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Cassazione Civile 27183/2023 – Opposizione a decreto ingiuntivo – Domanda riconvenzionale dell’opposto – Ammissibilità – Limite della reconventio reconventionis

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Ordinanza 27183/2023

Opposizione a decreto ingiuntivo – Domanda riconvenzionale dell’opposto – Ammissibilità – Limite della “reconventio reconventionis”

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c..(In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva affermato la violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di primo grado per aver esaminato nel merito una domanda nuova, introdotta dall’opposto in fase di opposizione a decreto ingiuntivo, inammissibile in quanto relativa ad un rapporto giuridico diverso da quello azionato in sede monitoria).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 22/09/2023, n. 27183   (CED Cassazione 2023)

Art. 645 cpc (Opposizione a decreto ingiuntivo)

 

 

Rilevato che:

1. Con decreto ingiuntivo n. 18303/2008 il Tribunale di Roma
intimò alla (OMISSIS) S.a.s. il pagamento in
favore della ricorrente (OMISSIS) S.p.a. della somma
di euro 46.199,00, corrisposta al Ministero dello Sviluppo
Economico a seguito di escussione della garanzia fideiussoria a
prima richiesta, n. 166-09-6014764, rilasciata alla (OMISSIS) in
relazione ad un finanziamento da quest’ultima ottenuto ai sensi
della legge n. 488/1992.

Avverso tale decreto propose opposizione la (OMISSIS)
S.a.s., assumendo che nulla era dovuto al Ministero per il
contratto di garanzia azionato nel procedimento monitorio e quindi
che il credito vantato dall’opposta era infondato, chiedendo la
revoca del decreto ingiuntivo.

Si costituì la (OMISSIS), eccependo l’infondatezza
dell’opposizione ed evidenziando: i) di aver stipulato due contratti
fideiussorii con la (OMISSIS) S.a.s., in favore del
Ministero, a garanzia di due distinti finanziamenti, n. 166-09-
6014764 e n. 166-09-6014765; ii) di aver erroneamente indicato
nel ricorso la polizza n. 166-09-6014764, anziché la n. 166-09-
6014765, effettivamente escussa per euro 46.199,00. In
subordine, propose domanda di condanna del Ministero alla
restituzione della somma versata, chiedendone l’autorizzazione alla
chiamata in causa.

Il Ministero rimaneva contumace.

Il Tribunale adìto, con sentenza n. 21884/2012, dopo aver rilevato
l’errore commesso dalla (OMISSIS) per aver azionato, in
sede monitoria, un titolo diverso da quello sulla base del quale
aveva compiuto il pagamento al Ministero, ha revocato il decreto n.
18303/2008 e accolto la domanda di regresso formulata dalla
compagnia nei confronti della (OMISSIS) S.a.s.,
con conseguente condanna di quest’ultima al rimborso di euro
46.199,00.

Secondo il giudice di primo grado, dagli atti di causa risultava
pienamente dovuto e legittimo il pagamento effettuato dalla
(OMISSIS) al Ministero, a seguito di escussione della fideiussione
di cui polizza n. 166-09-6014765, per cui, a norma dell’art. 1950
c.c., la compagnia aveva diritto a rivalersi sulla garantita.

2. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) proponeva appello,
dolendosi della violazione dell’art. 112 c.p.c. perché il Tribunale si
era pronunciato su un titolo giuridico diverso da quello azionato
dalla (OMISSIS) in sede monitoria.

La compagnia, costituendosi in giudizio, chiedeva l’integrazione del
contraddittorio nei confronti del Ministero e la conferma integrale
della sentenza di primo grado.

Disposta la richiesta integrazione, si costituiva anche il Ministero
deducendo il proprio difetto di interesse e chiedendo l’integrale
rigetto dell’impugnativa.

La Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 3441/2019,
pubblicata in data 23 maggio 2019, accoglieva il gravame,
dichiarando la nullità del capo di condanna della (OMISSIS) di
Carmelo Cicale S.a.s., perché il Tribunale era incorso nella
violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo deciso su “un rapporto
giuridico del tutto distinto rispetto a quello azionato in sede di
ricorso monitorio”.

3. Avverso tale sentenza, la (OMISSIS) Società Coop. a
r.l., incorporante la (OMISSIS) S.p.a., propone ora
ricorso per cassazione con due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.a.s.

Considerato che:

4.1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 633 e 645 c.p.c. in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.”.

Lamenta che la Corte d’appello ha omesso di considerare che nel
giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. la correzione del numero
della polizza fideiussoria azionata in sede monitoria costituiva una
emendatio libelli e, in quanto tale, il Tribunale decidendo su di essa
non aveva violato il principio di corrispondenza tra chiesto e
pronunciato.

4.2. Con il secondo motivo censura, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 4 c.p.c., la nullità della decisione della corte di merito per
“omessa pronuncia su una domanda di merito che integra una
violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato
ex art. 112 c.p.c.”.

Si duole che la Corte di appello non abbia deciso sulla domanda di
condanna del Ministero riproposta in via subordinata dalla
(OMISSIS) ex art. 346 c.p.c.

5.1. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connesso, sono infondati.

Come le Sezioni Unite di questa Corte, dirimendo il contrasto
esistente nella giurisprudenza di legittimità, hanno avuto modo di
affermare, la modificazione della domanda ammessa a norma
dell’art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli
elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum
e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in
ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, in
quanto attinente alla medesima vicenda sostanziale dedotta in
giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione
delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento
dei tempi processuali ( v. Cass. civ., Sez. Unite, 15/06/2015, n.
12310 ).

Si è altresì precisato che la emendatio libelli è ammissibile anche
nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, dove “il convenuto,
in qualità di attore in senso sostanziale, può modificare la domanda
avanzata nella fase monitoria, proponendo una domanda nuova e
diversa da quella posta a fondamento del decreto ingiuntivo, anche
nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o
un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni
chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si
riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio,
attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per
incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo
a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del
processo, e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in
senso sostanziale, la possibilità di avvalersi delle stesse facoltà di
modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario,
all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 cod. proc. civ. (cfr.)
(Cass., Sez. I, Ord., 2/03/2023, n. 6300; Cass., 24/3/2022, n.
9633).

Ebbene nella specie la modifica del titolo del diritto di credito
indicato in sede di ricorso per decreto ingiuntivo integra una non
consentita mutatio libelli, dovendo essere considerata domanda
‘nuova’.

In base alla documentazione depositata dalle parti nel corso del
giudizio di primo grado il giudice dell’appello ha infatti ha
motivatamente ritenuto che il Tribunale abbia pronunciato su un
rapporto giuridico diverso da quello azionato in sede monitoria (cfr.
pag. 5 e 6 sentenza impugnata), e che al Tribunale fosse precluso
l’esame della polizza fideiussoria n. 166-09-6014765, indicata in
comparsa di costituzione dalla compagnia, atteso che la pretesa
azionata nel giudizio di opposizione divergeva da quella fatta valere
in sede monitoria, attenendo ad una diversa situazione giuridica.
6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo
in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore del
controricorrente (OMISSIS) S.a.s., che liquida in
complessivi euro 5.800,00 di cui euro 5.600,00 per onorari, oltre a
spese generali e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma
1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 3 aprile 2023.