Ordinanza 2636/2021
Giudizio di impugnazione delibera assembleare – Intervento in giudizio degli altri condomini (adesivo autonomo e adesivo dipendente)
Nel giudizio di impugnazione di una delibera assembleare ex art. 1137 c.c., i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento che, dal lato attivo, va qualificato come adesivo autonomo (con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi di lite, anche in presenza di rinunzia o acquiescenza alla sentenza da parte dell’originario attore), ove essi siano dotati di autonoma legittimazione ad impugnare la delibera, per non essersi verificata nei loro confronti alcuna decadenza, ovvero, se quest’ultima ricorra, come adesivo dipendente (e, dunque, limitato allo svolgimento di attività accessoria e subordinata a quella della parte adiuvata, esclusa la possibilità di proporre gravame); tale ultima è la qualificazione da riconoscersi, altresì, all’intervento, ove questo sia a favore del condominio, siccome volto a sostenere la validità della delibera. impugnata, stante la legittimazione processuale passiva esclusiva dell’amministratore nei giudizi relativi all’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea, non trattandosi di azioni relative alla tutela o all’esercizio dei diritti reali su parti o servizi comuni.
Corte di Cassazione, Sezione 2, Ordinanza 04-02.2021, n. 2636 (CED Cassazione 2021)
Art. 1137 cc (Impugnazioni delle deliberazioni dell’assemblea ) – Giurisprudenza
Art. 1136 cc (Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
- An. D.M. e M.A.C.M. hanno proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 540/2016 della Corte d’appello di Napoli, depositata 1’8 febbraio 2016.
Mar. Ma., R.M.M., Se. Ma., Sa. Da., An. Da., Lu. Da., Gi. Da. e Pa. Da. resistono con controricorso, proponendo altresì un motivo di ricorso incidentale condizionato.
Rimangono inoltre intimati, senza aver svolto attività difensive nel giudizio di cassazione, Li. Ce., il Condominio di via (OMISSIS), Napoli, Ro. Am., Fr. Am., Ma. Es. e An. Ma..
- Rigettando il gravame avanzato da An. D.M., M.A.C.M., Ro. Am., Fr. Am., Ma. Es. e An. Ma., la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Napoli in data 8 gennaio 2010, con cui era stata dichiarata nulla la deliberazione assembleare approvata il 22 settembre 2008 dal Condominio di via (OMISSIS), Napoli.
L’impugnazione ex art. 1137 c.c. era stata proposta dai condomini Mar. Ma., R.M.M., Se. Ma., Sa. Da., An. Da., Lu. Da., Gi. Da., Pa. Da. e Li. Ce.. Rimase contumace il convenuto Condominio di via (OMISSIS), mentre intervennero volontariamente i condomini An. D.M., M.A.C.M., Ro. Am., Fr. Am., Ma. Es. e An. Ma. per domandare il rigetto della impugnativa della delibera.
La Corte d’appello di Napoli, condividendo la decisione di primo grado, ha evidenziato come l’assemblea condominiale avesse già vagliato, con esito positivo, in sei riunioni avvenute tra il 2005 e il 2007 e con correlate delibere non impugnate, la ricorrenza dei presupposti richiesti dall’art. 1120 c.c. e dalla legge n. 13 del 1989 per l’installazione dell’impianto di ascensore nel fabbricato sulla scorta del progetto di massima e di apposite indagini strutturali, sicché la deliberazione approvata il 22 settembre 2008 avrebbe poi immotivatamente posto nel nulla quanto già in precedenza deciso. Tale ultima delibera non avrebbe perciò potuto, secondo la Corte di Napoli, verificare nuovamente la scelta in ordine alla autorizzazione all’installazione dell’ascensore, adducendo, come fatto nuovo, l’assenza di un progetto esecutivo.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti costituite hanno depositato memorie.
- L’unico motivo del ricorso principale di An. D.M. e M.A.C.M. adduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1137 c.c. e dell’art. 113 c.p.c., assumendo che la Corte d’appello abbia esteso il suo sindacato sulla deliberazione condominiale alle discrezionali valutazioni di merito spettanti all’assemblea circa l’opportunità di un più penetrante controllo sui lavori e sul progetto definitivo dell’impianto da realizzare.
- L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato richiama l’eccezione di inammissibilità dell’appello, giacché proposto da interventori adesivi dipendenti.
5.1. La questione dell’ammissibilità dell’appello adesivo dipendente era stata oggetto di decisione esplicita da parte della Corte di Napoli, nel senso di riconoscere ai condomini intervenuti la legittimazione al gravame.
