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Cassazione Civile 26950/2017 –  Consegna di immobili – Offerta non formale

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Sentenza 26950/2017

 

 Consegna di immobili – Offerta non formale

In base ai principi di buona fede e di cooperazione del creditore all’adempimento da parte del debitore, non è legittimo il comportamento del conduttore che rifiuti senza alcuna giustificazione o sulla base di generiche considerazioni la restituzione di un immobile a fronte di una seria e precisa offerta, ancorché non formale, da parte del locatore, di adempiere la sua obbligazione di corrispondere l’indennità di avviamento commerciale. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto contrario a buona fede e ingiustificato il rifiuto, da parte del conduttore, di ricevere il pagamento dell’indennità tramite assegno circolare).

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 15 novembre 2017, n. 26950

Art. 1220 cc (Offerta non formale) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Le domande. La vicenda processuale che giunge oggi a conclusione si è articolata in tre distinti giudizi di merito successivamente riuniti :

-la M.I. s.r.l. (o M.I.G.), locatrice, evocava in giudizio la Ep. Ma. s.a.s. di Gi. Ma., conduttrice, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per la tardiva riconsegna di un immobile locato, in riferimento ad un rapporto di locazione cessato nel 1990, allegando che l’immobile era stato riconsegnato solo nel 1997, provocando un grave ritardo nell’inizio dei necessari lavori di ristrutturazione;

– contemporaneamente, Me. Ed., Me. Ma. Br., Me. Mo., Jo., Pa., Ru. (quali eredi di Ca. Antonia) e Ca. An. citavano in giudizio la M.I., chiedendone la condanna all’adempimento del contratto di permuta concluso tra le parti, relativo ad una parte dell’immobile oggetto del precedente contratto di locazione, e al risarcimento dei danni; proponevano domanda risarcitoria anche verso la Ep. Ma. s.a.s., per il risarcimento dei danni extracontrattuali correlati alla ritardata consegna dell’immobile;

– autonomamente, Ca. He., sorella delle Ca. e anch’essa parte del contratto di permuta, conveniva in giudizio anch’ella la M.I. chiedendo l’adempimento del contratto di permuta e il risarcimento dei danni per l’inadempimento. La Merano a sua volta chiamava in manleva la Ep. Ma..

2. Il primo grado. Le tre cause di merito venivano riunite e, all’esito del giudizio di primo grado, la domanda risarcitoria della Merano veniva accolta solo in minima parte in quanto il tribunale riteneva che i danni per ritardata consegna fossero dovuti solo per il periodo tra 1’8.11.1996 (data in cui, mediante offerta reale, era stata corrisposta l’indennità di avviamento) e la data di riconsegna effettiva dell’immobile da parte della conduttrice, 30.4.1997. Il giudice di primo grado condannava poi la società Merano al risarcimento dei danni nei confronti dei fratelli Me. e delle Ca., mentre respingeva la domanda di manleva, escludendo che quel breve ritardo nella riconsegna da parte di Ep. Ma. – incidesse significativamente sul ben più consistente ritardo con il quale la Merano avesse dato adempimento ai contratti di permuta con i fratelli Me. e con le signore Ca..

3. Il giudizio di appello. Proposto appello da tutti i soccombenti, la Corte d’Appello di Trento, con la sentenza qui impugnata, confermava integralmente la sentenza di prime cure, salvo a compensare le spese tra le parti.

La principale questione dibattuta, alla quale sono collegate le molteplici questioni di diritto poste dalle varie parti e sottoposte all’attenzione della Corte, è fino a quando possa considerarsi legittimo il rifiuto del conduttore di riconsegnare l’immobile: se fino al 1992, allorché la Merano inviò un assegno circolare alla Ep. che dopo qualche tempo lo restituì, in pagamento della intera indennità, o se la società conduttrice abbia legittimamente rifiutato di riconsegnare l’immobile per altri quattro anni, fino a novembre 1996, allorché la Merano ne fece offerta reale per ottenere la riconsegna dei locali.

