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Cassazione Civile 27070/2022 – Azione revocatoria fallimentare – Presunzioni semplici

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Ordinanza 27070/2022

 

Azione revocatoria fallimentare – Presunzioni semplici

In tema di azione revocatoria dei pagamenti ex art. 67, comma 2, l.fall., il curatore può offrire la prova della effettiva conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del terzo anche mediante presunzioni, spettando al giudice selezionare analiticamente gli elementi indiziari provvisti di potenziale efficacia probatoria, per poi sottoporli a una valutazione complessiva che fornisca la certezza logica del menzionato stato soggettivo, da ritenersi sussistente non quando sia provata la conoscenza dello stato di decozione dell’impresa da parte di quello specifico creditore, né quando tale conoscenza possa ravvisarsi con riferimento ad una figura di contraente astratto, ma quando la probabilità della “scientia decoctionis” trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali il terzo si sia concretamente trovato ad operare.

Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 14-9-2022, n. 27070   (CED Cassazione 2022)

Art. 2729 cc (Presunzioni semplici) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) S.p.a. in amministrazione straordinaria convenne in giudizio la (OMISSIS) S.r.l., per sentir dichiarare l’inefficacia, ai sensi del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 67, comma 2, di cinque pagamenti eseguiti in suo favore da (OMISSIS) in bonis nell’anno anteriore al decreto di ammissione alla procedura, quattro dei quali effettuati mediante assegni bancari ed uno mediante bonifico bancario, con la condanna della convenuta alla restituzione dell’importo complessivo di Euro 627.944,47.

Si costituì la convenuta, e resistette alla domanda, sostenendo di non essere stata consapevole dello stato d’insolvenza della debitrice.

1.1. Con sentenza del 5 giugno 2012, il Tribunale di Rimini accolse parzialmente la domanda, dichiarando inefficace soltanto il pagamento effettuato mediante bonifico bancario, e condannando la (OMISSIS) alla restituzione della somma di Euro 98.676,08.

2. L’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) è stata accolta dalla Corte d’appello di Bologna, che con sentenza del 14 ottobre 2014 ha dichiarato l’inefficacia di tutti i pagamenti, condannando la (OMISSIS) alla restituzione dell’importo di Euro 627.944,47, oltre interessi legali.

Premesso che oggetto del contendere era esclusivamente la sussistenza della scientia decoctionis, risultando ogni altra questione coperta da giudicato, la Corte ha ritenuto pacifico che, pur essendo stati effettuati con mezzi ordinari, i pagamenti impugnati avevano avuto luogo con consistenti ritardi rispetto alla scadenza delle fatture. Rilevato peraltro che, come affermato dalla convenuta, tali modalità di pagamento avevano caratterizzato fin dall’origine il rapporto tra le parti, ha ritenuto che la predetta circostanza non fosse di per sè sufficiente a dimostrare la conoscenza dello stato d’insolvenza, ma risultasse indicativa di una situazione di sistematica esposizione del (OMISSIS), tale da indurre ragionevolmente un attento monitoraggio delle sue condizioni economico-patrimoniali da parte dei fornitori. Precisato che tale monitoraggio poteva ben essere effettuato dalla (OMISSIS), quale azienda di non piccole dimensioni e di rilievo nazionale, ha osservato che alla convenuta non potevano essere sfuggiti la preoccupante situazione emergente dai dati di bilancio della debitrice e lo stato d’insolvenza delle società del Gruppo risultante dalle relazioni periodiche; ha ritenuto inoltre significative le notizie di stampa che esprimevano un giudizio negativo sulla situazione finanziaria del Gruppo, ed in particolare sull’operazione di acquisto dell’intero capitale sociale della concorrente (OMISSIS) S.p.a., concludendo che, all’esito di tale operazione, la situazione d’insolvenza dell’attrice doveva ritenersi ormai chiara e comunque nota alla convenuta.

