presuppone una valutazione del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede solo la dimostrazione da parte di quest’ultimo della pericolosità dell’atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore. (La S.C. ha cassato la sentenza impugnata che erroneamente aveva affermato l’insussistenza dell'”eventus damni”, ritenendo, nella specie, in ragione della modesta entità del credito, che l’azione revocatoria non avrebbe potuto assolvere la sua funzione di garanzia patrimoniale immobiliare a vantaggio del concessionario della riscossione dei tributi, in assenza del necessario importo minimo di € 20 mila per procedere all’iscrizione dell’ipoteca, ai sensi degli artt. 76 e 77 del d.P.R. n. 602 del 1973).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 29-9-2021, n. 26310   (CED Cassazione 2021)

Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. La società (OMISSIS) S.p.a. ricorre, sulla base di sette motivi, per la cassazione della sentenza n. 88/19, del 17 gennaio 2019, della Corte di Appello di Catania, che – accogliendo il gravame esperito da (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso la sentenza n. 6/15, del 7 gennaio 2015, del Tribunale di Siracusa – ha rigettato la domanda proposta dall’odierna ricorrente, ex art. 2901 c.c., per la declaratoria di inefficacia di atto costitutivo di fondo patrimoniale posto in essere dai predetti (OMISSIS) e (OMISSIS) mediante rogito notarile del 19 maggio 2009.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente – sul presupposto di dover procedere alla riscossione di un credito già accertato e consolidato, nei confronti del (OMISSIS), per l’importo di Euro 116.940,33, relativo agli anni tra il 1998 e il 2007, e portato da diciannove cartelle esattoriali – di aver adito il Tribunale siracusano per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto dispositivo suddetto, posto in essere dai coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS).

Costituitosi in giudizio, peraltro tardivamente, soltanto il (OMISSIS), l’adito giudicante ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti della (OMISSIS) (che rimaneva, peraltro, contumace in primo grado), adempimento all’esito del quale il (OMISSIS) provvedeva a depositare taluni documenti, dei quali l’allora attrice eccepiva la tardività, come di quelli – ed esattamente, tre sentenze con cui la Commissione tributaria provinciale di Siracusa annullava, per vizi di forma, altrettante cartelle esattoriali delle diciannove sopra indicate – prodotti in occasione dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Accolta dal primo giudice la domanda, il gravame esperito dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) veniva accolto dal giudice di appello, sul presupposto che il credito posto dall’attrice a fondamento dell’azione revocatoria risultava – all’esito dell’annullamento delle tre cartelle esattoriali di cui si diceva, nonchè della circostanza che ulteriori sei risultavano notificate dopo la costituzione del fondo patrimoniale – ad appena Euro 1.751,10, credito oggetto, oltretutto, di un piano di rateizzazione.

3. Avverso la sentenza della Corte etnea ha proposto ricorso per cassazione la società (OMISSIS), sulla base di sette motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – nullità della sentenza per violazione degli artt. 163, 166 e 167 c.p.c., artt. 112, 115, 116, 183, 294 c.p.c., art. 342 c.p.c., comma 1, art. 345 c.p.c. e art. 347 c.p.c., comma 1, in relazione agli artt. 2901 e 2697 c.c..

Si censura la sentenza impugnata per aver commesso un “error in procedendo”, nella parte in cui ha affermato l’insussistenza del c.d. “eventus damni” derivante dalla riduzione del credito vantato dall’attrice in revocatoria.

In particolare, la ricorrente formula una duplice doglianza, lamentando, per un verso, che la Corte territoriale ha accolto l’eccezione nuova degli appellanti, secondo cui il credito di (OMISSIS) non superava il limite di Euro 20.000,00, necessario per iscrivere ipoteca del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ex artt. 76 e 77, fondata sulla circostanza – mai fino a quel momento allegata – che l’effettivo credito dell’attrice si era ridotto da Euro 116.940,33 ad Euro 1.751,10, quale risultante dalle sette cartelle notificate al (OMISSIS) prima della costituzione del fondo patrimoniale.

