Ordinanza 3011/2017
Imposta comunale sugli immobili (ICI) – Consorzi di bonifica – Esenzione ex art. 7, comma l, lett. a) del d.lgs. n. 504 del 1992
In tema di ICI, l’esenzione prevista dalla norma agevolatrice di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992 è di stretta interpretazione, sicché non può essere applicata in senso estensivo, ricomprendendo nella nozione di Stato anche enti, come le pubbliche Università, che, pur essendo emanazione statale, non rivestono, dopo la riforma introdotta dalla l. n. 168 del 1989, la qualità di organi, bensì quella di enti pubblici autonomi, dotati di personalità giuridica propria nonché di un proprio statuto e regolamento.
Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 3 febbraio 2017, n. 3011 (CED Cassazione 2017)
FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del di. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 87/01/14, depositata il 4 marzo 2014, non notificata, la CTR della Sardegna accolse l’appello proposto dall’Università degli studi di Cagliari nei confronti del Comune di Cagliari, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Cagliari, che aveva invece respinto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI per l’anno 2004, con il quale il Comune di Cagliari aveva contestato l’omesso versamento del tributo riguardo ad immobili di proprietà dell’Università.
La sentenza della CFR della Sardegna ha ritenuto, infatti, sussistenti i presupposti per usufruire della richiesta esenzione dal tributo, sia ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 504/1992, ritenendo che la relativa disposizione dovesse essere interpretata in senso non restrittivo, ricomprendendo quindi nella nozione di Stato “tutti gli enti che sono emanazione dello stesso ed attraverso i quali lo Stato persegue i propri fini istituzionali”, sia in relazione alla lett. c) del medesimo articolo, stante la destinazione dei fabbricati utilizzati dall’Università di Cagliari ad usi culturali, sia, infine, in relazione alla lett. i) della citata norma, in relazione alla loro destinazione ad attività didattiche e culturali.
Avverso detta pronuncia il Comune di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’Università si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Con ciascun motivo l’Amministrazione ricorrente censura ogni singola ratio decidendi dell’impugnata pronuncia: in particolare con il primo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e 5, c.p.c., e analogamente, in relazione sempre all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., col secondo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis del d.P.R. n. 601/1973 e dell’art. 7 lett. c) del d. lgs. n. 504/1992, ed infine con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i) del citato d. lgs. n. 504/1992.
I motivi sono manifestamente fondati.
In relazione al primo motivo è agevole in primis rilevare che le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono norme di stretta interpretazione (cfr., tra le molte, più di recente, proprio in relazione all’art. 7 del d.lgs. n. 504/1992, Cass. sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8869). Peraltro è di tutta evidenza come una pubblica Università degli Studi, come quella di Cagliari, non possa in alcun modo essere equiparata allo Stato, avendo personalità giuridica propria e godendo di ordinamento autonomo con proprio Statuto e regolamento.
Del resto in tal senso è chiara la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sez. unite 10 maggio 2006, n. 10700; tra le successive conformi, tra le altre, si veda, più di recente, Cass. sez. 1, 13 maggio 2016, n. 9880), secondo cui “alle Università statali, dopo la riforma introdotta dalla legge 9 maggio 1989, n. 168, non può essere riconosciuta la qualità di organi dello Stato, ma quella di enti pubblici autonomi”.
Quanto al secondo motivo, l’art. 7, comma 1 lett. c) del d. lgs. n. 504/1992 individua i fabbricati con destinazione ad usi culturali, con riferimento all’art. 5 bis del d.P.R. n. 601/1973, che prevede che debba trattarsi di “immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione del bene”. La sussistenza di dette specifiche condizioni deve essere accertata dal giudice di merito, dovendo, in mancanza, escludersi il riconoscimento del diritto all’esenzione (cfr. Cass. sez. 5, 6 luglio 2011, n. 14931), mentre nella fattispecie la CTR ha affermato la spettanza dell’esenzione senza alcun riferimento a qualsivoglia specifica circostanza di fatto, limitandosi ad affermare che alcun reddito, se non di natura fondiaria, derivi all’Università dal possesso dei fabbricati in oggetto.
Infine, con riferimento al terzo motivo, giova premettere che nella fattispecie in esame l’accertamento è relativo all’anno 2004, sicché viene in rilievo il testo originario dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992, a mente del quale sono esenti dall’imposta “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87” (ora 73), “comma 1, lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”.
Non viene dunque, nella fattispecie, in rilievo, l’applicabilità delle modifiche, riconosciute dalla giurisprudenza di questa Corte come aventi carattere innovativo (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 16 giugno 2010, n. 14530 e Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14795) di cui, dapprima, all’art. 7, comma 2 bis del d.l. n. 203/2005, quale introdotto dalle legge di conversione n. 248/2005, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e poi dall’art. 39 del d.l. n. 223/2006, convertito con modificazioni nella legge n. 248/2006, che, sostituendo il comma 2 bis del citato art. 7, .ha stabilito che l’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504/1992 si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.
Ciò premesso, nella fattispecie, l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, nella fattispecie in esame di natura didattica e culturale, fossero svolte con modalità non commerciali.
Tale conclusione è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2016, n. 19035; Cass. sez. 5, n. 14225 e 14226 dell’8 luglio 2015).
La sentenza impugnata, nel riconoscere l’esenzione anche ai sensi della citata norma, da un lato appare del tutto tautologica laddove afferma avere l’Università offerto la prova “che gli immobili, dalla medesima detenuti, sono destinati esclusivamente ad attività cultura!?’, mentre dall’altro ha totalmente omesso l’esame delle circostanze di fatto addotte dal Comune di Cagliari, oggetto di discussione tra le parti, quali riepilogate alle pagine 9 e 10 del ricorso, idonee, secondo l’ente, a comprovare l’utilizzazione dei fabbricati medesimi con modalità commerciali.
Il ricorso va pertanto accolto per manifesta fondatezza e la sentenza impugnata cassata con rinvio per nuovo esame sulla base dei principi di diritto, come innanzi enunciati, sulle condizioni per il riconoscimento dell’applicabilità o meno dell’esenzione in relazione alle diverse ipotesi invocate dalla contribuente.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sardegna in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 dicembre 2016