Ordinanza 27315/2017
Rovina e difetti di cose immobili – Responsabilità del costruttore – Alterazione riguardante una parte condominiale ma incidente sulla funzionalità globale dell’edificio – Inclusione
In tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell’ipotesi di infiltrazioni d’acqua e umidità nelle murature.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 17 novembre 2017, n. 27315 (CED Cassazione 2017)
Art. 1669 cc (Rovina e difetti di cose immobili) – Giurisprudenza
RITENUTO
che la (OMISSIS) s.r.l., proprietaria di un capannone industriale in (OMISSIS), lamentando vizi derivanti da forti infiltrazioni d’acqua attraverso la copertura dell’immobile, lo scoppio dei pannelli di tamponatura esterni, la presenza di crepe e fessurazioni, effettuato accertamento tecnico preventivo, convenne in giudizio il costruttore, (OMISSIS) s.p.a., chiedendo di essere risarcita del danno;
che la convenuta, costituitasi, eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, indicando come tale la (OMISSIS) s.a.s., committente della costruzione, con la quale aveva raggiunto un accordo transattivo a riguardo dei vizi in parola, chiedendo, tuttavia, di essere manlevata da (OMISSIS), il quale, in subappalto aveva curato l’impermeabilizzazione del tetto;
che, con sentenza del 4/3/2005, il Tribunale di Treviso condannò la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento della somma di Euro 26.822,00, oltre interessi e rivalutazione in favore dell’attrice; condannò, inoltre, (OMISSIS) a manlevare la convenuta delle somme corrisposte all’attrice;
che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 29/3/2013, in accoglimento dell’appello principale promosso dal (OMISSIS) e parziale di quello incidentale promosso da (OMISSIS), in riforma dell’impugnata decisione, condannò La (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 1.822,00, oltre interessi e rivalutazione e rigettò la domanda di manleva nei confronti del (OMISSIS); rigettò l’appello incidentale della (OMISSIS);
ritenuto opportuno, per quel che residua utile in questa sede, chiarire che la sentenza d’appello ridusse l’entità del risarcimento essendo pervenuta alla conclusione che il danno ai macchinari non era rimasto dimostrato e che gli ulteriori vizi accertati (cioè quelli diversi dalle infiltrazioni dal tetto) non potevano considerarsi gravi e, quindi, erano da intendersi esclusi dalla garanzia di cui all’art. 1669 c.c.;
ritenuto che avverso la determinazione d’appello la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione corredato da quattro motivi di doglianza e che la (OMISSIS) resiste con controricorso;
CONSIDERATO
che il primo motivo, con il quale la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè omessa motivazione su un punto controverso e decisivo, assumendosi che la (OMISSIS) aveva provato il danno e la liquidazione equitativa, effettuata dal Tribunale, trovava scaturigine nella insormontabile difficoltà di procedere ad una stima analitica dello stesso (i macchinari danneggiati erano stati acquistati molto tempo prima e non era stato possibile reperire la pertinente documentazione, nel mentre al CTU era stato fornito l’elenco degli strumenti danneggiati, senza contare che sia l’A.T.P., che la C.T.U. avevano descritto i danni), non può essere accolto, in quanto: in primo luogo emerge la non autosufficienza del ricorso, il quale rinvia ad accertamenti effettuati dall’A.T.P. e dalla C.T.U. di cui nulla può conoscere questo giudice, inoltre, non è in questa sede contestabile la valutazione di merito del Giudice d’appello, il quale non solo ha escluso che non vi fosse modo di provare l’entità dello specifico danno patito dai beni strumentali che si trovavano all’interno dell’officina, ma, quel che qui rileva primariamente, che fosse stata data la prova dell’an del danno relativamente ai predetti beni, in difetto della quale non è di certo consentito sopperire con il ricorso all’equità (Sez. 3, n. 10607, 30/04/2010, 612765; Sez. 6-L, n. 27447, 19/12/2011, Rv. 619916);