Per altro verso, la ricorrente si duole del fatto che tale decisione sia stata resa sulla base di documenti – la copia dei ricorsi tributari, i decreti di sospensione delle cartelle e le tre sentenze della Commissione tributaria provinciale che hanno annullato altrettante cartelle per un importo complessivo pari a Euro 106.939,76 – depositati tardivamente, abusando dell’integrazione del contraddittorio verso il litisconsorte rimasto contumace.

Analogamente, la ricorrente lamenta che la decisione si fondi su documenti prodotti in appello, fuori delle condizioni che consentono di derogare al divieto di “nova” ex art. 345 c.p.c..

3.2. Il secondo motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 2901 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 124 disp. att. c.p.c., oltre che dell’art. 12 preleggi e del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, art. 49.

Anche in questo caso, sebbene sotto un diverso profilo, si censura la decisione della Corte territoriale sempre per aver posto a fondamento della decisione le già citate tre sentenze della Commissione provinciale tributaria di Siracusa.

Il ricorrente si duole, in primo luogo, della circostanza che la sentenza impugnata assuma l’autorità di cosa giudicata di tali pronunce, ancorchè gli appellanti non avessero prodotto copie delle stesse dotate di attestazione del cancelliere circa l’avvenuto passaggio in giudicato.

Inoltre, la censura investe il rilievo attribuito a tali pronunce ai fini della dimostrazione della riduzione del credito, non considerando che l’annullamento era stato disposto per irregolarità formali delle notificazioni, senza che nulla fosse stato statuito in ordine ai profili sostanziali del credito iscritto a ruolo, il quale, in simili casi, rimane valido, non essendo, dunque, vietato all’agente della riscossione di riformare la cartella e notificarla nuovamente al contribuente. Nè in senso contrario potrebbe valorizzarsi la circostanza – come ha fatto, invece, la Corte territoriale – che dopo la pronuncia del primo giudice (OMISSIS) abbia disposto lo sgravio delle cartelle di pagamento, e ciò perchè l’integrale sgravio dal ruolo non implica acquiescenza dell’Amministrazione al negativo accertamento del tributo.

3.3. Il terzo motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 167 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, art. 45 e dell’art. 100 c.p.c., in relazione alla sussistenza del diritto di credito di essa (OMISSIS).

Si censura la sentenza impugnata per l’errata determinazione del momento genetico del credito rispetto all’atto ritenuto pregiudizievole e sottoposto a revocatoria, appuntandosi tale censura, nuovamente, sull’affermazione secondo cui l’effettivo credito dell’attrice in revocatoria si sarebbe ridotto ad appena Euro 1.751,10, “quali risultanti da sette cartelle esattoriali notificate al (OMISSIS) prima della costituzione del fondo patrimoniale”.

Osserva, al riguardo, la ricorrente che la sentenza impugnata ha così disatteso il principio secondo cui l’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo pregiudizievole deve essere valutato avendo riguardo al momento genetico del credito stesso e non a quello della sua esteriorizzazione o del suo accertamento giudiziale. Con riferimento, poi, al credito tributario derivante da violazioni fiscali tale momento non si identifica in quello della mera notifica della cartella esattoriale di pagamento o dell’iscrizione a ruolo del debito, dovendo, invece, essere ricondotto essenzialmente ai periodi di imposta, nella specie tutti anteriori alla costituzione del fondo patrimoniale.

Si ribadisce, inoltre, anche sulla scorta del fatto che l’azione revocatoria è ammessa a tutela pure di crediti potenziali o eventuali, che il vizio della notificazione dell’atto tributario determina soltanto una preclusione all’efficacia del provvedimento, ma non incide sull’esistenza del credito, essendo la notificazione una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria.

3.4. Il quarto motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – vizio di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e/o per omessa o insufficiente valutazione delle risultanze processuali.

Si censura nuovamente, sotto un diverso angolo visuale, la decisione della Corte catanese nella parte in cui afferma che la proposta azione revocatoria non potrebbe assolvere, a vantaggio della creditrice, la sua funzione di conservazione della garanzia patrimoniale immobiliare in vista di successive azioni cautelari o esecutive, in ragione del necessario importo minimo di Euro 20.000,00, in presenza del quale il concessionario può procedere all’iscrizione di ipoteca, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, artt. 76 e 77.