La corte d’appello, confermando la decisione di primo grado, ha affermato che, essendo stato restituito l’assegno circolare senza che la Merano muovesse alcuna obiezione in proposito, ciò equivalesse a mancata accettazione del pagamento, che poteva ritenersi effettuato quindi solo nel 1996, con il perfezionamento della offerta reale. Ne trae la conseguenza che la Ep. potesse essere considerata in colpevole ritardo nella sua obbligazione di restituire l’immobile solo per pochi mesi, dal novembre 1996 in poi. Conferma la condanna risarcitoria in favore della locatrice solo per questo arco temporale, e conferma la valutazione del primo giudice secondo il quale questo ritardo di pochi mesi, fosse di poco rilievo ed inidoneo a fondare l’obbligo della Ep. di tenere indenne la Me. di quanto questa era stata condannata a corrispondere ai Me. e alle Ca. a titolo di risarcimento del danno per il complessivo ritardo nella consegna dell’immobile ristrutturato e dato in permuta.

4. Il presente giudizio. La M.I. s.r.l. — M.I.G., in persona del legale rappresentante Me. Pa., propone ricorso per cassazione articolato in Otto motivi nei confronti di Ep. Ma. s.a.s. di Gi. Ma., Ca. An., Me. Ed., Me. Ma. Br., Me. Mo., Jo., Pa., Ru., nonché dei figli ed eredi di Ca. He., ovvero Sp. Wa., Re., Ga. Hu. Do., St. Fr., Ga. Ne. Jo., Ga. Ch. per la cassazione della sentenza n. 157\2014 , depositata dalla Corte d’Appello di Trento in data 29.11.2014 e notificata il 5.2.2015.

Resiste con controricorso contenente anche un unico, complesso motivo di ricorso incidentale la Ep. Ma. s.a.s.

Avverso il ricorso incidentale avversario la M.I. ha depositato controricorso.

Propongono poi autonomo ricorso avvero la stessa sentenza, articolato in sei motivi ed illustrato da memoria, Me. Ru., Pa., Ma. Br. e Ed., notificato anche a Sp. Wa. e Sp. Re., eredi della signora Ca. He..

La Ep. Ma. ha depositato un autonomo controricorso avvero il ricorso proposto in – proprio dai signori Me..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Il ricorso della M.I..

Con il primo motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione dei principi civilistici in tema di efficacia estintiva del pagamento nelle obbligazioni pecuniarie. Sostiene che la corte d’appello, nell’affermare la necessità dell’offerta reale della somma offerta dalla società proprietaria e locatrice alla conduttrice Ep. Ma. a titolo di indennità di avviamento, non abbia considerato che la restituzione del pagamento in contanti o equipollente ricevuto dal creditore non integra una mancata accettazione del pagamento ma solo la sua restituzione.

Quindi, la corte d’appello non avrebbe idoneamente considerato che il pagamento era stato effettuato validamente anni prima, e che l’ex conduttore doveva ritenersi in mora per non aver restituito l’immobile pur avendo ricevuto il pagamento della indennità di avviamento.

Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1197 c.c. e dei principi civilistici in tema di buona fede contrattuale.

Afferma che la corte d’appello non avrebbe valutato la scorrettezza del comportamento tenuto dalla conduttrice, consistente nella restituzione del titolo, superandola con la considerazione che la Merano non si sarebbe opposta alla restituzione, e non avrebbe considerato l’efficacia estintiva del pagamento ove effettuato a mezzo di assegni circolari, da ritenersi equivalenti al pagamento con denaro contante.

Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia l’omesso esame della intima scorrettezza insita nella restituzione dell’assegno circolare.

Con il quarto motivo, la M.I. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1227, 1460, 1591 c.c., e dei principi in tema di responsabilità del debitore sull’adempimento contrattuale e sul danno da ritardata consegna dell’immobile locato. Legge gli accadimenti nel senso che la stessa domanda di sospensione della esecuzione della sentenza di rilascio, sospensione peraltro ottenuta da Ep. Ma., dovesse leggersi come indice della volontà della società conduttrice di non liberare l’immobile ma di continuare ad occuparlo, ed evidenzia che la corte d’appello non ha considerato che la mancata riconsegna non era conseguenza della mancata corresponsione della indennità di avviamento ma della volontà della conduttrice di rimanere nell’immobile.

