Sentenza 27248/2018
Condominio – Impianto idrico – Infiltrazioni – Presunzione proprietà comune
La presunzione di proprietà comune dell’impianto idrico di un immobile condominiale, ex art. 1117, n. 3, c.c., non può estendersi a quella parte dell’impianto ricompresa nell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi e, di conseguenza, nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri proprietari. (La S.C. ha enunciato il detto principio in una fattispecie in cui le infiltrazioni erano state causate dalla rottura della chiave di stacco dell’acqua sita nella cucina dell’appartamento sovrastante).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 26-10-2018, n. 27248 (CED Cassazione 2021)
Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
- Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila 12 maggio 2012, n. 621, che, in sua contumacia, lo ha condannato quale responsabile dell’evento dannoso che ha colpito l’appartamento di Bi. e Ug. Fi., comproprietari di un appartamento del Condominio. I coniugi Fi. avevano proposto domanda di risarcimento del danno contro An. Ma., proprietaria dell’appartamento sovrastante; la convenuta si era difesa affermando che la responsabilità era del Condominio, che si era costituito a mezzo dell’amministratore, chiedendo il rigetto della domanda e a sua volta proponendo domanda riconvenzionale. La domanda degli attori era stata accolta dal Tribunale di Sulmona, che aveva rigettato la domanda riconvenzionale del Condominio.
- An. Ma. ha resistito con controricorso, nel quale ha eccepito il difetto di “mandato all’amministratore del Condominio di proporre ricorso per cassazione”.
- Questa Corte, con ordinanza n. 20695/2017, ha rilevato che il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione senza produrre la deliberazione di autorizzazione e ha assegnato termine al Condominio per il deposito dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale o della ratifica della costituzione del Condominio, in persona dell’amministratore, nel presente giudizio.
Il Condominio ha depositato le autorizzazioni dell’assemblea a instaurare il presente giudizio di cassazione (deliberazione 2 gennaio 2013) e a nominare un nuovo difensore (deliberazione 8 novembre 2017).
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., in cui ha eccepito che l’autorizzazione assembleare a instaurare il giudizio è stata depositata in copia, copia la cui conformità all’originale è stata dichiarata dall’amministratore.
- Gli intimati Ug. e Bi. Fi. non hanno proposto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Preliminarmente va respinta l’eccezione relativa al deposito in copia formulata dalla contro ricorrente con la memoria, in quanto si tratta di contestazione generica [circa la necessità, a pena di inefficacia, che la contestazione della conformità all’originale di un documento avvenga “in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica (..) degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” cfr., da ultimo, Cass. 2993/2017].
- Il ricorso è basato su due motivi, che strettamente tra loro connessi, vanno congiuntamente esaminati. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, comma 3, e 2051 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente interpretato l’art. 1117, comma 3 o comunque ha applicato una norma inesistente, avendo ritenuto, con riferimento al condotto delle acque, che il criterio distintivo tra parte di proprietà esclusiva e parte di proprietà condominiale sia non quello dell’ubicazione, ma quello della destinazione. Il secondo motivo ripropone le medesime doglianze sotto il profilo della congruità della motivazione: la Corte d’appello, pur avendo accertato che il punto di rottura dell’impianto si trovava all’interno dell’appartamento di De Vincenzo ha ritenuto che, in mancanza di elementi tecnici diversi, tale punto fosse da considerarsi situato sulla parte di impianto di proprietà condominiale. I motivi sono fondati. Dall’accertamento dei fatti operato dal giudice di merito – accertamento insindacabile in questa sede – risulta che le infiltrazioni nell’appartamento di Bi. e Ug. Fi. sono state causate dalla rottura della chiave di stacco dell’acqua sita nella cucina dell’appartamento di De Girolamo. Sulla base di queste premesse, la conclusione del giudice di responsabilità del condominio per i danni subiti dai Fi. non è corretta. È vero che, secondo un orientamento presente in questa Corte, “la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dal n. 3 dell’art. 1117 c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che, nell’ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condomino, non ricada alcuna parte comune” in quanto “il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio è dato solo dalla loro destinazione, così che il condotto di acque è di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione, per la parte in cui direttamente afferisce al servizio del singolo e comune in tutta la restante porzione, in cui ad esso si innestano uno o più altri canali a servizio di altri condomini” (Cass.2151/1964). Tale orientamento, che per individuare la “diramazione degli impianti” di cui all’art. 1117 c.c. fa riferimento unicamente alla destinazione del condotto delle acque, prescindendo dal tutto dalla sua ubicazione, non convince, in quanto l’art. 2051 c.c. prevede “una forma di responsabilità che ha fondamento giuridico nella circostanza che il soggetto chiamato a rispondere si trovi in una relazione particolarmente qualificata con la cosa, intesa come rapporto di fatto o relazione fisica implicante l’effettiva disponibilità della stessa” (Cass. 19045/2010). Il Collegio ritiene pertanto di seguire l’orientamento per cui “la presunzione di condominio dell’impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’impianto stesso ricompresa nell’ambito dell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi, e di conseguenza nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri condomini” (Cass. 2043/1963).
- Il ricorso va pertanto accolto; l’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al giudice d’appello che deciderà la causa attenendosi al principio sopra ricordato; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa a diversa sezione della Corte d’appello dell’Aquila, che provvederà anche il relazione alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 13 marzo 2018.