Sentenza 28379/2017
Diritti e obblighi del possessore – Restituzione dellìimmobile – Indennità per miglioramenti e addizioni
La previsione di cui all’art. 1150 c.c. – che attribuisce al possessore, all’atto della restituzione della cosa, il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti recati alla cosa stessa – è di natura eccezionale e non può, dunque, essere applicata in via analogica al detentore qualificato od a qualsiasi diverso soggetto. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello con la quale era stata respinta la domanda di rimborso formulata dai promittenti venditori di un immobile, che ne avevano mantenuto il possesso dopo la conclusione del preliminare, seppur pattuendo in quella sede “l’anticipazione dell’effetto traslativo” in favore del promissario acquirente).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 28 novembre 2017, n. 28379 (CED Cassazione 2017)
FATTI DI CAUSA
- Con sentenza depositata il 31/07/1997 il tribunale di Brescia ha accolto la domanda di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonchè (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di pronuncia di esecuzione specifica di contratto preliminare non concluso ex art. 2932 c.c., relativo a immobile promesso in vendita dai convenuti e sito in (OMISSIS).
- Rigettato l’appello dei promittenti venditori, nella pendenza di giudizio a seguito di ricorso per cassazione, che sarebbe stato poi respinto con sentenza n. 6868 del 19/01/2004, con atto di citazione del 13/08/2001 (OMISSIS) ha chiesto al Tribunale di Brescia condannarsi le controparti al rilascio dell’immobile. Si sono costituiti i convenuti che, per quanto interessa, hanno chiesto condannarsi il sig. (OMISSIS) al pagamento della somma di Lire 36 milioni per interventi di riparazione del tetto effettuati nel 1997 su sollecitazione del sig. (OMISSIS) medesimo e della conduttrice dell’immobile, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c..
- Avverso la sentenza del tribunale del 12/11/2008, che ha accolto la domanda del (OMISSIS) e rigettato la riconvenzionale, hanno proposto appello (OMISSIS) e (OMISSIS) nonchè (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del signor (OMISSIS), che ha chiesto il rigetto del gravame, e di (OMISSIS) nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS), questi ultimi convenuti quali eredi di (OMISSIS), all’eredità del quale hanno peraltro eccepito di aver rinunciato.
3.1. Con sentenza depositata il 28/05/2012 la corte d’appello di Brescia ha respinto l’appello, considerando, per quanto interessa, che:
– l’effetto traslativo in base a sentenza ex art. 2932 c.c., si verifica al passaggio in giudicato, non essendo tale effetto tra quelli suscettibili di anticipazione nè per volontà delle parti o per conseguenza dei loro comportamenti assimilabili a quelli del proprietario nè per mezzo della provvisoria esecuzione delle sentenze;
– i promittenti venditori, sino al verificarsi dell’effetto traslativo, erano dunque proprietari e possessori del bene oggetto delle riparazioni, onde loro competeva, e non ai promittenti acquirenti, ex art. 1150 c.c., il carico delle spese straordinarie;
– neppure era fondata la domanda ex art. 2041 c.c., non essendo stata fornita la prova del depauperamento, essendo anzi provato che l’esborso era stato effettuato da altro soggetto che non aveva agito in ripetizione, ed essendo dubbie l’esistenza degli interventi, la loro quantità e qualità, sì che non emergeva neppure l’arricchimento della controparte mediante accrescimento del valore della proprietà.
- Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria, (OMISSIS) e (OMISSIS) nonchè (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ha resistito (OMISSIS) con controricorso mentre non hanno spiegato difese (OMISSIS) nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione di norme di legge, indicate nell’art. 1148 c.c. e segg., art. 1151 c.c. e segg., artt. 1180, 1387 c.c. e segg. e art. 2932 c.c., nonchè art. 282 c.p.c., oltre che motivazione insufficiente e contraddittoria. Si dolgono che la corte territoriale non abbia tenuto conto, nè offerto congrua motivazione in argomento, della circostanza che al preliminare erano stati conferiti – per volontà delle parti e per conseguenza dell’esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado ex art. 2932 c.c. – effetti anticipati, che includevano, pur senza la consegna dell’immobile, il trasferimento del possesso e della proprietà ancor prima del passaggio in giudicato della statuizione giudiziaria; inoltre avrebbe errato la corte d’appello nel ritenere inapplicabile ai promittenti venditori la possibilità data al possessore di richiedere il rimborso delle spese di riparazione straordinaria ai sensi dell’art. 1150 c.c..
1.1. Il motivo – inammissibile quanto alla sua articolazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto i fatti controversi su cui sarebbe viziata la motivazione sono, in effetti, apprezzamenti di carattere giuridico (riconoscimento degli effetti anticipati della sentenza; qualità di possessori o proprietari dei ricorrenti; esistenza o meno di un accordo in tema di esecuzione delle opere – v. p. 16 del ricorso), a fronte del chiarimento reso da questa Corte (v. ad es. Cass. n. 21152 del 08/10/2014) per cui la citata norma, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” – è infondato nella parte concernente una presunta violazione di norme di diritto.