Con il quinto motivo torna a denunciare l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, questa volta in riferimento alla istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di rilascio, che la corte d’appello non avrebbe considerato nel suo intento dilatorio.

Col sesto motivo denuncia nuovamente la violazione degli artt. 1218, 1460, 1591 c.c. in relazione alla domanda di manleva, proposta da Merano verso Ep. Ma. e rigettata.

Con il settimo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 c.p.c. La ricorrente sostiene di aver proposto appello sul punto della genericità della proposta domanda di manleva, al quale la corte d’appello non avrebbe risposto e denuncia non l’omessa pronuncia ma la violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c.

Con l’ottavo motivo, denuncia invece l’omessa pronuncia in merito al motivo di appello che contestava la genericità della dedotta domanda di manleva.

I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati, per le considerazioni che seguono.

La corte d’appello, nell’accogliere la domanda di risarcimento danni per il ritardo colpevole nella restituzione dell’immobile solo dal momento del perfezionamento dell’offerta reale di pagamento della indennità di avviamento commerciale, non ha fatto corretta applicazione dei principi espressi dall’art. 1220 c.c., di buona fede contrattuale e di cooperazione del creditore nell’adempimento.

Ricostruendo i principi che regolano i rapporti tra le parti di un contratto di locazione commerciale al momento della cessazione del rapporto, occorre puntualizzare che :

-nei rapporti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile è condizionata all’avvenuta corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale, a norma degli arti. 34, terzo comma, e 69, ottavo comma, della legge n. 392 del 1978;

– fino a che tale corresponsione non avvenga, la ritenzione dell’immobile da parte del conduttore avviene de iure e rappresenta una causa di giustificazione impeditiva del sorgere dell’obbligo di riconsegna dell’immobile, con la conseguenza che non insorgono la mora nella riconsegna e il conseguente obbligo di risarcimento del danno ex art. 1591 c.c. (Cass. n. 19634 del 2016);

– peraltro, dal momento della cessazione del rapporto contrattuale di locazione sino a quello del pagamento dell’ indennità di avviamento si viene ad instaurare tra le parti un rapporto “ex lege”, che risulta collegato geneticamente a quello precedente, ma nel quale le rispettive obbligazioni non si pongono in relazione di sinallagmaticità (Cass. n. 4443 del 2014). In particolare, nella locazione di immobili urbani adibiti alle attività di cui all’art. 27, primo comma, nn. 1 e 2, della legge 27 luglio 1978, n. 392, tra il diritto del locatore al risarcimento del maggior danno da ritardata riconsegna dell’immobile locato, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., e l’adempimento dell’obbligo su questi gravante di pagamento al conduttore dell’ indennità per la perdita dell’ avviamento, esiste un rapporto di reciproca interdipendenza ( da ciò consegue, tra l’altro, che, chiesto dal locatore il risarcimento del suddetto maggior danno, il giudice deve verificare anche d’ufficio se l’attore abbia adempiuto od offerto di adempiere l’obbligo di pagamento della suddetta indennità, non occorrendo a tal fine una formale eccezione da parte del conduttore).

A ciò si aggiunga, quanto alla posizione del conduttore, che il conduttore di un immobile adibito ad attività commerciale, alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell’immobile (quand’anche sia cessato l’esercizio dell’attività commerciale nell’immobile locato), a nulla rilevando che il locatore sia a sua volta inadempiente all’obbligo di pagamento dell’indennità per la perdita dell’ avviamento. Per sollevarsi da tale obbligo, il conduttore ha l’onere di costituire in mora il locatore offrendo contestualmente, anche in modo informale, la restituzione dell’immobile ( 15876 del 2013).

Pertanto, nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate dagli artt. 27 e 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell’immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la richiesta e dovuta indennità di avviamento, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione e non anche al risarcimento del maggior danno (Cass. n. 7179 del 2010).

Così ricostruiti i principi di riferimento in relazione ai rapporti tra le parti, deve peraltro affermarsi che, anche in questa fase, immediatamente successiva allo scioglimento del rapporto contrattuale, il rapporto tra le parti deve essere regolato dai principi di buona fede e di cooperazione del creditore all’adempimento da parte del debitore.

