Sentenza 26893/2017
Consulenza tecnica d’ufficio – Acquisizione documenti – Ammissibilità
Il consulente tecnico d’ufficio può acquisire documenti pubblicamente consultabili o provenienti da terzi o dalle parti nei limiti in cui siano necessari sul piano tecnico ad avere riscontro della correttezza delle affermazioni e produzioni documentali delle parti stesse, o quando emerga l’indispensabilità dell’accertamento di una situazione di comune interesse, indicandone la fonte di acquisizione e sottoponendoli al vaglio del contraddittorio ma non può ricercare “aliunde” ciò che costituisce materia rimessa all’onere di allegazione e prova delle parti stesse. (Nella specie la S.C. ha ritenuto rientrante nel potere d’indagine del consulente tecnico d’ufficio l’acquisizione di una circolare della casa produttrice di una macchina escavatrice, dovendone l’ausiliare verificare il funzionamento).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 14-11-2017, n. 26893 (CED Cassazione 2017)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 22/24 novembre 2000 la (OMISSIS) s.n.c. evocava, dinanzi al Tribunale di Teramo, la (OMISSIS) s.p.a. esponendo di avere acquistato in data 25.03.1991 dalla convenuta un escavatore cingolato per il prezzo di Lire 166.600.000, che aveva presentato anomalie di rendimento già nel periodo di garanzia e che, scaduto detto periodo, il 30.11.1999, su suggerimento dei tecnici della venditrice, era stata acquistata una nuova pompa idraulica al prezzo di Lire 20.622.509, la quale però, fin dal montaggio, aveva determinato problemi di surriscaldamento dell’escavatore, che ne avevano impedito l’utilizzo; aggiungeva che era stato immediatamente denunciato alla venditrice il vizio, il quale non veniva eliminato nonostante gli interventi dei tecnici, per cui – stante l’esigenza di svolgere la propria attività di sfruttamento di una cava di breccia in (OMISSIS) – l’attrice provvedeva a noleggiare altro escavatore a freddo, corrispondendo per l’utilizzo Lire 135.275.000; proseguiva affermando che solo il 29.09.2000, a seguito dell’intervento di altro tecnico incaricato dalla (OMISSIS), finalmente veniva riconosciuto che il difettoso montaggio della pompa idraulica aveva determinato il surriscaldamento e dopo la riparazione il problema non si ripresentava più. Tanto premesso, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni commisurato ai costi sostenuti per il noleggio dell’attrezzatura nel periodo di inutilizzabilità dell’escavatore per fatto e colpa della (OMISSIS).
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, la quale pur riconoscendo che propri tecnici avevano consigliato la sostituzione della pompa idraulica, assumeva che i vizi denunciati non erano riferibili ad erronee operazioni di montaggio della pompa idraulica, ma alla normale usura del mezzo, il giudice adito, espletata istruttoria, anche con c.t.u., in accoglimento della domanda attorea, condannava la convenuta al risarcimento dei danni lamentati.
In virtù di rituale appello interposto dalla (OMISSIS), la Corte di appello di L’Aquila, nella resistenza dell’appellata, respingeva il gravame e per l’effetto confermava la decisione del giudice di prime cure.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale – premessa la ritualità dell’acquisizione della circolare EEX CREPY 800 GF S3, disposta d’ufficio dal giudice, trattandosi di documento tecnico – evidenziava che dalle risultanze istruttorie (escussione dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) era emerso che i problemi lamentati si erano verificati dopo la sostituzione della pompa idraulica, nel novembre 1999, e il mezzo era stato più volte visionato – nel periodo compreso fra il novembre 1999 ed il settembre 2000 – da tecnici della società convenuta, proprio per risolvere il problema del surriscaldamento. Aggiungeva che il consulente tecnico aveva desunto gli elementi necessari per le sue valutazioni proprio dalle schede tecniche dei vari interventi redatte dai tecnici della società appellante. Inoltre la deposizione del teste (OMISSIS), ispettore della casa madre, produttrice del mezzo, il quale aveva effettuato l’intervento risolutore nel settembre 2000, veniva valutata nel suo dato storico, ossia l’avvenuta eliminazione del tubo idraulico, collegato alla pompa, che aveva consentito il ripristino del funzionamento a regime dell’escavatore.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), sulla base di dodici motivi, illustrati anche da memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha resistito la (OMISSIS) s.a.s. con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va esaminato il rilievo preliminare contenuto in controricorso, secondo il quale le doglianze formulate con il ricorso sarebbero inammissibili perchè in violazione degli artt. 360, 360 bis e 375 c.p.c. per avere i giudici di merito deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che la ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per un eventuale revirement giurisprudenziale.
