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Cassazione Civile 28251/2023 –

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Sentenza 28251/2023

Inesistenza o mancanza in atti della procura – Sanatoria – Art. 182, comma 2, c.p.c. nel testo anteriore alla cd. Riforma Cartabia

L’art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione anteriore alla c.d. riforma Cartabia, non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite giacché in tale testo espressamente si fa riferimento ad “un vizio che determina la nullità della procura”, a differenza di quanto accade nel testo come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, ove si è espressamente esteso il fenomeno giuridico della sanatoria anche alla fattispecie di inesistenza. (Nella specie, la S.C. ha escluso, in ragione della previsione di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c., ratione temporis vigente, la sanatoria di una procura inesistente, in quanto sottoscritta da un soggetto estraneo alla società che l’avrebbe conferita).

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 9.10.2023, n. 28251   (CED Cassazione 2023)

Art. 83 cpc (Procura alle liti)

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 1467/2015, a seguito di azione
risarcitoria proposta da (OMISSIS), dai suoi genitori (OMISSIS) e
(OMISSIS) e da suo fratello (OMISSIS) in relazione a lesioni derivate a (OMISSIS)
da un sinistro stradale avvenuto il 10 luglio 2002 a Carvico d’Adda – nel quale
(OMISSIS) quale motociclista si era scontrato con un’auto guidata da
(OMISSIS), di proprietà di (OMISSIS) e assicurata presso Zurich
Insurance, tutti e tre i soggetti nei cui confronti era chiesta la condanna al
risarcimento -, determinava la responsabilità del 60% del (OMISSIS) e del 40%
del (OMISSIS) in relazione al sinistro, e condannava solidalmente i convenuti a
risarcire, tenendo conto di quanto già versato dalla compagnia assicuratrice,
nella misura di euro 1.005.342,82, di euro 215.594,72 alla (OMISSIS), di euro
211.594,93 a (OMISSIS) e di euro 19.360,75 a (OMISSIS), per ciascuna
somma aggiungendo anche gli accessori; condannava altresì i convenuti a
rifondere a controparte le spese di lite.

Avendo proposto appello principale la compagnia assicuratrice e appello
incidentale i (OMISSIS)/(OMISSIS), le altre parti rimanendo contumaci, la Corte d’appello
di Brescia, con sentenza del 29 settembre 2020, in parziale riforma, dichiarava
soddisfatte ante causam le pretese degli appellanti incidentali, condannandoli a
restituire quanto ricevuto in forza della sentenza di primo grado e condannando
i responsabili a rifondere le spese di lite per tre quarti, compensando il residuo
quarto.

2. Hanno presentato ricorso sulla base di undici motivi – illustrato anche con
memoria – (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali eredi di
(OMISSIS), nelle more deceduto.

Si sono difesi con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS); si è difesa
con controricorso la compagnia assicuratrice.

Con ordinanza interlocutoria la causa, che era stata inserita nel ruolo della
camerale 12 gennaio 2023, è stata rimessa in pubblica udienza.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, cui si è poi uniformato
alla pubblica udienza.

Memorie sono state depositate dai ricorrenti e dalla compagnia assicuratrice.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il primo motivo denuncia nullità della procura e decadenza dall’appello.

In appello, costituendosi, gli attuali ricorrenti avevano eccepito l’inammissibilità
dell’appello principale e la decadenza appunto dall’appello, presentando la
procura dell’appellante principale nullità per difetto di rappresentanza
sostanziale e processuale.

Il difensore di quest’ultimo avrebbe infatti proposto appello indicando di agire in
base alla procura di primo grado. Si riproduce pertanto la procura della citazione
di primo grado notificata, deducendo che a spendere il nome della società non
sarebbe stata “una persona fisica legalmente dotata del potere di
rappresentanza”, non essendone indicata la qualità.

In atto d’appello la qualità sarebbe stata quella di “procuratore speciale pro
tempore” in capo a tale (OMISSIS), come esposto nell’incipit dell’atto
d’appello stesso: “Zurich Insurance PLC (già Zurich Insurance Company s.a. e
già Zurigo Assicurazioni s.a.) in persona del procuratore speciale pro tempore…
(OMISSIS) … rappresentata, difesa e assistita … giusta procura in calce
all’atto di citazione notificato nell’ambito del giudizio di primo grado”. Gli attuali
ricorrenti avevano allora eccepito che nella visura camerale storica della
compagnia assicuratrice, allegata alla comparsa di costituzione dei suddetti, il
(OMISSIS) non avrebbe avuto “procura rivestita da forma alcuna di pubblicità” e
non avrebbe diversamente “documentato la fonte del potere di rappresentanza”.

