Sentenza 27258/2017
Contratto d’opera e contratto d’appalto – Distinzione – Criteri – Dimensione e struttura organizzativa dell’impresa
Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un’opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale, muovendo dall’ importanza dell’opera commissionata – riguardante l’impermeabilizzazione dei lastrici solari di copertura di un fabbricato condominiale – e tenendo conto del fatto che questa era stata affidata ad una ditta specializzata, aveva ritenuto che la sua esecuzione presupponesse un’organizzazione di impresa tale da ricondurre il contratto alla figura dell’appalto).
Cassazione Civile, Sezione 2 civile, Sentenza 16 novembre 2017, n. 27258 (CED Cassazione 2017)
FATTI DI CAUSA
- – Con atto di citazione del 4 ottobre 1997 il condominio di Via (OMISSIS) convenne innanzi al Tribunale di Savona (OMISSIS), titolare di impresa edile, esponendo di aver commissionato allo stesso l’impermeabilizzazione dei lastrici solari di copertura del fabbricato condominiale e che l’opera eseguita presentava gravi difetti che avevano provocato danni alle unità immobiliari sottostanti; chiese, pertanto, che lo stesso fosse condannato al rifacimento delle opere necessarie ad eliminare gli inconvenienti o al risarcimento del danno.
Il convenuto resistette alla domanda.
Il Tribunale – qualificato il contratto come appalto e respinta l’eccezione di prescrizione siccome tardivamente proposta – condannò il (OMISSIS) al risarcimento del danno nella misura di lire 69.400.000, somma, questa, rivalutata e corrispondente al costo dei lavori eseguiti dal condominio, oltre ai maggiori costi in misura dell’8%, con la svalutazione e il maggior danno, e così, complessivamente, al pagamento di lire 105.876.520, con gli interessi legali dalla sentenza al saldo.
- – L’impugnazione proposta dal (OMISSIS) veniva parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Genova con sentenza del 1 ottobre 2002.
La Corte d’appello – premesso l’elenco delle opere che, secondo il contratto, dovevano essere eseguite dal (OMISSIS) e per le quali il prezzo era stato pattuito a corpo – osservava: (a) che non era rilevante accertare la tipologia contrattuale (appalto o contratto d’opera); (b) che non risultava essersi il condominio rivolto al (OMISSIS) per la individuazione e la risoluzione dei problemi afferenti i lavori necessari ad eliminare le infiltrazioni di acque meteoriche; (c) che la modestia personale del (OMISSIS) e quella della sua impresa non potevano garantire un’indagine sulle carenze strutturali a livello murario peraltro non immediatamente percepibili da chiunque – ed i lavori poi ritenuti da C.Testo Unico idonei ad impedire le infiltrazioni non erano stati proposti al (OMISSIS), per cui gli errori di progettazione e di diagnosi erano da addebitarsi al committente, restando a carico del (OMISSIS) i soli vizi connessi alle opere oggetto del contratto, per ovviare ai quali bastava la somma di Lire 7.000.000 (Euro 3.615,20), che il (OMISSIS) doveva restituire al condominio, con la rivalutazione e gli interessi legali dalla data del contratto.
- – Avverso detta sentenza il condominio proponeva ricorso per cassazione con cinque motivi, cui il (OMISSIS) resisteva con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale con sei motivi.
La Corte di cassazione, 2 Sezione civile, con sentenza 14 febbraio 2008, n. 3629, ha accolto i primi tre motivi del ricorso principale, assorbiti i restanti ed il ricorso incidentale, ha cassato la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e ha rinviato la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.
La Corte di cassazione ha affermato che la Corte d’appello non poteva esimersi dal prendere posizione sulla qualificazione del contratto che, se di appalto, comportava l’assunzione della responsabilità da parte del (OMISSIS) anche per i difetti strutturali e di progettazione dei fabbricati su cui l’opera commissionatagli andava a compiersi, se questi difetti erano tali da non consentirne la riuscita conforme al risultato insito nel patto contrattuale e se di tali deficienze di base egli si era avveduto o doveva avvedersi con l’uso della normale diligenza ed in base a nozioni tecniche e di esperienza che, per comune consenso e consolidata sperimentazione, devono considerarsi acquisite al necessario corredo del soggetto che si dedichi ad un determinato settore di attività con sufficiente preparazione ed avvedutezza.
- – Decidendo in sede di rinvio, la Corte d’appello di Genova, con sentenza pubblicata il 22 gennaio 2014, ha respinto il gravame proposto dal (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Savona e lo ha condannato al rimborso delle spese di appello, di legittimità e di rinvio.
