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Cassazione Civile 31807/2022 – Acquisto per usucapione della proprietà – Opposizione di terzo ordinaria – Omessa trascrizione del titolo di acquisto

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Ordinanza 31807/2022

Acquisto per usucapione della proprietà – Opposizione di terzo ordinaria – Omessa trascrizione del titolo di acquisto

La sentenza che abbia accertato l’acquisto per usucapione della proprietà di un bene in favore di un soggetto e nei confronti di chi, per effetto di un atto a titolo derivativo si era già spogliato del proprio diritto, in epoca anteriore alla data di introduzione del giudizio di usucapione, è suscettibile di opposizione di terzo ordinaria da colui che abbia acquistato a titolo derivativo la proprietà, senza che possa assumere efficacia impeditiva la mancata trascrizione del titolo di acquisto atteso che, ai fini della produzione dell’effetto traslativo della proprietà ex art. 1376 c.c., rileva la sola conclusione dell’accordo manifestato nelle forme di legge.

Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 27-10-2022, n. 31807   (CED Cassazione 2022)

Art 2644 cc (Effetti della trascrizione) – Giurisprudenza

Art. 1376 cc (Contratto con effetti reali) – Giurisprudenza

 

 

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

(OMISSIS) proponeva domanda di usucapione, dinanzi al Tribunale di Cosenza, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), onde sentire accertare l’avvenuto acquisto della proprietà di alcuni beni immobili siti in (OMISSIS), meglio specificati in citazione, atteso il possesso protratto a far data dal 1985.

Nella contumacia dei convenuti, il Tribunale accoglieva la domanda con sentenza n. 48 del 14 gennaio 2011.

Avverso tale sentenza, nelle more passata in cosa giudicata, proponevano opposizione di terzo ordinaria (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, lamentavano che la stessa avesse gravemente pregiudicato il diritto di proprietà da loro vantato sugli stessi immobili.

Deducevano che, con scritture private registrate in data 23/9/1986, avevano acquistato da (OMISSIS) la proprietà dei beni oggetto della domanda di usucapione, e che era quindi loro interesse sentire annullare la sentenza opposta.

Aggiungevano altresì che avevano proposto altra domanda di negatoria servitutis a tutela dei medesimi beni nei confronti di (OMISSIS), il cui giudizio si era concluso favorevolmente, avendo il Tribunale appurato che le scritture invocate avevano immediata efficacia traslativa, senza che mai il convenuto avesse fatto cenno all’esistenza del diverso giudizio di usucapione.

Nella resistenza di (OMISSIS), il Tribunale di Cosenza con la sentenza n. 597/2016 dichiarava la domanda inammissibile.

Avverso tale pronuncia proponevano appello gli opponenti, cui resisteva il solo (OMISSIS).

La Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza n. 757 del 24 maggio 2021 ha accolto l’opposizione, e per l’effetto, ha annullato la sentenza opposta, compensando le spese di lite.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per la pretesa violazione del dettato dell’art. 342 c.p.c., la Corte distrettuale riteneva erronea la conclusione del Tribunale circa l’impossibilità per gli appellanti di poter vantare un pregiudizio tale da legittimare la proposizione dell’opposizione di terzo ordinaria.

Gli attori, infatti, assumevano la qualità di proprietari dei medesimi beni interessati dalla pronuncia di usucapione, invocando a tal fine delle scritture private con le quali, il dante causa dei convenuti nel giudizio di usucapione, aveva loro trasferito la proprietà dei beni.

Trattavasi di una situazione giuridica che è incompatibile con quella accertata nella sentenza opposta, il che rendeva ammissibile l’opposizione.

Inoltre, gli stessi avevano fatto richiamo al contenuto della diversa sentenza, emessa sempre dal Tribunale di Cosenza, n. 5224/2014, tra gli opponenti ed il convenuto (OMISSIS), con la quale era stato accertato che gli attori avevano sempre mantenuto il possesso dei beni a far data dalle scritture invocate come titolo di acquisto (risalenti al 1981), il che escludeva che il convenuto avesse potuto possedere in maniera ininterrotta e continua dal 1985.