In presenza di tale eccezione gli attuali ricorrenti avrebbero evidenziato che la
parte rappresentata doveva provare i poteri rappresentativi (Cass. 19874/2011)
ed eccepito il difetto della produzione dei documenti relativi perché “nella
comunicazione di ISVAP, allegata … al fascicolo di primo grado dell’assicuratore”,
sarebbe risultato che Zurich Insurance Company ltd. aveva ceduto un ramo
d’azienda a Zurich Insurance PLC, ma nella suddetta procura Zurich Insurance
PLC era identificata “già Zurich Insurance Company s.a.”, anziché, come da
comunicazione di Isvap, quale successore di Zurich Insurance Company ltd.
In prima udienza d’appello, il 9 dicembre 2015, la compagnia aveva depositato
una memoria “di nuova costituzione” e procura notarile al (OMISSIS) per fondarne
la qualità di rappresentante di Zurich Insurance PLC e quindi la sua
legittimazione ad appellare. Gli attuali ricorrenti avevano eccepito comunque
durante tutto il giudizio d’appello (“da ultimo nelle comparse conclusionali”) il
difetto di legittimazione ad appellare.

In tale memoria “di nuova costituzione” controparte aveva affermato che dall’1
gennaio 2006 “Zurigo Compagnia di Assicurazioni S.a. ha mutato la propria
denominazione in Zurich Insurance Company s.a.”, e che quest’ultima e Zurich
Insurance Company ltd. erano la stessa società, come dimostrato dall’allegata
visura camerale della Zurich Insurance Company ltd., “dalla quale si ricava …
che le stesse hanno la stessa sede, numero RCA, codice fiscale e partita iva”.

Dalla medesima memoria sarebbe risultato altresì che Zurich Insurance
Company aveva reso il (OMISSIS) procuratore speciale con potere di rappresentarla
nei giudizi attivi e passivi, e che in seguito, a partire dal 1 gennaio 2010, avvenne
il trasferimento del ramo d’azienda, per cui tra gli altri i contratti assicurativi RCA
passarono a Zurich Insurance PLC, che si era costituita poi dinanzi al Tribunale
di Bergamo. Quindi la procura rilasciata al (OMISSIS) non avrebbe cessato gli effetti
all’atto della cessione del ramo d’azienda, e pertanto egli avrebbe rilasciato
regolare procura per difendere Zurich Insurance PLC “in ogni stato e grado di
giudizio”.

Nelle conclusionali d’appello gli attuali controricorrenti avevano opposto che
controparte aveva allegato ma non dimostrato che il contratto de quo rientrasse
nel ramo d’azienda ceduto e che comunque il (OMISSIS), per quanto asserito dalla
stessa controparte, era “procuratore della società cedente” e non della società
cessionaria asseritamente appellante, non essendo stata trasferita la procura col
ramo d’azienda, per la sua natura intuitu personae; e i contratti di natura
personale non si trasferiscono ai sensi dell’articolo 2558, primo comma c.c., in
forza del quale si trasferiscono soltanto i contratti d’azienda e di impresa (Cass.
15065/2018). Inoltre l’invalidità della procura (da cui deriverebbe
l’inammissibilità dell’appello) non sarebbe stata sanata dalla successiva
costituzione – effettuata con la memoria “di nuova costituzione” del 9 dicembre
2015 – del procuratore nominato dalla Zurich Insurance PLC – dr. (OMISSIS),
che ratificava con essa il mandato alle liti dell’avv. Veronelli e l’operato del
(OMISSIS) -, essendo frattanto decorso il termine per impugnare (si invocano Cass.
16382/2007 e Cass. 6297/2003). Dunque nelle conclusionali d’appello gli attuali
ricorrenti affermavano che il difetto di legitimatio ad causam non sarebbe stato
sanato dalla procura conferita durante il giudizio d’appello.

