Ordinanza 31194/2018
Prescrizione per l’esercizio dell’azione revocatoria – Art. 2903 c.c. – Società in amministrazione straordinaria
Il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria decorre dal momento dell’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali e non dalla nomina del Commissario straordinario, come invece avveniva in base alla precedente disciplina di cui alla l. n. 95 del 1979, poiché l’art. 49 del d.lgs. n. 270 del 1999 nel disporre che l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal Commissario straordinario “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”, prevede l’avveramento di una specifica condizione per l’esercizio dell’azione.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 3 dicembre 2018, n. 31194 (CED Cassazione 2018)
FATTI DI CAUSA
- Con sentenza depositata in data 6 agosto 2008 il Tribunale di Roma respingeva la domanda proposta da (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria ai sensi delDecreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 49e L. Fall., articolo 67, comma 2 al fine di sentir dichiarare l’inefficacia nei confronti dei creditori dei pagamenti di Euro 16.783,32 e Euro 5.267,86 effettuati in favore della (OMISSIS) a r.l. ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione del diritto azionato sollevata dalla compagine convenuta.
- La Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’impugnazione proposta, ravvisava invece la fondatezza della domanda, in quanto il termine di prescrizione quinquennale doveva essere fatto decorrere non dalla nomina del Commissario straordinario, ma dall’approvazione del programma di cessione del compendio aziendale, nel senso previsto dalDecreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 49.
In particolare la corte territoriale, dopo aver ritenuto infondate le deduzioni difensive dell’appellata volte a sostenere che i pagamenti non erano revocabili, atteso che le stesse erano fondate su circostanze verificatesi dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza e risultavano dunque irrilevanti rispetto alla fattispecie regolata dalla L. Fall., articolo 67, comma 2, la quale aveva riguardo ai soli fatti avvenuti nell’anno antecedente alla dichiarazione dello stato di insolvenza, dichiarava inefficaci i due pagamenti effettuati in favore della (OMISSIS) a r.l. e condannava quest’ultima al pagamento in favore della procedura attrice della somma di Euro 22.051,18
- Ha proposto ricorso per cassazione avverso questo pronuncia la (OMISSIS) s.r.l. (già (OMISSIS) a r.l.) affidandosi a due motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex articolo 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’ articolo 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 49 della L. Fall., articolo 67 e dell’articolo 2935 c.c.: la corte territoriale, in contrasto con il consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, avrebbe trascurato di considerare che il termine di prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare decorreva dalla nomina del Commissario straordinario, benchè una simile iniziativa fosse esperibile soltanto in relazione alla eventuale fase liquidatoria; il dies a quo del computo dei termini di prescrizione doveva essere perciò individuato nel momento della nomina dell’unico soggetto legittimato all’ esercizio dell’azione, mentre l’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali costituiva una mera condizione dell’azione.
4.2 Il motivo è infondato.
Il Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, articolo 49 nel prevedere che l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal Commissario straordinario delle grandi imprese in crisi “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento”, ha portata innovativa rispetto al Decreto Legge 30 gennaio 1979, n. 26 convertito con la L. 3 marzo 1939, n. 26 e prevede l’avveramento di una specifica condizione per l’esperimento dell’azione non richiesta nè prospettabile in passato (Cass. n. 8539/2000).
Ne consegue che, con riferimento al dies a quo per l’esperimento dell’azione, non può trovare applicazione il regime anteriore della L. n. 95 del 1979 (al quale si riferisce la giurisprudenza citata dal ricorrente), secondo cui la revocatoria fallimentare è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura e la nomina del Commissario (Cass. n. 21516/2017), dato che non è più sufficiente la nomina del Commissario quale unico soggetto legittimato all’esercizio dell’azione perchè il diritto, ex articolo2935 c.c., possa essere fatto valere, ma occorre anche, affinchè “le azioni…. possano essere proposte dal Commissario straordinario”, che sia stata “autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”.
Non si presta quindi a censure l’individuazione da parte della corte territoriale del limite iniziale per il decorso del termine di prescrizione quinquennale nel momento di approvazione del programma di cessione dei beni aziendali, quale primo termine utile perchè il diritto potesse essere fatto valere tramite l’esercizio di un’azione che, fino a quell’epoca, non era proponibile.
5.1 Il secondo mezzo lamenta la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 51 e della L. Fall., articoli 67 e 74: la corte territoriale avrebbe erroneamente trascurato di considerare che il servizio reso dalla Cooperativa La Vittoria era talmente necessario e indispensabile, in quanto strumentale alla gestione del patrimonio della società sottoposta alla procedura concorsuale, da aver imposto il subingresso del Commissario straordinario nel contratto in precedenza stipulato; tale subingresso comportava, ai sensi del combinato disposto del Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 51 e L. Fall., articolo 74, l’obbligo di pagare integralmente anche i servizi già erogati, obbligo logicamente incompatibile con la revocabilità dei pagamenti effettuati.
5.2 il motivo è inammissibile.
La censura sollevata presuppone l’avvenuto subentro del Commissario straordinario nel contratto esistente al momento dell’apertura della procedura e attiene perciò a una questione comportante accertamenti in fatto – che non è stata affrontata nella sentenza impugnata (la quale al contrario parla di prestazioni eseguite dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza e l’ammissione della società all’amministrazione straordinaria e in base ad accordi stipulati con il Commissario straordinario, di modo che parrebbe doversi escludere un subentro nel contratto in essere); la ricorrente pertanto avrebbe dovuto preliminarmente chiarire se una simile questione fosse stata effettivamente e tempestivamente devoluta alla cognizione del giudice del gravame (cfr., fra molte, Cass. 18/10/2013 n. 23675: “Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione”).
- In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve dunque essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.