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Cassazione Civile 27094/2017 – Supercondominio – Momento costitutivo – Configurabilità – Ipso iure ed factò

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Sentenza 27094/2017

Supercondominio – Momento costitutivo – Configurabilità – Ipso iure ed factò

Al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. c.c., anche il c.d. supercondominio, viene in essere “ipso iure et facto”, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, “pro quota”, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 15 novembre 2017, n. 27094   (CED Cassazione 2017)

Art. 1117 bis cc (Del condominio negli edifici – Ambito di applicabilità) – Giurisprudenza

Art. 1118 cc (Diritti dei partecipanti sulle parti comuni) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

  1. (OMISSIS) – condomina di un complesso edilizio costituito da otto edifici denominato Condominio (OMISSIS) – ha impugnato la delibera assembleare del 23 giugno 2010, affermandone la nullità perchè adottata in violazione di norme imperative di legge, del regolamento di condominio e comunque per eccesso potere. Il Tribunale Milano, con sentenza n. 6037/2012, ha parzialmente accolto l’impugnazione.
  2. Il Condominio (OMISSIS) ha proposto appello contro la sentenza alla Corte di Milano, che con sentenza n. 2719/2015 ha parzialmente riformato la pronunzia, dichiarando l’invalidità della deliberazione nelle parti in cui ha “approvato il signor (OMISSIS) quale amministratore del condominio Giovanni” e ha approvato “l’incarico al tecnico ing. (OMISSIS) ai fini del certificato prevenzione incendi anche per conto del Condominio (OMISSIS)”.
  3. Il Condominio (OMISSIS) propone ricorso in cassazione.

(OMISSIS) resiste con controricorso.

Il difensore del Condominio ha depositato ex art. 372 c.p.c., copia del verbale dell’assemblea condominiale – del 4 maggio 2016 – con cui si è ratificato l’operato dell’amministratore in relazione alla proposizione del ricorso.

Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il ricorso proposto dal Condominio, e il giudizio in cui questo si inserisce, fa parte di un vasto contenzioso che da anni vede contrapposti l’avv. (OMISSIS) e il Condominio (OMISSIS), contenzioso che ha il suo fulcro nella qualificazione del Condominio come c.d. supercondominio, affermata da (OMISSIS) e negata dal Condominio.

Il ricorso, di cui si afferma la procedibilità, è articolato in due motivi.

  1. a) Il primo motivo del ricorso denuncia violazione dell’art.2909 c.c.: la Corte d’appello avrebbe infatti errato nel qualificare il complesso edilizio di (OMISSIS) come supercondominio, essendo tale qualificazione da ritenersi preclusa a fronte del passaggio in giudicato di una sentenza della medesima Corte d’appello (n. 418/2007) che “aveva negato l’esistenza nella fattispecie di un supercondominio”.

La doglianza è infondata. La sentenza della Corte d’appello n. 418/2007 (pronuncia che è stata impugnata di fronte a questa Corte e cassata con sentenza n. 18192/2009) non si è infatti occupata della natura giuridica del complesso edilizio, ma si è limitata, nel respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello, allora fatta valere dal Condominio, perchè instaurato contro un soggetto inesistente – il Supercondominio (OMISSIS) – ad affermare che “non può dubitarsi che l’impugnazione in esame sia rivolta proprio contro il Condominio (OMISSIS), unico suo contendente”, precisando che per meri e irrilevanti errori materiali è stato indicato due volte come “Supercondominio” (OMISSIS), “ente che, oltretutto, come pacifico, è inesistente”. Dalla precisazione della Corte d’appello che – pacificamente – la denominazione del complesso è quella “Condominio (OMISSIS)” non può farsi discendere la preclusione, per la Corte che ha reso la sentenza impugnata, di qualificare giuridicamente il Condominio (OMISSIS) come supercondominio.

  1. b) Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di una serie svariata di disposizioni, gli artt.1117, 1362, 1363 e 61 e 62 disp. att. c.c.; artt. 112, 115;132, 118 e 116 c.p.c.: la Corte d’appello, nell’affermare la natura di supercondominio del complesso edilizio di (OMISSIS), avrebbe erroneamente interpretato la giurisprudenza di questa Corte senza indagare l’effettiva volontà delle parti, violando così, in particolare, gli artt.112 e 115 c.p.c., e artt. 1117 e 61 disp. att. c.c..

Le denunciate violazioni non sussistono. La Corte d’appello, nell’affermare la natura giuridica di supercondominio del Condominio (OMISSIS) si pone in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte, che ha più volte affermato che “al pari del condominio negli edifici, regolato dall’art. 1117 c.c. e segg., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi” (così Cass. 17332/2011). Il ricorrente rimprovera alla Corte d’appello di aver completamente prescisso dal regolamento condominiale, ma così non è avendo la Corte osservato che il regolamento già contemplava la nomina di singoli amministratori per i singoli edifici, ritenendo poi – sulla base di elementi di fatto non censurabili di fronte a questa Corte – che il complesso sia costituito da una “pluralità di (OMISSIS) che utilizzano alcuni servizi in comune con ciò ricalcando puntualmente il paradigma del supercondominio secondo l’accezione fattuale e giuridica” delineata da questa Corte. Quanto poi alle supposte violazioni degli artt. 112 e 115 c.p.c., esse non possono essere ravvisate nella “mancata considerazione delle prove documentali” e non può essere qualificato quale violazione del divieto di scienza privata del giudice il cenno posto in essere dalla Corte d’appello alla circostanza che siano stati nominati degli amministratori giudiziali distinti per i singoli edifici, fatto che non è stato posto alla base del convincimento del giudice, ma che costituisce mera conferma della conclusione cui la Corte è giunta.

  1. Il ricorso va pertanto rigettato.

La controricorrente, che nel controricorso si era limitata a chiedere la condanna di controparte al pagamento delle spese di giudizio, nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., ha chiesto la condanna della controparte al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c.. La domanda deve essere dichiarata inammissibile: la domanda di condanna al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., può essere proposta anche in sede di legittimità, per i danni che si assumono derivanti dal giudizio di cassazione, ma deve essere formulata, a pena di inammissibilità, con il controricorso e non quindi con la memoria di cui all’art. 378 (cfr. Cass. 20914/2011).

Data la prevalente soccombenza del ricorrente, ad esso vengono addossate, così come liquidate in dispositivo, le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio che liquida in Euro 5.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda Sezione Civile, l’11 aprile 2017.