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Cassazione Civile 28511/2018 – Perizia contrattuale – Differenze dall’arbitrato e dall’arbitraggio – Vizi del consenso – Incapacità delle parti art. 1425 cc  

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Ordinanza 28511/2018

 

Perizia contrattuale – Differenze dall’arbitrato e dall’arbitraggio – Vizi del consenso – Incapacità delle parti art. 1425 cc

Nel caso in cui le parti di un contratto di assicurazione affidino ad un terzo l’incarico di esprimere una valutazione tecnica sull’entità delle conseguenze di un evento, al quale è collegata l’erogazione dell’indennizzo, impegnandosi a considerare tale valutazione come reciprocamente vincolante ed escludendo dai poteri del terzo la soluzione delle questioni attinenti alla validità ed efficacia della garanzia assicurativa, il relativo patto esula sia dall’arbitraggio che dall’arbitrato (rituale od irrituale) ed integra piuttosto una perizia contrattuale, atteso che viene negozialmente conferito al terzo, non già il compito di definire le contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine al rapporto giuridico ma la semplice formulazione di un apprezzamento tecnico che esse si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva; pertanto non sono applicabili le norme relative all’arbitrato, restando impugnabile la perizia contrattuale per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale (errore, dolo, violenza, incapacità delle parti).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 8 novembre 2018, n. 28511   (CED Cassazione 2018)

Articolo 1425 c.c. annotato con la giurisprudenza

Articolo 1427 c.c. annotato con la giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE

1.La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 10/2017, in accoglimento dell’appello principale proposto dalla compagnia Fondiaria SAI s.p.a., ha integralmente riformato la sentenza n. 44/2011 del Tribunale di S. Maria Capua Venere, e, per l’effetto ha annullato la perizia contrattuale relativa alla persona di Gi. Pi., resa in data 6/4/2005 dagli arbitri An. Ve. e Ma. Bu..

Era accaduto che in data 21/11/1996, la Sai (già Fondiaria Sai s.p.a. ed oggi UnipolSai Assicurazioni s.p.a.) e la società D.N. s.a.s. di Pi. avevano stipulato un contratto assicurativo, denominato SAI SALUTE ed identificato dalla polizza n. 990066603/06, con indicazione del Pi. come assicurato. Il contratto aveva ad oggetto “il rimborso delle spese per le prestazioni sanitarie derivanti da ricoveri ospedalieri o da prestazioni c.d. fuori ricovero”. E le garanzie erano operative con diversi massimali (in vecchie lire), nel caso di specie pari a 3 milioni delle vecchie lire.

Alcuni anni dopo (e precisamente in data 23.11.2000) il Pi., unitamente alla propria famiglia, aveva subito un’aggressione a mano armata presso il proprio domicilio: nel corso di detta aggressione era rimasta uccisa la moglie, mentre il Pi. aveva riportato lesioni personali.

Nel 2002 il Pi., per ottenere l’attuazione della suddetta polizza, aveva convenuto in giudizio la Fondiaria SAI; la Sai si era costituita ed il Tribunale adito (di Santa Maria Capua) con sentenza n. 1751/2004 aveva dichiarato il proprio difetto di competenza, in applicazione della “clausola di cui all’art. 9 delle Condizioni generali del contratto di assicurazione che, tra l’altro, rimette ad un collegio arbitrale la valutazione delle divergenze sul grado di invalidità permanente, sul grado o durata dell’inabilità temporanea, sulla liquidabilità della diaria per ricovero o gessatura e per il rimborso della spesa sanitaria, nonché le divergenze sull’applicazione dei criteri di indennizzabilità previsti dall’articolo 7” delle medesime condizioni generali.

Lo stesso Pi., quindi, con atto stragiudiziale aveva nominato un arbitro (dr. An. Ve.) e, nella ritenuta inerzia della compagnia, aveva richiesto la nomina dell’altro arbitro al Presidente del Tribunale di S. Maria di Capua Venere (che, in accoglimento della richiesta, aveva nominato arbitro per la Fondiaria Sai il dr. Ma. Bu. ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 809 e 810 c.p.c.).

I due arbitri, così nominati, a seguito di perizia arbitrale, avevano liquidato in favore dell’assicurato la somma di oltre 11 milioni di euro per danno biologico quantizzato nella misura dl 39%, con incidenza sulla capacità lavorativa specifica nella misura del 35% e lucro cessante.

