Sentenza 29325/2019
Usucapione di beni immobili – Litisconsorzio necessario del creditore garantito
Nel giudizio avente ad oggetto l’usucapione di beni immobili è litisconsorte necessario il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda, in quanto titolare di un diritto reale – risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes – di cui l’usucapione produce l’estinzione. Ne deriva che la sentenza resa in pretermissione di tale creditore non spiega effetti nei suoi confronti e può essere apprezzata quale mero elemento di prova nella opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. promossa dall’usucapente avverso l’espropriazione dello stesso bene immobile. (Principio enunciato nell’interesse della legge ex art.363, comma 3, c.p.c.).
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 13 novembre 2019, n. 29325 (CED Cassazione 2019)
Art. 1158 cc annotato con la giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Sansepolcro, dichiarò l’intervenuta usucapione, in favore dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), di un immobile appartenente ad (OMISSIS), fratello dell’attore.
Innanzi al medesimo Tribunale proposero separatamente opposizione di terzo, ex articolo 404 c.p.c., la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.p.a., le quali, deducendo di essere creditori di (OMISSIS) garantiti da ipoteca iscritta sull’immobile anteriormente alla trascrizione della domanda di usucapione, chiesero che fosse dichiarata l’inefficacia nei loro confronti della citata sentenza. Nei giudizi, successivamente riuniti, intervennero anche la (OMISSIS) e la (OMISSIS).
La domanda venne accolta e la tale decisione fu appellata dai convenuti soccombenti (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’appello di Firenze ha rigettato il gravame, rilevando che la decisione di primo grado si fondava su due distinte rationes decidendi, una delle quali – quella relativa all’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori ipotecari, litisconsorti necessari – non era stata specificatamente impugnata.
Contro tale decisione i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Hanno resistito con controricorso la (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice speciale della (OMISSIS) s.r.l., e la (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice speciale della (OMISSIS) s.r.l..
Ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., hanno depositato memorie difensive i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), nonchè la (OMISSIS) s.r.l., rappresentata come sopra illustrato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- In via preliminare, occorre procedere alla verifica della ritualità della notifica del ricorso. Infatti, come si evince dalla “nota deposito documenti”, i ricorrenti hanno tentato di notificare il ricorso alla (OMISSIS) e alla (OMISSIS) s.p.a., mandataria della (OMISSIS) S.r.l. (cessionaria del credito della stessa (OMISSIS)), presso l’avvocato domiciliatario (OMISSIS), la quale tuttavia aveva richiesto la cancellazione dall’albo degli avvocati, con conseguente inoperatività del domicilio presso di lei eletto, già nel 2011.
Siffatta notifica è nulla, giacchè indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, siccome ormai privo di ius postulandi, tanto nel lato attivo che in quello passivo. Tale nullità, tuttavia, non determina il passaggio in giudicato della decisione impugnata, giacchè un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 301 c.p.c., comma 1, porta ad includere la cancellazione volontaria suddetta tra le cause di interruzione del processo, con la conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al relativo suo venir meno o fino alla sostituzione del menzionato difensore (Sez. U, Sentenza n. 3702 del 13/02/2017, Rv. 642537-02).
La notifica è stata, quindi, validamente reiterata presso l’avvocato (OMISSIS), del foro di Arezzo, procuratore costituito di entrambe le società, essendo la (OMISSIS) mero domiciliatario per il grado d’appello. Il rapporto processuale risulta, quindi, ritualmente instaurato.
- Venendo all’esame dei motivi, con il primo si deduce la violazione dell’articolo 83c.p.c. e articolo 105c.p.c., comma 3.
I ricorrenti sostengono che la citazione ex articolo 404 c.p.c., fatta dalla (OMISSIS) s.r.l. sarebbe nulla, essendo stata omessa l’indicazione della persona fisica conferente la procura alle liti.
Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
Anzitutto i ricorrenti omettono di riferire che, secondo quanto si evince dalla sentenza d’appello, la (OMISSIS) s.p.a. propose in via autonoma opposizione di terzo avverso la sentenza di usucapione e che le due cause vennero solo successivamente riunite. Pertanto, la questione dedotta non è in grado, neppure in astratto, a determinare la nullità dell’intero procedimento.
In secondo luogo, va rilevato che la causa venne introdotta dalla (OMISSIS) s.p.a., procuratrice speciale della (OMISSIS) s.r.l.. Fu dunque quest’ultima a conferire la procura alle liti all’avvocato (OMISSIS) e il firmatario di tale procura è chiaramente individuato, come risulta formalmente dall’intestazione dell’atto, nella persona del dottor (OMISSIS), procuratore e condirettore generale della società mandataria. Pertanto, non sussiste la lamentata violazione dell’articolo 83 c.p.c..
- Con il secondo motivo si deduce la violazione degli articoli100, 324, 327 e 329 c.p.c., nonchè dell’articolo2909 c.c..
La censura si rivolge contro la sentenza d’appello nella parte in cui ravvisa l’esistenza di una doppia ratio decidendi nella sentenza di primo grado.
Il motivo è manifestamente infondato.
In realtà, sono gli stessi opponenti a riconoscere, nel riferire le ragioni della decisione di primo grado, che questa si basava non soltanto sulla rilevata collusione fra gli attori in usucapione e il convenuto (rimasto contumace), ma anche sulla circostanza che al giudizio di usucapione non avevano partecipato i creditori ipotecari. Infatti, a pag. 12 del ricorso si legge: “il primo giudice, a questo punto, rilevava (peraltro erroneamente) anche che nel giudizio oggetto di opposizione (ex articolo 404 c.p.c.; trattasi del giudizio di usucapione; n.d.r.) era stata pretermessa la citazione dei creditori ipotecari, considerati litisconsorti necessari, per cui la pronuncia sarebbe stata inutiler data nei loro confronti ai sensi dell’articolo 102 c.p.c.”.