considerato che il secondo motivo, con il quale la ricorrente denunzia l’omessa valutazione della produzione con la quale era stata di mostrato il costo sostenuto per sostituire la centralina telefonica, andata irrimediabilmente danneggiata dalle infiltrazioni d’acqua, è fondato, dovendosi, in effetti registrare l’omesso esame del predetto fatto decisivo, oggetto di dibattito fra le parti, avendo la (OMISSIS) prodotto davanti al Tribunale, come allegato 10, la fattura relativa all’acquisto della nuova centralina, circostanza, questa, che trova conferma nelle dichiarazioni (riportate in ricorso) del teste (OMISSIS);
considerato che il terzo motivo, con il quale viene dedotta la violazione dell’art. 1669 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per essere state giudicate non rientranti fra i vizi gravi le fessurazioni, le crepe e le scoppiature delle pareti interni, senza tenere conto delle valutazioni del CTU e dell’entità delle opere di ripristino, è fondato, in quanto:
1) la motivazione sul punto resa dal Tribunale e, per conferma, dalla Corte d’appello, per stringatezza, apoditticità, assenza di collegamento specifico al caso concreto (tanto da farla apparire priva di concreta riferibilità) non supera la soglia della mera apparenza (scrive il primo Giudice che “appare evidente come solo le infiltrazioni d’acqua meteorica costituiscano difetto ai sensi dell’art. 1669 c.c., in quanto solo detti difetti incidono sulla funzionalità dell’opera e sulla conservazione della costruzione, rimanendo marginali e non gravi gli altri difetti”; scrive la Corte locale che “trattasi di vizi di non rilevante gravità che non impediscono nè limitano significativamente il godimento dell’immobile e non possono pertanto rientrare nella garanzia extracontrattuale di cui al citato art. 1669 c.c.”), specie ove la si ponga in correlazione con gli apprezzamenti del CTU, riportati per ampi stralci in ricorso, dai quali ha modo di trarre che i rilevanti difetti che investivano le pareti, oltre ad essere indice di un vera e propria incuria costruttiva, rappresentavano difetti di non secondario rilievo, per far fronte ai quali ed al fine di salvaguardare la chiusura perimetrale dell’edificio, sarebbero occorsi interventi radicali e importanti;
2) pur vero che la doglianza disciplinata dal vigente art. 360 c.p.c., ed in particolare, sub n. 5), nella configurazione imposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (che trova applicazione alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto), prevede la ricorribilità per il solo caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, resta, tuttavia, denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914), delle quali ipotesi, qui, ricorre, come si è anticipato, quella della apparenza, mera vestigia priva di sostanza argomentativa;
3) Inoltre, abbandonata, oramai da tempo un’interpretazione restrittiva della garanzia in parola, costituisce principio di diritto consolidato espresso in sede di legittimità quello secondo il quale i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell’ipotesi di infiltrazione d’acqua e umidità nelle murature del vano scala, causata dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura (Sez. 2, n. 84, 3/1/2013, Rv. 624395; si veda pure, Sez. 2, n. 20644, 09/09/2013);
considerato che il quarto motivo, con il quale la ricorrente prospetta vizio da omessa motivazione per non essere stato preso in alcun modo in esame il dedotto danno da mancato guadagno, sul quale era stato avanzato appello incidentale, merita di essere accolto, in quanto, nonostante che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, non necessita l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione (S.U., n. 17931, 24/07/2013, Rv. 627268; Sez. 1, n. 24553, 31/10/2013, Rv. 628248), riferimento che nel caso in esame indubbiamente è dato rinvenire piuttosto agevolmente;
considerato che in ragione di quanto sopra deciso la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e gli atti trasmessi al Giudice del rinvio per nuovo esame, che tenga conto degli espressi principi di diritto e valutazioni, Giudice al quale viene demandata anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo e rigetta il primo;
cassa e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, altra sezione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il giorno 28 giugno 2017.