Il Pi., per munirsi di un titolo esecutivo, sulla base della stessa menzionata perizia contrattuale, aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale di S. Maria di Capua Venere un decreto ingiuntivo.

Avverso il provvedimento monitorio aveva proposto opposizione la Fondiaria SAI S.p.a, ma il Tribunale di S. Maria Capua Venere con sentenza n. 44/2011 aveva dichiarato inammissibile l’opposizione (nonché, previa riunione, l’impugnazione della perizia contrattuale, che nelle more era stata proposta dalla Compagnia Fondiaria) ed aveva confermato il decreto ingiuntivo opposto (dichiarandolo provvisoriamente esecutivo) sul presupposto che l’irregolare composizione del collegio decidente poteva costituire motivo di impugnazione soltanto se fosse già stata denunciata nel corso del giudizio arbitrale.

Avverso la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal giudice di primo grado la Fondiaria Sai aveva proposto appello, chiedendo che venisse dichiarata l’invalidità della perizia contrattuale ottenuta dal Pi. e che conseguentemente fosse revocato l’emesso decreto ingiuntivo. A sostegno dell’appello aveva dedotto che: a) il Tribunale non aveva motivato sulla natura della perizia contrattuale, che aveva confuso con un arbitrato rituale; b) nel corso del procedimento vi erano stati evidenti errori (soprattutto in punto di errata allegazione di “altre” condizioni generali di contratto) e vi era un vizio nel procedimento di nomina del perito della compagnia; c) il giudice di primo grado aveva errato: nel valutare l’efficacia di giudicato espresso nella sentenza n. 1751/2004; nel non esaminare l’invalidità della perizia in ragione degli errori rilevati; e nel ritenere assorbiti detti vizi dal rigetto dell’impugnativa della perizia relativa alla nomina degli arbitri.

Il Pi., nel costituirsi, aveva proposto appello incidentale con il quale aveva chiesto dichiararsi l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo, perché iscritta a ruolo senza il rispetto del termine di legge e, nel merito, aveva contestato l’appello avversario, rilevando in particolare che solo in sede di atto di appello la compagnia aveva denunciato il travisamento delle condizioni di polizza e che i due esperti avevano fatto corretta applicazione del contratto posto a base della sentenza n. 1751/2004.

La Corte d’Appello, come sopra rilevato, con la impugnata sentenza ha riconosciuto alla decisione demandata agli arbitri natura di perizia contrattuale; e ha annullato quest’ultima, in quanto emessa da soggetto non legittimato ed in violazione del principio del contraddittorio (non essendo mai stata comunicata regolarmente la nomina dell’arbitro di parte di Fondiaria – SAI).

2.Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli propone ricorso il Pi..

Resiste con controricorso Unipol Assicurazioni S.p.a..

In vista dell’odierna adunanza depositano memorie entrambe le parti a sostegno dei rispettivi assunti.

RITENUTO CHE

1.11 ricorso è affidato a sei motivi.

In sintesi, il Pi.:

-con il primo motivo (pp. 10-15), in relazione all’art. 360 primo connma n. 3 e n. 4 c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1371 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Al riguardo deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Napoli, la clausola compromissoria di cui all’art. 9 delle Condizioni generali di Polizza: (non contemplava un arbitrato irrituale con tre arbitri, ma) affidava la perizia contrattuale a due periti (uno di nomina dell’assicuratore e l’altro di nomina dell’assicurato); non prevedeva alcuna formalità per la nomina dei due periti; e, soltanto in caso di disaccordo, prevedeva la nomina di un terzo esperto da parte del Consiglio dell’ordine dei medici. Deduce che con atto stragiudiziale, ritualmente notificato alla Fondiaria in data 19/11/2004 aveva dato inizio alla procedura di costituzione del collegio arbitrale, nominando il proprio perito ed invitando la controparte a fare altrettanto e, stante l’inerzia della compagnia, era stato costretto ad adire il Presidente del Tribunale di S. Maria C.V. ex art. 810 comma 2 c.p.c. (applicabile in via analogica all’arbitrato libero). Si lamenta che la Corte territoriale, nell’interpretare la clausola, ha violato i canoni che disciplinano l’ermeneutica contrattuale, in quanto, essendo la clausola vessatoria, la regolamentazione pattizia non poteva che essere letta secondo buona fede e contemperando equamente gli interessi delle parti;

