Ordinanza 32438/2019
Compensazione di debiti reciproci aventi natura diversa
Nella compensazione di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l’altro di valuta, ai fini della determinazione del primo si deve tenere conto dell’incidenza della svalutazione monetaria, mentre la parte che fa valere il secondo può richiedere, ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c., l’ulteriore risarcimento del “danno maggiore” da essa eventualmente subìto, rispetto a quello forfettariamente determinato dal primo comma dello stesso art. nella misura degli interessi legali.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 11-12-2019, n. 32438 (CED Cassazione 2019)
Art. 1241 cc (Estinzione per compensazione) – Giurisprudenza
Art. 1242 cc (Effetti della compensazione) – Giurisprudenza
Art. 1243 cc (Compensazione legale e giudiziale) – Giurisprudenza
RILEVATO CHE:
– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. (d’ora in poi (OMISSIS)) il 25/6/2015 avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari con la quale era stata dichiarata la compensazione fra i crediti reciproci delle parti e la condanna dell’odierno ricorrente al pagamento di Euro 20.928,66 oltre interessi legali a favore della controparte;
– il contenzioso fra le parti era insorto a seguito di citazione notificata nel 2010 dal (OMISSIS) alla società (OMISSIS) al fine di sentir accertare l’intervenuta usucapione dell’immobile da egli posseduto sin dal 1978 con condanna della società convenuta al rimborso di quanto pagato al fine di evitare l’espropriazione forzata;
– premetteva l’attore di avere concluso con la società convenuta nel 1978 un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto l’appartamento in questione, per il quale egli aveva versato, alla firma, un determinato importo e che parte promittente venditrice lo aveva immesso nel possesso dell’immobile;
– tuttavia, non era stato stipulato il contratto definitivo sicchè nel 1995 egli aveva promosso un giudizio per la pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c. e per il risarcimento del danno;
– l’adito Tribunale di Cagliari, avanti al quale la convenuta si era costituita resistendo alle domande attoree formulando, a sua volta, domande riconvenzionali aveva, però, dichiarato la prescrizione del diritto azionato dal promissario acquirente e la risoluzione del contratto preliminare condannandolo altresì al rilascio dell’immobile;
– impugnata la sentenza, la Corte d’appello di Cagliari aveva dichiarato la prescrizione anche dei diritti sorti per effetto del preliminare a favore della società promittente venditrice sicchè nulla aveva disposto in ordine al rilascio ed al risarcimento del danno;
– sulla scorta di ciò, il (OMISSIS) aveva promosso nei confronti della medesima società (OMISSIS) altro giudizio volto a conseguire la declaratoria dell’intervenuta usucapione allegando il possesso ininterrotto dell’immobile a far data dal 1978;
– la società si costituiva in questo secondo giudizio rappresentando, innanzitutto, la pendenza dell’impugnazione in cassazione avverso la sentenza della corte d’appello che aveva dichiarato la prescrizione di tutti i diritti sorti per effetto del contratto preliminare, fra cui la domanda di rilascio;
– la società evidenziava, in particolare, che comunque il promissario acquirente per effetto della consegna anticipata del bene ne aveva la detenzione e non il possesso utile ai fini dell’usucapione;
– in considerazione di ciò la società convenuta chiedeva il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, la condanna dello stesso al rilascio ed al risarcimento dei danni per l’occupazione sine titulo, con compensazione delle rispettive pretese creditorie;
– all’esito dell’istruttoria il tribunale adito rigettava la domanda di usucapione confermando la natura di detenzione e non di possesso del rapporto del (OMISSIS) con l’immobile a seguito dell’immissione nel possesso intervenuta in concomitanza con la stipula del preliminare;
– il tribunale accoglieva, invece, la domanda di rilascio perchè, come riconosciuto dallo stesso attore, egli non aveva allegato un titolo a fondamento del possesso;
– osservava, inoltre, il tribunale che la Corte di Cassazione aveva definito l’impugnazione riguardante la sentenza di appello sul giudizio avente ad oggetto il contratto preliminare statuendone l’inefficacia;
– avverso la pronuncia di primo grado, il (OMISSIS) ha proposto appello in via principale mentre la società l’ha proposto in via incidentale;
– la decisione della Corte d’appello di Cagliari, qui impugnata, ha ritenuto, respingendo il primo motivo di gravame articolato dal (OMISSIS), che non si era formato il dedotto giudicato esterno sulle domande di rilascio e di risarcimento dei danni proposte dalla società convenuta;
– la sentenza della Cassazione n. 24923/2010 che aveva definito il giudizio rigettando il ricorso proposto dalla società aveva osservato come quest’ultima avesse chiesto il rilascio sulla base dell’intervenuta risoluzione del contratto preliminare, rinunciando così a riproporre la richiesta a titolo di occupazione sine titulo;
– costituendosi nella successiva causa di usucapione intentata dal (OMISSIS), invece, la società, dopo aver rappresentato la pendenza del giudizio avanti al giudice di legittimità e la circostanza che in caso di esito favorevole, sarebbe stato impedito l’esame della domanda di usucapione, aveva formulato, comunque, domanda di condanna di rilascio sulla base dell’eccepita occupazione sine titulo posta in essere dall’attore;
– poichè con riguardo alla domanda di rilascio fondata su tale diversa causa petendi non si era formato alcun giudicato, la corte d’appello confermava la condanna al rilascio disposta dal giudice di prime cure, in conformità all’obbligo di restituzione ex art. 2033 c.c., riconosciuto a seguito della declaratoria di mancanza di titolo a seguito della sopravvenuta inefficacia del contratto preliminare per prescrizione del diritto alla stipula del definitivo;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dall’attore sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso la società (OMISSIS).
