Sentenza 31963/2021
Rappresentanza processuale della persona giuridica – Contestazione – Dimostrazione potere rappresentativo
Per la rappresentanza processuale della persona giuridica è sufficiente l’indicazione della funzione e del potere del soggetto che ha rilasciato la procura, senza che, in assenza di una puntuale e tempestiva contestazione relativa all’effettiva esistenza del potere esercitato, si configuri l’onere di dimostrare il proprio potere rappresentativo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto infondata l’eccezione relativa al difetto di rappresentanza del soggetto che – qualificatosi come “legale rappresentante della sede secondaria della società” straniera – aveva rilasciato la procura in calce al ricorso per cassazione, essendo stati dimostrati documentalmente ex art. 372 c.p.c., in seguito a precisa contestazione, sia la formale costituzione di una sede secondaria in Italia, sia il conferimento con atto notarile del potere di rappresentanza).
Giurisdizione civile – Recesso del regno unito dall’UE
In tema di giurisdizione del giudice italiano, ancorché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non sia più un paese membro dell’Unione Europea, nei procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione – conclusosi il 31 dicembre 2020 – previsto dall’art. 126 del Brexit Withdrawal Agreement (approvato il 17 ottobre 2019 ed entrato in vigore l’1 febbraio 2020) trova applicazione il Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, ai sensi dell’art. 67 del citato accordo.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 5-11-2021, n. 31963 (CED Cassazione 2021)
Art. 372 cpc (Produzione di altri documenti in cassazione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS) ha evocato in giudizio davanti al tribunale di Roma il (OMISSIS) (d’ora in avanti (OMISSIS)), la (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) esponendo di essere titolare di un credito di originarie Lire 21.400.000.000 cedutogli da (OMISSIS) e corrispondente agli accrediti confluiti sul conto corrente del cedente acceso con la (OMISSIS). (OMISSIS), (figlio di (OMISSIS)) in forza di procura rilasciata dal padre (OMISSIS) aveva trasferito le somme contenute sul conto predetto su un libretto al portatore e successivamente aveva dato in pegno il libretto a (OMISSIS). a garanzia di affidamenti concessi dalla banca ad una società successivamente fallita.
1.1 La (OMISSIS) ha chiesto dichiararsi la nullità dell’atto costitutivo del pegno e la condanna ex art. 2043 c.c. al risarcimento del danno provocato da tutti i convenuti in solido, o alla restituzione ex art. 2041 c.c. delle somme costituenti il credito oggetto di cessione.
I convenuti hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello di San Marino. Il tribunale ha accolto l’eccezione. La Corte d’appello, investita dell’impugnazione, ha ritenuto fondata l’eccezione di giudicato sollevata dalle parti appellate. Ha ritenuto, in particolare, che tra le autonome rationes poste a base del dichiarato difetto di giurisdizione ci fosse quella secondo la quale era stata rilevata l’esistenza di una deroga della competenza del giudice italiano in favore del foro di San Marino contemplata nel contratto che regolava il rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), rapporto oggetto di cessione e sul quale (OMISSIS) aveva fondato la propria legittimazione. Questa ratio non è risultata attinta dai motivi d’impugnazione secondo la Corte d’Appello con conseguente giudicato sulla accertata giurisdizione. Ne è derivata, secondo la Corte d’Appello la conferma definitiva della statuizione della giurisdizione contenuta nella pronuncia di primo grado.
2. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione L’ (OMISSIS) Ltd (d’ora in avanti (OMISSIS)). Hanno resistito con controricorso Banca (OMISSIS). e s.p.a. (OMISSIS) (d’ora in avanti (OMISSIS)). Con ordinanza interlocutoria della prima sezione civile n. 12315 del 2021, la causa è stata rimessa alle Sezioni Unite civili perchè avente ad oggetto l’accertamento della giurisdizione del giudice adito.
3. Il procuratore generale ha depositato requisitoria scritta. La parte ricorrente e le parti controricorrenti hanno depositato memoria.
4. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.; art. 324 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2 in relazione alla ritenuta preclusione da giudicato interno.
4.1 Nel secondo motivo (ancorchè accorpato al primo) viene dedotta la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. per l’omessa pronuncia ed il mancato esame dei motivi d’appello della (OMISSIS).
