Ordinanza 29352/2018
Concorso del fatto colposo del danneggiato – Diminuzione del risarcimento – Inadempimento di una banca dell’ordine impartito dal cliente
In tema di risarcimento del danno, perché possa farsi luogo alla diminuzione del ristoro per concorso del creditore nella produzione del danno medesimo, è necessario che costui sia tenuto, per legge, o per contratto o per generico dovere di correttezza, ad adottare un determinato comportamento, inerente all’esecuzione del rapporto obbligatorio e idoneo a circoscrivere, se non ad escludere, gli effetti pregiudizievoli dell’inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, ritenendo – diversamente dalla pronuncia di merito – che, a fronte dell’inadempimento di una banca dell’ordine impartito dai clienti, di vendita di azioni ad un prezzo specifico – stop order -, costoro non fossero gravati dall’obbligo di procedere comunque alla vendita al fine di ottenere un prezzo più prossimo a quello astrattamente ottenibile con l’ordine rimasto ineseguito).
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 14 novembre 2018, n. 29352 (CED Cassazione 2018)
Articolo 1227 c.c. annotato con la giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) e (OMISSIS) chiesero di condannare la convenuta (OMISSIS) al risarcimento del danno per la mancata vendita di 56000 azioni (OMISSIS), cui si riferiva l’ordine di vendita impartito su canale telematico alle ore 8,15 del 12 novembre 2003, con “stop order” di Euro 2,29 per azione, ineseguito dalla banca, a loro avviso colpevolmente; chiesero di quantificare il danno nella differenza negativa tra il suddetto prezzo di vendita e quello ottenuto a seguito di un nuovo ordine conferito ed eseguito il 17 dicembre 2003 alla quotazione della giornata (Euro 0,90).
Il Tribunale di Roma accolse la domanda e condannò la convenuta a pagare Euro 78409,00 a titolo risarcitorio.
Il gravame della (OMISSIS) è stato parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza del 25 novembre 2013, la quale, pur riconoscendo la responsabilità contrattuale della banca per l’inesecuzione dell’ordine del 12 novembre, ha ravvisato un concorso di colpa dei (OMISSIS), a norma dell’articolo 1227 c.c., comma 1, per il loro comportamento successivo, non improntato all’ordinaria diligenza, essendosi attivati tardivamente, solo il 17 dicembre, per limitare il danno al loro patrimonio. Ad avviso della Corte, essi erano stati tempestivamente informati dell’inesecuzione dell’ordine con messaggio email alle ore 9,15 del 12 novembre; non rilevava lo smarrimento o il furto dell’agenda dove erano scritti i codici di accesso al sistema telematico, subito dai (OMISSIS) il 12 novembre, nè l’assenza dall’Italia di uno di essi, trattandosi di eventi non imputabili alla banca, poichè essi avrebbero potuto utilizzare per la vendita anche modalità diverse da quella telematica. La Corte ha determinato il danno risarcibile in misura corrispondente alla differenza, attualizzata al momento della decisione, tra il prezzo (Euro 2,29) che i (OMISSIS) avrebbero ottenuto se l’ordine fosse stato tempestivamente eseguito il 12 novembre (quando le azioni raggiunsero la quotazione indicata nello “stop order” delle ore 8,15) e il prezzo (Euro 2,18) che avrebbero ottenuto se avessero ordinato la vendita quantomeno il 17 novembre, quando (OMISSIS) era certamente informato dell’accaduto, avendo telefonato due volte a un operatore della banca per chiedere nuovi codici di accesso al sistema (attivati solo il 17 dicembre).
Avverso questa sentenza i (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, cui si è opposta la (OMISSIS) con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1227c.c., comma 1, i ricorrenti contestano la configurabilità di un concorso di colpa nel loro comportamento, erroneamente considerato inerte e non improntato a diligenza, essendosi invece comportati correttamente, avendo disposto la vendita dei titoli a qualsiasi prezzo (il 17 dicembre) e realizzato una somma considerevole, in tal modo evitando un danno maggiore per il successivo azzeramento del valore del titolo. Essi affermano che avevano diritto di vendere le azioni al prezzo di Euro 2,29 fissato nell’ordine ineseguito del 12 novembre, non a un prezzo diverso nè a quello inferiore (Euro 2,180) raggiunto dai titoli il 17 novembre, sia perchè non era prevedibile il successivo deprezzamento del titolo, essendo il mercato soggetto ad oscillazioni e non essendo prudente la vendita immediata dei titoli, sia perchè era mancata un’offerta compensativa della banca alle stesse condizioni del 12 novembre.
Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha riconosciuto la responsabilità contrattuale della (OMISSIS) per avere inadempiuto all’ordine di vendita delle azioni impartito dai (OMISSIS) per via telematica il 12 novembre 2003, al prezzo indicato (di Euro 2,29 per azione) e raggiunto dalle azioni il medesimo giorno, a causa di “un’anomalia tecnica interna” al sistema, non attivatosi regolarmente. Il danno contrattuale corrispondeva quindi, in teoria, alla perdita del corrispettivo della vendita delle azioni al prezzo indicato, non più raggiunto nel periodo di validità dell’ordine. Ciò in teoria, poichè la Corte di merito ha applicato il principio, di cui l’articolo 1227 c.c., costituisce espressione, che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso, sulla base dell’assunto che i (OMISSIS), se avessero venduto il 17 novembre, avrebbero spuntato un prezzo (Euro 2,18) di poco inferiore a quello (Euro 2,29) indicato nell’ordine del 12 novembre, ma comunque superiore a quello (Euro 0,90) di vendita effettiva del 17 dicembre. In tal modo, essi avrebbero limitato il danno in una misura che, altrimenti, sarebbe causalmente riconducibile non alla condotta illecita della banca ma al loro stesso comportamento, ritenuto contrario all’ordinaria diligenza, in base alla regola del concorso di colpa nella genesi del danno, a norma dell’articolo 1227 c.c., comma 1.
Tuttavia, questo ragionamento non è conforme ad una corretta interpretazione della suddetta norma, poichè finisce per collegare direttamente – e impropriamente (v. Cass. n. 1295/2007) – il danno patito dai danneggiati con la loro condotta, con l’effetto di pretermettere, nella ricostruzione della serie causale giuridicamente rilevante, l’evento dannoso determinato dall’accertato inadempimento della banca all’obbligo di vendere le azioni al prezzo del 12 novembre.
In realtà, perchè possa darsi luogo alla diminuzione del risarcimento del danno da illecito civile per concorso del creditore nella produzione del danno stesso (articolo 1227 c.c., comma 1), è necessario che il creditore medesimo sia tenuto, per legge o per contratto o per dovere di correttezza, ad adottare un determinato comportamento, inerente all’esecuzione del rapporto obbligatorio e idoneo a ridurre, o escludere, gli effetti pregiudizievoli dell’inadempimento (Cass. n. 420/1981).
Per giudicare colpevole il comportamento dei (OMISSIS), si dovrebbero ritenere che essi fossero obbligati a vendere le azioni il giorno 17 novembre, ad un prezzo inferiore a quello programmato, ma la Corte di merito sorvola sulla fonte di una simile obbligazione che, in realtà, non esiste e neppure può ricavarsi dal generico dovere di correttezza che grava sul creditore. Ed infatti, come puntualmente obiettato dai ricorrenti, potrebbe al contrario ritenersi conforme a diligenza un comportamento attendista nella vendita, piuttosto che affrettato, che faccia leva sull’aspettativa di rialzo della quotazione delle azioni. Ed infatti, se, come affermato anche nella sentenza impugnata, i titoli erano soggetti ad oscillazioni, significa che la quotazione poteva scendere ma anche salire, fermo restando che del successivo imprevedibile deprezzamento o azzeramento del loro valore non potrebbero essere chiamati a rispondere, a titolo di concorso, le vittime dell’illecito, le quali, con un atto incoercibile di autonomia privata, hanno venduto le azioni il 17 dicembre, in tal modo comunque riducendo l’entità del danno.
A una diversa conclusione si dovrebbe pervenire qualora i danneggiati avessero rifiutato di vendere i titoli se questi avessero raggiunto successivamente il prezzo desiderato (Euro 2,29), nel qual caso, però indimostrato in concreto, si sarebbe dovuto riconoscere il loro concorso nella produzione del danno.
In conclusione, è vero che la responsabilità civile per omissione può scaturire non solo dalla violazione di un preciso obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza, le quali impongano il compimento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui (principio applicabile anche per stabilire se sussista un concorso di colpa della vittima, a norma dell’articolo 1227 c.c., comma 1). E tuttavia, non può ritenersi corresponsabile del danno colui che, senza violare alcuna regola di comune prudenza, correttezza o diligenza, non si sia attivato per rimuovere tempestivamente una situazione di pericolo determinata dall’illecito di un terzo (Cass. S.U. n. 24406/2011, n. 24320/2008).
Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, che dovrà fare applicazione di quanto statuito e provvedere sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.
Roma, 18 giugno 2018.