La corte d’appello non appare essersi attenuta a questi principi.

Non è legittimo infatti il comportamento del conduttore che rifiuti senza alcuna giustificazione o sulla base di generiche considerazioni la restituzione di un immobile a fronte di una offerta non formale, ma seria e precisa, da parte del locatore, di adempiere la sua obbligazione di corrispondere l’indennità di avviamento commerciale.

Qualora sia stata effettuata una offerta dotata di tali caratteristiche, il rifiuto del conduttore di restituire i locali che non ha più titolo contrattuale a trattenere non è più giustificato e il suo comportamento può divenire fonte dell’obbligo di risarcire il danno per il ritardo nella riconsegna dell’immobile.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione che si atterrà ai seguenti principi di diritto : il comportamento del conduttore che permanga nel godimento dell’immobile dopo la cessazione del rapporto contrattuale, e che, a fronte della formulazione, da parte del locatore, di una offerta seria e precisa di adempiere la propria obbligazione di corrispondere l’indennità di avviamento, con un mezzo di pagamento (assegno circolare) ritenuto ormai equipollente al denaro contante, perché emesso solo in presenza di provvista equivalente, non accompagnata da una idonea contestazione, è contrario alla buona fede. Dal momento del rifiuto ingiustificato dell’offerta di pagamento dell’indennità il conduttore non è più legittimato a permanere nella detenzione dell’immobile e a rifiutarne la riconsegna, potendo da quel momento andare incontro all’obbligo di risarcire il danno al locatore.

L’accertamento in ordine alla serietà e precisione dell’offerta non formale apprezzamento riservato al giudice di merito, che dovrà comunque muoversi nel rispetto dei principi di diritto già fissati da questa Corte in tema di pagamento a mezzo di assegno circolare, che costituisce ormai mezzo conforme agli usi ed offre analoghe garanzie di affidabilità rispetto al denaro contante, trattandosi di titolo che conferisce certezza dell’esistenza della provvista e dovrà tenere in conto la congruità della somma offerta rispetto all’importo effettivamente dovuto a titolo di indennità di avviamento.

I restanti motivi rimangono assorbiti dall’accoglimento dei precedenti.

2. Il controricorso contenente ricorso incidentale di Ep. Ma..

Ricostruendo il fatto, la Ep. Ma. puntualizza che ottenne dalla corte d’appello la sospensione dell’esecutività della sentenza di rilascio, e che la sentenza sul rilascio venne impugnata in cassazione, con rigetto del ricorso della conduttrice. La causa di rilascio è stata definita con sentenza definitiva di questa Corte già nel 1995. La Ep. afferma che restituì subito l’assegno circolare ricevuto a pagamento della indennità di avviamento con la precisazione che l’importo risultava inferiore al dovuto. Sostiene che a fronte di ciò la M.I., per quattro anni, non avrebbe assunto alcuna iniziativa, per poi a fine del 1996 predisporre l’offerta reale. Aggiunge che l’esecuzione del rilascio è stata due volte rinviata su richiesta e accordo delle parti.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale censura il punto della sentenza impugnata nel quale è stata condannata al risarcimento dei danni provocati alla società per quanto limitatamente al più modesto importo, rispetto a quanto da essa richiesto, di 40.000 euro, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1208, 1209, 1210, 1591, e 1321 c.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Sostiene che l’offerta reale, effettuata 1’8.11.1996, è stata espressamente rifiutata, e ad essa ha fatto seguito il deposito solo in data 27.11.1996, quindi sostiene che solo da quella data in poi avrebbe dovuto essere considerato il ritardo nella riconsegna ai fini della quantificazione dei danni, perché l’offerta reale si perfeziona con il deposito. Inoltre segnala che la corte d’appello, pur enunciando il fatto che l’esecuzione del rilascio venne rimandata varie volte sull’accordo delle parti, non vi ha attribuito il giusto valore nel senso di escludere l’imputabilità a ritardo colpevole della conduttrice, e quindi a fonte di sua responsabilità risarcitoria, del lasso di tempo tra il perfezionamento dell’offerta reale e l’effettivo rilascio dell’immobile. Inoltre sostiene che la corte non abbia tenuto nel debito conto che l’eventuale ritardo nella riconsegna era così breve da essere sostanzialmente improduttivo di alcun danno e che l’attrice non avesse fornito alcuna prova concreta del danno. Il ricorso incidentale della Ep. Ma. rimane assorbito dall’accoglimento del ricorso principale proposto dalla locatrice Merano: dovendo la corte d’appello rinnovare il giudizio — sulla base dei principi di diritto in questa sede affermati – sulla precisione e serietà dell’offerta non formale relativa al pagamento della indennità di avviamento effettuata dalla locatrice a mezzo di assegno circolare e sulla congruità dell’importo offerto in pagamento della indennità di avviamento, tale statuizione necessariamente inciderà anche sulla individuazione del momento a partire dal quale il conduttore potrebbe essere ritenuto responsabile per il ritardo nella riconsegna dell’immobile. Se infatti la corte d’appello ritenesse non conforme a buona fede il rifiuto dell’assegno circolare (e se l’importo offerto fosse ritenuto congruo), da quel momento la conduttrice potrebbe essere chiamata a rispondere, ex art. 1591 c.c., per i danni provocati dalla ritardata restituzione dell’immobile.

