Ordinanza 27331/2023
Rapporto di lavoro subordinato – Dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto ex art. 26 del d.lgs. n. 151 del 2015 – Forma scritta – Necessità
In base all’art. 26 d.lgs. n. 151 del 2015, il rapporto di lavoro subordinato può essere risolto per dimissioni o per accordo consensuale delle parti solamente previa adozione della forma scritta, con le modalità telematiche previste o presso le sedi assistite, a pena di inefficacia dell’atto.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 26/09/2023, n. 27331 (CED Cassazione 2023)
RILEVATO CHE
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte
d’appello di Catania, confermando la sentenza del
Tribunale della medesima sede, ha accertato la
legittimità delle dimissioni rese da (OMISSIS)
in data 14.6.2018 nei confronti del proprio datore
di lavoro (OMISSIS).
2. La Corte territoriale, richiamando la
giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3822 del
2019) emessa in materia di applicazione della regola
residuale dettata dall’art. 2697 cod.civ. ove si
controverta sulla riconducibilità, della cessazione
del rapporto di lavoro, al lavoratore (dimissioni)
piuttosto che al datore di lavoro (licenziamento
orale), ha ritenuto sprovvista di prova la domanda
proposta dal lavoratore di accertamento di un
provvedimento espulsivo del datore di lavoro.
3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto
ricorso per cassazione, affidato a un motivo. Il
datore di lavoro ha resistito con controricorso e ha
deposito memoria.
4. La Procura generale ha depositato la propria
requisitoria chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Al termine della camera di consiglio, il Collegio
si è riservato il deposito dell’ordinanza nei
successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi
dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 del
d.lgs. 14.9.2015, n. 151 e dell’art. 2697 cod.civ,
avendo, la Corte territoriale trascurato che la
fattispecie era regolata dalla norma del 2015 che
impone la forma scritta alle dimissioni rese dal
lavoratore.
2. Il ricorso merita accoglimento.
3. La fattispecie in esame si è verificata (nel
giugno 2018) durante il periodo di vigenza dell’art.
26 del d.lgs. n. 151 del 2015, il quale prevedeva (e
prevede): “1. Al di fuori delle ipotesi di cui
all’articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, e successive
modificazioni, le dimissioni e la risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a
pena di inefficacia, esclusivamente con modalità
telematiche su appositi moduli resi disponibili
dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali
attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi
al datore di lavoro e alla Direzione territoriale
del lavoro competente con le modalità individuate
con il decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali di cui al comma 3.” (seguono
numerosi diversi altri commi che regolano la facoltà
di revoca delle dimissioni, le caratteristiche del
modulo di dimissioni, le sanzioni penali in caso di
alterazione del modulo, le sedi “protette” ove dette
modalità formali non sono applicate, l’esclusione
del lavoro domestico).
4. La Corte territoriale ha richiamato consolidata
giurisprudenza di questa Corte la quale – nella
vigenza del criterio, dettato dall’art. 2118
cod.civ. della libertà delle forme per il recesso
del lavoratore – ha espresso un principio di diritto
necessario per risolvere i profili di incertezza
sulla effettiva causa di estinzione del rapporto di
lavoro, con particolare riguardo al criterio di
riparto dell’onere probatorio ove, a fronte
dell’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro
senza formalità scritte, una parte (il lavoratore)
deduca un sopravvenuto provvedimento di espulsione
dall’azienda e l’altra parte (il datore di lavoro)
eccepisca l’intervenuta determinazione di dimissioni
(Cass. n. 3822 del 2019; nello stesso senso, Cass.
n. 13195 del 2019; da ultimo, Cass. n. 16013 del
2022); la sentenza impugnata non si è, peraltro,
avveduta della circostanza che le ipotesi esaminate
dalla Suprema Corte erano sottratte alla più incisiva
normativa introdotta, dapprima, con l’art. 1 della
legge n. 188 del 2007 (abrogato subito dopo con
l’art. 39 del d.l. n. 112 del 2008, convertito con
legge n. 133 del 2008; su tale disposizione, cfr.
Cass. n. 24750 del 2017) e, successivamente, (con
l’art. 4, comma 16, della legge n. 92 del 2012 e poi)
con l’art. 26 del d.lgs. n. 151 del 2015, che – a
pena di nullità, ex legge n. 188 citata, e a pena di
inefficacia, ex d.lgs. n. 151 citato – ha introdotto
per le dimissioni (e per la risoluzione consensuale
del rapporto di lavoro) l’onere della forma scritta.
richiamati non si attaglia, pertanto, al caso di
specie, che ricade nel campo di applicazione del
d.lgs. n. 151 del 2015.
5. La normativa (preceduta, nel tempo, da alcune
previsioni di determinati contratti collettivi; cfr.
sul punto Cass. n. 9554 del 2001, Cass. n. 5454 del
2011 e Cass. n. 29329 del 2022) che ha imposto, per
le dimissioni, una determinata forma non altera la
natura dell’atto di dimissioni come negozio
unilaterale recettizio, ma richiede – ai fini
dell’efficacia dell’atto – il rispetto di
determinate forme (di natura telematica), salvo che
le dimissioni (e la risoluzione consensuale)
intervengano in sede assistita o avanti alla
Commissione di certificazione. Tali procedure mirano
a soddisfare, contestualmente, un duplice obiettivo:
da un lato, conferire data certa alle dimissioni al
fine di rendere impossibile il fenomeno delle
dimissioni in bianco; dall’altro, fornire la
garanzia che la volontà del lavoratore di risolvere
il contratto di lavoro (espressa tramite le
dimissioni o l’accordo di risoluzione consensuale)
si sia formata e sia stata espressa liberamente e
genuinamente dal lavoratore medesimo, in assenza di
qualunque costrizione esercitata dal datore di
lavoro.
6. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata,
dovendosi esprimere il seguente principio di
diritto: ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. n. 151 del
2015, il rapporto di lavoro subordinato può essere
risolto per dimissioni o per accordo consensuale
delle parti solamente previa adozione di specifiche
modalità formali oppure presso le sedi assistite, a
pena di inefficacia dell’atto.
7. In conclusione, va accolto il ricorso, la sentenza
impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello
di Catania, in diversa composizione, che prendendo
atto della normativa applicabile al caso di specie,
valuterà l’efficacia dell’atto di dimissioni e
l’eventuale successivo regime sanzionatorio
applicabile, provvedendo, altresì, sulle spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catania,
in diversa composizione, che provvederà altresì
sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 12
settembre 2023.