-con il secondo motivo (pp. 15-19), sempre in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e n. 4 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. nonché omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Al riguardo, à1 lamenta che la corte territoriale erroneamente non ha rilevato il giudicato formatosi sulla sentenza n.1751/2004 del Tribunale di S. Maria (in punto di applicazione delle condizioni generali di polizza, nonché in punto di legittimità e fondatezza della sua richiesta di risarcimento); sostiene che il Tribunale con detta sentenza aveva dichiarato il proprio difetto di competenza in applicazione della clausola di cui all’art. 9 delle condizioni generali del contratto di assicurazione e che, poiché detta clausola ha costituito il presupposto logico giuridico indispensabile per la sentenza di incompetenza, la sua individuazione costituisce giudicato, dal quale non è possibile discostarsi; deduce che il diverso testo contrattuale, richiamato dalla Corte territoriale, è stato dedotto e prodotto dalla controparte soltanto in grado di appello, quando si era già formato il menzionato giudicato;

-con il terzo motivo (pp.20-22), sempre in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e n. 4 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 115 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Al riguardo, deduce che la Corte ha violato l’art. 345 c.p.c. nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l’eccezione formulata dalla compagnia, in relazione alle condizioni di polizza da lui prodotte (precisamente quelle relative alla SAI infortuni e non alla SAI salute); sostiene che l’eccezione era stata formulata dalla compagnia soltanto in grado di appello, non essendosi essa lamentata in primo grado dell’errore nel quale erano incorsi i nominati periti; e che, d’altronde, il principio di non contestazione preclude alla parte una contestazione tardiva in grado di appello di un fatto costitutivo principale (con relativa allegazione probatoria) inizialmente non controverso (tanto più che nella specie la contestazione tardiva potrebbe essere assimilata ad una eccezione in senso stretto);

-con il quarto motivo (pp. 22-26), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione, degli artt. 1428, 1429 e 1431 c.c.. Al riguardo, deduce che la Corte territoriale ha errato nell’annullare la perizia arbitrale, ritenendo incapace il Dott. Bu., quale arbitro nominato dal Presidente del Tribunale, senza considerare: la rituale nomina da parte sua di un arbitro; la mancata previsione di formalità della nomina; e l’inerzia della compagnia (la cui raccomandata 12/1/2005 era stata restituita al mittente per compiuta giacenza); in definitiva, secondo il ricorrente, sarebbe indubbia la capacità arbitrale del dr. Bu.;

-con il quinto motivo (pp. 26-28), in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Al riguardo lamenta che la Corte territoriale ha omesso di esaminare che la Sai ha prodotto un documento attestante la spedizione in fotocopia; tale documento proveniva dal Dott. Ma. (non dalla SAI), aveva come destinatario l’Avv. Co. (non lui, Pi., presso l’Avv. Co.) e non recava il numero della raccomandata; la SAI ha comunque riconosciuto che lo stesso non era venuto a conoscenza di tale , documento; u era stato assolto in sede penale per insussistenza delle condotte criminose ascrittegli. In definitiva, secondo il ricorrente, l’omesso esame dei suddetti atti e fatti inficia la sentenza impugnata, non potendo essere considerato come semplice omesso esame di elementi istruttori;

-con il sesto motivo (pp. 29-32), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e n. 4 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 33, 35 e 36 D. Lgs. n. 206 del 2005 – c.d. Codice del Consumo, nonché omesso esame di fatto decisivo e controverso. Al riguardo lamenta che la Corte territoriale non ha rilevato d’ufficio la vessatorietà della clausola di cui all’art. 9 delle condizioni generali, della quale pertanto avrebbe dovuto dichiarare l’inefficacia; sostiene la natura vessatoria di tutte le clausole contrattuali, che stabiliscono un aggravio rispetto non solo alla tutela giurisdizionale, ma anche all’arbitrato, con conseguente necessità di loro interpretazione a favore del contraente debole, nonché con conseguente conservazione del contratto e conseguente applicazione integrativa e conformativa alle norme di diritto (e, in particolare, a quella dettata in materia di arbitrato rituale dall’art. 810 c.p.c., pacificamente ritenuta compatibile con la perizia contrattuale).