1.2. Invero, a fronte dei contrari indirizzi patrocinati dai ricorrenti – la giurisprudenza di questa corte, anche a sezioni unite (cfr. Cass. sez. U, n. 7930 del 27/03/2008, più volte ribadita come ad es. da Cass. n. 5211 del 16/03/2016), ha affermato, superando precedenti orientamenti, che nella promessa di vendita (e ciò vale anche quando, come nel caso di specie, si tratti una promessa di permuta con conguaglio), anche quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità eventualmente conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente immesso anticipatamente nel godimento, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso.
1.3. Da quanto innanzi si è tratta la conseguenza che – poichè la norma dell’art. 1150 c.c., che attribuisce al possessore, all’atto della restituzione della cosa, il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti recati alla cosa stessa, è di natura eccezionale e non può essere applicata in via analogica (contra, ad es., la remota Cass. n. 3397 del 05/06/1984 richiamata dai ricorrenti) – qualora nella promessa di vendita venga concordata la consegna del bene prima della stipulazione del contratto definitivo, definendosi la relazione del promissario acquirente con il bene in termini di detenzione qualificata, l’art. 1150 c.c., non si applica (conformi, seppur in fattispecie diverse dalla detenzione in base a preliminare, Cass. n. 5948 del 18/03/2005 e n. 13316 del 30/06/2015).
1.4. Se tale è lo stato della giurisprudenza ove l’effetto anticipato della consegna dell’immobile sia stato concretamente voluto e attuato dalle parti, alle medesime conclusioni deve pervenirsi nel caso di specie, nel quale è pacifico che non sia stato anticipatamente consegnato l’immobile ai promittenti acquirenti, ma i ricorrenti ponendosi contro l’anzidetto orientamento giurisprudenziale ipotizzano che comunque un effetto traslativo vi sia nondimeno stato. In particolare, i ricorrenti hanno sostenuto essere essi qualificabili come possessori dell’immobile, ad un tempo assumento di poter richiedere al promittente acquirente, in quanto “nuovo proprietario” per gli ipotizzati effetti traslativi anticipati rispetto al passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 c.c., il rimborso ex art. 1150 c.c. (così alla p. 15 del ricorso). La tesi è frutto, come è evidente, di un errore di prospettiva. Invero, le disposizioni degli artt. 1148 c.c. e segg., regolano i diritti e gli obblighi del possessore nella restituzione della cosa al proprietario, per ipotesi – che non mette qui conto riepilogare – tutte accomunate dalla circostanza che il possessore sia evitto da chi sia proprietario senza avere il possesso della cosa. Nel caso di specie, per quanto detto, le qualità di possessore e proprietario, invece, sono contemporaneamente state, sino al passaggio in giudicato della sentenza, in capo ai ricorrenti, con la conseguenza che non può parlarsi – sino a detto giudicato – di “restituzione” della cosa dall’uno all’altro (v. rubrica della sez. del cod. civ. che principia con l’art. 1148). Quanto, poi, ai tentativi dei ricorrenti di accreditare – in varia guisa – un effetto traslativo anticipato rispetto al giudicato, come detto la tesi si pone contro la disciplina del codice civile (art. 2932 c.c., in relazione alle norme sostanziali e processuali sugli effetti delle sentenze e sul giudicato) quale ricostruita da indirizzi giurisprudenziali consolidati (v. Cass. sez. U, n. 7930 del 27/03/2008).
- Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 1150 c.c. e segg., art. 1180 c.c., art. 1387 c.c. e segg., art. 2041 c.c. e dei “principi generali in tema di rappresentanza”, nonchè vizio di motivazione, dolendosi della presunta erroneità delle statuizioni della corte d’appello in ordine alla ritenuta mancata prova dell’effettuazione di esborsi da parte dei ricorrenti, che invece deducono di averli effettuati per mezzo di (OMISSIS).
- Con il terzo motivo i medesimi ricorrenti deducono violazione degli artt. 892, 1321, 1703 c.c. e segg., artt. 2041 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, lamentando che la corte d’appello abbia erroneamente ritenuto mancante la prova del depauperamento dei ricorrenti e del corrispondente arricchimento del controricorrente.
- I due motivi, strettamente connessi quanto ai profili di cui in appresso, vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili.
4.1. Va richiamato che:
– il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa corte dal Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65), mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione;
– il vizio motivazionale, secondo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis, è poi configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento circa un fatto contestato e decisivo, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati dal giudicante, risolvendosi altrimenti il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.. (in termini, ad es., Cass. sez. U n. 24148 del 2013). Infatti il motivo di ricorso dell’art. 360, comma 1, ex n. 5, non conferisce alla corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma quello di controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operati dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge.
4.2. Su tali premesse, va notato che con i motivi in esame, lungi dal denunciare violazioni di legge e vizi motivazionali nei sensi anzidetti, i ricorrenti si limitano a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti (prova dell’effettuazione degli esborsi, del depauperamento e dell’arricchimento) operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, proponendo un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè tanto meno ai possibili vizi di violazione di norme di diritto. Sicchè i due motivi in esame si traducono nell’invocata revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità.
- In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti in solido dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti in solido dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 23 maggio 2017.