Ordinanza 28878/2022
Contratto di agenzia – Ripetizione dell’indebito esercitata dal preponente – Acconti versati senza causa – Onere della prova a carico del preponente
Nel rapporto di agenzia, ove il preponente agisca per la restituzione delle somme versate in anticipo a titolo di acconto su compensi poi non maturati, grava su questi, e non sull’agente, l’onere di provare la sussistenza dei fatti che hanno reso la somma versata priva di giustificazione causale, ossia la mancata conclusione degli affari, atteso che la provvigione è dovuta in caso di conclusione dell’affare per effetto dell’attività dell’agente.
Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 5-10-2022, n. 28878 (CED Cassazione 2022)
Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza
Art. 1748 cc (Provvigione dell’agente) – Giurisprudenza
PREMESSO IN FATTO CHE
1. La (OMISSIS) s.p.a. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani il sig. (OMISSIS) – titolare dell’omonima ditta individuale – già agente della (OMISSIS) s.p.a., società incorporata per fusione nella (OMISSIS) s.p.a. che era subentrata in tutti i suoi rapporti attivi e passivi, ivi incluso quello derivante dal contratto di agenzia stipulato con il sig. (OMISSIS). La (OMISSIS) s.p.a. esponeva che nel luglio 2011, cessato ogni rapporto di agenzia con il sig. (OMISSIS), all’esito dei conteggi effettuati dalla società emergeva un’esposizione debitoria dell’agente per un ammontare di Euro 15.995,73, somma ricevuta dallo stesso a titolo di anticipi provvigionali, ma non dovuti in ragione degli affari andati a buon fine e quindi delle provvigioni effettivamente maturate.
Si costituiva il sig. (OMISSIS) contestando nel merito la fondatezza della domanda, affermando di non essere debitore di alcuna somma nei confronti della società.
Il Tribunale di Trani, con sentenza del 16/03/2018, respingeva la domanda proposta dalla società ritenendo sussistente la violazione dell’art. 414 c.p.c., sia perchè il ricorso era stato notificato alla controparte in forma incompleta, sia perchè la (OMISSIS) s.p.a. non aveva provato i fatti posti a fondamento del diritto di credito.
2. Avverso la sentenza del Tribunale di Trani la società (OMISSIS) s.p.a. ha proposto appello dinanzi alla Corte di appello di Bari. La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 5 del 19/01/2021, ha rigettato l’appello affermando che la società non aveva fornito alcuna indicazione degli affari che non si erano conclusi, per cui il (OMISSIS) non aveva maturato il diritto al compenso provvigionale che era stato invece corrisposto sotto forma di anticipo.
3. Avverso la sentenza della Corte di appello di Bari propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.p.a. sulla base di due motivi.
L’intimato (OMISSIS) non ha proposto difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO CHE:
1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1218 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e si contesta che la Corte di appello abbia indebitamente invertito l’onere probatorio andando a porre a carico della società, anzichè della controparte, la prova dei fatti modificativi o estintivi del diritto azionato. La ricorrente lamenta un’indebita inversione dell’onere della prova perchè, a suo avviso, una volta provata la stipula del contratto di agenzia e le somme corrisposte all’agente a titolo di anticipo, spettava a quest’ultimo dimostrare o l’esistenza di un’eventuale causa di invalidità del contratto o di aver maturato un credito per provvigioni maggiore rispetto a quello riconosciuto dalla società (e quindi la prova del fatto estintivo del credito da conguaglio vantato dalla (OMISSIS) s.p.a.) oppure l’esistenza di un fatto modificativo della previsione contrattuale in forza della quale “eventuali pagamenti effettuati dal preponente anteriormente alla maturazione del diritto s’intenderanno effettuati a titolo di anticipo salvo conguaglio”.
Ritiene il Collegio che la censura debba essere disattesa.
Questa Corte ha in più occasioni avuto la possibilità di affermare che l’agente che agisce in giudizio per il pagamento della provvigione non corrisposta dal preponente deve provare i contratti che sono stati conclusi per suo tramite e per cui ha maturato il diritto al compenso (Cass. 14968/2011; Cass. 25023/2013). La proposizione della domanda di pagamento della provvigione riguarda un diritto il cui fatto costitutivo non è rappresentato dal contratto di agenzia (che è mero presupposto della nascita del credito azionato), ma dalla conclusione di affari tra preponente e clienti per effetto dell’intervento dell’agente. Ai fini del riconoscimento del diritto è necessario, dunque, che siano indicati e provati, con elementi sufficienti a consentirne l’identificazione, i contratti che l’agente assume siano stati conclusi per suo tramite (Cass. 10821/2011).
Ritiene il Collegio che tali principi, affermati per la domanda avanzata dall’agente (e che lo onerano di provare l’attività svolta che giustifica e legittima il diritto al compenso), siano suscettibili di applicazione ed adattamento anche all”ipotesi in cui il preponente, che abbia già versato delle somme all’agente, ne chieda la restituzione di una parte, assumendo che si tratti di anticipazioni per provvigioni non ancora maturate e non spettanti, stante la mancata conclusione poi di affari idonei a determinare l’insorgenza del relativo diritto. Anche in tal caso è colui che agisce in giudizio a dover dimostrare la fondatezza della pretesa, e quindi a provare che le somme versate asseritamente a titolo di anticipazione non trovino corrispondenza nella effettiva attività poi posta in essere dall’agente.
Posta tale regola, si palesa poi del tutto generico il mezzo di impugnazione nella parte in cui assume che la documentazione prodotta avrebbe offerto la prova della fondatezza della propria domanda e ciò alla luce del fatto che lo stesso contratto all’art. 13 riferiva di eventuali anticipi di provvigioni, la cui ripetibilità presupponeva però la dimostrazione che le stesse non trovassero corrispondenza in affari andati a buon fine, stante la regola, pure posta nell’art. 13 secondo cui il diritto alla provvigione matura solo nel caso in cui l’affare sia andato a buon fine.
Nella decisione impugnata non si riscontra alcuna inversione dell’onere della prova in quanto correttamente la Corte di appello, in applicazione del principio per cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, ha ritenuto che la richiesta di restituzione di una somma corrisposta a titolo di anticipo di compenso poi non maturato postula la prova dei fatti che hanno reso la somma versata priva di giustificazione causale.
2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione di fatto, omessa valutazione e falsa applicazione degli art. 115 e 116 c.p.c., art. 142 c.p.c., comma 5 e art. 187 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e si contesta che la Corte di appello non avrebbe valutato con il giusto apprezzamento la produzione documentale della società, anche in raffronto alle inadeguate difese avversarie, e avrebbe erroneamente respinto le istanze istruttorie richieste dalla ricorrente.
Il motivo è inammissibile. Con esso la ricorrente lamenta il rigetto di istanze istruttorie e l’erronea valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di appello, ma la valutazione del materiale probatorio acquisito e la valutazione in ordine alla rilevanza delle prove non ammesse è riservata al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 13721/2002; Cass. n. 8021/2009; Cass. n. 25023/2013). Nè è invocabile l’inerzia istruttoria della controparte, e ciò alla luce della regola di riparto dell’onere della prova, come sopra riaffermata, che esclude che il (OMISSIS) dovesse farsi carico di dimostrare alcunchè, a fronte dell’onere invece incombente sulla preponente.
3. Nulla a disporre quanto alle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono, ex art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta/seconda sezione civile, il 13 maggio 2022.