Occorre osservare che questa Corte ha avuto occasione di ripensare all’orientamento espresso all’indomani dell’introduzione della norma menzionata (Cass. Sez. Un. n. 19051 del 2010) ed il Supremo consesso nomofilattico recentemente ne ha accolto una interpretazione secondo cui la funzione di filtro attribuita alla disposizione consiste nell’esonerare il Collegio – ex art. 360 bis c.p.c. – dall’esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione interpretativa accolta dall’orientamento giurisprudenziale precedente, essendo sufficiente che rilevi che la pronuncia impugnata si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità e che il ricorrente non la critica adeguatamente. In altri termini, l’art. 360 bis è una norma filtro che consente di delibare rapidamente ricorsi “inconsistenti”, sebbene si tratti pur sempre di una “inammissibilità di merito”, compatibile con la garanzia dell’art.111 Cost., comma 7, (Cass. Sez. Un. n. 7155 del 2017). Pure alla luce di detto pronunciamento, l’eccezione nella specie non può trovare accoglimento non ravvisandosi, prima facie, una inammissibilità “sostanziale” da riferire all’intero ricorso per cassazione destinata a chiudere il giudizio e ciò meglio si chiarirà nelle considerazioni che seguiranno con riferimento a ciascun motivo.
Il superamento dell’eccezione di inammissibilità del ricorso ne consente l’esame dei motivi.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta error in procedendo per violazione degli artt. 104 disp. att. c.p.c. e art. 250 c.p.c. per avere il giudice di primo grado autorizzato l’escussione dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), nonostante l’assenza di un giustificato motivo per avere omesso la citazione a testimoniare non solo di (OMISSIS), ma anche degli altri due testimoni indicati nella lista, come eccepito nell’immediatezza dalla medesima ricorrente, questione risolta da detto giudice con una interpretazione autentica della propria ordinanza ammissiva della prova quale limitazione all’escussione di tre testi per ciascuna parte per udienza, superata dalla corte territoriale per avere la ricorrente formulato la doglianza relativa senza tenere conto della ratio sottesa alla pronuncia del primo giudice sul punto.
La censura è priva di pregio.
Va confermato quanto già ritenuto da questa Corte (Cass. 19 giugno 2006 n. 14098; Cass. 8 luglio 2015 n. 14123) secondo cui spetta esclusivamente al giudice del merito, in base al disposto dell’art. 208 c.p.c. e art. 104 disp. att. c.p.c., valutare se sussistono giusti motivi per revocare l’ordinanza di decadenza della parte dal diritto di far escutere i testi per sua mancata comparizione all’udienza in proposito fissata ovvero per omessa citazione degli stessi, esulando dai poteri della Corte di cassazione accertare se l’esercizio di detto potere discrezionale sia avvenuto in modo opportuno e conveniente. Tale principio si estende, a maggior ragione, alla decisione di non pronunciare l’ordinanza di decadenza.
D’altro canto la decadenza, a seguito dell’introduzione del regime delle preclusioni, è rilevabile d’ufficio e non è più rimessa ad un potere di eccezione della parte controinteressata, il cui verificarsi prescinde anche dalla formale adozione di un provvedimento (in tal senso Cass. n. 1020 del 2013).
La corte d’appello ha anche considerato il fatto che nell’ordinanza di rigetto dell’eccezione di decadenza il giudice di prime cure aveva dato atto di avere limitato la sola escussione dei testi – a tre per parte – per essere sentiti all’udienza successiva, non già di avere ridotto le liste testimoniali con il provvedimento di ammissione delle prove e in ordine a siffatta argomentazione il motivo di appello non si confrontava.
A fronte di siffatta motivazione, priva di vizi logici e plausibile, le censure della ricorrente si palesano non solo infondate, ma ancor prima fuori quadro, insistendo essenzialmente in una critica alla pronuncia di primo grado e non già di quanto la sentenza impugnata ha ritenuto di condividere della stessa.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia error in procedendo relativamente agli artt. 115 e 184 c.p.c. per avere i giudici di merito acquisito la circolare della Case Poclain n. EEX CREPY 8006F S3 del gennaio 1998, allegata alla c.t.u. dell’11.02.2004 e mai prodotta dalle parti nel corso del giudizio, ormai scaduti i termini perentori di cui all’art. 184 c.p.c., nonostante la sua opposizione.