3.Il ricorso principale dei signori Me..

Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano l’omessa pronuncia sulla loro domanda di risarcimento danni formulata nei confronti di Ep. Ma., a titolo di lesione aquiliana del diritto di credito che essi vantavano nei confronti della M.I., che avrebbe dovuto ristrutturare l’immobile una volta recuperatane la disponibilità materiale e consegnarne una parte, una volta ristrutturato, ai ricorrenti, in adempimento del contratto di permuta. Lamentavano di aver subito una perdita patrimoniale derivante dalla impossibilità, protrattasi per anni, di sfruttare commercialmente gli appartamenti oggetto della permuta.

Con il secondo motivo, i ricorrenti tornano a denunciare l’omesso esame della domanda risarcitoria da loro autonomamente proposta nei confronti della società conduttrice dell’immobile, e censurano la sentenza impugnata per aver assimilato la loro posizione a quella della Società Immobiliare Me., senza tener in conto che quest’ultima faceva valere una azione di danni contrattuale mentre la loro era una azione di responsabilità extracontrattuale.

Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art.1591c.c., laddove ha ritenuto che loro avessero proposto la stessa domanda della Immobiliare, e cioè una domanda di risarcimento danni contrattuale legata al pagamento della indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.

Con il quarto motivo deducono nuovamente l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio e la violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 167 c.p.c., evidenziando che la Ep. solo nella comparsa conclusionale, al termine del giudizio di primo grado, avrebbe eccepito per la prima volta la mancata corresponsione della indennità di avviamento commerciale, che trattavasi pertanto di una eccezione in senso stretto che avrebbe dovuto esser proposta solo nei termini dettati dall’art. 167 c.p.c., come da loro tempestivamente eccepito in memoria di replica. Sostengono per contro che né il giudice di primo né quello di secondo grado avrebbero preso in considerazione il profilo della tardività della sollevata eccezione, che avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile. I ricorrenti non riproducono i passi della comparsa conclusionale dove per la prima volta sarebbe stata introdotta la questione né della memoria di replica ove la tardività della questione sarebbe stata rilevata, né consentono di verificare, a mezzo di un dettagliato richiamo alle conclusioni originarie della convenuta, che questa eccezione non fu sollevata tempestivamente, e non consentono pertanto di prendere in considerazione la questione.

Con il quinto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1277 c.c. e dei principi civilistici in tema di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, sviluppando considerazioni analoghe a quelle contenute nel primo motivo del ricorso principale della società Me..