4.2 In relazione al primo motivo viene rilevato che il giudice di primo grado aveva ritenuto erroneamente esistente un vincolo di subordinazione tra la domanda contrattuale relativa alla nullità del pegno e quella risarcitoria extracontrattuale. Oggetto dell’appello era stata l’affermazione e la giustificazione dell’autonomia e della pariordinazione tra le due domande da cui doveva necessariamente conseguire che non fosse ravvisabile un’autonoma ratio decidendi nella ritenuta applicabilità dell’art. 20 delle condizioni di contratto di conto corrente stipulato tra (OMISSIS) e la (OMISSIS)., avendo tale rilievo valore rafforzativo in relazione all’individuazione della giurisdizione dello Stato di San Marino. La causa petendi da interpretare unitamente al petitum, doveva individuarsi nella domanda di risarcimento derivante dalla condotta illecita causata dalla costituzione del pegno da ritenersi invalido. Su di essa doveva misurarsi l’accertamento della giurisdizione e l’esame dei motivi d’appello che, partendo dalla autonomia delle domande proposte, evidenziavano come la giurisdizione ben potesse radicarsi in Italia, alla luce dei criteri indicati dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 1 e art. 6 della Convenzione di Bruxelles. In presenza di una pluralità di domande connesse e di una pluralità di convenuti, il convenuto dello Stato estero può essere citato davanti al giudice ove è situato il domicilio di altro convenuto, nella specie il Tribunale di Roma, in quanto luogo di residenza di (OMISSIS).
5. Il procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso rilevando che la sentenza d’appello non ha statuito sul merito ma solo in rito. Sotto questo profilo la decisione è errata perchè il cuore della decisione del Tribunale di Roma poggia sul vincolo subordinazione tra la domanda principale di nullità della costituzione del pegno e quella risarcitoria/restitutoria. Questo vincolo ha formato oggetto di appello ragione per cui non si è formato alcun giudicato interno in relazione all’applicabilità della clausola di deroga della giurisdizione contenuta nel citato art. 20 del contratto di conto corrente intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
6. in primo luogo deve essere esaminata l’eccezione preliminare, sollevata dalle parti controricorrenti, relativa al difetto di rappresentanza (o di prova della stessa) del soggetto che ha rilasciato la procura alle liti in calce al ricorso per cassazione, riguardando l’ammissibilità del ricorso.
6.1. L’eccezione è infondata. L’esame del testo della procura contenuta nel ricorso evidenzia che la stessa è stata conferita dal legale rappresentante della sede secondaria della società ricorrente, situate in Italia, secondo quanto disposto dall’art. 2508 c.c. La società, di conseguenza, non era tenuta a fornire la prova della rappresentanza, essendo sufficiente la indicazione della funzione del soggetto conferente (legale rappresentante della sede secondaria della società), secondo l’orientamento costante di questa Corte (ex multis Cass. 19162 del 2007; 23033 del 2011). Solo a fronte di una puntuale contestazione relativa all’effettiva esistenza del potere esercitato mediante il rilascio della procura, nella specie fondata soltanto sulla diversità dei soggetti conferenti nei diversi gradi di giudizio, è stata dimostrata documentalmente la formale costituzione di una sede secondaria a Milano e il conferimento con atto notarile del potere di rappresentanza a (OMISSIS), che ha rilasciato la procura. I documenti, depositati, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., sono stati tempestivamente prodotti perchè riguardanti l’a mmissibilità del ricorso. La parte ricorrente, peraltro, come espresso negli orientamenti sopra citati, era tenuta a fornire la documentazione in oggetto solo a fronte della specifica formulazione dell’eccezione, essendo altrimenti sufficienti l’indicazione della funzione e del conseguente potere di rappresentanza del soggetto che ha rilasciato la procura.