A ciò si aggiunga che i (OMISSIS)/(OMISSIS) avevano eccepito, una volta appreso il
contenuto della procura rilasciata al (OMISSIS), difetto di legitimatio ad processum:
la sua rappresentanza processuale non sarebbe stata “accompagnata dal
conferimento del corrispondente potere di rappresentanza sostanziale” (cfr.
Cass. 2043/2018 e Cass. 15771/2018), per cui l’appello sarebbe stato
inammissibile.

Si richiama poi il passo della sentenza ove la corte territoriale ha rigettato
l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale perché il (OMISSIS) era privo
di potere di rappresentanza, affermando che l’eccezione sarebbe stata
“superata” dal deposito in appello “di una memoria di costituzione riportante in
calce una nuova procura ad litem”, per cui il così nominato procuratore speciale
(OMISSIS), oltre a conferire all’avvocato il potere di rappresentare e difendere la
compagnia assicuratrice nel giudizio d’appello, ha ratificato l’operato del (OMISSIS)
“nell’ambito del presente giudizio e, in particolare, il conferimento del mandato
alle liti all’avvocato …, che fa integralmente proprio ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 1399 c.p.c.”; e “la produzione documentale, sanando qualsiasi
eventuale difetto della procura” conferita dal (OMISSIS) al primo avvocato, avrebbe
reso infondata, sempre ad avviso della corte territoriale (che cita la non
massimata Cass.23624/2016), l’eccezione.

Da ciò deriverebbero tre vizi di legittimità:

a) violazione, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli
articoli 83, 125, 182, 325 e 327 c.p.c. per avere il giudice d’appello ritenuto
applicabile in materia processuale la ratifica.

I ricorrenti invocano Cass. 8933/2019, la quale insegna che il principio per cui
gli atti di chi non ha, anche parzialmente, potere di rappresentanza possono
essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non vale nel
campo processuale, in cui la procura alle liti è il presupposto della valida
instaurazione del rapporto processuale ed è possibile conferire con effetto
retroattivo solo nei limiti dell’articolo 125 c.p.c., per cui è rilasciabile dopo la
notificazione dell’atto purché anteriormente alla costituzione, e purché non sia
necessaria una procura speciale, caso, questo, in cui non sono possibili né la
sanatoria né la ratifica. Si invoca pure S.U. 13431/2014 e si sostiene che
l’articolo 182, secondo comma, c.p.c., come novellato dalla l. 69/2009, non si
applica ai casi di potenziale inesistenza della procura. E Cass. 3700/2012
statuisce che la sanatoria retroattiva della carenza di legittimazione processuale
ha limite nelle decadenze come il decorso del termine breve d’appello, per cui
invece si forma il giudicato per mancanza di tempestiva impugnazione (conforme
Cass. 5175/2005; i ricorrenti richiamano pure Cass. 23724/2016, peraltro non
pertinente).

b) nullità di sentenza e procedimento, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.,
per inesistenza della procura indicata nell’atto d’appello.

c) omesso esame di fatto discusso e decisivo, ex articolo 360, primo comma, n.5
c.p.c.: fatto relativo all’avvenuto conferimento dei necessari poteri di
legittimazione ad causam e ad processum al (OMISSIS) e del potere di
legittimazione ad processum al (OMISSIS).

4. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.,
violazione degli articoli 40 e 41 c.p. in relazione agli articoli 2043 e 2054 c.c. per
avere il giudice d’appello ritenuto “corrispondere a colpa solo concorrente e non
esclusiva la precedenza cronologica di cui il conducente del veicolo gravato cercò
di profittare, in considerazione della manovra d’emergenza che, ad una andatura
inferiore, il conducente del veicolo favorito avrebbe potuto porre in essere”.
Viene effettuata una ricostruzione del fatto (pur richiamando durante questa una
varia giurisprudenza), giungendo a negare in sostanza l’incidenza del
superamento del limite di velocità da parte del motociclista (OMISSIS).