CONSIDERATO CHE:
– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2909 c.c., per avere la sentenza gravata deciso che sulla domanda di rilascio, accolta dal giudice di prime cure e confermata in appello, non si era formato il giudicato esterno, in difformità di quanto statuito nella sentenza della medesima corte d’appello n. 330/2004 e dalla Suprema corte nella sentenza n. 24923/2010;
– la denuncia è infondata;
– la corte d’appello rigetta l’appello proposto sul punto dal (OMISSIS) perimetrando a pag. 7 della sentenza oggetto del giudicato formatosi sulla domanda di rilascio proposta dalla società nel precedente giudizio con la sentenza della Corte di cassazione n. 24923/2010; precisa, cioè, che il rigetto del ricorso proposto dalla (OMISSIS) riguarda la domanda di rilascio collegata alla dichiarata prescrizione dei diritti nascenti dal contratto preliminare; dà atto cioè che nel giudizio di appello la società aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado (che aveva condannato l’attore al rilascio per essere prescritto il diritto alla stipula del contratto definitivo ex art. 2932 c.c.) dovendosi in tal modo ritenere rinunciate le domande di rilascio e di danni formulate su una causa petendi differente dalla risoluzione del contratto;
– in detta statuizione diversamente da quanto, peraltro genericamente, contestato dal ricorrente non è ravvisabile la violazione dei limiti del giudicato operando nessuna violazione dei limiti del giudicato;
– è principio consolidato che il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, riguarda non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (cfr. Cass. 3488/2016; id. 25745/2017; 5486/2019);
– nel caso di specie la domanda di rilascio per occupazione sine titulo si fonda su un titolo diverso da quello contrattuale, ed anzi sulla sua mancanza, e non costituisce quindi un precedente logico del giudicato;
– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli art. 112 e 115 c.p.c., nonchè degli artt. 1224, 1226, 1282 e 2041 c.c., per avere la corte d’appello, in accoglimento dell’appello incidentale accolto la domanda di risarcimento del danno da illegittima occupazione dell’immobile a far data dalla domanda sino alla sentenza;
– la pronuncia impugnata aveva parametrato il danno all’importo del canone desunto da un contratto di locazione prodotto dal (OMISSIS), stipulato nel 2012 ma riferito ad altro soggetto e, soprattutto, al di fuori di ogni allegazione della parte, così violando l’art. 115 c.p.c.;
– nella determinazione del dovuto la corte distrettuale era, ad avviso del ricorrente, incorsa nella violazione dell’art. 2041 c.c., perchè non aveva riconosciuto il titolo indennitario del credito che non poteva coincidere con l’ammontare dei canoni tout court ma avrebbe dovuto decurtarlo dei costi di manutenzione e delle ristrutturazioni eseguite dal (OMISSIS) negli anni dal 2008 al 2011 per evitare un arricchimento a favore della (OMISSIS);
– ancora, si censura la quantificazione del danno con riferimento temporale al 2015, sulla base della presunzione che l’occupazione si era protratta mentre non aveva tenuto conto che nel 2013 era stata sospesa l’efficacia della sentenza d’appello, poco dopo revocata, sicchè non era scontata la prosecuzione dell’occupazione;
– infine, la corte aveva proceduto alla compensazione dei reciproci crediti delle parti e nel far ciò aveva computato nel credito della società la rivalutazione per il danno da ritardo e gli interessi mentre il controcredito del (OMISSIS) era stato considerato solo nominalmente, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 1282, 1224 e 1226 c.c. e art. 3 Cost.;
– il motivo è fondato nei limiti di seguito precisati in relazione all’operata compensazione;
– in vista della compensazione, infatti, i due crediti vanno resi omogenei con riferimento al momento della sentenza;
– è principio costantemente ribadito che nel caso di coesistenza di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l’altro di valuta, nella determinazione, ai fini della compensazione, dell’ammontare del primo, non può non tenersi conto dovendo i danni da risarcire essere determinati con riferimento ai valori monetari del tempo della decisione finale della causa della incidenza della svalutazione monetaria, il cui calcolo, con la conseguente sua aggiunta all’entita dei danni determinata con riferimento ai valori della moneta al tempo dell’evento dannoso, costituisce una semplice modalita della liquidazione, la quale conserva pur sempre come suo oggetto tutta la somma nella sua entità;
– corrispondentemente anche la parte che fa valere il credito meramente pecuniario puo richiedere, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, l’ulteriore risarcimento del danno maggiore (rispetto a quello forfettariamente determinato dal comma 1 dello stesso art. nella misura degli interessi legali) da essa eventualmente subito (cfr. Cass. 6407/1979; per l’estinzione parziale a seguito di compensazione cfr. 5874/1987; id. 13416/2019);
– ciò posto si deve considerare che il credito del (OMISSIS) attiene al rimborso per le spese sostenute per evitare l’espropriazione e versate il 18/10/2000: esso costituisce un debito di valuta, retto dal principio nominalistico, e pertanto il suo importo avrebbe dovuto essere attualizzato fino alla sentenza secondo la relativa disciplina e cioè dalla mora, oppure, in mancanza di indicazione di essa, dalla domanda;
– detta attualizzazione era stata chiesta (cfr. conclusioni dell’appellante riportate in sentenza) e, tuttavia, non calcolata e, dunque, la relativa censura è fondata ed il motivo va accolto;
– l’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto ed il rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, altra sezione che effettuerà in vista della compensazione il calcolo dell’attualizzazione del credito del (OMISSIS) computando gli interessi legali dalla domanda fino alla sentenza;
– la Corte d’appello di Cagliari provvederà inoltre alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, altra sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio della seconda sezione civile del 21 maggio 2019.