A tale conclusione, tuttavia, il giudice di appello sarebbe pervenuto sulla base di un’omessa disamina di fatti decisivi e controversi, ovvero di un omesso e/o incompleto esame delle risultanze istruttorie

Infatti, l’allora appellata aveva dedotto come l’allegazione delle tre sentenze della Commissione tributaria provinciale non fosse di per sè dirimente in ordine all’esistenza del credito erariale, visto che le stesse non avevano riconosciuto la non debenza delle somme dovute. Del pari, nella propria comparsa di costituzione, l’appellata aveva anche dedotto come in forza di cartelle successivamente notificate rispetto alla costituzione del fondo patrimoniale, ma aventi ad oggetto tributi sorti anteriormente alla sua istituzione, il credito risultava pari ad ulteriori Euro 18.572,55.

L’esame combinato di tali circostanze avrebbe permesso di appurare il superamento della soglia di Euro 20.000,00

3.5. Il quinto motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 167 e 2697 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, artt. 49, 50, 76 e 77, in relazione al c.d. “eventus damni”.

Si denuncia altresì – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – vizio di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e/o per omessa o insufficiente valutazione delle risultanze processuali.

Si contesta, ancora una volta, la sentenza impugnata nella parte in cui afferma l’insussistenza del c.d. “eventus damni” (per aver ritenuto il credito di soli Euro 1.751,10, e dunque di modesta entità), e che la proposta azione revocatoria non potrebbe assolvere, a vantaggio della creditrice, la sua funzione di conservazione della garanzia patrimoniale immobiliare in vista di successive azioni cautelari o esecutive, in ragione del necessario importo minimo di Euro 20.000,00, in presenza del quale il concessionario può procedere all’iscrizione di ipoteca, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, artt. 76 e 77.

Orbene, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, artt. 49, 50, 76 e 77, è ipotizzata in relazione al fatto che, per l’individuazione della soglia minima suddetta, occorre fare riferimento a tutti i crediti iscritti a ruolo, dal momento che esso costituisce titolo esecutivo in forza del quale il concessionario può procedere ad esecuzione forzata, nonchè promuovere azioni cautelari, conservative o di ogni altra natura, iniziative rispetto alle quali nessuna interferenza poteva essere esercitata dalle già indicate sentenze della Commissione tributaria provinciale, non avendo esse affermato la non debenza delle somme risultanti dalle cartelle.

La violazione dell’art. 2901 c.c., deriverebbe, invece, dal fatto che la “ratio” e la finalità dell’azione revocatoria sono prettamente conservative della garanzia patrimoniale, in vista di successive azioni cautelari e/o esecutive, sicchè è del tutto irrilevante l’applicazione alla presente fattispecie del limite di Euro 20.000,00 previsto per l’iscrizione ipotecaria.

Inoltre, stante l’idoneità dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale ad incidere sulla garanzia patrimoniale generica, spettava ai convenuti nel giudizio revocatorio dimostrare l’insussistenza di tale rischio.

Quanto, poi, al vizio di motivazione e/o all’omesso esame di circostanze decisive, esso avrebbe investito i seguenti fatti:

– che tutti i crediti per i quali è stata esperita l’azione revocatoria erano sorti prima della costituzione del fondo patrimoniale;

– che le più volte citate sentenze della Commissione tributaria provinciale non avevano affermato la non debenza delle somme risultanti dalle cartelle;

– che, ad onta del fatto che tre cartelle (per un importo complessivo di Euro 367,43) siano risultate mai notificate, ed altre sei per – complessivi Euro 7.882,04 – lo furono dopo la costituzione del fondo patrimoniale, le une come le altre si riferivano ad un periodo di imposta anteriore alla notifica delle cartelle esattoriali o all’iscrizione a ruolo del debito;

– che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale è idoneo ad incidere sulla garanzia patrimoniale generica.