Trattandosi di ricorso incidentale proposto dalle parti totalmente vittoriose nel giudizio di merito, che investe una questione pregiudiziale di rito oggetto di decisione esplicita da parte del giudice di merito (quale, nella specie, l’inammissibilità dell’appello, comunque rigettato), esso ha comunque natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, peraltro conformemente alla espressa indicazione dei controricorrenti, e va perciò esaminato solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. Sez. U, 25/03/2013, n. 7381).
- Sono superabili le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale sollevate dai controricorrente, in quanto la censura in esso svolta, oltre a concernere la ricostruzione del fatto, denuncia altresì un errore di qualificazione giuridica dello stesso.
Il motivo del ricorso di An. D.M. e M.A.C.M. deduce che i giudici del merito abbiano compiuto un indebito controllo di merito sulla delibera del 22 settembre 2008, la quale aveva, in realtà, preso atto dell’interesse contrario all’installazione dell’ascensore manifestato dai restanti condomini, non avendo mai l’assemblea in passato approvato il progetto tecnico esecutivo per la realizzazione dell’impianto. Secondo la Corte d’appello di Napoli, tuttavia, i condomini promotori della installazione dell’ascensore avevano già conseguito l’«autorizzazione» ad eseguire l’innovazione in forza dei precedenti deliberati, i quali avevano verificato la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2 della l. n. 13 del 1989 ed il rispetto dei limiti previsti dall’art. 1120 c.c., e non risultavano «elementi nuovi o fatti sopravvenuti» che potessero giustificare il ripensamento collegiale del 22 settembre 2008: non era dato all’assemblea, quindi, di operare un’ulteriore verifica delle condizioni per l’installazione dell’ascensore nel cortile dell’edificio.
La fondatezza del ricorso principale discenderebbe dalla considerazione dei seguenti principi.
L’assemblea di condominio ha certamente il potere di decidere, nell’interesse collettivo, le modalità concrete di utilizzazione dei beni comuni, nella specie ai fini di autorizzare l’installazione di un ascensore in area condominiale, come anche quello di modificare – revocando una o più precedenti delibere, benché non impugnate da alcuno dei partecipanti, e stabilendone liberamente gli effetti – quelle in atto, ove intenda rivalutare la corrispondenza dell’innovazione ai limiti segnati dagli artt.1120 e 1121 c.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 29/03/2007, n. 7711).
In particolare, l’installazione di un ascensore su parte di aree condominiali, diretta ad eliminare le barriere architettoniche, ai sensi dell’art. 2, legge 2 gennaio 1989, n. 13, può essere approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 2, c.c., oppure, nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere le necessarie deliberazioni, realizzata dai condomini richiedenti a loro spese con l’osservanza dei limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c. Alla eventuale «autorizzazione» concessa dall’assemblea ad apportare tale modifica su iniziativa dei soli condomini richiedenti e sulla base di uno specifico progetto può attribuirsi il valore di mero riconoscimento dell’attuale inesistenza di un contrario interesse o di concrete pretese da parte degli altri condomini a questo tipo di utilizzazione delle parti comuni (arg. da Cass. Sez. 2, 20/02/1997, n. 1554). Una siffatta delibera autorizzativa della realizzazione dell’impianto, pur obbligatoria per tutti i condomini (art. 1137, comma 1, c.c.), non può ritenersi perciò simmetricamente produttiva di un autonomo diritto acquisito dai condomini o da terzi soltanto per effetto ed in sede di esecuzione dell’atto, rimanendo così revocabile dalla medesima assemblea sulla base di una rivalutazione di dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell’amministrazione.
E’ precluso il sindacato del giudice del merito in ordine all’uso da parte dell’assemblea dei condomini di detta facoltà di nuovo apprezzamento, se non nei limiti consentiti dall’indagine per l’accertamento dell’eccesso di potere, e cioè di un grave pregiudizio per la cosa comune (art. 1109, comma 1, n. 1, c.c.).
I giudici del merito avrebbero perciò dovuto verificare se la deliberazione adottata il 22 settembre 2008 dall’assemblea del Condominio di via (OMISSIS) fosse di per sé conforme alla legge o al regolamento (ovvero accertare se l’impianto di ascensore, nonostante la deliberazione contraria, poteva essere installato da richiedenti con l’osservanza dei limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c.), e non limitarsi ad affermare che essa aveva sostituito precedenti delibere sul medesimo argomento ritenute ormai inoppugnabili, senza fondarsi su “elementi nuovi o fatti sopravvenuti.