5. Il terzo motivo, attinente alla rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio
e al diniego della personalizzazione si articola in tre submotivi:

a) violazione di legge e nullità del procedimento della sentenza, ex articolo 360,
primo comma, nn.3 e 4 c.p.c. per avere il giudice d’appello disposto la
rinnovazione di consulenza tecnica d’ufficio pur non essendo stata chiesta detta
rinnovazione dall’appellante compagnia assicuratrice, così violando il principio
devolutivo di cui agli articoli 99, 342, 345 e 346 c.p.c.

b) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 2059 c.c.
e 115-116 c.p.c. per avere il giudice d’appello la impotentia coeundi e la perdita
della vita di relazione ritenute improvate e irrilevanti ai fini della
personalizzazione.

c) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 2059 c.c. e
115-116 c.p.c. per avere ritenuto improvata e irrilevante ai fini della
personalizzazione la perdita della vita di relazione. Ad avviso del giudice
d’appello la personalizzazione non poteva essere riconosciuta nel caso di specie
ritenendo che una siffatta lesione investa chiunque in termini di “perdita di
amicizie e impoverimento della vita di relazione”. Sarebbe al contrario
“nell’esperienza di tutti” che la paraplegia da lesione spinale “non comporti, di
regola, la perdita di amicizie o la perdita della vita di relazione”, per cui tale
perdita motiverebbe una personalizzazione e, negandola, la corte territoriale
avrebbe violato gli articoli 2059 c.c. e 115, secondo comma, c.p.c.
6. Il quarto motivo, attinente al danno psichico come fonte di personalizzazione,
è composto di due submotivi.

a) omesso esame di fatto discusso e decisivo in violazione dell’articolo 360,
primo comma, n.5 c.p.c., ovvero della relazione del perito di parte Massimo Biza.

b) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 2059 c.c.
e 115 c.p.c. perché, in conseguenza di quanto denunciato sub a) nel senso di
“non avere riconosciuto l’intero risarcimento dovuto nonostante l’allegazione e
dimostrazione di parte”, non è stato disposto “l’intero risarcimento … nonostante
l’allegazione e dimostrazione del danno psichico”.

7. Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.,
violazione degli articoli 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. per avere il giudice
d’appello negato il danno da perdita di capacità di guadagno derivante dalla
elisione di capacità lavorativa specifica.

La corte territoriale richiama Cass. 9444/2010, un caso di inabilità permanente
del 10% che comunque segue la giurisprudenza di questa Suprema Corte per
cui, per risarcire il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa,
oltre ad accertare se e in quale misura “la menomazione fisica” incida sulla
capacità lavorativa specifica, si deve verificare se e quanto è rimasto della
capacità di svolgere il proprio lavoro o altri lavori confacenti, e soltanto se risulta
ridotta la capacità di guadagno sussiste risarcimento come relativo a lucro
cessante.

Nel caso in esame, entrambi i consulenti tecnici d’ufficio – quello di primo grado
e quello del secondo – avrebbero accertato una totale perdita della capacità
lavorativa specifica di operaio metalmeccanico. Avrebbe pertanto dovuto esser
risarcito il danno da perdita di capacità di guadagno, distinto dal danno biologico.

Non rileverebbe, poi, come invece ritenuto dal giudice d’appello, il fatto che Robi
(OMISSIS) si sia dimesso alla fine del periodo di comporto. Essendosi infatti
realizzata una causa di risoluzione per impossibilità sopravvenuta, non
rileverebbe il fatto che il rapporto sia finito in tal modo invece che per un
licenziamento (si invoca qui Cass. 15822/2005, che riconosce il risarcimento in
un caso di pensionamento anticipato).

Non sarebbe rilevante neppure l’omessa iscrizione nelle liste di collocamento
delle categorie protette, per una serie di ragioni.
In primo luogo, l’appena citata Cass. 15822/2005, in motivazione, afferma che
la pensione anticipata non incide direttamente sul danno da perdita di capacità
di guadagno.

In secondo luogo la non iscrizione sarebbe stata smentita dalla CTU (OMISSIS)
(quella svolta in secondo grado), affermante che (OMISSIS) ha dichiarato di
non aver ricevuto offerte di lavoro delle categorie protette, il che è diverso dalla
non iscrizione.