3.6. Il sesto motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 167, 2697, 2727 e 2729 c.c., in ordine alla c.d. “scientia damni” in capo ai disponenti.

Si lamenta che la Corte territoriale abbia fatto dipendere la sussistenza della consapevolezza di recare pregiudizio alle ragioni creditorie – che può consistere anche solo nella agevole conoscibilità di tale pregiudizio – dalla notifica delle cartelle di pagamento (e dalla modestia del credito, come risultante una volta escluse cartelle annullate e quelle notificate in data successiva alla costituzione del fondo patrimoniale), mentre tale consapevolezza si sarebbe dovuta trarre dal semplice fatto di non aver pagato i tributi iscritti a ruolo.

3.7. Il settimo motivo denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4) – violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e nullità per illegittima condanna alle spese.

In via di principalità, rileva la ricorrente che la sentenza andrà riformata in relazione alla condanna alle spese di lite in ragione dell’accoglimento del ricorso.

In secondo luogo, si censura la sentenza impugnata per non aver disposto la condanna della parte vittoriosa in ragione della violazione del dovere di lealtà e probità ex art. 88 c.p.c., nonchè, in via di estremo subordine, per non aver disposto la compensazione per parziale soccombenza reciproca, avendo la Corte territoriale rigettato il primo motivo di gravame.

4. Hanno resistito all’avversaria impugnazione il (OMISSIS) e la (OMISSIS), chiedendone la declaratoria di inammissibilità innanzitutto in relazione al suo carattere assemblato – ovvero, in subordine, di infondatezza.

5. Fissata la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto esso – sebbene riproduca, mediante interpolazione, stralci di atti processuali e di documenti prodotti in giudizio – non può ritenersi per ciò solo “assemblato”, o privo di chiarezza, perchè la lettura delle sue restanti parti consente di ricostruire in modo autonomo i fatti (anche processuali) oggetto di giudizio ed il contenuto delle censure.

6.1. Invero, se la tecnica del c.d. “assemblaggio” è da ravvisare allorchè l’individuazione dei fatti di causa avvenga o “attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali” (Cass. Sez. 6-3, ord. 22 febbraio 2016, n. 3385, Rv. 638771-01), o tramite “l’assemblaggio di parti eterogenee del materiale di causa”, ivi compreso “l’inserimento, tra virgolette, della sentenza impugnata” (Cass. Sez. 6-1, ord. 30 ottobre 2015, n. 22185, Rv. 637747-01), resta, nondimeno, inteso che la preclusione all’uso di tale tecnica, con conseguente inammissibilità del ricorso, è da ravvisarsi allorchè il suo impiego privi questa Corte della possibilità di un’adeguata comprensione delle vicende (e delle questioni giuridiche) sottoposte al suo esame (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 11 aprile 2012, n. 5698, Rv. 621813-01).

7. Ciò premesso, il ricorso va accolto, nei limiti di seguito meglio precisati.

7.1. Il primo motivo – che si articola in più censure – è, infatti, per un verso non fondato, per altro verso inammissibile.

7.1.1. La prima censura con esso proposta si basa sul rilievo che il (OMISSIS), nella propria comparsa di costituzione in primo grado (riprodotta per intero nel presente ricorso a pagg. 7 e 8), ebbe ad allegare, come fatto impeditivo della pretesa azionata dall’attrice ex art. 2901 c.c., l’assenza di “scientia damni”.

La circostanza, dunque, che in appello egli abbia poi dedotto la carenza, invece, del cd. “eventus damni”, derivante dalla riduzione del credito vantato dall’attrice in revocatoria, è prospettata come violazione dell’art. 345 c.p.c..

Tuttavia, ancora di recente, questa Corte ha ribadito che “nel processo civile, le eccezioni in senso lato consistono nell’allegazione o rilevazione di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio ai sensi dell’art. 2697 c.c., con cui sono opposti nuovi fatti o temi di indagine non compresi fra quelli indicati dall’attore e non risultanti dagli atti di causa. Esse si differenziano dalle mere difese, che si limitano a negare la sussistenza o la fondatezza della pretesa avversaria, sono rilevabili d’ufficio – non essendo riservate alla parte per espressa previsione di legge o perchè corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva – e sono sottratte al divieto stabilito dall’art. 345 c.p.c., comma 2, sempre che riguardino fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo e anche se non siano state oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva” (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 6 maggio 2020, n. 8525, Rv. 65781001).