La Corte d’appello – acclarato che tra le parti è intercorso un contratto di appalto – ha rilevato che la responsabilità dell’appaltatore è riscontrabile anche per i difetti strutturali e di progettazione del fabbricato su cui l’opera commissionatagli si inserisce.
La Corte di Genova ha quindi affermato: (a) che la competenza del (OMISSIS), titolare di ditta specializzata in coperture impermeabili e rifacimenti di terrazzi, si estendeva anche alla segnalazione di carenze di fondo e murarie dell’edificio, essendo egli comunque obbligato all’osservanza delle regole dell’arte utili per il raggiungimento del risultato; (b) che il (OMISSIS) era stato incaricato dal condominio committente di provvedere all’impermeabilizzazione delle solette di copertura dei fabbricati costituenti il condominio; (c) che al convenuto era stato consentito di eseguire un sopralluogo, a seguito del quale aveva individuato e proposto i lavori che a suo giudizio erano necessari per ottenere una corretta impermeabilizzazione; (d) che il c.t.u. ha rilevato che il materiale steso sul pavimento e sottostante alla guaina è stato posto in opera in modo non corretto e ha riscontrato numerose macchie di umidità negli alloggi posti all’interno del condominio, come conseguenza della cattiva impermeabilizzazione realizzata; (e) che il (OMISSIS) doveva far rilevare al condominio i difetti delle strutture di base su cui l’opera a lui commissionata si inseriva, poichè erano tali da non garantire il buon esito dei lavori.
- – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) e le altre litisconsorti indicati in epigrafe, tutte eredi di (OMISSIS), hanno proposto ricorso, con atto notificato il 7 maggio 2014, sulla base di tre motivi.
Il condominio ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato a un mezzo.
Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
Fissata inizialmente la trattazione dei ricorsi in camera di consiglio, la Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria 20 marzo 2017, n. 7097, ne ha disposto il rinvio alla pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
- – Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.1655 c.c.e ss., e mancata applicazione dell’art. 2222 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevandosi che la Corte d’appello avrebbe erroneamente operato la qualificazione del contratto in ragione dell’autonomia asseritamente riconosciuta al (OMISSIS) nell’esecuzione dell’opera, omettendo qualsivoglia considerazione in ordine alla dimensione dell’impresa in questione, che invece rappresenta il vero criterio distintivo tra appalto e contratto d’opera (e nella specie – si fa osservare – il (OMISSIS) era un artigiano, titolare di impresa individuale artigiana, senza operai, che provvedeva alla realizzazione di lavori di impermeabilizzazione avvalendosi esclusivamente della sua opera individuale).
1.1. – Il motivo è infondato, per la parte in cui non è inammissibile.
Invero, la Corte d’appello ha qualificato come d’appalto il contratto concluso tra le parti, per un verso facendo leva sul contenuto negoziale delle pattuizioni intercorse, attraverso le quali il (OMISSIS) si è impegnato alla consegna dell’opera dietro un corrispettivo a corpo, e quindi a provvedere, il medesimo, direttamente alla predisposizione ed organizzazione di tutto il lavoro inerente alla costruzione, ed escludendo che il committente si sia assunto l’organizzazione e la divisione del lavoro, lasciando al prestatore la mera esecuzione dello stesso.
Inoltre e per altro verso, la Corte di Genova ha dato rilievo alla qualità di imprenditore del (OMISSIS).
Così decidendo, la Corte territoriale si è attenuta al principio secondo cui ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un’opera o di un servizio, fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera, essendo l’appalto caratterizzato dalla organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore (Cass., Sez. 2, 12 dicembre 1995, n. 12727).
È bensì esatto che questa Corte ha anche precisato che la distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto, posto che entrambi i hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere a fronte di corrispettivo un’opera senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue, si basa sul criterio della struttura e dimensione dell’impresa a cui sono commissionate le opere, il contratto d’opera essendo quello che coinvolge la piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c., ed il contratto di appalto postulando un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto (Cass., Sez. 2, 29 maggio 2001, n. 7307; Cass., Sez. 2, 21 maggio 2010, n. 12519).
