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Cassazione Civile 33239/2022 – Lavoro subordinato – Obblighi del datore – Tutela delle condizioni di lavoro – Obbligo di prevenzione ex art. 2087 cc – Adozione di cautele cd. innominate

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Ordinanza 33239/2022

Lavoro subordinato – Obblighi del datore – Tutela delle condizioni di lavoro – Obbligo di prevenzione ex art. 2087 cc – Adozione di cautele cd. innominate – Necessità – Prova liberatoria a carico del datore

Il datore di lavoro deve predisporre a tutela della sicurezza del lavoratore non soltanto le misure prescritte dal legislatore che rappresentano lo “standard” minimale, ma anche tutte quelle che siano praticate normalmente o, in concreto, siano richieste dalla specificità del rischio connesso all’attività lavorativa, la cui prova liberatoria, correlata alla diligenza esigibile, è a carico della parte datoriale che dovrà provare di aver adottato tutte quelle cautele che, benché non dettate dalla legge, siano consigliate dalle conoscenze sperimentali e tecniche o dagli “standard” di sicurezza normalmente osservati. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito per non aver verificato se, all’epoca dei fatti, l’adozione di aghi retrattili per i prelievi di sangue fosse un presidio di sicurezza esigibile dalla lavoratrice, quale dispositivo di protezione normalmente in uso nel settore ospedaliero).

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 10-11-2022, n. 33239   (CED Cassazione 2022)

Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza n. 282 depositata il 23.1.2018 la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale di Benevento, ha respinto la domanda di risarcimento del danno proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) già (OMISSIS) conseguente ad infortunio sul lavoro del (OMISSIS);

2. la Corte territoriale – richiamando preliminarmente i consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia di responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. – ha rilevato che la dinamica dell’incidente era pacifica (la (OMISSIS), infermiera professionale, durante un prelievo ematico ed a causa di un improvviso movimento della paziente ricoverata, si era punta un dito con l’ago sporco di sangue ed aveva contratto l’Epatite C) ed ha ritenuto insussistente una responsabilità del datore di lavoro posto che era emerso dal quadro istruttorio che: la dipendente era dotata di presidi di protezione individuale (maschere, guanti, visiere); aveva conoscenza che la paziente era affetta da epatite C; aveva utilizzato un ago “butterfly” (e non un ago normale) pur sapendo che era più corto degli aghi normali e nonostante le istruzioni diramate ai sanitari sugli accorgimenti da adottare per il prelievo venoso sottolineassero che questo tipo di ago era normalmente sconsigliato; aveva partecipato a corsi specifici in materia di tutela della salute degli operatori sanitari; la Corte territoriale rilevava, inoltre, che l’infortunio era avvenuto per un imprevedibile movimento della paziente (che si era mossa per rispondere al telefonino che squillava) ed era dunque da attribuirsi al caso fortuito;

3. avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione la lavoratrice deducendo due motivi di censura, illustrati da memoria; la società resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. il primo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2087 e 2697 c.c., in combinato disposto con del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3, 4, 35, 40, 81, 85 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la responsabilità contrattuale sussiste anche in caso di comportamento colposo o negligente del datore di lavoro, responsabilità che va esclusa solamente in caso di condotta abnorme del lavoratore, insussistente nel caso di specie, e potendosi adottare presidi più avanzati di protezione (quali gli “aghi retrattili”); la censura si dilunga sulla illustrazione del dovere di sicurezza e di protezione del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c., senza accenno alle disposizioni richiamate in rubrica del D.Lgs. n. 626 (provvedimento, peraltro, abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2008);

2. con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la società non aveva dotato gli infermieri di “aghi retrattili”, sistemi di protezione più sicuri, come riferito dal CTU; inoltre, il teste (OMISSIS) ha riferito di non essere a conoscenza delle condizioni di replicazione della infezione da cui era affetta la paziente;

3. i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente visto la stretta connessione, sono fondati per quanto di ragione;