L’allegazione, dunque, di elementi volti a comprovare l’assenza del presupposto oggettivo dell’azione revocatoria non incontrava il limite di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2, giacchè tale iniziativa non appare riconducibile, per vero, neppure al novero delle eccezioni in senso lato, costituendo una mera argomentazione “in iure” non preclusa dalla norma suddetta.

7.1.2. Quanto all’altra censura, che riguarda la tardività delle produzioni effettuate in primo grado e in appello, essa è, invece, inammissibile.

Infatti, con riferimento alla violazione delle barriere preclusive di primo grado, va qui ribadito che la violazione del regime delle preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c., pur potendo essere dedotta dalla parte (o rilevata d’ufficio dal giudice di prime cure) per tutta la durata del grado in cui si verifica, non soggiace, per tale arco temporale, alla regola dell’art. 157 c.p.c., comma 3 (che preclude il rilievo della nullità ad opera sia della parte che vi ha dato causa, che di quella che vi ha rinunciato anche tacitamente), norma, quest’ultima, che “confina il suo ambito alle sole nullità determinate dal comportamento di una parte che siano a rilievo non officioso” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 agosto 2018, n. 21381, Rv. 650325-01; in senso conforme, tra le più recenti, si vedano, sempre in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 4 novembre 2020, n. 24483; Cass. Sez. Un., sent. 31 gennaio 2019, n. 2841). Difatti, essendo l’esclusione della preclusione suddetta “ancorata all’esistenza del potere officioso del giudice”, risulta “logicamente sostenibile che essa si giustifichi temporalmente solo fino a quando il potere officioso del giudice sussista e sia esercitabile come quello della parte”, giacchè, viceversa, allorquando tale potere officioso cessi, non può che venire meno “quell’esigenza logica, per così dire di par condicio fra parte e giudice, che giustifica che i poteri di rilevazione si conservino per entrambi ancorchè la nullità sia stata determinata originariamente dalla parte”; verificatasi, pertanto, tale evenienza “la regola dell’art. 157 c.p.c., comma 3, può e deve riespandersi” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 21381 del 2018, cit.).

7.1.3. In relazione, invece, all’ulteriore profilo di violazione dell’art. 345 c.p.c., la censura – a parte il rilievo che uno solo dei documenti che si assumono tardivamente prodotti è menzionato nella sentenza impugnata (ovvero, il piano di rateizzazione del credito erariale) – deve rilevarsi che essa non rispetta l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), dal momento che la ricorrente non chiarisce se, e quando, abbia sollevato in appello l’eccezione relativa al divieto di “nova”.

7.2. Il secondo motivo – che si articola anch’esso in più censure – è, invece, fondato.

7.2.1. In relazione alla prima di dette censure (l’assenza delle condizioni per poter invocare il giudicato esterno, relativo alle tre sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa che hanno annullato altrettante cartelle di pagamento a carico del (OMISSIS)), va qui ribadito il principio secondo cui “affinchè il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria” (Cass. Sez. 3, ord. 23 agosto 2018, n. 20974, Rv. 650322-01), ciò che nella specie non risulta essere avvenuto.

7.2.2. Fondata è anche l’altra censura (fondata sul rilievo che l’annullamento delle cartelle era stato disposto per irregolarità formali delle notificazioni, senza che nulla fosse stato statuito in ordine ai profili sostanziali del credito iscritto a ruolo), da scrutinarsi congiuntamente al terzo motivo, al quale appare strettamente connessa e che risulta anch’esso fondato.