  1. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Occorre premettere che l’art. 9 delle condizioni generali del contratto di assicurazione per cui è processo prevede espressamente che: “Le divergenze sul grado di invalidità permanente, sul grado o durata dell’inabilità temporanea, sulla liquidità della diaria per ricovero o gessatura e per il rimborso delle spese sanitarie, nonché le divergenze sull’applicazione dei criteri di indennizzabilità previsti dall’art. / delle Condizioni generali di assicurazione possono essere demandate per iscritto a due medici, nominati uno per parte, i quali si riuniscono nel Comune, sede di Istituto di medicina legale, più vicino al luogo di residenza dell’Assicurato. Tali medici, persistendo il disaccordo, ne nominano un terzo: le decisioni sono prese a maggioranza con dispensa da ogni formalità di legge e sono vincolanti anche se uno dei medici rifiuti di firmare il relativo verbale. Se una delle parti non provvede o se manca l’accordo sulla nomina del terzo medico, la scelta è fatta ad istanza della parte più diligente dal Consiglio dell’Ordine dei Medici avente giurisdizione sul luogo ove deve riunirsi il Collegio (Comune, sede di Istituto di Medicina Legale, più vicino al luogo di residenza dell’assicurato). E’ data facoltà al Collegio medico di rinviare, ove ne riscontri l’opportunità, l’accertamento definitivo dell’invalidità permanente ad epoca da definire dal Collegio stesso, nel qual caso il Collegio può concedere una provvisionale sull’indennizzo. Ciascuna delle parti sostiene le spese del medico da essa designato e contribuisce in misura della metà alle spese del terzo medico”.

Orbene, la Corte territoriale partenopea – dopo aver dato atto (p. 7) che la Compagnia aveva censurato la sentenza di primo grado per aver omesso qualsiasi valutazione e motivazione circa la natura giuridica della decisione arbitrale – ad esito di un articolato percorso motivazionale è correttamente giunta alla conclusione che detta decisione aveva nella specie natura di perizia contrattuale (pp. 9-10).

Invero, le parti con la perizia contrattuale – che realizza un accertamento sostitutivo della volontà delle parti nella fase dell’esecuzione del contratto – deferiscono per l’appunto ad uno o a più soggetti terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un apprezzamento o un giudizio tecnico. La caratterizzazione di questo istituto è fornita dalla natura negoziale dell’attività svolta dal perito-arbitro e dall’efficacia vincolante della perizia arbitrale, che le parti si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva.

La perizia contrattuale rappresenta quindi una fattispecie a formazione progressiva, costituita:

  1. a) dal patto (normalmente una clausola contrattuale) in base al quale le parti prevedono che determinate questioni tecniche, che possano insorgere nell’esecuzione del contratto (o, più in generale, nello svolgimento di un rapporto giuridico) vengano risolte e decise da uno o più soggetti muniti di specifiche conoscenze tecnico- scientifiche, nonché
  2. b) dalla relazione peritale, cioè dall’atto (che le parti si impegnano a considerare vincolante, fatta salva la facoltà dì impugnazione per uno dei motivi espressamente previsti) con il quale i periti risolvono il contrasto tecnico insorto tra le parti. Quest’ultime, dunque, mediante un atto negoziale legittimano l’espletamento di un accertamento, che viene effettuato da terzi ma che comunque è riconducibile alla loro volontà.

Dunque, la perizia contrattuale – come interpretata da questa Corte (cfr., tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 10023 del 12/05/2005, Rv. 581310 – 01; Sentenza n. 1721 del 18/02/1998, Rv. 512751 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 3791 del 30/03/1995, Rv. 491541 – 01) – è istituto affine, ma nel contempo diverso dall’arbitraggio (previsto dall’art. 1349 c.c.) e dall’arbitrato (previsto dagli artt. 806 e ss. c. p.c. ).

E’ istituto affine all’arbitraggio, in quanto ha in comune con quest’ultimo il fatto di rientrare tra le fonti di integrazione del contratto: anche l’accertamento tecnico del terzo, come quello dell’arbitratore, è destinato a costituire la base per la determinazione di un elemento del contratto concluso, ma ancora non completo, in modo da consentire l’individuazione del bene oggetto della prestazione, ed è vincolante per i mandanti, in virtù del comune impegno assunto dalle parti che conferiscono l’incarico. Tuttavia, si distingue dall’arbitraggio sotto un duplice profilo. In primo luogo, il terzo, nell’arbitraggio, svolge la sua attività secondo il criterio dell’equo apprezzamento ovvero del suo mero arbitrio, mentre, nella perizia contrattuale, deve conformarsi soltanto alle regole tecnico scientifiche del proprio settore di competenza. Inoltre, diversa è la tutela esperibile per ciascuno dei due istituti; per l’arbitraggio, l’art. 1349 prevede una tutela tipica (Sez. L, Sentenza n. 4931 del 16/05/1998, Rv. 515514 – 01): l’impugnazione per manifesta erroneità o iniquità della determinazione del terzo (nel caso di arbitraggio rimesso all’equo apprezzamento) ovvero per malafede del terzo (nel caso di arbitraggio rimesso al mero arbitrio). Tale rimedio è circoscritto all’arbitraggio, che presuppone l’esercizio di una valutazione discrezionale, ma è inconciliabile con l’attività strettamente tecnica dell’arbitratore-perito, che può essere solo esatta o inesatta (Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 30/06/2005, Rv. 582573 – 01). Il sistema delle impugnazioni esperibili nei confronti della determinazione dell’arbitratore-perito, quindi, va desunto esclusivamente dalle regole generali del codice civile che determinano le cause di invalidità dei negozi giuridici.

