Ordinanza 26363/2017
Eccessiva onerosità sopravvenuta – Natura – Proposizione per la prima volta in appello – Inammissibilità
La richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto con prestazioni corrispettive, ex art. 1467 c.c., costituisce, anche quando proviene dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, una vera e propria domanda, e non una eccezione, essendo diretta al conseguimento di una pronuncia che va oltre il semplice rigetto della domanda principale. Ne consegue l’inammissibilità della proposizione della stessa per la prima volta nel giudizio di appello.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 7-11-2017, n. 26363 (CED Cassazione 2017)
Art. 1467 cc (Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta) – Giurisprudenza
RILEVATO IN FATTO
che il sig. (OMISSIS) ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza della corte d’appello di Brescia che, confermando interamente la sentenza del tribunale della stessa città, ha accolto la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c., proposta dal signor (OMISSIS) nei confronti dell’odierno ricorrente con riguardo al preliminare di compravendita con cui il sig. (OMISSIS) aveva promesso di cedere al signor (OMISSIS) la quota del 50% della società (OMISSIS) srl, per il prezzo di Euro 200.000;
che la corte territoriale, confermando anche la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del residuo importo di Euro 140.000, ha rigettando l’eccezione di compensazione sollevata dal (OMISSIS) medesimo in relazione al controcredito di Euro 75.000 da lui vantato a titolo di regresso per aver interamente pagato un’obbligazione solidale fra le parti nei confronti del terzo (OMISSIS);
che, in particolare, la corte bresciana ha ritenuto tardiva, in quanto effettuata solo con la comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, la produzione della documentazione dimostrativa del controcredito azionato dal sig. (OMISSIS), ossia l’atto di riconoscimento del debito solidale dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del sig. (OMISSIS), con in calce la quietanza di pagamento da quest’ultimo rilasciata;
che inoltre la corte distrettuale ha parimenti giudicato tardiva l’eccezione, pur essa sollevata dal (OMISSIS) nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, relativa alla eccessiva onerosità sopravvenuta della prezzo della suddetta compravendita, in ragione, per un verso, di atti di concorrenza asseritamente posti in essere dal promittente venditore e, per alto verso, del fallimento di uno dei principali creditori sociali;
che il signor (OMISSIS) si è costituito con controricorso;
che la causa è stata discussa all’adunanza di camera di consiglio del 13 luglio 2017, per la quale solo il ricorrente ha depositato una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che con il primo motivo di ricorso – riferito alla violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, anche in relazione ai principi di cui all’art. 111 Cost., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè al vizio di omessa motivazione – si censura la statuizione con cui la corte d’appello ha ritenuto inammissibile la produzione del suddetto atto di riconoscimento di debito, quietanzato dal sig. (OMISSIS), sul rilievo che tale documento sarebbe stato da produrre, secondo la disciplina del rito societario, entro il termine di dieci giorni dalla notificazione dell’istanza di fissazione udienza;
che secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe errato nel non valutare che la indispensabilità del suddetto documento avrebbe reso ammissibile la relativa produzione anche in appello, alla stregua dell’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo, ratione temporis applicabile nel presente giudizio, anteriore alla modifica recata dal decreto legge n. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella L. n. 143 del 2012);
che il motivo è in primo luogo inammissibile perchè formulato senza il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto il ricorrente non ha trascritto il documento di cui lamenta la mancata ammissione e non ha nemmeno dato sinteticamente conto del relativo contenuto, nè lo ha allegato al ricorso, nè ha indicato con precisione in quale posizione di quale fascicolo del giudizio di merito esso sarebbe rinvenibile per essere esaminato da questa Corte;
che peraltro il motivo va disatteso anche perchè privo di pertinenza alle motivazioni della sentenza gravata, la quale ha (correttamente) confermato la statuizione del tribunale di inammissibilità della suddetta produzione in primo grado (per tardività della stessa), ma non è mai stata investita (e quindi non si è mai al riguardo pronunciata) da una istanza di produzione in appello del documento de quo;
che infatti l’atto di appello del sig. (OMISSIS), direttamente esaminabile da questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunciato, censurava la statuizione del tribunale di tardività della produzione del suddetto documento nel giudizio di primo grado, ma non conteneva alcuna istanza di ammissione del medesimo documento in secondo grado in ragione della sua dedotta indispensabilità;
che col secondo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, con conseguente violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo inammissibile, perchè dedotta in primo grado solo con la comparsa conclusionale, la prospettazione relativa all’eccessiva onerosità sopravvenuta dell’affare, asseritamente conseguente alla condotta di concorrenza sleale del promittente venditore e del fallimento di una importate debitrice della società (OMISSIS) s.r.l.;
che, ad avviso del ricorrente, tali deduzioni dovevano essere qualificate come mere difese, quindi prospettabili in ogni tempo, e non come eccezioni in senso stretto;
che il secondo motivo va pur esso disatteso, perchè l’eccessiva onerosità sopravvenuta può sorreggere una domanda di risoluzione ex 1467 c.c., ma non una eccezione (e quindi, a maggior ragione, nemmeno una mera difesa); questa Corte ha infatti già avuto modo di chiarire (Cass. n. 1090/95, Cass. n. 20744/04) che la richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto con prestazioni corrispettive (art. 1467 c.c.) costituisce, anche quando proviene dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, una vera e propria domanda, e non una eccezione, essendo diretta al conseguimento di una pronuncia che va oltre il semplice rigetto della domanda principale;
che quindi in definitiva il ricorso va rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;
che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13 luglio 2017