Infine, coni! sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 1591, 1206, 1207, 1208, 1220, nonché dell’art. 69 della legge n. 392 del 1978, offerta non formale, pagamento dell’indennità e mora del creditore : evidenziano che nessuna norma impone che la mora del conduttore, presupposto per la sua responsabilità ex art. 1591 c.c., debba essere provocata necessariamente con l’offerta reale della indennità di avviamento, potendo il conduttore essere messo in mora non solo con l’offerta reale ma anche con un’offerta eseguita secondo gli usi. Fanno presente che il ricevimento dell’assegno circolare da parte di Ep. Ma. da un lato dimostrava la seria ed effettiva volontà del debitore di adempiere, dall’altro era segno inequivoco della malafede della conduttrice, che mediante il rifiuto della indennità aveva ottenuto di continuare ad occupare gli immobili, causando agli acquirenti un danno da lesione del credito.

4. Il controricorso Ep. Ma. avverso il ricorso dei fratelli Me..

E’ preliminare all’esame del ricorso dei fratelli Me. l’esame della questione introdotta nel controricorso depositato avverso il ricorso dei fratelli Me. dalla società Ep. Ma. : essa deduce infatti preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per intervenuta formazione del giudicato sulla domanda risarcitoria formulata dai Me..

Il giudicato deriverebbe dall’aver gli attori formulato la domanda risarcitoria “in via solidale oppure alternativa” nei confronti di entrambe la società, la locatrice loro dante causa e la conduttrice. Sostiene la controricorrente che, avendo il giudice di primo grado condannato la sola Me., egli avrebbe in tal modo compiuto la sua scelta individuando la predetta società come soggetto responsabile in via esclusiva, e che essendosi i signori Me. limitati a proporre appello sul punto in cui non era stata condannata Ep. Ma., la questione della responsabilità di quest’ultima società sarebbe ormai coperta dal giudicato.

L’eccezione è infondata, avendo provveduto i Me. a proporre appello in riferimento al mancato accoglimento della loro richiesta di condanna della società Ep. Ma. , a diverso titolo rispetto alla società immobiliare, in quanto la domanda proposta verso Ep. Ma. è volta alla tutela aquiliana del credito.

Tornando all’esame del ricorso dei fratelli Me., esso va accolto per le ragioni che seguono.

Deve puntualizzarsi che la domanda dei fratelli Me. nei confronti della società Ep. Ma. è domanda di risarcimento danni extracontrattuale, in quanto nessun rapporto contrattuale legava la Ep. ai Me., venditori alla M.I. dei due terzi dell’immobile condotto in locazione dalla Ep. ed acquirenti in permuta del restante terzo, che la Me. avrebbe dovuto trasferire loro ristrutturato.

Quello che lamentano è una lesione aquiliana del loro credito da parte della conduttrice che, non restituendo l’immobile quando avrebbe dovuto, ha consentito loro di acquisirne la disponibilità dal proprietario ad anni di distanza rispetto a quanto pattuito.

Effettivamente, la corte d’appello non ha preso in esame nella sua autonomia la domanda dei fratelli Me., avendola implicitamente considerata strettamente connessa, nelle sue possibilità di accoglimento, con la domanda pur sempre risarcitoria ma che traeva la sua origine dall’esistenza di un rapporto contrattuale, proposta dalla M.I..

Più che di un omesso esame in senso tecnico della domanda proposta, si tratta di un implicito rigetto della domanda di lesione aquiliana del credito avendo la corte d’appello escluso, a monte, la configurabilità di un comportamento colpevole in capo alla società convenuta.

L’accoglimento del ricorso principale e la cassazione della sentenza sul punto della conformità a buona fede del comportamento della Ep. nel restituire l’assegno circolare offerto in pagamento della indennità riapre il giudizio di merito anche in ordine alla possibile responsabilità extracontrattuale della predetta società verso i Me., che dovrà essere oggetto di un nuovo accertamento.

Conclusivamente, devono essere accolti sia il ricorso principale della M.I., sia il ricorso dei fratelli Me., con cassazione della impugnata sentenza e rinvio della causa alla Corte d’Appello di Trento, che deciderà in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di cassazione; il ricorso incidentale Ep. Ma. deve invece ritenersi assorbito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale della M.I. ed accoglie il ricorso dei fratelli Me.; dichiara assorbito il ricorso incidentale di Ep. Ma. s.a.s. di Gi. Ma. e co.; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Trento in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso nella camera di consiglio della corte di cassazione il 19 gennaio 2017