La perizia contrattuale potrà quindi essere impugnata per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale (errore, violenza, dolo, incapacità delle parti). La perizia contrattuale è poi istituto affine rispetto all’arbitrato irrituale, in quanto anche con la perizia contrattuale può essere conseguito il risultato di dirimere una controversia in forma negoziale, ogni qual volta la stessa abbia ad oggetto una determinata questione tecnica (Sez. 2, Sentenza n. 3791 del 30/03/1995, Rv. 491541 – 01). Tuttavia, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 10705 del 10/05/2007, Rv. 596994 – 01), la perizia contrattuale si distingue dall’arbitrato irrituale. In primo luogo, diversi sono i poteri del terzo: questi, nell’arbitrato (come d’altronde nell’arbitraggio), è autore di una determinazione volitiva e discrezionale (e, dunque, di una determinazione di volontà, caratterizzata da libertà di giudizio), mentre, nella perizia contrattuale, e autore di un mero accertamento tecnico (e, dunque, di una dichiarazione di scienza, caratterizzata da discrezionalità tecnica). Inoltre, il terzo, nell’arbitrato irrituale, è chiamato a comporre un contrasto giuridico, che concerne il rapporto nel suo complesso, mentre, nella perizia contrattuale, è chiamato a comporre una o più questioni di fatto, il cui accertamento richiede il possesso di specifica competenza tecnica.

Dei principi di diritto che precedono ha fatto buon governo la Corte territoriale, la quale (p. 9):

-ha rilevato che nel caso in cui le parti di un contratto di assicurazione affidino ad un terzo l’incarico di esprimere un apprezzamento tecnico sulla entità delle conseguenze di un evento, al quale è collegata la prestazione di un indennizzo, impegnandosi a considerare tale apprezzamento come reciprocamente vincolante ed escludano dai poteri del terzo la soluzione delle questioni attinenti alla validità ed operatività della garanzia assicurativa, il relativo patto esula dall’ambito dell’arbitrato (sia rituale che irrituale), configurandosi, piuttosto, quale perizia contrattuale, che per sua natura vale soltanto ad accertare tra le parti un dato tecnico, ma non la sussistenza o meno del diritto; in tal caso viene negozialmente conferita al terzo, scelto per la particolare competenza tecnica, non già la composizione di contestazioni insorte o che possano insorgere in ordine al rapporto giuridico, bensì la sola formulazione di un apprezzamento tecnico, che le parti si impegnano ad accettare come espressione della loro determinazione volitiva;

– ha ritenuto che detto caso ricorra nella specie, con conseguente inapplicabilità dei principi normativi riferibili all’arbitrato, in considerazione del tenore letterale della clausola compromissoria di cui all’art. 9 delle condizioni generali di polizza (e, in particolare: della scelta degli arbitri, da individuarsi nell’ambito di una categoria professionale dotata di particolari cognizioni tecniche; della natura della questione da devolvere al collegio arbitrale; della facoltà concessa ai contraenti, nel caso in cui manchi la nomina di uno degli arbitri o l’accordo sulla sua individuazione, di rivolgere istanza al Consiglio dell’Ordine dei Medici, avente giurisdizione nel luogo ove avrebbe dovuto riunirsi il collegio arbitrale, perché provveda ad individuare l’arbitro stesso).