In terzo luogo sussisterebbe la possibilità di valorizzare la residua capacità
lavorativa generica per ridurre il danno da perdita della capacità lavorativa
specifica solo se quella generica “sia concretamente utilizzabile e rappresenti,
così, un valore economico di sicura o probabile utilizzazione” (Cass. 2353/1971):
nel caso in esame invece non è certa la possibilità di lavoro in categorie protette.
Cass. 14645/2015 afferma che la liquidazione del danno da perdita di capacità
lavorativa specifica può essere soltanto equitativa, essendo un danno
patrimoniale futuro, per cui si deve tener conto di tutte le circostanze del caso e
in particolare “della rilevanza sociale … e dei vari fattori incidenti sulla gravità
della lesione”. Pertanto non può negarsi il risarcimento del danno da perdita di
capacità lavorativa specifica “sol perché esista l’astratta possibilità di
collocamento nelle categorie protette”, in quanto tali lavori non sono assimilabili
alla specifica capacità lavorativa di operaio metalmeccanico specializzato. Inoltre
il giudice di merito avrebbe dovuto “qualificare l’eccezione” come concorso ex
articolo 1227, secondo comma, c.c., applicabile ex articolo 2056 c.c.: quindi
sarebbe stata una eccezione stricto sensu, mai sollevata dalla compagnia
assicuratrice; né la compagnia assicuratrice ha provato la concreta possibilità di
un lavoro compatibile. Sarebbe stato pertanto violato il principio di diritto per
cui, provata la perdita della capacità lavorativa specifica, il giudice deve liquidare
il danno patrimoniale futuro derivante da detta perdita, come insegna Cass.
16913/2019.

8. Il sesto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione
degli articoli 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto
insussistente il danno da perdita di chances di maggior guadagno per
progressione retributiva; anche in questo caso non rileverebbero le dimissioni
del danneggiato.

9. Il settimo motivo verte sulle spese di assistenza infermieristica e domestica,
e si articola in due submotivi:

a) violazione, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., degli articoli 99,
342, 345 e 346 c.p.c. nonché nullità della sentenza e del procedimento per
mancato rispetto del principio devolutivo che sarebbe stato effettuato riducendo
tali spese.

Nel relativo motivo d’appello, la compagnia assicuratrice aveva argomentato per
sostenere che il danno “non esiste” perché dalla CTU (OMISSIS) emergerebbe, a
proposito dell’assistenza infermieristica, che (OMISSIS) “esegue cinque
autocateterismi al dì” e, a proposito dell’assistenza domestica”, questa sarebbe
“assicurata dalla famiglia”; e poiché per tredici anni (OMISSIS) “non ha
sostenuto esborsi per assistenza infermieristica e domestica”, ciò proverebbe
che nemmeno in futuro gli sarà necessario ricorrere a queste assistenze.

Invece la corte territoriale avrebbe ridotto il quantum del danno seguendo la
CTU (OMISSIS) da essa disposta (la compagnia non aveva chiesto la rinnovazione
della consulenza tecnica d’ufficio). Per tale nuova consulenza, sarebbe quindi
incorsa nella ultrapetizione e nella violazione del principio devolutivo.
Vi sarebbe inoltre ultrapetizione per la riduzione del quantum: l’appello avrebbe
riguardato soltanto l’an del risarcimento (si cita Cass. 18160/2012).

b) violazione, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli
articoli 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. per la riduzione del quantum risarcitorio in
ordine all’assistenza domestica e infermieristica mediante errore di calcolo.

Attribuito concorso di colpa nella misura del 40% al (OMISSIS), la riduzione invece
viene effettuata nella misura del 60%; il che sarebbe impugnabile per cassazione
per erronei parametri/presupposti numerici (Cass. 478/2019 e Cass. 795/2013).

10. L’ottavo motivo, in ordine alla compensatio lucri cum damno, rileva che
accogliendo il quinto motivo d’appello della compagnia assicuratrice la corte
territoriale ha ridotto l’ammontare del risarcimento di (OMISSIS) di quanto
erogatogli dall’Inps (richiamando tra l’altro S.U. 12567/2018), e oppone più
submotivi.

a) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 1223, 1226,
1227, 2056 e 2059 c.c. in relazione all’articolo 41 l. 9 novembre 2010 n. 183
“per difetto di prova di rivalsa e di accertamento dell’ammontare delle rendite
capitalizzate”.

