Ordinanza 26406/2022
Avviso di liquidazione emesso sulla base di sentenza passata in giudicato – Obbligo di motivazione
In tema di contenzioso tributario, nel caso in cui risulti impugnato un avviso di liquidazione emesso sulla base di una sentenza passata in giudicato, esulano dall’onere motivazionale dell’avviso di liquidazione i presupposti materiali e giuridici della pretesa tributaria, essendo sufficiente il richiamo al prodromico titolo giudiziale, alla quantificazione del contributo dovuto ed all’indicazione degli elementi matematici posti a base della quantificazione.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 07-09-2022, n. 26406 (CED Cassazione 2022)
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), proponevano ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina avverso un avviso di liquidazione per imposte sulla denuncia di successione (globale, ipotecaria, catastale, INVIM, interessi e sanzioni), resesi definitive a seguito di sentenza dalla S.C. n. 14544/2008 del 27.3.2008.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, sostenendo che le eccezioni dei ricorrenti dovevano ritenersi fondate in base al principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c..
3. Sull’appello principale dell’Agenzia delle Entrate ed incidentale incondizionato dei contribuenti, la Commissione Tributaria Regionale Sicilia accoglieva in parte entrambi, evidenziando che l’INVIM non era dovuta in ragione del fatto che la sentenza n. 257 emessa dalla CTP di Messina in data 7.12.1998 (e poi passata in giudicato) aveva appurato l’erroneità dei valori iniziali (dovendo gli stessi essere riferiti alle date di acquisto dei singoli immobili), laddove per il resto l’atto impugnato era legittimo, indicando le aliquote di ciascuna imposta dovuta, il relativo ammontare, le sanzioni e gli interessi.
4. Avverso la sentenza della CTR hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato a art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 l. n. 212/2000, 3 l. n. 241/1990 e 34, comma 2, dPR n. 346/1990, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR ritenuto che l’avviso di liquidazione fosse nullo per aver omesso di indicare gli imponibili, le aliquote ed i criteri sulla cui base l’Ufficio aveva determinato le imposte e gli accessori richiesti in pagamento.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto di compensare le spese di lite relative al giudizio di secondo grado, laddove l’accoglimento del precedente motivo l’avrebbe dovuta indurre a condannare l’ente impositore al rimborso delle spese, e per non aver considerato che l’Agenzia delle Entrate, essendosi difesa nei precedenti gradi di giudizio attraverso i propri funzionari, non avrebbe potuto chiedere la condanna del contribuente al pagamento delle spese legali.
3. Il primo motivo è infondato.
In termini generali, in tema di imposta sulle successioni, l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio finanziario deve avere un contenuto tale da consentire al contribuente di controllare eventuali errori di calcolo nell’applicazione dei coefficienti e delle aliquote, e deve quindi includere, oltre all’importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a base dell’imposizione, ed in particolare i dati di classamento, consistenti nell’indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale giudizio di impugnazione contro il predetto avviso (Sez. 5, Ordinanza n. 25024 del 10/10/2018).
Peraltro, l’esistenza e la congruità della motivazione deve essere valutata alla stregua delle regole dettate specificatamente per il singolo tributo cui l’atto si riferisce, attesa la polisistematicità della normativa, sicchè in materia d’imposta sulle successioni è sufficiente indicare il valore globale dell’asse ereditario e dell’aliquota applicata per lo scaglione più elevato, senza necessità d’indicare tutte le aliquote applicate per il calcolo della maggiore imposta, tenuto conto dell’individuazione ex lege degli scaglioni e della possibilità di compiere mere operazioni di calcolo sui medesimi (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5190 del 16/03/2015).
Invero, in tema di imposta sulle successioni, la motivazione dell’avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio finanziario nell’eventuale successiva fase contenziosa e di consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che l’atto deve enunciare i criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore, ma non anche gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, presa conoscenza del criterio di valutazione adottato, è in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, fermo restando l’onere della prova gravante sull’Amministrazione (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 14027 del 03/08/2012; conf. Sez. 5, Sentenza n. 25153 del 08/11/2013 e Sez. 5, Ordinanza n. 22148 del 22/09/2017).