Peraltro, al momento della proposizione della domanda di usucapione i germani (OMISSIS) non erano già più proprietari del bene, per averlo il loro dante causa alienato in precedenza.

Il carattere di atti traslativi e definitivi delle scritture de quibus era poi stato accertato anche nel diverso giudizio intercorso tra gli opponenti e (OMISSIS), ove la prova della proprietà in capo agli attori, ai fini dell’accoglimento dell’actio negatoria servitutis ivi proposta, era stata tratta proprio da tali contratti.

Per l’effetto l’opposizione di terzo andava accolta, dovendosi reputare accertata la proprietà dei beni in capo agli opponenti.

Avverso tale sentenza propone ricorso (OMISSIS), sulla base di tre motivi, illustrati da memorie.

Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 100 e 404 c.p.c., nonchè degli artt. 2643, 2644 c.c., art. 2652 c.c., n. 3 e art. 2657 c.c., con la falsa applicazione dell’art. 1372 c.c..

Assume il ricorrente che la sentenza impugnata è erronea per non avere rilevato l’inammissibilità dell’opposizione di terzo proposta dalle controparti, le quali non potevano mai conseguire un risultato utile.

Infatti, assumono di avere acquistato la proprietà dei beni oggetto di causa a mezzo di scritture, che, in assenza di trascrizione, non possono pregiudicare i terzi di buona fede, quale deve reputarsi nella fattispecie il ricorrente.

Ne deriva che i coniugi (OMISSIS) non vantano alcun interesse ad ottenere l’annullamento in opposizione della sentenza del Tribunale di Cosenza di accertamento dell’usucapione.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 404 c.p.c., nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto gli opponenti legittimati al rimedio proposto, senza avvedersi che gli stessi non sono titolari di un diritto autonomo ed incompatibile con quello oggetto della pronuncia di usucapione.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati e vanno quindi rigettati.

La sentenza gravata ha correttamene richiamato il principio di carattere generale affermato dalle Sezioni Unite a mente del quale non qualsiasi pregiudizio legittima il terzo alla proposizione dell’opposizione di terzo ordinaria, ma solo quello che derivi dalla titolarità di una situazione incompatibile con quella accertata o eventualmente costituita dalla sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 1997/2003).

La costante giurisprudenza di legittimità ha poi affermato la ricorrenza dei presupposti per richiedere l’opposizione ex art. 404 c.p.c. in capo a colui che, vantando la qualità di proprietario, sostenga che la sentenza che abbia accertato il medesimo diritto tra altre parti sia per il primo pregiudizievole.

In tal senso è stato statuito che la sentenza passata in giudicato, o comunque esecutiva, la quale riconosca la proprietà di una cosa ad un soggetto nei confronti di un’altra parte, costituisce una situazione giuridica incompatibile con il diritto di proprietà vantato sullo stesso oggetto da un terzo, il quale può pertanto proporre l’opposizione di terzo ordinaria contro la sentenza ex art. 404 c.p.c., comma 1 (cfr. ex multis Cass. n. 8490/2000; per un’ipotesi speculare a quella oggetto di causa, Cass. n. 6233/1993, che ha ritenuto che il terzo, che assuma di avere usucapito il bene la cui proprietà sia controversa fra altri soggetti, è legittimato a proporre l’opposizione di cui all’art. 404 c.p.c., comma 1, avverso la sentenza che attribuisca la proprietà stessa ad uno di tali originari litiganti; Cass. n. 2486/1976; Cass. n. 129/1972; Cass. n. 6191/1986; Cass. n. 3885/1986, che ammette, con riguardo alla sentenza, passata in giudicato, che abbia dichiarato l’usucapione della proprietà di bene immobile, la legittimazione a proporre opposizione, ai sensi dell’art. 404 c.p.c., non soltanto al terzo, che faccia valere l’effettiva titolarità del diritto dominicale per acquisto a titolo originario anteriore a quello riconosciuto in favore di altri dalla predetta decisione, ma anche a chi abbia acquistato a titolo derivativo da tale terzo, con atto successivo alla decisione medesima, in considerazione del suo subentrare nei diritti del dante causa).

