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Cassazione Civile 26508/2009 – Clausola risolutiva espressa – Dichiarazione di avvalersi della clausola

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Sentenza 26508/2009

Clausola risolutiva espressa – Dichiarazione di avvalersi della clausola risolutiva espressa – Omissione – Dichiarazione successiva

In tema di risoluzione dei contratti, una volta che la parte interessata, in modo esplicito e inequivoco, non invochi, nella comunicazione inviata alla controparte, la facoltà di avvalersi della clausola risolutiva espressa nel contratto vincolante e vigente tra le parti, la successiva dichiarazione di avvalersi di essa, espressa in relazione all’inadempimento del conduttore, non ha più alcuna rilevanza, anche se contenuta nell’atto introduttivo del giudizio per la risoluzione.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 17 dicembre 2009, n. 26508   (CED Cassazione 2009)

 Art. 1456 cc (Clausola risolutiva espressa) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7 ottobre 2005 il Tribunale di Milano rigettava la domanda di risoluzione contrattuale per morosità ai sensi dell’articolo 1456 c.c. proposta da Bo. Br. Ma. nei confronti della Tr. d’. s. di. Ci. Ta. & C..

Contro questa sentenza appellava la Bo. e la Corte di appello di Milano con sentenza dell’11 dicembre 2006, rigettava il gravame.

Avverso questa decisione insorge la Bo. affidandosi ad un unico ed articolato motivo; resiste con controricorso la Trattoria.

Con decreto del 22 giugno 2009 il Presidente titolare accoglieva la istanza di prelievo della Bo. e il processo veniva fissata per l’odierna udienza pubblica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Nel primo profilo del motivo, che illustra il successivo quesito, la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1456 c.c. asserendo che il giudice di appello avrebbe dovuto escludere la buona fede della conduttrice più attentamente valutando la sequenza dei fatti.

Infatti, la conduttrice non avrebbe pagato subito dopo la comunicazione pervenuta al destinatario il 22 luglio 2004, con cui la ricorrente – locatrice – avrebbe fatto valere la clausola risolutiva espressa, così “ripristinando la piena operatività della clausola; la volontà di servirsi di detta clausola sarebbe stata reiterata in data 30 luglio 2004 con l’atto di citazione per la convalida di sfratto.

In sostanza, la conduttrice, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’appello, non sarebbe stata in buona fede.

Questo profilo va respinto.

Infatti, e contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, è sufficiente leggere la motivazione della sentenza impugnata da p. 9 a p. 15.

Con argomentazioni appaganti sotto il profilo logico e giuridico il giudice dell’appello, dopo aver trascritto integralmente la lettera del 14 luglio 2004, ne ha dedotto che con essa la locatrice informava la Trattoria della revoca dell’amministratore delle proprietà Bo. – De. e in essa si rinveniva un avviso di scadenza per il successivo trimestre 2004, con la esplicita richiesta di pagamento dei canoni attraverso bonifico bancario (p. 14 sentenza impugnata).

Non è stata rinvenuta alcuna volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa perchè il debitore è stato richiamato all’esatto adempimento delle sue prestazioni.

La decisione è, pertanto, conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte che ha escluso la configurabilità della colpa in capo al debitore ove la tolleranza si accompagni ad una regolamentazione pattizia prevista proprio per i ritardi nei pagamenti (Cass. n. 15026/05).

Ed è questo che è accaduto a quanto risulta nel caso in esame, ove la locatrice ha manifestato in modo inequivoco la rinuncia all’effetto risolutivo del contratto.

Infatti, la Bo. mostrò una certa tolleranza nei ritardi; inviò una lettera, datata 14 luglio 2004, che non conteneva alcuna volontà di servirsi della clausola; ridefinì le modalità di pagamento del canone, reclamando un bonifico bancario di cui indicò anche le coordinate, mentre la domanda di risoluzione del contratto (atto di citazione) fu fondata sulla violazione di detta clausola.

In sintesi, il giudice dell’appello ha compiuto una indagine diretta ad accertare non solo la esistenza, ma la operatività di quella clausola ed ha escluso che sussistesse in capo alla locatrice la volontà di avvalersene.

Ne consegue che in risposta al quesito di diritto formulato così come formulato a p. 3 del ricorso, va affermato il seguente principio di diritto:

“Una volta che la parte interessata in modo esplicito e non equivoco non invochi nella comunicazione inviata alla controparte la facoltà di avvalersi della clausola risolutiva espressa nel contratto vincolante e vigente tra le parti, la successiva dichiarazione di avvalersi di essa, espressa in relazione all’inadempimento del conduttore (non ha più alcuna rilevanza, anche se contenuta nell’atto introduttivo del giudizio per la risoluzione ” (Conf. Cass. n. 20595/04).

Ne consegue che il secondo profilo del motivo, attinente ad una presunta violazione dell’articolo 1456 c.c. circa la rilevanza dell’invio di un avviso di scadenza e la comunicazione di nuove modalità di versamento per il pagamento dei canoni è assorbito dal rigetto del primo profilo e, quindi, al secondo quesito non occorre dare alcuna risposta.

2.- Circa l’ultimo profilo del motivo, concernente il fatto che il giudice dell’appello abbia ritenuto domanda nuova quella proposta ex articolo 1453 c.c. per cui esso giudice sarebbe incorso nella violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonchè in una omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, atteso che il giudice del gravame non avrebbe minimamente motivato sul punto, pur evidenziato dalla parte (p. 5 e p. 6 ricorso) il Collegio osserva quanto segue.

2.1. – In merito alla “omessa motivazione” non si rinviene alcun quesito e, in parte qua, la censura diventa inammissibile.

In ordine alla problematica evidenziata sub articolo 112 c.p.c. nessun vizio può riconoscersi alla sentenza impugnata, laddove essa distingue tra la domanda di risoluzione ex articolo 1453 c.c. e la domanda di risoluzione ex articolo 1456 c.c. precisandosi, altresì, che non si tratta di omessa pronuncia, bensì di esame del motivo, valutato in modo diverso da quello voluto dalla parte (giurisprudenza costante).

Peraltro, poichè il giudice dell’appello ha ritenuto la domanda proposta ex articolo 1456 c.c. una domanda diretta ad una pronuncia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto, a seguito dell’inadempimento di una delle parti, previsto come determinante per la sorte del rapporto (p. 17 sentenza impugnata), la risposta al quesito, che è ammissibile, perchè si chiede se la citazione per convalida dell’intimato sfratto è necessariamente preordinata ad una pronuncia costitutiva importa di dover affermare il seguente principio di diritto:

“Qualora la parte, invocando la operatività della clausola risolutiva espressa contenuta in un contratto, chieda la risoluzione di esso ex articolo 1456 c.c., la domanda ha natura dichiarativa, perchè implica un accertamento della inadempienza” (Conf. Cass. n. 23625/04).

Di contro, la richiesta di convalida di sfratto per morosità per cui opera l’articolo 1453 c.c. tende ad una pronuncia costitutiva, diretta, come è, a sciogliere il vincolo contrattuale, previo accertamento, da parte del giudice, della gravità o meno dell’inadempimento.

Ne consegue che, se in primo grado è proposta domanda di risoluzione ex articolo 1456 c.c. la domanda ex articolo 1453 c.c. proposta per la prima volta in appello deve considerarsi domanda nuova ex articolo 345 c.p.c.”.

(Conf. Cass. n. 7668/94).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e la ricorrente condannata alle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 3.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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