Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 26463/2023 – Responsabilità professionale del notaio – Stipulazione di mutuo ipotecario – Concorso colposo della banca nella causazione del danno

Richiedi un preventivo

Ordinanza 26463/2023

Responsabilità professionale del notaio – Stipulazione di mutuo ipotecario – Identificazione del mutuatario fondata anche sulla corrispondenza dei dati identificativi della persona con quelli riportati nella documentazione dell’istruttoria effettuata dalla banca – Concorso colposo della banca nella causazione del danno

In tema di responsabilità professionale, ove il notaio, nella stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario, abbia proceduto all’identificazione della persona del mutuatario, poi risultata inesistente, fondandosi anche sulla corrispondenza tra i dati risultanti dal documento di identità esibito dalla parte con quelli riportati nella documentazione dell’istruttoria effettuata dalla banca, è configurabile il concorso colposo dell’istituto di credito in ordine alla causazione del danno, per avere fornito al professionista un ulteriore elemento di convincimento circa l’effettiva identità del mutuatario, trasmettendogli la delibera di concessione del mutuo indicante come destinatario la persona inesistente.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 13/09/2023, n. 26463   (CED Cassazione 2023)

Art. 1218 cc (Responsabilità del debitore)

Art. 1227 cc (Concorso di colpa)

 

 

Rilevato che:

1. Nel 2012, la (OMISSIS) S.p.a. conveniva in giudizio il notaio
(OMISSIS) per vederne accertata la responsabilità
professionale in relazione alla stipulazione di un contratto di
mutuo, rogato il 28 settembre 2006.

Con tale atto, l’istituto bancario concedeva a (OMISSIS) un
mutuo fondiario di € 140.000,00 garantito da ipoteca iscritta per il
valore di € 280.000,00 su un immobile di proprietà del mutuatario.

La stipula del contratto era stata preceduta dalla identificazione del
mutuatario da parte della convenuta e dalla redazione della
relazione definitiva attestante la proprietà del bene in capo a (OMISSIS)
e la libertà da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli. A seguito
dell’inadempimento da parte di quest’ultimo nel pagamento delle
rate, la (OMISSIS) S.p.a. intimava precetto per l’intera somma
dovuta, pari ad € 161.649,31. Non riusciva, però, a reperire il
debitore che, a seguito di ricerche anagrafiche, risultava
inesistente.

L’attrice deduceva, quindi, che la convenuta, violando l’obbligo di
diligenza professionale posto a suo carico, aveva identificato
erroneamente il mutuatario e, conseguentemente, doveva ritenersi
responsabile del danno sofferto dall’istituto bancario quantificato in
€ 161.649,31.

La convenuta deduceva di aver espletato con diligenza l’attività
professionale, procedendo alle opportune verifiche circa l’identità
del soggetto, richiedendo i relativi documenti e rogando i contratti
di compravendita e di mutuo.

In aggiunta, sottolineava come l’istituto bancario avesse
preventivamente svolto l’istruttoria e deliberato la concessione del
mutuo senza rilevare irregolarità inerenti all’identità del soggetto e
come la positiva conclusione della pratica di mutuo da parte della
(OMISSIS) S.p.a., comunicata al notaio dalla (OMISSIS) s.p.a., e
dimostrata sia dalla lettera della Banca indirizzata a (OMISSIS)
(OMISSIS) quale proposta contrattuale, sia dalla bozza dell’atto di
mutuo predisposta dalla stessa attrice, rappresentassero solido
supporto circa l’identificazione del soggetto. Concludeva ritenendo
che la responsabilità circa la decisione autonomamente presa dalla
(OMISSIS) S.p.a. di erogare il mutuo in favore di un soggetto poi
dimostratosi inesistente dovesse ricadere per intero sullo stesso
istituto di credito.

Il Tribunale di Torre Annunziata, con la sentenza n. 1043/2017,
accoglieva la domanda di parte attrice condannando la convenuta
al risarcimento integrale del danno oltre alle spese di lite.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello il notaio (OMISSIS)
chiedendo la riforma integrale della sentenza di primo grado e la,
conseguente, restituzione delle somme versate in sua esecuzione.
In subordine, l’appellante chiedeva l’accertamento della
cooperazione colposa di (OMISSIS) S.p.a. ex art. 1227 c.c. con
condanna alla restituzione parziale delle somme versate. Infine, la
rideterminazione ai valori attuali del danno cagionato nell’importo
di € 90.000 o nella diversa somma ritenuta dalla Corte.