Con il terzo motivo il ricorrente insiste nella denuncia di error in procedendo in relazione all’art. 194 c.p.c. e art. 157 c.p.c., comma 2, per avere il consulente tecnico d’ufficio tenuto conto di documenti non ritualmente prodotti in causa e dei quali il giudice non poteva disporre l’acquisizione d’ufficio, non potendo supplire con i poteri officiosi alle deficiente allegatorie delle parti. Aggiunge che la c.t.u. così espletata sarebbe nulla per violazione dei diritti di difesa.
I motivi – da trattare congiuntamente per la evidente connessione, prospettando sostanzialmente la medesima questione, seppure sotto diversi profili – sono infondati, perchè è errata l’interpretazione che la ricorrente dà al suddetto principio di diritto in ordine alla possibilità del consulente di acquisire aliunde la documentazione necessaria per elaborare la consulenza.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientri nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere “aliunde” notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purchè ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio (Cass. n. 13686 del 2001; Cass. n. 3105 del 2004; Cass. n. 13428 del 2008; Cass. n. 1901 del 2010). E tuttavia occorre chiarire entro che limiti è legittimo l’esercizio di tale facoltà da parte del consulente e quali siano i dati, le notizie, i documenti che egli può acquisire aliunde. Il criterio guida è che si tratta di un potere funzionale al corretto espletamento dell’incarico affidato, che non comporta alcun potere di supplenza, da parte del consulente, rispetto al mancato espletamento da parte dei contendenti al rispettivo onere probatorio. Esso viene legittimamente esercitato in tutti i casi in cui al consulente sia necessario, per portare a termine l’indagine richiesta, di acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette. Potrà anche, nel contraddittorio delle parti, acquisire documenti non prodotti e che possano essere nella disponibilità di una delle parti o anche di un terzo qualora ne emerga l’indispensabilità all’accertamento di una situazione di comune interesse. Può acquisire, inoltre, dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, e pur sempre deve indicare loro la fonte di acquisizione di questi dati per consentire alle medesime di verificarne l’esatto e pertinente prelievo.
Quindi l’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tecnico ha funzione di riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti; mentre non è consentito al consulente sostituirsi alla stessa parte, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa) che non gli siano stati forniti, in quanto in questo modo verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’art. 2697 c.c., che del principio del contraddittorio.
Come risulta dalla sentenza impugnata, al consulente d’ufficio sono stati posti quesiti, i primi tre dei quali implicavano un accertamento sulle modalità di funzionamento dell’escavatore che poteva essere compiuto proprio sulla base della preventiva acquisizione della circolare della casa produttrice dell’escavatore medesimo. Si tratta di quesiti legittimi e di acquisizione in linea con i principi appena richiamati, onde nessun vizio di violazione di legge o di error in procedendo sussiste sul punto nella sentenza impugnata.
Con il quarto motivo la ricorrente fa valere omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo relativo all’intervento risolutivo del 29.09.2000 sull’elettrovalvola e non già – come ritenuto – sul tubo idraulico, insistendo che il malfunzionamento del mezzo era da riferire ad usura dell’elettrovalvola e non a difettoso montaggio della pompa idraulica.
La censura non può avere seguito.
Vertendosi in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, il principio da ribadire è che l’onere della prova dei difetti, come delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre, fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente al venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza (Cass. 26 luglio 2013 n. 18125).
La Corte d’Appello ha confermato il giudizio del Tribunale, il quale aveva riconosciuto la risarcibilità dei danni lamentati dalla (OMISSIS) s.n.c. da riferire al difettoso montaggio della pompa idraulica, ed ha escluso che il malfunzionamento dell’escavatore fosse dovuto ad uso negligente del mezzo.
La ricorrente riafferma la circostanza che l’escavatore venduto era stato sottoposto ad un uso particolarmente intenso che aveva determinato l’usura dell’elettrovalvola, causa del surriscaldamento, ed era stata perciò sostituita con altra, e da tali fatti, che assume comprovati, reputa che fosse ricostruibile il nesso di derivazione causale dei danni lamentati.
Orbene il motivo di ricorso, censurando la sentenza impugnata per vizio della motivazione, risulta, in realtà, inteso a criticare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito in maniera da far preferire il diverso convincimento soggettivo della parte, proponendo un asserito migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti quanto al verificarsi di certi danni, negando la sussistenza del loro nesso causale con originari difetti del macchinario venduto. Tali aspetti del giudizio sono però interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, in quanto attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’ “iter” formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, pur nella formulazione, qui applicabile ratione temporis, antecedente al Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012. La censura si risolve, così, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, ovvero di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.