2.2. Tanto premesso, è inammissibile ciascuno dei sei motivi di ricorso, proposti dal Pi..

E’ inammissibile il primo motivo, in quanto – dato atto che, secondo quanto espressamente previsto dalla menzionata clausola contrattuale n. 9, al Consiglio dell’Ordine dei Medici era demandata anche la nomina del perito per la parte che non vi aveva provveduto – la Corte territoriale, ben lungi dall’incorrere nelle violazioni dedotte, ha correttamente ritenuto la sussistenza di un vizio rilevante, ex artt. 1428-1429 e 1431 c.c. nel fatto che la nomina era stata chiesta al Presidente del Tribunale, soggetto non legittimato ad integrare la volontà delle parti per quanto dalle stesse espressamente previsto, con conseguente incapacità dell’arbitro, così nominato in violazione del patto contrattuale, e con conseguente illegittimità del provvedimento giudiziale contenente la nomina del dott. Bu., così a sua volta nominato in violazione del patto contrattuale.

E’ inammissibile il secondo motivo, in quanto il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la sentenza n. 1751/2004, nel quale erano state allegate al contratto di polizza Sai Salute le condizioní generali relative al diverso contratto Sai Infortuni, ha limitato (p. 3) la pronuncia alla sussistenza del proprio difetto di competenza, in relazione al contenuto della clausola, che prevedeva la decisione con una perizia contrattuale. E conseguentemente non vi è stato alcun giudicato di merito (e, in particolare, delle condizioni generali di assicurazione che avrebbero dovuto essere consegnate nelle mani degli arbitri).

E’ inammissibile il terzo motivo, in quanto la Polizza Sai Salute azionata dal Pi. (recante n. 990066603/06) aveva ad oggetto il rimborso delle spese mediche sostenute dall’assicurato “in caso di ricovero con o senza intervento, per cardiopatie o arteriopatie, per grandi interventi, spese per prestazioni fuori ricovero, nonché una diaria giornaliera in caso di ricovero e post ricovero”. La polizza, dunque, non aveva ad oggetto l’indennizzo del danno, inteso come quantificazione e liquidazione del danno biologico e sua incidenza sulla capacità lavorativa specifica del soggetto assicurato. E correttamente la compagnia nel giudizio di appello ha denunciato la invalidità della decisione degli arbitri, osservando che: a) l’incarico che i periti avrebbero dovuto svolgere in forza della menzionata clausola avrebbe dovuto avere ad oggetto soltanto l’accertamento di una delle garanzie, di cui alla polizza Sai salute, alla quale ineriva la perizia contrattuale; b) il danno, subito dal Pi., trattandosi di una ipotesi di rimborso per “prestazioni fuori ricovero”, non avrebbe potuto consentire un risarcimento superiore al massimale di polizza (pari a 3 milioni delle vecchie lire, mentre il danno quantificato dai periti ammonta ad oltre 11 milioni euro); c) la perizia arbitrale, prevista dall’art. 9 delle condizioni generali di assicurazione, avrebbe dovuto avere ad oggetto soltanto la quantificazione del grado di invalidità e di inabilità temporanea (non anche del danno patrimoniale, rispetto ai quali i periti medici erano ovviamente privi delle necessarie competenze tecniche).

E’ inammissibile il quarto motivo per le ragioni già indicate in relazione all’inammissibilità del primo motivo. D’altronde la Corte territoriale ha dato atto (p. 10) che non risulta notificato alla Fondiaria SAI il ricorso depositato in Tribunale per la nomina dell’arbitro mentre il provvedimento presidenziale contenente la nomina del dott. Bu. era stato notificato soltanto a quest’ultimo (“che alcun rapporto o collegamento aveva con la Fondiaria Sai”: p. 15).

E’ inammissibile il quinto motivo, perché, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza, come pure il compito di individuare le fonti del proprio convincimento (scegliendo tra le complessive risultanze quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti) spettano in via esclusiva al giudice di merito, essendo così precluso a questa Corte un nuovo esame del materiale probatorio.

Infine, inammissibile è anche il sesto motivo, in quanto il carattere abusivo della menzionata clausola n. 9 (per il fatto di subordinare il diritto dell’assicurato di agire in giudizio al previo esperimento della perizia arbitrale sulla quantificazione dei danni) è prospettazione che il ricorrente non prova (e neppure deduce) di aver dedotto in sede di giudizio di merito e comunque nella giurisprudenza di legittimità è jus receptum che la clausola istitutiva di una perizia contrattuale non ha carattere vessatorio (Sez. 3, Sentenza n. 2277 del 02/02/2006, Rv. 587655 – 01).

3.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

-dichiara inammissibile il ricorso;

-condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, spese che liquida in euro 10.200, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Roma, 10 luglio 2018.

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