3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della legge fall., art. 67, comma 2, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza da elementi indiziari privi dei requisiti di certezza, ed in particolare dai ritardi nell’effettuazione dei pagamenti. Premesso che non era stata fornita la prova della data di scadenza delle fatture, ma solo quella della data di emissione, sostiene di aver dimostrato che tali ritardi costituivano un modus operandi consolidato e ben noto agli operatori del settore, aggiungendo che la stessa Corte territoriale ha contraddittoriamente dato atto della sussistenza di una prassi caratterizzata dalla sistematica esposizione debitoria della (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo, la ricorrente ribadisce la violazione e la falsa applicazione della legge fall., art. 67, comma 2, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che essa creditrice avrebbe dovuto effettuare un’attività di monitoraggio nei confronti della debitrice, senza che al riguardo fosse configurabile alcun obbligo giuridico.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente insiste sulla violazione e la falsa applicazione della legge fall., art. 67, comma 2, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che essa ricorrente fosse a conoscenza dei bilanci della debitrice e della relazione trimestrale del (OMISSIS), senza considerare che il bilancio relativo all’anno 2002 era stato depositato successivamente all’effettuazione dei pagamenti, mentre la relazione non era accessibile al pubblico.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta ancora la violazione e la falsa applicazione della legge fall., art. 67, comma 2, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., sostenendo che, nel conferire rilievo alle notizie di stampa riguardanti il (OMISSIS), la Corte territoriale non ha considerato che le stesse, oltre a non essere state pubblicate dai giornali, ma su siti internet, avevano un contenuto tutt’altro che univoco, evidenziando da un lato il negativo apprezzamento espresso dal mercato in ordine all’operazione di acquisto della (OMISSIS), e dall’altro l’espansione del (OMISSIS) che ne era derivata. Aggiunge che la sentenza impugnata non ha tenuto conto di altri artt. di stampa che esprimevano lusinghieri apprezzamenti nei confronti della (OMISSIS), tali da impedire ad un creditore di comune diligenza di avvedersi dello stato di crisi in cui versava l’intero Gruppo.

5. I quattro motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono infondati.

In tema di revocatoria fallimentare, questa Corte ha infatti affermato che la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo dev’essere effettiva, e non meramente potenziale, nel senso che, ai fini dello accoglimento della domanda, non è sufficiente la dimostrazione della mera conoscibilità oggettiva del predetto stato, occorrendo invece quella della concreta situazione psicologica del terzo al momento del compimento dell’atto impugnato (cfr. Cass., Sez. I, 27/10/2017, n. 25635; 28/02/2007, n. 4762; 21/12/2005, n. 28299). L’onere di fornire la relativa prova incombe al curatore, il quale può assolverlo anche in via presuntiva, avvalendosi di elementi indiziari caratterizzati dagli ordinari requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dagli artt. 2727 e 2729 c.c. (quali notizie di stampa, risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.), tali da indurre a ritenere che il terzo, facendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, rapportata alle sue qualità personali e professionali, nonchè alle condizioni in cui si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. Cass., Sez. I, 8/ 02/2018, n. 3081; 24/10/2012, n. 18196; 18/04/2011, n. 8827). è stato peraltro precisato che, vertendosi in tema di prova indiziaria, la certezza logica dell’esistenza di tale stato soggettivo può ritenersi legittimamente acquisita allorquando sia raggiunta la prova non già della conoscenza effettiva, da parte di quello specifico creditore, dello stato di decozione dell’impresa (la cui dimostrazione, configurandosi come una prova diretta, deve considerarsi inesigibile dal curatore), nè quando tale conoscenza possa ravvisarsi con riferimento ad una figura di contraente astratto (prova, questa, che risulterebbe inutilizzabile, in quanto correlata ad un parametro del tutto teorico di creditore avveduto), bensì quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali il terzo si sia concretamente trovato ad operare (cfr. Cass., Sez. VI, 3/05/2012, n. 6686; Cass., Sez. I, 4/11/2003, n. 16512; 26/01/1999, n. 684). A tal fine, il giudice è tenuto innanzitutto a selezionare analiticamente gli elementi indiziari provvisti di potenziale efficacia probatoria, e successivamente a sottoporli ad una valutazione complessiva, volta ad accertarne la concordanza, in modo tale da appurare se la loro combinazione risulti idonea ad integrare una valida prova presuntiva (cfr. Cass., Sez. I, 12/11/2019, n. 29257; 18/02/2005, n. 3390).

