Ordinanza 29642/2020
Opposizione a decreto ingiuntivo – Pagamento della sorte in data anteriore a quello di notificazione del decreto- Conseguenze sulle spese processuali della fase monitoria
La fase monitoria e quella di opposizione del procedimento di ingiunzione fanno parte di un unico processo, il cui complessivo svolgimento ed esito finale determinano la regolamentazione delle spese processuali. Pertanto, ove anteriormente all’emissione del decreto ingiuntivo il debitore provveda all’integrale pagamento della sorte capitale, le spese relative alla fase monitoria ben possono essere poste a carico dell’ingiungente, dovendo la fondatezza del decreto essere verificata, ai fini della soccombenza, non al momento del deposito del ricorso, ma a quello di notificazione del decreto.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 28-12-2020, n. 29642 (CED Cassazione 2020)
Art. 633 cpc (Condizioni ammissibilità decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza
Art. 645 cpc (Opposizione a decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza
Ritenuto che:
L’avv. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione contro la
sentenza del Tribunale di Torre Annunziata nella causa di opposizione
a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace in favore del (OMISSIS).
Il tribunale, adito in grado d’appello dalla compagnia soccombente, ha
revocato il decreto ingiuntivo in quanto emesso da giudice
incompetente per territorio e, nel rimettere le parti dinanzi al giudice
competente, ha condannato l’ingiungente al pagamento delle spese del
doppio grado del giudizio a favore dell’ingiunta (OMISSIS) Ass.ni S.p.A.
La compagnia ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Nella propria memoria la compagnia chiede la liquidazione delle spese
del procedimento ex art. 373 c.p.c., instaurato dal ricorrente dinanzi al
Tribunale di Torre Annunziata e definito con il rigetto della istanza.
Considerato che:
L’unico motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. in
relazione al d.m. n. 55 del 2014.
La pretesa a suo tempo fatta valere dal professionista in sede monitoria
si riferiva al compenso dovuto dalla compagnia al difensore a seguito
di transazione con il danneggiato, richiesto per la somma di € 1.288,40.
Tuttavia, poiché nelle more fra il deposito del ricorso e la emissione, la
compagnia aveva provveduto al pagamento, il decreto ingiuntivo era
stato notificato per le sole competenze liquidate nel medesimo,
ammontanti a € 175,00 per i compensi e a € 69,50 per le spese, oltre gli
accessori di legge.
Il tribunale ha operato la liquidazione in misura superiore agli importi
previsti per lo scaglione di riferimento, tanto per il primo grado,
quanto per l’appello, incorrendo per ciò nella violazione della norma.
Il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile.
Non può darsi seguito, infatti, alla pretesa del ricorrente, di
determinare il valore della causa di opposizione instaurata dalla
ingiunta nei limiti delle spese liquidate con la ingiunzione, per il cui
recupero egli avrebbe limitato la notificazione del decreto. Senza che
sia qui necessario prendere in esame la problematica della possibilità
della rinuncia al decreto ingiuntivo (Cass. n. 110/2016), è chiaro che la
notificazione del decreto, seppure con la precisazione inserita nella
relata, ha costretto l’ingiunta a proporre comunque l’opposizione, per
evitare che il decreto divenisse definitivo. Si deve ancora considerare
che «la fase monitoria e quella di opposizione del procedimento di
ingiunzione fanno parte di un unico processo, il cui complessivo
svolgimento ed esito finale determinano la regolamentazione delle
spese processuali. Pertanto, ove anteriormente all’emissione del
decreto ingiuntivo il debitore provveda all’integrale pagamento della
sorte capitale, le spese relative alla fase monitoria ben possono essere
poste a carico dell’ingiungente, dovendo la fondatezza del decreto
essere verificata, ai fini della soccombenza, non al momento del
deposito del ricorso, ma a quello di notificazione del decreto (Cass. n.
27234/2017).
La censura sul quantum è invece inammissibile, in quanto formulata non
solo sulla supposizione di un diverso e minore valore della causa, ma
perché in ogni caso generica, in assenza della analitica indicazione degli
errori commessi dal giudice nella liquidazione. Infatti, «la parte, la quale
intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti
di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei
minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli
importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe
incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile
il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che
sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima» (Cass.
n. 30716/2017; n. 22983/2014; n. 18086/2009).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con addebito delle spese del
presente giudizio in favore della controricorrente, con esclusione di
quelle affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all’istanza di
sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata,
richieste con la memoria.
«Nel giudizio di legittimità la richiesta di pronuncia sull’istanza di
rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere
vittoriosamente all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della
sentenza di merito impugnata può essere esaminata alla condizione che
venga notificata, con i relativi documenti da produrre, alla controparte,
ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato, comunque,
rispettato, con la conseguenza che detta istanza è inammissibile ove
venga proposta in un procedimento soggetto a rito camerale mediante
memoria ai sensi degli artt. 378 e 372, comma 2, c.p.c. non notificata
alla controparte» (Cass. n. 24201/2018).
Nel caso in esame, poiché la memoria, contenente l’istanza di
liquidazione, non risulta notificata al ricorrente, non sussistono le
condizioni di contraddittorio per poter procedere alla liquidazione
delle ulteriori spese.
Ci sono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater
d.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto”.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in €
2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%,
agli esborsi liquidati in 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi
dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile
della Corte suprema di cassazione, il 27 ottobre 2020.