Ma da tale principio non si è discostata la sentenza impugnata, la quale – evidentemente muovendo dalla importanza dell’opera commissionata, riguardante l’impermeabilizzazione dei lastrici solari di copertura del fabbricato condominiale, e tenendo conto del fatto che questa era stata affidata ad una ditta specializzata – ha ritenuto che la sua esecuzione presupponesse un’organizzazione di impresa tale da ricondurre il contratto alla figura dell’appalto (cfr. Cass., Sez. 2, 4 aprile 2017, n. 8700). E l’identificazione della natura dell’impresa interessata, ai fini della qualificazione di un contratto come di appalto o di opera, è rimessa al giudice di merito, coinvolgendo una valutazione delle risultanze probatorie e dei necessari elementi di fatto (Cass., Sez. 2, 28 aprile 2011, n. 9459).
In definitiva, la censura svolta dalle ricorrenti, ancorchè prospettata anche sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di norme di legge, mira nella sostanza a contestare la correttezza dell’apprezzamento in fatto operato dal giudice del merito, sebbene questi abbia adeguatamente giustificato, anche con il riferimento alle caratteristiche obiettive dell’opus commissionato, la qualificazione in termini di contratto di appalto.
Nella specie la parte ricorrente deduce che il (OMISSIS) era un artigiano, titolare di impresa artigiana, senza operai, che provvedeva alla realizzazione di lavori di impermeabilizzazione avvalendosi esclusivamente della sua opera individuale, e che tali circostanze sarebbero stato confermate dalle risultanze probatorie, sia documentali che testimoniali: ma il ricorso non riporta, nel rispetto del principio di specificità del motivo, il contenuto delle risultanze probatorie che dimostrerebbero l’assunto che l’impresa del (OMISSIS) fosse di modeste dimensioni e si avvalesse esclusivamente dell’opera individuale del suo titolare.
A ciò aggiungasi che le ricorrenti prospettano il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione: ma nella specie deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, figure – queste – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile ratione temporis) operata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), mentre non risulta dedotto il vizio di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo), non avendo parte ricorrente indicato – come era suo onere – il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti nonchè la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
- – Con il secondo motivo le ricorrenti in via principale lamentano violazione degli artt.1667 e ss. cod. civ.e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente la responsabilità del (OMISSIS), senza compiere alcuna valutazione in ordine alla conoscibilità e rilevabilità dei difetti strutturali dell’edificio in capo al medesimo, nonchè in merito alla scelta operata dal committente, con riguardo all’adeguatezza dell’opera commissionata.
2.1. – Il motivo è infondato e, in parte, inammissibile.
Come già statuito nella sentenza rescindente di questa Corte n. 3629 del 2008, l’appaltatore si obbliga ad un facere, e cioè a fornire un determinato risultato, per raggiungere il quale egli è dominus sia nell’apprestamento dei mezzi necessari sia nell’organizzare lo svolgimento dei lavori, curando le modalità di esecuzione del contratto; il requisito dell’autonomia, inoltre, impone all’appaltatore di attenersi comunque alle buone regole costruttive, in modo da assicurare al committente che l’opera dedotta in contratto sia eseguita conformemente alle norme della tecnica non solo nella fase realizzativa ma anche con riguardo al risultato finale. Ne consegue che l’appaltatore è anche tenuto non solo a segnalare al committente la contrarietà alle regole dell’arte delle prescrizioni eventualmente impartitegli, ma anche a denunciare tempestivamente le eventuali manchevolezze del progetto o i difetti delle strutture di base su cui l’opera a lui commissionata deve necessariamente innestarsi, quando questi siano tali da non garantirne la buona riuscita, allorchè di tali difetti egli si sia avveduto oppure quando essi non potevano nè dovevano sfuggirgli se avesse fatto uso della normale diligenza nell’ambito delle cognizioni tecniche che gli sono richieste.
Di questo principio la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, rilevando, con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici: (a) che la competenza del (OMISSIS), titolare di ditta specializzata in “coperture impermeabili – rifacimento terrazzi”, si estendeva anche alla segnalazione di carenze di fondo e murarie, essendo egli comunque obbligato all’osservanza delle regole dell’arte utili per il raggiungimento del risultato; (b) che l’appaltatore aveva eseguito un sopralluogo, a seguito del quale aveva individuato e proposto i lavori che, a suo giudizio, erano necessari per ottenere una corretta impermeabilizzazione; (c) che il (OMISSIS) doveva far rilevare al condominio i difetti delle strutture di base su cui l’opera a lui commissionata si inseriva, perchè erano tali da non garantire il buon esito dei lavori.