7. L’esame dei primi due motivi può essere condotto congiuntamente. 7.1 Deve rilevarsi in primo luogo che non si è formato alcun giudicato sulla giurisdizione come erroneamente ritenuto dalla Corte d’Appello. In primo luogo, il giudice di primo grado ha deciso esclusivamente sulla giurisdizione, negandone la sussistenza. Ne consegue che l’impugnazione di questa esclusiva statuizione è idonea ad escludere il giudicato ed ad imporre al giudice di secondo grado una decisione sul fondo della questione di giurisdizione, essendone stato espressamente investito dal motivo d’appello. Deve rilevarsi, al riguardo che il giudice, anche di legittimità, può procedere d’ufficio all’esatta qualificazione giuridica del rapporto (nomen iuris; causa petendi e petitum) o dei rapporti dedotti in giudizio e desumere gli elementi individualizzanti la giurisdizione dal materiale fattuale acquisito. Nella specie sono state formulate una pluralità di domande derivanti da obblighi contrattuali e da illeciti extracontrattuali. Ne consegue che la qualificazione giuridica della domanda fornita dal Tribunale al fine di ritenere applicabile la clausola di proroga della giurisdizione è indicativa, nella specie, soltanto del percorso argomentativo seguito per pervenire al difetto di giurisdizione, senza limitare, tuttavia, il sindacato devoluto alla Corte d’Appello sulla giurisdizione che rimane ancorato all’esame di tutti i profili che il complesso e diacronico rapporto giuridico intercorso tra le parti poneva in luce. Come esattamente rilevato nella requisitoria del P.G. la parte appellante ha evidenziato di aver proposto anche domande di natura risarcitoria poste in posizione di pariordinazione ed autonomia rispetto a quelle di derivazione contrattuale. Contravvenendo ai principi esposti, il giudice di secondo grado si è limitato a confermare la pronuncia di primo grado senza prendere posizione su alcuno dei criteri di radicamento della giurisdizione che avrebbero dovuto formare oggetto del suo sindacato, omettendo, peraltro, di esaminare anche quelli contenuti nei motivi di appello.
7.2 Deve, in conclusione, escludersi che si sia formato il giudicato sulla giurisdizione.
7.3 Del pari, deve ritenersi manifestamente infondata l’eccezione prospettata dalle parti controricorrenti in relazione alla mancata espressa censura del capo della pronuncia impugnata di “conferma” della sentenza impugnata. Per le medesime ragioni già esposte per affermare l’illegittimità della statuizione sul giudicato, deve ritenersi che con il ricorso per cassazione, fondato sullo specifico attacco alla decisione relativa al difetto di giurisdizione del giudice italiano, sia stata validamente ed in modo completo censurata la pronuncia della Corte d’Appello, essendo la “conferma” riprodotta nel dispositivo, esclusivamente riferibile alla decisione sulla giurisdizione.
8. E’ necessario, pertanto, affrontare la questione relativa alla determinazione della giurisdizione.
9. Deve, in primo luogo, rilevarsi che al presente giudizio è applicabile il Regolamento Ue n. 1215 del 2012, ancorchè il Regno Unito non sia paese membro dell’Unione Europea. Il 31 dicembre 2020 si è concluso il periodo di transizione previsto dall’art. 126 del Brexit Withdrawal Agreement. Ai procedimenti instaurati prima di questa data, ai sensi dell’art. 67 del medesimo testo normativo, si applica il Regolamento in questione. Peraltro, alla stessa conclusione si perviene, attraverso la L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, che stabilisce l’applicabilità in via generale dei criteri di radicamento della giurisdizione stabiliti nella Convenzione di Bruxelles del 27/9/1968, per le controversie in materia civile e commerciale, cui è seguito il regolamento Bruxelles I (n. 44 del 2001) e Bruxelles II (1215 del 2012).
9.1. E’ stato già rilevato che oggetto del presente giudizio è un rapporto complesso che si articola nel tempo in una pluralità di vincoli di natura negoziale posti in essere da una pluralità di soggetti, dai quali sono scaturiti, secondo le deduzioni attoree, responsabilità contrattuali ed in prevalenza extracontrattuali. Il rapporto originario intercorre tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) ed ha ad oggetto un contratto di conto corrente, il cui rilevante saldo attivo viene trasferito dal figlio di (OMISSIS), (OMISSIS), su un libretto al portatore, successivamente destinato dal medesimo, in qualità di rappresentante munito di procura, la cui validità ed efficacia è oggetto di contestazione, alla costituzione di pegno a garanzia di affidamenti concessi da (OMISSIS) ad una società fallita. La società attrice, in qualità di cessionaria della complessiva situazione creditoria di (OMISSIS) agisce sia per far dichiarare la nullità dell’atto di costituzione del pegno sia per il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito di (OMISSIS) e (OMISSIS). per aver deliberatamente depauperato (OMISSIS) dell’ingente provvista depositata sul conto corrente accesso con (OMISSIS) ritenendo, infine, il coinvolgimento di (OMISSIS) perchè in qualità di società controllante (OMISSIS) aveva omesso ogni controllo sulle operazioni illecite sopra descritte. è prospettata una cooperazione di tutti i convenuti nella realizzazione dell’illecito depauperamento del cedente (OMISSIS), mediante atti contrattuali (la costituzione del pegno di cui si deduce la nullità) e condotte illecite anche non derivanti da contratto (l’utilizzazione di procura inefficace e la realizzazione di un’operazione illecita e l’omesso controllo e/o l’omessa verifica della effettiva natura e finalità dell’operazione da parte della società controllante).