Difatti, se è vero che “in tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto” (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 24 agosto 2018, n. 21071, Rv. 650056-01), si comprende perchè, “in tema di notificazione degli avvisi e degli altri atti tributari, l’irrituale notificazione di un accertamento impedisce all’Ufficio di passare utilmente alla fase successiva di formazione dei ruoli, ma non comporta la nullità dell’avviso e, soprattutto, non vieta all’Amministrazione di sanare ogni vizio mediante la rinotificazione, nei termini di legge, dell’avviso stesso eventualmente integrato con altri elementi” (Cass. Sez. 5, sent. 14 aprile 2006, n. 8868, Rv. 588656-01).

Ne consegue, pertanto, che le vicende relative all’invalidità della notificazione dell’atto impositivo – come fondatamente dedotto dalla ricorrente, con il terzo motivo del proprio atto di impugnazione – determinano soltanto una preclusione all’efficacia del provvedimento, ma non incidono sull’esistenza del credito (Cass. Sez. Un., sent. 5 ottobre 2004, n. 19854, Rv. 577521 -01), essendo la notificazione una mera condizione di efficacia e non, appunto, un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria (Cass. Sez. 5, sent. 15 gennaio 2014, Rv. 629235-01; in senso conforme, da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 24 agosto 2018, n. 21071, Rv. 650056-01).

7.3. Il quarto motivo resta, invece, assorbito dall’accoglimento del terzo e (della seconda censura) del secondo.

7.4. I motivi quinto e sesto – da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione – sono anch’essi fondati.

7.4.1. Difatti, la circostanza che, in ipotesi, l’ammontare del credito erariale – che si assume essersi ridotto (peraltro, come si è detto, non fondatamente) in forza di vicende giudiziarie che hanno riguardato l’impugnazione degli atti impositivi – non dovesse più consentire l’iscrizione ipotecaria non priva, per ciò solo, l’azione revocatoria della sua tipica funzione conservativa.

Sul punto deve, invero, ribadirsi che nel codice del 1942 come si legge nella relazione al Re del Ministro Guardasigilli, § 1182 – l’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2902 c.c., “giova soltanto al creditore che l’ha proposta, il quale, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere le azioni conservative o esecutive sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato, osservando le forme prescritte dall’art. 602 c.p.c. e segg.”, precisandosi pure che i beni alienati “non rientrano nel patrimonio del debitore, ma la revoca è pronunciata col solo effetto di assoggettarli alle azioni del creditore danneggiato”.

L’effetto di ricostituzione della garanzia patrimoniale, dunque, costituisce una “fictio iuris”, atteso che ciò che si vuole soprattutto assicurare, agendo a norma dell’art. 2901 c.c., è la “fruttuosità dell’esecuzione” (circostanza, quest’ultima, cui danno rilievo, in particolare, Cass. Sez. 3, sent. 9 marzo 2006, n. 5105, Rv. 588696-01 e Cass. Sez. 3, sent. 29 marzo 1999, n. 2971, Rv. 524689-01; Cass. Sez. 2, sent. 18 febbraio 1991, n. 1691, Rv. 470965-01), non invece la possibilità di conseguire un’iscrizione ipotecaria.

Fondata è, poi, anche la censura con cui la ricorrente evidenzia come la notificazione della cartella di pagamento, nel caso di specie, non rileva ai fini della prova della consapevolezza, in capo al debitore, del carattere pregiudizievole dell’atto dispositivo posto in essere, essendo a tal fine sufficiente il semplice fatto che il medesimo fosse conscio di non aver pagato i tributi iscritti a ruolo.

7.5. Infine, il settimo motivo – sulle spese di lite – resta assorbito, in ragione della necessità di provvedere ad una rideterminazione dell’assetto complessivo delle spese del presente giudizio, in ragione della cassazione della sentenza di appello (Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv. 639295-01).

8. L’accoglimento del ricorso, per quanto di ragione, comporta, dunque, la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, per la decisione nel merito.

Il giudice del rinvio provvederà, inoltre, ad una rinnovata regolamentazione delle spese di lite, comprese quelle relative al presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo, terzo, quinto e sesto, e dichiara assorbito il quarto e il settimo, e per l’effetto cassa in relazione la sentenza impugnata rinviando alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 maggio 2021.