4.1 Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’articolo 404 c.p.c., commi 1 e 2, consistita nell’aver ritenuto che i creditori ipotecari iscritti anteriormente alla trascrizione della domanda di usucapione fossero litisconsorti necessari in tale giudizio.
Il motivo è inammissibile in quanto, una volta accertato che questa è una delle due rationes decidendi rappresentate nella decisione di primo grado, si deve rilevare, come ha già fatto la corte d’appello, che sul punto la sentenza del Tribunale non è stata impugnata e si è formato il giudicato interno. Pertanto, i ricorrenti non possono “recuperare” nel giudizio di legittimità una censura che invece avrebbero dovuto proporre con l’atto d’appello, in quanto relativa ad una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado.
4.2 Sussistono, tuttavia, i presupposti perchè sulla questione prospettata, avente rilievo nomofilattico in assenza di precedenti specifici, questa Corte si pronunci d’ufficio nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3.
Com’è noto, l’usucapione compiutasi all’esito di possesso ventennale esercitato da un soggetto privo di titolo trascritto estingue le iscrizioni e trascrizioni risultanti a nome del precedente proprietario. Tale effetto estintivo non va ricondotto ad una presunta usucapio libertatis, bensì dipende dall’efficacia retroattiva dell’usucapione stessa (Sez. 2, Sentenza n. 8792 del 28/06/2000, Rv. 538121-01).
Tuttavia, proprio perchè l’usucapione determina l’acquisto (retroattivo) a titolo originario della proprietà del fondo, con conseguente estinzione delle iscrizioni pregiudizievoli contro il proprietario risultante dai registri immobiliari, i creditori ipotecari, titolari di diritto reale (di garanzia) sull’immobile oggetto della domanda di usucapione, devono considerarsi litisconsorti necessari del relativo giudizio.
Il creditore ipotecario, infatti, è titolare di un diritto reale parimenti risultante dai pubblici registri e opponibile erga omnes, sicchè la domanda di usucapione del bene immobile sul quale è iscritta l’ipoteca si rivolge direttamente anche nei suoi confronti. L’estinzione della garanzia non costituisce un mero effetto indiretto dell’accertamento dell’usucapione, che si esaurisce nella sfera dei rapporti fra proprietario usucapito e creditore garantito; al contrario, l’usucapione produce l’estinzione diretta e contestuale di ogni diritto reale formalmente insistente sul bene, in guisa che tutti i rispettivi titolari sono litisconsorti necessari nel relativo giudizio.
Nè varrebbe obiettare che detti creditori potrebbero trovare tutela nel rimedio impugnatorio previsto dall’articolo 404 c.p.c., comma 1, dal momento che tale opposizione serve, per l’appunto, a denunciare le ipotesi di violazioni del litisconsorzio necessario. Contro una simile conclusione, inoltre, militano i principi della ragionevole durata del processo e della necessità di evitare la formazione di giudicati contrastanti.
Pertanto, la sentenza di accertamento dell’usucapione, resa all’esito di un giudizio intercorso, in via esclusiva, tra il titolare formale del diritto di proprietà e l’usucapiente, non può spiegare effetti contro il creditore garantito da ipoteca iscritta su quel bene. Con la conseguenza che l’usucapiente non può invocarne l’efficacia diretta nel giudizio di opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., all’esecuzione immobiliare successivamente da lui proposta. Il giudice dell’esecuzione non potrà riconoscere alla sentenza di usucapione efficacia di giudicato anche nei confronti del creditore ipotecario e dovrà, semmai, tenerne conto, con motivato e logico apprezzamento, solo come un’eventuale prova dell’intervenuta usucapione, in relazione alla cui sussistenza egli è, pertanto, tenuto dare corso all’istruzione della causa (Sez. 3, Sentenza n. 15698 del 18/09/2012, Rv. 623790-01).
In conclusione, nell’interesse della legge va affermato, d’ufficio, il seguente principio di diritto, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3:
“Il creditore garantito da ipoteca iscritta nei registri immobiliari anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale di usucapione del medesimo immobile è litisconsorte necessario nel giudizio di usucapione, con la conseguenza che la sentenza pronunciata all’esito di un giudizio al quale non sia stato posto nelle condizioni di partecipare è a lui inopponibile e potrà, semmai, essere prudentemente apprezzata quale mero elemento di prova dal giudice dell’opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., promossa dall’usucapiente avverso l’espropriazione immobiliare del bene usucapito”.
- Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli articoli2697, 2727 e 2729 c.c., per avere il giudice di merito erroneamente ripartito l’onere della prova quanto all’esistenza dell’accordo collusivo fra le parti del giudizio di usucapione ai danni dei creditori aventi garanzia reale sull’immobile che ne era oggetto.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, tale doglianza si riferisce alla prima delle rationes decidendi enunciate nella sentenza di primo grado, mentre la dichiarazione di inammissibilità dell’appello è dipesa dall’omessa impugnazione della seconda ratio.
Ciò posto, una volta ritenuta la correttezza di tale decisione, le impugnazioni che riguardano la prima ragione della decisione di primo grado risultano sostanzialmente sprovviste di interesse ad agire.
- In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, i ricorrenti devono essere alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti, nella misura liquidata nel dispositivo in considerazione della diversa attività difensiva svolta.
Sussistono, inoltre, i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da loro proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi per (OMISSIS) s.p.a. e in Euro 5.600 per (OMISSIS) s.p.a., oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 per ciascun controricorrente, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.