Ordinanza 26543/2022
Azione revocatoria – Interruzione – Citazione nulla per vizi della ‘vocatio in ius’ – Idoneità ad interrompere la prescrizione
L’interruzione del termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. – effetto che deriva esclusivamente dalla proposizione in giudizio della relativa domanda giudiziale – consegue anche all’atto di citazione affetto da vizi afferenti alla “vocatio in ius” (nella specie per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c.), qualora lo stesso sia stato validamente notificato, e ciò ancorché non sia stato ottemperato l’ordine di rinnovazione dell’atto (ex art. 164, comma 2, c.p.c.) e si sia perciò estinto il giudizio, avendo il convenuto acquisito la conoscenza del giudizio e della volontà dell’attore, esercitata in via processuale, di esercitare il proprio diritto. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato, ritenendola prescritta, l’azione revocatoria del creditore, disconoscendo l’effetto interruttivo della prescrizione a un precedente atto di citazione con cui era stata esercitata la medesima azione in un giudizio poi dichiarato estinto ex art. 307, comma 3, c.p.c.).
Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 9-9-2022, n. 26543 (CED Cassazione 2022)
Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria) – Giurisprudenza
Art. 2903 cc (Prescrizione dell’azione revocatoria) – Giurisprudenza
Art. 2943 cc (Interruzione della prescrizione) – Giurisprudenza
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
(OMISSIS) s.p.a. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1723 del 2000 della Corte di appello di Catania esponendo che:
– aveva convenuto in giudizio (OMISSIS), suo debitore per quasi 200 mila Euro, e la moglie (OMISSIS), esercitando l’azione per la revoca di un atto di vendita immobiliare del primo alla seconda;
– il Tribunale aveva ordinato la rinnovazione della citazione per mancanza dell’avviso ex art. 163 c.p.c., n. 7, e, atteso il mancato adempimento dell’onere processuale, aveva dichiarato estinto il giudizio;
– non essendosi estinta l’azione, aveva quindi notificato altra omologa citazione;
– il Tribunale aveva accolto la domanda;
– la Corte territoriale aveva accolto il gravame interposto osservando che la mancata sanatoria dell’originaria citazione nulla, conseguente all’omessa rinnovazione, aveva inibito il prodursi degli effetti processali e anche sostanziali come quello dell’interruzione della prescrizione, la quale era pertanto decorsa;
resiste con controricorso, corredato da memoria, (OMISSIS);
Ritenuto che:
con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, 1219 c.c., art. 164 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che ai fini dell’interruzione della prescrizione, nel caso quinquennale, era idonea anche una citazione nulla sebbene non sanata con rinnovazione, manifestando la volontà del creditore diretta a soddisfare ovvero tutelare la sua pretesa;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
il ricorso è fondato;
questa Corte ha chiarito un atto processuale come la domanda giudiziale contenuta nella citazione, anche se invalido e, dunque, inidoneo a produrre effetti processuali, può tuttavia valere come atto di costituzione in mora e avere, perciò, efficacia interruttiva della prescrizione qualora, per il suo specifico contenuto ovvero per i risultati cui è rivolto, possa essere considerato come richiesta di adempimento rivolta dal creditore al debitore (Cass., 08/01/2020, n. 124, Cass., 14/06/2007, n. 13966, Cass., 07/08/1989, n. 3616);
fattispecie diversa è quella della nullità della notifica della citazione (cfr. Cass., 12/07/2018, n. 18485), che inerisce alla idonea conduzione nella sfera di conoscibilità del debitore della richiesta creditoria;
logicamente nulla sposta, in questa cornice, il fatto che si tratti di azione, quella revocatoria, che necessita di esperimento giudiziale;
infatti, seppure si tratta dell’esercizio di un diritto potestativo, la cui prescrizione come tale può essere interrotta solo dalla domanda giudiziale (cfr. Cass., 26/07/2012, n. 13302, Cass., 17/03/2017, n. 6974), ciò nondimeno con la citazione seppure nulla per una ragione in rito (nel caso, per mancanza dell’avviso ex art. 163 c.p.c., n. 7) non incidente sull’espressione processuale della volontà di esercitare quel diritto, l’effetto da ricollegare a quest’ultima non può venire meno;
in omologo senso è intervenuta di recente questa Corte sia pure in materia parzialmente contigua: Cass. 30/07/2021, n. 21929, ha chiarito che sebbene “l’interruzione del termine per usucapire può derivare, oltre che dal riconoscimento dell’interessato, soltanto dalla proposizione della domanda giudiziale, essendo inidonea, a tal fine, la costituzione in mora o la diffida stragiudiziale, il cui effetto interruttivo è circoscritto ai diritti di obbligazione e non concerne i diritti reali” (pag. 8)…resta viceversa ferma l’idoneità interruttiva in parola nell’ipotesi di “nullità dell’atto di citazione… individuata nella non corretta formulazione dell’avvertimento di cui dell’art. 163 c.p.c., n. 7” (pag. 9);
ciò in quanto si tratta di un “vizio che se può in concreto precludere il pieno esercizio delle garanzie difensive nel processo da parte del convenuto…però non può reputarsi che abbia impedito al suo destinatario la conoscenza del giudizio e la volontà, esercitata in via processuale, di voler far valere il diritto, di cui si pretende invece l’acquisto per usucapione” (stessa pagina);
parte controricorrente deduce, inoltre, che il concessionario, non essendosi costituito nel giudizio di appello, non avrebbe utilmente riproposto l’eccezione d’interruzione della prescrizione;
premesso che non è stato svolto al riguardo, come necessario, un ricorso incidentale in tesi condizionato, in senso contrario vale comunque osservare che si tratta di eccezione in senso lato e dunque rilevabile d’ufficio anche in appello (Cass., Sez. U., 27/07/2005, n. 15661, Cass., 05/08/2013, n. 18602, Cass., 30/06/2015, n. 13335, Cass., 07/06/2018, n. 14755, Cass., 10/10/2019, n. 25434);
spese al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catania perchè, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2022