Con il quinto motivo la ricorrente nel denunciare vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo, sottolinea come le conclusioni del c.t.u., da riferirsi all’11.02.2004, avevano riguardato accertamenti effettuali fra il febbraio ed il marzo 2003, ossia ad oltre tre anni di distanza dal momento in cui la NiCoEl faceva risalire il malfunzionamento dell’escavatore, dunque non potevano considerarsi attendibili per esservi stato un ulteriore utilizzo del mezzo, tant’è che il consulente aveva riscontrato una eccessiva rumorosità e un’impotenza funzionale della benna sotto carico. Rilievi di cui il giudice distrettuale aveva omesso ogni esame.
Con il sesto motivo la ricorrente nel dedurre insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, lamenta che la corte di merito non abbia tenuto conto della circostanza che dalla stessa consulenza risultava che nel periodo in contestazione il mezzo aveva comunque lavorato per complessive ore 824 e considerato l’uso non intensivo fatto dalla resistente del macchinario per il periodo successivo al settembre 2000, come risultante dalla documentazione acquisita dallo stesso c.t.u., la circostanza avrebbe dovuto formare oggetto di valutazione.
Sono privi di pregio anche i motivi cinque e sei del ricorso – che attengono entrambi alla valutazione della relazione peritale e dei dati acquisiti dal medesimo consulente tecnico.
Con essi la ricorrente non censura l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, la insufficiente motivazione della sentenza in relazione alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.
Peraltro la Corte territoriale ha specificamente preso in esame le conclusioni cui è pervenuto l’ausiliare, di cui vengono riportati taluni passaggi (v. pagg. 7 ed 8 della sentenza impugnata), nonchè i documenti su cui esse si fondano, in particolare le schede tecniche dei vari interventi redatte dai tecnici della stessa ricorrente, ed ha affermato, con valutazione di merito che non risulta adeguatamente contrastata, sulla base di censure qualificate e specifiche, dall’odierna ricorrente, di condividere i relativi accertamenti e conclusioni.
Con il settimo motivo la ricorrente nel denunciare ulteriore vizio di motivazione, rappresenta la natura non cogente della circolare della Case Poclain, trattandosi di un semplice “Service Bullettin”, contenente dei suggerimenti.
Pure infondata è la settima censura.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’esame e la valutazione dei documenti e delle risultanze probatorie, così come il giudizio sull’attendibilità e credibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni, difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v., tra le tante, Cass. n. 11699 del 2013).
La Corte di merito ha effettuato una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, sufficientemente e logicamente argomentata, fondando il proprio convincimento, non solo, sul documento sopra indicato, ma anche sulla consulenza tecnica che faceva riferimento alle schede tecniche redatte dagli stessi dipendenti della ricorrente e sul tenore delle deposizioni testimoniali.
Peraltro il motivo difetta di autosufficienza, giacchè contesta l’interpretazione di un documento di cui però non riporta il testo, salvo dedurne il possibile contenuto dalle dichiarazioni del teste (OMISSIS).
Con l’ottavo, il nono e il decimo motivo la ricorrente deduce ulteriore vizio di motivazione quanto alla contestazione delle fatture poste dalla società resistente a fondamento del propria pretesa risarcitoria e dell’entità della stessa (l’otto); in relazione al ritenuto nesso di causalità tra il malfunzionamento dell’escavatore ed il noleggio di un altro mezzo, senza alcuna esplicitazione delle ragioni del noleggio di altro escavatore, valutazione effettuata senza fornire le ragioni della attendibilità e conciudenza del teste di parte attrice (il nono ed il decimo).
Le censure – da unificare nella trattazione essendo relative tutte all’accertamento dei danni – non possono trovare ingresso.
L’accertamento compiuto dalla Corte di L’Aquila in punto sia di an che di quantum è sorretto da una motivazione adeguata e priva di vizi logici e giuridici.
I giudici del merito hanno tenuto conto, da un lato, non solo delle risultanze documentali, quali le fatture per avere preso a nolo altro mezzo per sopperire alla limitata disponibilità dell’escavatore acquistato, poste in relazione all’impedimento accertato dallo stesso c.t.u. (che ha documentato come la macchina non potesse essere tenuta accesa per più di una o due ore al massimo), ma anche della mancata specifica contestazione, da parte della convenuta. Dall’altro lato, la Corte territoriale ha considerato la fattura proveniente da un terzo estraneo al giudizio, attestante la spesa sostenuta dalla (OMISSIS) per sopperire alle esigenze produttive, al fine di pervenire ad una quantificazione del danno, considerando – anche qui – la mancata indicazione, da parte dei convenuti, di una diversa valutazione suscettibile di essere apprezzata dal giudicante.