2.1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 2769/2017 del
17 dicembre 2021, preliminarmente rilevava che la (OMISSIS) era
decaduta da mezzi di prova, già articolati e respinti in primo grado
e riproposti con l’atto di appello, perché non aveva provveduto a
reiterare la richiesta istruttoria all’udienza di precisazione delle
conclusioni, di talché gli stessi dovevano essere considerati
implicitamente rinunciati. Accoglieva, invece, parzialmente le
domande del notaio riconoscendo il concorso di colpa da parte di
(OMISSIS) S.p.a. e rideterminando la posta risarcitoria in €
80.824,50 oltre interessi convenzionali; conseguentemente
condannava la (OMISSIS) S.p.a. alla restituzione di € 115.287,89
oltre interessi legali.

3. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) S.p.a. propone ricorso in
Cassazione sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resiste il notaio (OMISSIS) con controricorso
illustrato da memoria.

Considerato che:

4. Con il primo motivo di ricorso, la Banca ricorrente lamenta la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 Cost, degli artt. 1176,
1227 e 1375 c.c. e dell’art 49 l. n. 89/1913 in riferimento all’art
360 n. 3 c.p.c.

In particolare, denuncia che il notaio sarebbe stato gravemente
negligente avendo abdicato con dolo cosciente alle necessarie
verifiche vista la palese falsità dei documenti presentati e che, in
presenza di un tale inadempimento, non sarebbe ontologicamente
configurabile un concorso di colpa del danneggiato ex. art. 1227
c.c.

La Corte d’Appello, quindi, avrebbe violato le norme fondamentali
che disciplinano la responsabilità della professionista ed il concorso
di colpa nella produzione dell’evento dannoso sul presupposto che
l’(OMISSIS) S.p.a. sarebbe un “soggetto qualificato”.

Il fatto che la Banca sia un soggetto qualificato, secondo la
ricorrente, non esimerebbe il notaio dall’operare secondo i principi
della diligenza qualificata e dai suoi obblighi professionali circa
l’accertamento dell’identità del soggetto mutuatario.

Il notaio dovrebbe quindi, sempre svolgere le sue attività con la
diligenza prevista dall’art. 1176 c.c., indipendentemente dalla
qualifica professionale del cliente o dalle attività da quest’ultimo
precedentemente svolte.

4.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 2 Cost. e degli artt. 1176, 1227, 1375 e
2697 c.c. in riferimento all’art 360 n. 3 c.p.c.

Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato
nell’individuare un concorso di colpa sulla base della comunicazione
di (OMISSIS) S.p.a. al notaio circa l’avvenuta delibera di concessione
del mutuo.

Secondo la Banca ricorrente, l’attività di autenticazione svolta dal
notaio si differenzia da un normale procedimento identificativo, non
potendo essere paragonata all’attività svolta preventivamente dalla
Banca.

Denuncia, quindi, che la sentenza sarebbe errata nella parte in cui
riconosce il concorso di colpa nella misura del 50% in violazione del
principio dell’onere probatorio ex. art. 2697 c.c., non avendo la
difesa di controparte svolto alcuna attività istruttoria in quanto il
notaio era stato dichiarato decaduto dalla possibilità di poter
articolare mezzi istruttori in quanto non reiterati in sede di
precisazione delle conclusioni.

Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe indicato il criterio utilizzato
per graduare il concorso di colpa, ritenendolo presunto, con
un’erronea inversione dell’onere probatorio.

5. I due motivi, congiuntamente esaminati, vanno dichiarati
inammissibili.

Come questa Corte ha già avuto modi di affermare con riguardo
agli atti che richiedano la certezza del notaio in ordine all’identità
personale delle parti, in difetto di conoscenza personale la norma di
cui all’art. 49 L. n. 89 del 1913 sull’ordinamento del notariato (nel
testo fissato dall’art. 1 L. n. 333 del 1976), in base alla quale il
notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può
raggiungere tale certezza anche al momento dell’attestazione, con
la valutazione di “tutti gli elementi” atti a formare il suo
convincimento, rendendosi in caso contrario necessario il ricorso a
due fidefacenti da lui conosciuti, va interpretata nel senso che,
nell’attestare l’identità personale delle parti il professionista deve
trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità,
conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale
delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e
perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento
astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di
natura presuntiva, purché in quest’ultimo caso si tratti di
presunzioni gravi, precise e concordanti.