Mancherebbe nei documenti esibiti dall’Inps l’ammontare delle capitalizzazioni,
per cui il giudice d’appello avrebbe effettuato la detrazione non di rendite
capitalizzate, ma sommatorie, così violando l’articolo 41 citato in rubrica.

b) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 1223, 1226,
1227, 2056 e 2059 c.c. in relazione all’appena citato articolo 41 nonché
all’articolo 11, primo comma, prel. per applicazione retroattiva dell’articolo 41.

c) violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 1223, 1226,
1227, 2056 e 2059 c.c. in relazione all’articolo 1916 c.c. per avere il giudice
d’appello effettuato la compensatio lucri cum danno applicando il meccanismo
surrogatorio ex articolo 1916 c.c., mancando la prova di rivalse e del loro
ammontare.

d) omesso esame, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., di fatto decisivo
laddove il giudice d’appello “detrae dall’ammontare del risarcimento dovuto”
quanto ritiene erogato dall’Inps a titolo di rendite capitalizzate, nonostante non
constino azioni di rivalsa.

11. Il nono motivo prende le mosse dal fatto che il giudice d’appello ha ridotto il
quantum del danno parentale da euro 120.000 per ciascun genitore a euro
34.392, tenendo in conto la corresponsabilità di (OMISSIS) rispetto al sinistro.

Il motivo si articola in tre submotivi.

a) violazione, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., degli articoli 99,
342 e 346 c.p.c. per avere la corte territoriale liquidato in misura inferiore al
minimo delle tabelle milanesi, pur avendo la compagnia assicuratrice lamentato
soltanto l’applicazione del massimo di tali tabelle.

b) violazione, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., degli articoli 1223,
1226, 1227 e 2059 c.c. nonché nullità della sentenza laddove il giudice d’appello
ha diminuito il quantum del danno non patrimoniale come errore di calcolo,
abbattendolo non del 40%, bensì del 71,34%.

12. Il decimo motivo, affermando la inapplicabilità delle tabelle legali sulle
micropermanenti ratione temporis in relazione all’articolo 139 d.lgs. 209/2005,
denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione
degli articoli 1223, 1226, 1227 e 2059 c.c. in relazione all’articolo 139 appena
citato e all’articolo 11, primo comma, prel., per avere il giudice d’appello
imprevedibilmente applicato in modo retroattivo la tabella prevista dal suddetto
articolo 139.

13. L’undicesimo motivo, in riferimento ad asserito errore di calcolo nella
determinazione delle restituzioni e nel governo delle spese, denuncia, ex articolo
360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1223, 1226, 1227, 2056
e 2059 c.c. in relazione alla liquidazione del danno.

14.1 Passando allora a esaminare il diffuso ricorso sin qui riassunto, deve
rilevarsi che il primo motivo si impernia sulla questione della possibilità o meno
di applicare l’articolo 182, secondo comma, c.p.c., nel testo ratione temporis qui
vigente, anche nell’ipotesi in cui la procura ad litem sia inesistente, giacché in
tale testo espressamente si annovera “un vizio che determina la nullità della
procura”.

La nullità, nella sua radice letterale, non include l’inesistenza, bensì configura
una esistenza non congruamente configurata, id est viziata. In quest’ottica che
prescinde la configurazione erronea dell’esistente dall’assenza dell’esistente non
è affatto priva di significatività logico-giuridica la divergenza introdotta nel testo
dell’articolo 182, secondo comma, c.p.c. come novellato dal d.lgs. 10 ottobre
2022 n. 149, ove si è espressamente esteso il fenomeno giuridico della sanatoria
anche alla fattispecie di inesistenza (così “avvicinata” ontologicamente
all’esistenza viziata) mediante l’incipit “Quando rileva la mancanza della procura
al difensore” e le successive correlate statuizioni che “il giudice assegna alle parti
un termine perentorio … per il rilascio della procura alle liti”, il cui rispetto
nell’attivarsi “sana i vizi” onde “gli effetti sostanziali e processuali della domanda
si producono fin dal momento della prima notificazione”. In tal modo si
attribuisce, come una sorta di negotiorum gestio processuale, il potere di avviare
causa anche ad un difensore che non ha ricevuto la procura dal soggetto per il
cui interesse – poi confermato dal rilascio/ratifica – la instaura.