È pertanto da escludere che la responsabilità sia stata addebitata all’appaltatore a titolo oggettivo, tanto più che la stessa consulenza tecnica d’ufficio ha evidenziato la realizzazione di una cattiva impermeabilizzazione da parte del (OMISSIS) e la mancata individuazione, nel preventivo dallo stesso predisposto, di “alcuni importanti interventi di manutenzione (rifacimento pendenze esistenti e sostituzione completa dei messicani di piombo)” “indispensabili per garantire la corretta riuscita finale del lavoro appaltato”.
In definitiva, il motivo di censura – pur formalmente prospettando anche un vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge mira ad una rivalutazione dell’accertamento di fatto compiuto dalla Corte di Genova in punto di imputabilità all’appaltatore della cattiva riuscita dell’opera dipendente dai difetti strutturali e di base dei fabbricati su cui l’opera stessa si è realizzata.
Inoltre, anche il secondo motivo evoca il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove il vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non è, ratione temporis, applicabile nella specie.
- – Con il terzo motivo (violazione dell’art.112 c.p.c., artt.1667 e 2226 c.c.; violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e dei principi di ragionevolezza e proporzionalità; violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) le ricorrenti in via principale censurano che la sentenza impugnata abbia riconosciuto il risarcimento del danno, sebbene nessuna domanda in tal senso sia mai stata formulata da parte attrice: la sentenza avrebbe potuto eventualmente riconoscere il pagamento in favore del condominio del costo corrisposto per l’esecuzione dell’opera, ma non una somma a titolo di risarcimento del danno, come avvenuto nella specie.
3.1. – Il motivo è infondato.
La non configurabilità del lamentato vizio di extrapetizione è dimostrata per tabulas delle conclusioni rassegnate dall’attore nel giudizio di primo grado (e trascritte nell’intestazione della sentenza di primo grado), con il quale il condominio ha chiesto non solo (al punto 1) la condanna del (OMISSIS) alla eliminazione dei vizi a sua spese o, in alternativa, al pagamento del costo occorrente per detta eliminazione, ma anche (al punto 2) la condanna al risarcimento in favore del condominio dei danni subiti per i vizi nell’esecuzione dell’opera appaltata.
Avendo accertato la colpa dell’appaltatore, correttamente la Corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna del convenuto, non solo al rimborso del prezzo dell’opera eseguita ma non utilizzabile dal condominio, ma anche al risarcimento degli ulteriori danni cagionati dall’errato intervento dell’appaltatore, pari alla differenza del prezzo dei materiali e della mano d’opera per i lavori aggiuntivi, stimati nell’8% dell’importo complessivo su concorde indicazione delle parti all’udienza del 24 febbraio 2000.
- – Con l’unico motivo di ricorso incidentale il condominio denuncia violazione dell’art.345 c.p.c., e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, avendo la sentenza della Corte d’appello omesso di condannare il (OMISSIS) al richiesto risarcimento dei maggiori danni subiti dal condominio dal giorno dell’emanazione della sentenza di primo grado (21 agosto 2000), e quantificati nella svalutazione monetaria intercorsa da tale data al saldo sulla somma liquidata dal Tribunale in favore del condominio, detratto l’acconto percepito da quest’ultimo in data 11 dicembre 2000.
4.1. – Il motivo – con cui il ricorrente in via incidentale lamenta che la sentenza abbia “obliterato la domanda avanzata dal condominio” – è inammissibile.
Il condominio ricorrente in via incidentale lamenta nella sostanza l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine alla richiesta di ulteriore condanna del (OMISSIS) al risarcimento dei maggiori danni subiti dal condominio dal giorno dell’emanazione della sentenza di primo grado.
Ciononostante il motivo di ricorso non reca, come avrebbe dovuto, alcun univoco riferimento alla denuncia di nullità della decisione derivante dalla relativa omissione (nè, tantomeno, prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c.), ma si limita – inammissibilmente (cfr. Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931) – a sostenere che vi sarebbe un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (prospettando che vi sarebbe un “vizio di legittimità dell’impugnata sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”) o ad argomentare sulla violazione dell’art. 345 c.p.c., (“in virtù del quale è sempre ammissibile la domanda di risarcimento del danno successivo alla sentenza di primo grado”).
- – Il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono rigettati.
Le spese vanno poste a carico delle ricorrenti in via principale, essendo significativamente maggiore la loro soccombenza, e vanno liquidate come da dispositivo.
- – Poiché il ricorso principale e il ricorso incidentale sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono rigettati, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti in via principale e del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso in via incidentale; condanna le ricorrenti in via principale, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal condominio controricorrente, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 5.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge;
dichiara – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti in via principale e del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 28 settembre 2017.