L’affermazione degli opponenti di esser titolari del diritto di proprietà sui medesimi beni interessati dalla pronuncia di usucapione conforta quindi la correttezza della soluzione in merito alla loro legittimazione ad avvalersi del rimedio di cui all’art. 404 c.p.c., comma 1.

Il Tribunale, in primo grado, aveva però negato tale legittimazione, reputando che invece gli attori rientrassero nella categoria degli aventi causa, abilitati quindi a proporre opposizione solo nei più rigorosi limiti posti dell’art. 404 c.p.c., comma 2.

Trattasi però di conclusione che correttamente la Corte d’Appello ha disatteso.

Rileva a tal fine che gli opponenti assumono di avere acquistato il diritto di proprietà dall’originario titolare dei beni con scritture private, recanti la data del 1981 ma registrate il 23 settembre 1986, il che indubbiamente rileva ai fini dell’attribuzione della certezza della data ex art. 2704 c.c..

In relazione a tale data, deve pertanto affermarsi che l’acquisto del diritto da parte degli opponenti non è avvenuto nel corso del giudizio di usucapione, circostanza questa che avrebbe loro attribuito la qualità di aventi causa, rilevante ai fini dell’art. 404 c.p.c., comma 2, attesa l’introduzione del giudizio di usucapione da parte dell’odierno ricorrente solo nel 2009.

Nè appare dirimente, ai fini della valutazione di fondatezza dei motivi di ricorso, il richiamo alla mancata trascrizione del loro acquisto.

Infatti, rilevato che ai fini della produzione dell’effetto traslativo della proprietà ex art. 1376 c.c., rileva la sola conclusione dell’accordo legittimamente manifestato, e quindi nel rispetto delle forme prescritte dalla legge, ai fini della produzione di tale effetto non rileva la trascrizione dell’atto, che è invece strumento finalizzato a risolvere il conflitto tra più aventi causa dal medesimo titolare, come appunto chiarito dalla previsione di cui all’art. 2644 c.c..

Ancorchè la domanda di usucapione fosse stata proposta dal (OMISSIS) nei confronti di coloro che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, apparivano essere i proprietari del bene, la mancata trascrizione dell’acquisto della proprietà in favore degli opponenti, però avvenuto con atto di data certa, sebbene non trascritto, non può precludere la possibilità per i medesimi di poter far valere con il rimedio di cui all’art. 404 c.p.c., il pregiudizio scaturente dalla sentenza emessa in danno del loro dante causa, sull’erroneo presupposto che fosse ancora titolare del bene asseritamente usucapito.

A tal fine rileva altresì che il ricorrente deriva il suo diritto di proprietà sui beni non già da una modalità di acquisto a titolo derivativo da un comune dante causa, ma per effetto di una modalità di acquisto della proprietà a titolo originario, come l’usucapione, rispetto alla quale non spiega alcuna efficacia il sistema pubblicitario della trascrizione.

Occorre far richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di trascrizione, il conflitto fra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto, nel regime ordinario del codice civile, a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dall’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall’art. 2644 c.c., con riferimento agli atti indicati nell’art. 2643 c.c., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente fra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa (Cass. n. 8590/2022; Cass. n. 2161/2005; Cass. n. 18888/2008).