Come, peraltro, ha chiarito di recente Sez. 5, Ordinanza n. 22179 del 2020, “L’obbligo di motivazione, però, si atteggia diversamente nel caso in cui, come nella specie, risulti impugnato un avviso di liquidazione emesso sulla base di una sentenza passata in giudicato, in quanto il richiamo alla pronuncia giudiziale, e all’atto impositivo su cui la stessa è intervenuta, risulterà idoneo ad assolvere all’onere motivazionale per i crediti erariali interessati dall’accertamento, divenuto definitivo, compiuto dal giudice. In tale ipotesi esulano, infatti, dall’oggetto dell’atto impugnato le questioni relative alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica dei fatti relativi al presupposto ed alla base imponibile, già definitivamente accertati, essendo sufficiente che nella motivazione dell’avviso di liquidazione risulti il richiamo al prodromico titolo giudiziale, la quantificazione del contributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti a base della quantificazione; ne discende che non è necessario che dalla motivazione dell’avviso di liquidazione siano evincibili i presupposti materiali e giuridici della pretesa tributaria, essendo sufficiente che tali elementi siano desumibili dalla motivazione della sentenza che ne costituisce il presupposto. (Vedi in tema di accertamento divenuto definitivo Cass. n. 9491 del 2008)”.
Orbene, nel caso di specie, l’avviso di liquidazione, oltre a richiamare espressamente la sentenza della Corte di Cassazione n. 14544/2008 del 27.3.2008 (che, nel rigettare il ricorso dell’allora contribuente, ha determinato il passaggio in giudicato della sentenza della CTR Sicilia n. 67/2001 la quale, a sua volta, aveva rigettato l’appello del medesimo avverso la sentenza della CTP di Messina n. 257/1998 con la quale, in parziale accoglimento del ricorso originario di (OMISSIS), era stato rideterminato in Euro 299.765,00 il valore dei beni caduti in successione), ha indicato i vari codici tributi, le singole imposte e le aliquote applicate, in tal guisa ponendo il contribuente nelle condizioni di determinare facilmente, attraverso un semplice calcolo matematico, gli importi dovuti per ciascuna imposta.
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Invero, si sostiene che la CTR erroneamente avrebbe compensato per intero le spese di lite relative al grado d’appello sulla base non già di una valutazione ex ante, bensì di un giudizio ex post da operarsi alla luce di quanto esposto nel precedente motivo di ricorso (id est, per l’eventualità in cui il primo motivo di gravame fosse stato accolto).
In ogni caso, fermo restando che la censura non si estende al piano motivazionale, è evidente che la decisione di disporre la compensazione integrale delle spese si fonda sul criterio della soccombenza reciproca, avendo la CTR accolto parzialmente l’appello principale dell’Agenzia e quello incidentale condizionato del contribuente, evidenziando che l’INVIM non era dovuta in ragione del fatto che la sentenza n. 257 emessa dalla CTP di Messina in data 7.12.1998 (e poi passata in giudicato) aveva appurato l’erroneità dei valori iniziali (dovendo gli stessi essere riferiti alle date di acquisto dei singoli immobili), laddove per il resto l’atto impugnato era legittimo, indicando le aliquote di ciascuna imposta dovuta, il relativo ammontare, le sanzioni e gli interessi.
Da ultimo, premesso che la CTR non ha condannato il contribuente al pagamento delle spese legali sostenute dall’Agenzia (come, invece, sostenuto dai ricorrenti a pag. 15 del ricorso), essendosi limitato, come già detto, a compensare tra le parti le stesse, va ricordato che, in tema di contenzioso tributario, all’Amministrazione finanziaria (nella specie, l’Agenzia delle Entrate) assistita in giudizio dai propri funzionari, in caso di vittoria nella lite, spetta, ai sensi del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2 bis, la liquidazione delle spese che va effettuata applicandosi la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato, quale rimborso per la sottrazione di attività lavorativa dei funzionali medesimi, utilizzabile altrimenti in compiti interni di ufficio e tenuto conto dell’identità della prestazione professionale profusa dal funzionario rispetto a quella del difensore abilitato (Sez. 5, Sentenza n. 24675 del 23/11/2011).
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non perita, pertanto, accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, tenutasi il 5.7.2022.