Si è al riguardo precisato che il notaio deve accertare l’identità
personale delle parti ed è tenuto a raggiungere tale certezza anche
al momento dell’attestazione, secondo regole di diligenza
qualificata, prudenza e perizia professionale, rispetto alle quali
l’esibizione di una carta d’identità o di altro documento equipollente
può non risultare, da sola, sufficiente alla corretta identificazione
della persona fisica (cfr. da ultimo Cass. n. 14409/2023; Cass. n.
11767/2017).

Il notaio, al momento della stipula di un mutuo ipotecario, deve
essere certo dell’identità personale delle parti, secondo regole di
diligenza qualificata, prudenza e perizia professionale; a tal fine,
l’identificazione della parte fondata, oltre che sull’esame della carta
d’identità (o altro documento equipollente), anche sul confronto
della corrispondenza dei dati identificativi della persona con quelli
riportati nella documentazione approntata dalla banca ai fini
dell’istruttoria della pratica di mutuo, consente di ritenere
adempiuto il suddetto obbligo professionale, mentre è contrario a
buona fede o correttezza il comportamento della banca che, dopo
aver predisposto la documentazione per la stipula del mutuo
comprensiva anche dei dati identificativi del mutuatario, si dolga
della erronea identificazione compiuta dal notaio sulla base
dell’apparente regolarità della carta d’identità (Cass. n.
13362/2018).

Orbene, come emerge dall’impugnata sentenza, nella specie il
notaio non ha invero limitato il proprio controllo alla mera
«apparente regolarità dei documenti» identificativi dell’identità dei
comparenti, ma ha proceduto altresì a verificare la corrispondenza
dei dati identificativi della persona a quelli riportati nella
documentazione approntata dalla banca stessa.

A tale stregua, atteso che in base all’id quod plerumque accidit la
banca si determina ad accogliere la richiesta di mutuo all’esito di
istruttoria svolta ai fini dell’an della stipulazione del contratto nella
quale assume un ruolo logicamente prodromico l’identificazione del
soggetto mutuatario, si appalesa invero ( quantomeno ) contrario a
buona fede o correttezza ex artt. 1175, 1375 c.c. il
comportamento della medesima consistente nel predisporre la
documentazione all’uopo necessaria contemplante anche
l’indicazione dei dati identificativi del mutuatario per poi
successivamente dolersi della relativa erronea identificazione
compiuta dal notaio, cui quegli atti sono stati da essa stessa
trasmessi ai fini del rogito, sulla base dell’apparente regolarità della
carta d’identità.

Nel caso di specie, quindi, risulta priva di vizi la valutazione del
Giudice di merito laddove ha ritenuto sussistente un concorso di
colpa in ordine alla causazione del danno. Concorso fondato, da un
lato, nella responsabilità del notaio per non aver rispettato il
modello di diligenza ex. art. 49 l. n. 89/1913 e, dall’altro, della
(OMISSIS) S.p.a. per aver colposamente contribuito trasmettendo la
delibera di concessione del mutuo nella quale indicava quale
soggetto destinatario (OMISSIS) (OMISSIS). Delibera quest’ultima che
ha formato elemento di ulteriore convincimento in capo al notaio
circa l’effettiva identità del soggetto mutuatario.

Il Giudice di merito, nel ponderare le rispettive responsabilità delle
parti in causa, ha ritenuto che entrambe abbiano concorso
egualmente alla causazione del danno. L’equivalenza della diligenza
richiesta ad entrambe, infatti, in mancanza di diversa
dimostrazione circa la gravità delle colpe, ha portato il Giudice di
merito a concludere per una corresponsabilità in eguale misura.
Tale quantificazione, quindi, in quanto non violativa di alcuna
normativa di legge, resta attinente alla discrezionalità della Corte
d’Appello nella valutazione degli elementi di causa, rimanendo,
invece, esclusa dal presente vaglio di legittimità.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore
della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.000, oltre
Euro 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del
citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 12 luglio 2023.