Inoltre, la fattura proveniente da un terzo estraneo al giudizio e riferentesi a rapporti tra questo ed una delle parti in causa va inquadrata fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, con la conseguenza che essa è idonea ad offrire elementi probatori, liberamente utilizzabili dal giudice per la formazione del suo convincimento (Cass. 6 gennaio 1982 n. 10; di recente, Cass. 17 luglio 2015 n. 15037).
Per il resto le doglianze si appalesano inammissibili, giacchè – a fronte dell’anzidetto accertamento compiuto dalla Corte territoriale, la quale ha individuato le fonti del proprio convincimento e valutato le risultanze probatorie dando conto dell’iter logico e deduttivo seguito – la ricorrente, lungi dall’evidenziare deficienze intrinseche delle argomentazioni che sorreggono il decisum, tendepe, in realtà, ad una non consentita rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura ad essa favorevole, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.
Con l’undicesimo mezzo la ricorrente denuncia error in procedendo in relazione alla violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere omesso di pronunciare sulla eccezione di riduzione del quantum avendo rappresentato che nella liquidazione del danno non si era tenuto conto che comunque il mezzo per 824 ore aveva lavorato. Aggiunge che la condanna è avvenuta per l’esatto ammontare delle fatture emesse per il noleggio, senza considerare, altresì, il vantaggio fiscale che la (OMISSIS) ne aveva tratto.
Il motivo è fondato nei limiti di seguito esposti.
La censura sulla complessiva quantificazione del danno è del tutto generica, e quindi inammissibile, atteso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poichè l’obbligo della motivazione è assolto già con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate, con la conseguenza che la parte, la quale deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo specifico le deduzioni formulate nel giudizio di merito, delle quali il giudice non si sia dato carico, non essendo in proposito sufficiente il mero e generico rinvio agli atti del pregresso giudizio (v. Cass. n. 5229 del 2011; Cass. n. 19475 del 2005; Cass. n. 7150 del 2005; Cass. n. 2114 del 2005 e Cass. n. 7880 del 1994).
Conclusioni diverse s’impongono, invece, sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per quanto concerne l’omessa valutazione della puntuale circostanza dedotta dalla ricorrente dell’avere comunque l’escavatore venduto lavorato per 824 ore, con conseguente incidenza in riduzione delle ore di impiego nello stesso lasso di tempo del mezzo noleggiato.
Ne deriva che la quantificazione di una somma dovuta può logicamente ascriversi agli importi dovuti per il noleggio solo in quanto siano conseguenza diretta ed immediata del difettoso funzionamento dell’escavatore venduto.
– Nella sentenza impugnata, la Corte d’appello riguardo a detta questione non ha pronunciato alcunchè, con la coseguenza che la sentenza impugnata è in parte qua affetta da motivazione omessa e/o insufficiente.
Con il dodicesimo motivo la ricorrente nel denunciare error in procedendo per violazione dell’art. 169 c.p.c., comma 2, per avere la corte territoriale respinto la censura di inutilizzabilità dei documenti, tra cui le fatture di noleggio, contenuti nel fascicolo di primo grado della società attrice, in quanto restituito alla cancelleria del Tribunale di Teramo successivamente alla scadenza del termine fissato per il deposito della comparsa conclusionale.
La censura non ha pregio.
È certamente onere della parte produrre il fascicolo previsto dagli artt. 72 e 74 disp. att. c.p.c. ed è altresì onere della parte farne di nuovo il deposito dopo il ritiro ex art.169 c.p.c., comma 2. Tant’è che nel giudizio di primo grado il mancato (o tardivo) deposito del fascicolo di parte nel termine di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2, comporta che la decisione debba essere assunta dal giudice prescindendo dai documenti contenuti nel fascicolo; permane nondimeno la possibilità della produzione di quei documenti nel giudizio di appello, in quanto già prodotti in primo grado (Cass. 15 marzo 2006 n. 5681; Cass. 9 maggio 2007 n. 10566; Cass. 10 maggio 2009 n. 10227). Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che, in mancanza di altra sanzione normativa, l’unica conseguenza del mancato rideposito del fascicolo di parte fosse solo la decisione di primo grado assunta “allo stato degli atti”, ferma restando la possibilità della loro produzione nel giudizio di appello, trattandosi di documenti già prodotti nel contraddittorio delle parti e ben noti alla controparte.
Sulla base delle considerazioni svolte, va accolto l’undicesimo motivo, respinti tutti gli altri, e cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di L’Aquila, che valuterà le eccezioni di parte ricorrente nella determinazione dell’entità del danno e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie l’undicesimo motivo di ricorso, respinti tutti gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di L’Aquila in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2″ Sezione Civile, il 14 marzo 2017.