Si tratta di un complesso di operazioni collegate cronologicamente e causalmente alla prospettata finalità di sottrarre l’ingente saldo attivo del conto corrente intestato a (OMISSIS) a vantaggio di (OMISSIS). e (OMISSIS).
10 Ai fini della determinazione della giurisdizione è necessario verificare in primo luogo l’applicabilità dell’art. 8 del Reg. UE n. 1215 del 2012 secondo il quale “una persona domiciliata in uno Stato membro può inoltre essere convenuta in caso di pluralità di convenuti, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui uno di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili derivanti da una trattazione separata”.
10.1 La giurisprudenza di legittimità ha stabilito, al riguardo la necessità di un’interpretazione restrittiva del criterio speciale contenuto nella norma, valorizzandone la funzione di contenimento del fenomeno del forum shopping che potrebbe determinarsi nell’ipotesi di cumulo di domande verso una pluralità di convenuti collegate da una connessione “debole”. In particolare è stata affermata la necessità di verificare se, pur nella diversità del titolo o dell’oggetto o di entrambi, le domande siano fondate su un unico fatto generatore che possa dar luogo in caso di frammentazione dei giudizi a giudicati incompatibili (S.U. 24110 del 2020).
Nella specie può escludersi la diversità dell’oggetto che si rinviene nella dedotta perdita di ingenti somme di denaro depositate in conto corrente intestato al cedente, conseguente all’intreccio degli atti contrattuali e delle condotte illecite descritte. Può ritenersi unico, ancorchè composto di una pluralità di atti e condotte, il fatto generatore della domanda ripristinatoria e risarcitoria azionata, da individuarsi nella sottrazione dal conto corrente intestato a (OMISSIS) della provvista destinata alla costituzione del pegno in favore del (OMISSIS)., quale garante di una società successivamente fallita. La separazione delle domande contrattuali da quelle extracontrattuali rivolte verso tutte le parti convenute, ritenute cooperanti in modo attivo od omissivo alla produzione dell’illecito patrimoniale, condurrebbe a decisioni incompatibili, essendo l’invalidità ed inefficacia degli atti negoziali (in particolare la costituzione del pegno sul libretto al portatore contenente la provvista del conto corrente originario) strettamente connessa al complessivo accertamento dell’illiceità di tutte le operazioni descritte (cessioni di quote societarie, affidamenti bancari garantiti in favore di società successivamente fallite), trattandosi di attività prospettate come connesse da uno stretto vincolo funzionale da parte di tutti i convenuti. Le domande proposte, pertanto, non sono “ontologicamente diverse” (secondo il criterio discretivo indicato in S.U. n. 28675 del 2020) ma, al contrario, strettamente concatenate sul piano causale. Il convenuto domiciliato in Italia, (OMISSIS) è coinvolto sia nella realizzazione di atti di natura negoziale (la costituzione del pegno con esorbitanza dei poteri rappresentativi) sia delle condotte illecite successivamente destinate al depauperamento patrimoniale del padre, così da rivestire una posizione, anche processuale di primo piano nel quadro complessivo dei rapporti tra le parti convenute.
11. L’accertamento della giurisdizione italiana, alla stregua dell’art. 8 del reg. UE n. 1215 del 2012, rende superfluo l’esame di altri criteri di collegamento, riconducibili ai singoli atti negoziali (cessione di credito o costituzioni di pegno) ed in particolare esclude l’applicabilità delle invocate clausole di proroga della giurisdizione.
12. All’affermazione della giurisdizione del giudice italiano cui il Collegio è tenuto ex art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 372 c.p.c. segue il rinvio della causa al giudice di primo grado che ne ha erroneamente dichiarato il difetto, atteso anche il mancato esame del motivo d’appello che censurava specificamente tale statuizione dal parte del giudice di secondo grado.
Le spese del presente procedimento sono rimesse al giudice del merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Dichiara la giurisdizione del giudice italiano.
Cassa la pronuncia impugnata e rinvia la causa al primo giudice, cui rimette anche la regolazione delle spese processuali del presente procedimento.
Così deciso nella camera di consiglio del 13 luglio 2021.