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Cassazione Civile 27154/2008 – PA – Affidamento da parte dei cittadini

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Sentenza 27154/2008

P.A. – Dovere dell’amministrazione di correggere e prevenire gli errori in diritto – Affidamento da parte dei cittadini

Nei rapporti non contenziosi con la P.A., l’amministrazione, in osservanza del principio di buon andamento e imparzialità ex art. 97, comma primo, Cost., ha il dovere di corrispondere all’affidamento in essa riposto dall’amministrato, prevenendo o correggendo gli eventuali errori di diritto commessi da quest’ultimo. Conseguentemente, ove l’ente pubblico abbia indotto in errore il lavoratore dipendente nella compilazione di un modulo di domanda diretto ad ottenere un beneficio previdenziale ed abbia trasmesso in ritardo all’ente previdenziale l’esposto dell’interessato inteso a correggerne l’errore, non è configurabile un concorso di colpa del dipendente per non aver presentato, non essendone onerato, alcun ricorso agli organi dell’ente previdenziale e per non essersi interessato dell’esito dell’esposto, della cui tempestiva trasmissione non aveva ragione di dubitare. (Nella specie, relativa a domanda di riscatto degli anni di servizio pre-ruolo erroneamente compilata sulla base delle indicazioni dell’ente di appartenenza, il quale, successivamente, aveva anche omesso di trasmettere all’ENPAS la domanda di rettifica dell’errore, la S.C. ha rigettato il ricorso contro la sentenza impugnata che, correttamente, aveva affermato l’esclusiva responsabilità dell’ente pubblico datore di lavoro, con il conseguente obbligo di risarcire al dipendente il danno consistito nella maggiore contribuzione versata).

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 14-11-2008, n. 27154   (CED Cassazione 2008)

Risarcimento del danno non patrimoniale

 

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 18 marzo 1997 al Tribunale di Bari Ca. Do., docente di ruolo in una scuola pubblica, esponeva di aver presentato al Provveditorato agli studi di Bari una domanda per il riscatto del servizio pre – ruolo svolto in due periodi, ossia dal 1 ottobre 1960 al 30 settembre 1961 e dal 1 ottobre 1961 al 30 settembre 1974. L’Enpas, al quale il Provveditorato aveva trasmesso la domanda, aveva ammesso al riscatto soltanto il primo periodo ma, presentato un esposto dal Ca. e riconosciutane la fondatezza dal Provveditorato, l’Inpdap, succeduto all’Enpas, aveva invitato il docente a formulare una nuova istanza, a seguito della quale aveva liquidato la somma dovuta anche per il secondo periodo. Rappresentando il maggior costo, in termini di contribuzione, sopportato a seguito del rinnovo dell’istanza ed imputando tale perdita alla negligenza del Provveditorato nelle indicazioni sul modo di formulazione della domanda di riscatto e nel ritardo di trasmissione dell’esposto all’Enpas, il Ca. chiedeva la condanna del Ministero della pubblica istruzione al risarcimento del danno.

Costituitosi il convenuto, il Tribunale accoglieva la domanda con decisione del 17 aprile 2001, confermata con sentenza del 25 giugno 2004 dalla Corte Cappello, la quale affermava la competenza del Provveditorato nel ricevere la domanda di riscatto compilata su apposito modulo e nel trasmetterla all’Ente previdenziale. Prima le errate indicazioni dell’ufficio all’insegnante e poi il ritardo nella trasmissione dell’esposto avevano integrato una violazione dei principi di correttezza e di lealtà, tali da determinare responsabilità contrattuale ed il conseguente obbligo risarcitorio. Nè alcun concorso di colpa poteva essere addebitato al dipendente, che aveva riposto affidamento nelle indicazioni e nei comportamenti del datore di lavoro. Contro questa sentenza ricorre per Cassazione il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca mentre il Ca. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 113, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., sostenendo il concorso della colpa del pubblico dipendente nella produzione del danno da lui sopportato a causa dell’erronea formulazione e della ritardata trasmissione all’Ente previdenziale della domanda di riscatto degli anni di servizio pre ruolo. Più precisamente, la colpa del dipendente sarebbe ravvisabile nel mancato ricorso al Consiglio di amministrazione dello stesso ente previdenziale (l’Enpas) ai sensi del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 29. Il secondo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione, per non avere la Corte d’appello tenuto conto dell’inerzia del pubblico dipendente, che, dopo avere formulato un esposto inteso alla correzione dell’errore per lui pregiudiziale, se ne disinteressò per quindici anni.

I due connessi motivi non sono fondati.

La sentenza impugnata afferma esattamente l’esclusiva responsabilità dell’ente pubblico datore del lavoro per avere indotto in errore il lavoratore dipendente nella compilazione di un modulo di domanda di un beneficio previdenziale nonché per avere trasmesso in ritardo all’ente previdenziale un esposto inteso alla correzione dell’errore. Da questa responsabilità deriva l’obbligo di risarcire al dipendente il danno, consistito nell’esborso di maggiore contribuzione. Altrettanto esattamente la sentenza esclude il concorso di colpa del dipendente, il quale non aveva alcun onere di ricorrere agli organi dell’ente previdenziale, contro il comportamento del quale nulla aveva da dolersi, ne’ aveva ragione di dubitare della tempestiva trasmissione del suo esposto, prima che l’ente gli chiedesse la maggiore contribuzione. Nei rapporti non contenziosi con la pubblica amministrazione il cittadino non ha bisogno del ministero o dell’assistenza di un tecnico del diritto, mentre è la stessa amministrazione che, in osservanza al principio di buon andamento (art. 97 Cost., comma 1), deve corrispondere all’affidamento in essa riposto dall’amministrato, se necessario prevenendo o correggendo gli errori di diritto da lui commessi.

Il terzo motivo di ricorso è inammissibile poiché con esso il ricorrente lamenta il cattivo uso della giurisprudenza di questa Corte da parte dei giudici d’appello, senza tuttavia indicare le norme di diritto in ipotesi violate, come impone l’art. 366 c.p.c., n. 4. Il quarto capo del ricorso contiene “una considerazione metagiuridica”, su cui in questa sede d’impugnazione non è necessario pronunciare.

Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in Euro 20,00 oltre Euro duemilacinquecento/00 per onorario, nonché spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2008.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2008