A tali principi, costantemente ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità, si è correttamente attenuta la sentenza impugnata, la quale, nel procedere all’accertamento della scientia decoctionis, non si è limitata a dare atto dei ritardi con cui erano stati effettuati i pagamenti revocati, dei quali ha anzi escluso espressamente la sufficienza ai fini della prova da acquisire, in quanto corrispondenti ad una prassi consolidata nei rapporti tra la (OMISSIS) ed i suoi fornitori, ma ha valorizzato anche elementi diversi, quali le risultanze dei bilanci della società debitrice, non circoscritte all’anno in cui avevano avuto luogo i pagamenti, ma riferite anche agli anni precedenti, nonchè le notizie diffuse dagli organi di stampa, dalle quali ha desunto la notorietà dello stato di difficoltà in cui versava la società poi posta in amministrazione straordinaria, per effetto dell’acquisizione della (OMISSIS), avvenuta a condizioni rivelatesi non convenienti. In proposito, la Corte territoriale ha posto in risalto anche le caratteristiche organizzative e professionali della convenuta, descritta come operatore di non piccole dimensioni e di rilievo nazionale, e ritenuta quindi capace di effettuare un monitoraggio della situazione della debitrice, nonchè il suo concreto contatto con i sintomi rivelatori dello stato d’insolvenza, sottolineando l’appartenenza della (OMISSIS) al medesimo settore di mercato in cui operava la (OMISSIS) e l’intensità dei rapporti intrattenuti con quest’ultima, nonchè l’ampia diffusione che avevano avuto, attraverso la stampa, i dati negativi riguardanti la gestione della società debitrice nel periodo considerato, e pervenendo in tal modo alla conclusione che al momento dell’effettuazione dei pagamenti la convenuta era a conoscenza dello stato di decozione dell’attrice.

Nel censurare il predetto apprezzamento, la ricorrente non è in grado di individuare lacune argomentative o carenze logiche del ragionamento seguito dalla Corte territoriale, talmente gravi da impedire di ricostruire il percorso logico-giuridico attraverso il quale la stessa è pervenuta alla decisione, ma si limita a contestare l’avvenuta dimostrazione dei ritardi nei pagamenti, in tal modo sollecitando una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, nei limiti in cui le relative anomalie sono ancora deducibili con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547). Tali disposizioni non risultano d’altronde neppure richiamate nel ricorso, nel quale la ricorrente insiste invece sulla violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., contestando la valenza indiziaria dei predetti ritardi e l’univocità delle notizie desumibili dagli organi di stampa, ed invocandone altre a suo avviso indebitamente trascurate dalla sentenza impugnata, senza considerare che, in tema di prova per presunzioni, spetta al giudice di merito non solo la valutazione dell’opportunità di fare ricorso alla stessa, ma anche l’individuazione dei fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e l’accertamento della rispondenza degli stessi ai prescritti requisiti di gravità, precisione e concordanza: il relativo apprezzamento costituisce un giudizio di fatto, censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, la cui denuncia non può peraltro risolversi, come nella specie, nella mera prospettazione di un convincimento diverso da quello espresso nel provvedimento impugnato, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass., Sez. VI, 26/ 02/2020, n. 5279; 17/01/2019, n. 1234; Cass., Sez. V, 26/01/2007, n. 1715).

6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della con-troricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il 14/06/2022