- La fondatezza del ricorso principale rende dunque attuale l’interesse a prendere in esame il ricorso incidentale condizionato.
Va al riguardo osservato come, in un giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, ai sensi dell’art. 1137 c.c., i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento adesivo autonomo (e quindi con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi anche in presenza di una rinunzia agli atti o di un’acquiescenza alla sentenza ad opera del condomino attore originario), purché a loro volta dotati di legittimazione ad impugnare la delibera, giacché, ove siano invece decaduti, gli stessi sono legittimati a svolgere soltanto intervento adesivo dipendente. Viceversa, deve ritenersi ammissibile anche un intervento dei singoli condomini a favore del condominio, e cioè per sostenere la validità della deliberazione impugnata. Peraltro, poiché si tratta non di azioni relative alla tutela o all’esercizio dei diritti reali su parti o servizi comuni, ma, appunto, di controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale, intese, dunque, a soddisfare esigenze collettive della comunità condominiale, essendo rispetto ad esse unico legittimato passivo l’amministratore, l’eventuale intervento del singolo condomino è adesivo dipendente, sicché questi non è ammesso a proporre gravame avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio; la legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi relativi alla impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea promossi dal condomino dissenziente discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi (Cass., Sez. 2, 12/12/2017, n. 29748; Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286; Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379; Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198).
Tale orientamento non è stato scalfito da Cass. Sez. U, 18/04/2019, n. 10934, la quale ha piuttosto ribadito la sussistenza dell’autonomo potere individuale di ciascun condomino ad agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota” delle parti comuni.
Nella specie, l’intervento di An. D.M., M.A.C.M., Ro. Am., Fr. Am., Ma. Es. e An. Ma., spiegato nel giudizio di primo grado avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione assembleare 22 settembre 2008 del Condominio di via (OMISSIS) (il quale rimase contumace) e proposto da Mar. Ma., R.M.M., Se. Ma., Sa. Da., An. Da., Lu. Da., Gi. Da., Pa. Da. e Li. Ce., era espressamente volto a sostenere la validità della deliberazione impugnata nell’ottica della gestione collettiva dei beni comuni (mancando i requisiti di cui all’art. 2 della l. n. 13 del 1989 e non essendo stato sottoposto all’assemblea un progetto esecutivo), e non a far valere i diritti reali degli interventori su di essi.
Si trattava perciò, all’evidenza, di un intervento adesivo dipendente, e non autonomo, giacché non diretto ad azionare un diritto in conflitto con una delle parti originarie, né consistente nella introduzione di una nuova domanda nel processo, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.c.
In definitiva, deve concludersi che l’intervento operato in un giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, ai sensi dell’art. 1137 c.c., da singoli condomini a favore del condominio, e cioè per sostenere la validità della deliberazione impugnata, si connota come intervento adesivo dipendente, di tal che, stando all’art. 105, comma 2, c.p.c., i poteri dell’intervenuto sono poi limitati all’espletamento di un’attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata. In particolare, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l’interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale (Cass. Sez. U, 17/04/2012, n. 5992; da ultimo, arg. da Cass. Sez. 2, 30/11/2020, n. 27300).
- Essendo accertato il difetto di legittimazione ad appellare di An. D.M., M.A.C.M., Ro. Am., Fr. Am., Ma. Es. e An. Ma., stante l’acquiescenza del Condominio di via (OMISSIS), a norma dell’art. 382, ultimo comma, c.p.c., va disposta la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata poiché il processo non poteva essere proseguito.
La cassazione della sentenza di appello non induce a modificare la valutazione che quel giudice ha compiuto in ordine alla soccombenza delle parti per la regolazione dall’onere delle spese processuali, di tal che la condanna al rimborso di tali spese pronunciata dalla Corte di Napoli può restare ferma.
Vanno compensate le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione dai ricorrenti principali e dai controricorrenti, alla luce della fondatezza delle ragioni avanzate nei rispettivi atti di impugnazione.
Per la natura della pronuncia resa, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti principali ed incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, operando tale misura soltanto nel caso del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità.
P. Q. M.
La Corte, in accoglimento del ricorso incidentale, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, ferma restando la liquidazione delle spese ivi disposta; compensa per intero nel rapporto tra i ricorrenti principali ed i controricorrenti le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2020.