La sentenza che abbia accertato l’acquisto per usucapione della proprietà di un bene in favore di un soggetto e nei confronti di chi, per effetto di un atto a titolo derivativo si era già spogliato del proprio diritto, in epoca anteriore alla data di introduzione del giudizio di usucapione (ed allorchè, come nella specie, la data certa dell’atto di trasferimento della proprietà risalga ad un anno – 1986 – sicuramente anteriore allo stesso maturare del ventennio dalla data in cui si assuma essere iniziato il possesso utile ad usucapire – 1985), è pertanto suscettibile di opposizione di terzo ordinaria da colui che abbia acquistato a titolo derivativo la proprietà, senza che possa assumere efficacia impeditiva la mancata trascrizione del titolo di acquisto.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 404 e 112 c.p.c., per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Assume parte ricorrente che la Corte d’Appello, ha accolto l’opposizione di terzo facendo richiamo al contenuto della diversa sentenza n. 5224/2014 del Tribunale di Cosenza che aveva accolto la negatoria servitutis proposta dagli opponenti proprio nei confronti dell’odierno ricorrente, sul presupposto che la proprietà dei beni oggetto di causa fosse dei primi.

Tuttavia, in tal modo è stato attribuito agli opponenti un diritto, quale quello di proprietà, in contrasto con quelle che erano le richieste avanzate con l’opposizione, nelle quali le parti si erano limitate solo a chiedere l’annullamento della sentenza che aveva pronunciato l’usucapione. A fronte di una domanda di carattere solo demolitorio, non poteva la Corte distrettuale accertare l’esistenza del diritto di proprietà in capo agli opponenti.

La censura è infondata.

Questa Corte ha più volte affermato che il principio secondo cui l’opposizione di terzo non annulla nè distrugge il giudicato formatosi tra le parti originarie soffre eccezione quando il rapporto accertato nei confronti dell’opponente sia assolutamente incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza opposta. Ricorre quest’ultima ipotesi ove sia il giudicato opposto che la sentenza che provvede sull’opposizione abbiano ad oggetto l’accertamento dell’inesistenza di un differente diritto soggettivo; in tutti i casi in cui, per le considerazioni sopra indicate, l’efficacia della sentenza opposta debba venir meno anche tra coloro che sono state parti del relativo processo, non è precluso al giudice dell’opposizione l’esame del merito (Cass. n. 619/1977).

Con specifico riferimento al diritto di proprietà, è stato affermato (Cass. n. 260/1967) che il principio secondo cui l’opposizione di terzo non annulla nè distrugge, di regola, il giudicato formatosi tra le parti, soffre eccezione ove il rapporto accertato nei confronti dell’opponente risulti assolutamente incompatibile ed inconciliabile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione, il che ricorre quando il giudicato opposto abbia riconosciuto a favore di una parte la proprietà di un fondo e la sentenza che accoglie l’opposizione riconosca la proprietà dello stesso fondo al terzo opponente. Poichè l’accertamento della proprietà involge una situazione giuridica relativamente allo stesso bene, non può esistere che in un unico modo rispetto a tutti gli interessati (conf. Cass. n. 2115/1992, e più di recente Cass. n. 6261/2009).

Deve quindi trovare applicazione la regola secondo cui nell’opposizione di terzo, la sentenza che accerti che il terzo opponente è titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza pronunciata “inter alias” non deve solo provvedere – ove il diritto del terzo prevalga, per ragioni di diritto sostanziale, su quello della parte vittoriosa nel primo giudizio – all’accoglimento, in ragione di detta prevalenza, dell’opposizione, dichiarando, con pronuncia rescindente, l’inefficacia nei confronti del terzo del giudicato formatosi tra le parti originarie, ma deve anche pronunciarsi, in sede rescissoria, sul merito della domanda proposta dal terzo, procedendo, secondo le ordinarie regole processuali, all’accertamento del reale modo d’essere del diritto che lo stesso ha azionato (Cass. n. 21641/2019; Cass. n. 21851/2020).

Deve pertanto escludersi che ricorra la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il ricorso è pertanto rigettato.

Nulla a disporre per le spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.

Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quarter dell’art. 13 del testo
unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio del 14 ottobre 2022