14.2 Ponendo su un diverso livello la funzione difensiva, ovvero valutandola
come non conferibile retroattivamente e quindi non idonea ad attivare una
sequenza processuale espletando una sorta di condizionata potestas, si è invece
pronunciata e, per così dire, fermata, poco prima dell’entrata in vigore della
novella – e dunque non percependo l’apporto di quest’ultima come conclusione
del percorso di una fattispecie del diritto vivente, id est formalizzazione
dell’interpretazione giurisprudenziale, qui effettivamente inattuabile per carenza
di uniformità interpretativa -, S.U. 21 dicembre 2022 n. 37434.

Quest’ultimo arresto ha nettamente escluso che lo strumento sanante previsto
dall’articolo 182, secondo comma, c.p.c. nel testo anteriore alla c.d. riforma
Cartabia possa applicarsi, con effetto appunto ex tunc, anche al caso di
inesistenza di procura ad litem, per qualunque ragione questa sia mancante,
salva naturalmente la regola, in certa misura “laterale” rispetto a questa
tematica, dettata dall’articolo 125, secondo comma, c.p.c.

La procura inesistente, in quanto tale, non può produrre nessun effetto giuridico
e pertanto, in difetto di specifica previsione normativa, non può essere
suscettibile di sanatoria, se non appunto nei limiti di cui all’articolo 125, secondo
comma, c.p.c. Al di fuori di questi, nella vigenza del testo anteriore alla riforma
e dunque qui applicabile l’intervento del supremo giudice nomofilattico ha
chiarito che, qualora la procura sia inesistente, nulla è recuperabile, non potendo
essere sanata con atti depositati dopo la notifica dell’atto processuale di avvio
del giudizio in cui la procura avrebbe dovuto spiegare quel che è, a ben guardare,
il suo precipuo effetto.

14.3 Come osserva il Procuratore Generale, allora, nel caso in esame la procura
dell’atto d’appello della compagnia assicuratrice è incontestato che fu
sottoscritta da una persona fisica che era procuratrice speciale di una società
diversa da quella appellante, e precisamente era procuratrice speciale della
società cedente il ramo d’azienda in cui si rinveniva il contratto di assicurazione
che avrebbe fondato la legittimazione ad causam dell’appellante cessionaria.

Essendosi già verificata la cessione, ed essendo dunque la procura a mezzo della
quale la cessionaria ha proposto l’appello una procura del tutto estranea
all’appellante, da definirsi pertanto inesistente in quanto sottoscritta da un
soggetto estraneo appunto alla società che l’avrebbe conferita, ogni atto
processuale successivo non ha potuto esplicare alcuna efficacia sanante, il che
conduce all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, logicamente
assorbendo tutti gli ulteriori motivi.

L’accoglimento di questa censura conduce alla cassazione senza rinvio della
sentenza d’appello, in quanto il giudizio di secondo grado è stato, dalla
cessionaria del contratto assicurativo, instaurato in difetto di procura ad litem.

15. In conclusione, il primo motivo del ricorso va accolto, il che assorbe ogni
altra doglianza. Ne consegue che la sentenza d’appello deve essere cassata
senza rinvio, condannando dell’attuale controricorrente Zurich Insurance PLC a
rifondere agli attuali ricorrenti le spese del giudizio d’appello, liquidate in un
totale di euro 44.383, oltre spese generali e accessori di legge, nonché le spese
della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio di appello nella misura ivi
liquidata; ne consegue altresì la condanna della controricorrente Zurich
Insurance PLC a rifondere ai ricorrenti le spese del presente giudizio per un totale
di euro 15.000, oltre a euro 200 di esborsi e accessori di legge, nonché la
condanna dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) – in solido per il comune
interesse processuale – a rifondere ai ricorrenti le spese del presente giudizio per
un totale di euro 10.000, oltre a euro 200 di esborsi e accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i motivi restanti, cassa
senza rinvio la sentenza impugnata, condanna Zurich Insurance PLC a rifondere
agli attuali ricorrenti le spese del giudizio d’appello, liquidate in un totale di euro
44.383, oltre spese generali e accessori di legge, nonché le spese della
consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio di appello nella misura ivi
liquidata; condanna Zurich Insurance PLC a rifondere ai ricorrenti le spese del
presente giudizio per un totale di euro 15.000, oltre a euro 200 di esborsi e agli
accessori di legge; condanna in solido (OMISSIS) e (OMISSIS) a
rifondere ai ricorrenti le spese del presente giudizio per un totale di euro 10.000,
oltre a euro 200 di esborsi e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma l’11 luglio 2023