4. nella fattispecie, la Corte territoriale ha escluso un profilo di colpa del datore di lavoro rilevando che la dipendente, con qualifica professionale idonea a far comprendere i rischi ricorrenti durante un prelievo ematico, aveva i presidi di protezione necessari per evitare l’infortunio (maschera, visiera, guanti di vario tipo e dotazione di aghi, di lunghezza normale o tipo “butterfly”), era stata istruita sulla necessità di utilizzare l’ago “butterfly”, più corto degli aghi normali, solamente in casi particolari (“paziente con vene difficili o un paziente che deve essere sottoposto, subito dopo il prelievo, a terapia infusiva”, situazioni non ricorrenti nel caso di specie), non potendosi supporre che l’accidentale puntura della (OMISSIS) sarebbe stata evitata dalla presenza di “aghi retrattili”;

5. la Corte territoriale ha, peraltro, trascurato – come evidenziato dalla ricorrente – che il CTU, Dott. (OMISSIS), aveva sottolineato che si poteva “ricorrere a mezzi più avanzati di protezione” ossia a “dispositivi medici realizzati secondo una tecnologia diretta a tutelare il personale medico da ferite da oggetti taglienti dovute a distrazioni. Sono disponibili dispositivi medici dotati di caratteristiche di sicurezza allo scopo di prevenire tali ferite. Queste caratteristiche comprendono: dispositivi dotati di ago con cappuccio protettivo o di ago retrattile, con azionamento manale; dispositivi dotati di ago con cappuccio protettivo o di ago retrattile, con azionamento automatico”; parte ricorrente evidenzia, inoltre, che dalle deposizioni testimoniali (teste (OMISSIS), escussa all’udienza dell’8.2.2012) è emerso che tale specifico presidio di sicurezza (gli aghi retrattili) non era adottato all’epoca dei fatti ed è stato inserito nelle dotazioni “da tre o quattro anni” (rispetto alla data della deposizione testimoniale);

6. secondo i consolidati principi elaborati dal giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 312 del 1996 con particolare riguardo alla esigibilità di misure che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondano ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti) nonchè da questa Corte, la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento: incombe al lavoratore ex art. 2697 c.c. (che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute) l’onere di provare l’esistenza di tale danno e la nocività dell’ambiente di lavoro, nonchè il nesso tra l’una e l’altra (cfr. da ultimo Cass. n. 56 del 2021, Cass. 32381 del 2019), non configurando, l’art. 2087 c.c., una responsabilità oggettiva ma richiedendo un profilo di colpa del datore di lavoro, mentre spetta poi al datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia o l’infortunio del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento (cfr. da ultimo, Cass. n. 24742 del 2018, Cass. n. 29909 del 2021; Cass. n. 4210 del 2022);

7. in particolare, nel caso in cui si discorra di misure di sicurezza cosiddette “innominate”, ex art. 2087 c.c., la prova liberatoria a carico del datore di lavoro risulta generalmente correlata alla quantificazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi, di norma, al datore di lavoro l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che, ancorchè non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli standard di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe (v. Cass. n. 12445 del 2006; Cass. n. 3033 del 2012; Cass. n. 15082 del 2014; Cass. n. 4084 del 2018; Cass. n. 27964 del 2018; Cass. n. 12041 del 2020);

8. se, dunque, va ribadito che l’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 c.c., impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo “standard minimale” fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità del rischio e praticate normalmente nel settore, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall’art. 41 Cost., comma 2 (Cass. n. 6337 del 2012, Cass. nn. 10819 e 14468 del 2013), nel caso di specie, la Corte territoriale, nell’esaminare la fattispecie concreta, non ha dato corretta applicazione alle regole innanzi enucleate, allorchè ha tralasciato di verificare se, all’epoca dell’infortunio subito dalla (OMISSIS) ((OMISSIS)), l’adozione di aghi retrattili per lo svolgimento dell’attività del prelievo di sangue rappresentava un livello di sicurezza generalmente praticato nel settore ospedaliero e, dunque, si trattasse di presidio di sicurezza esigibile dalla lavoratrice;

9. seppur va distinta – a differenza di quanto illustrato da parte ricorrente – l’analisi della sussistenza (o meno) di un comportamento abnorme o di una clamorosa imprudenza e, dunque, la ricorrenza di un rischio elettivo (profilo che costituisce il limite, unico, alla copertura assicurativa da parte dell’ente previdenziale di qualsiasi infortunio in quanto ne esclude l’essenziale requisito della “occasione di lavoro”, presupposto costitutivo della tutela previdenziale, del Testo Unico n. 1124 del 1965, ex art. 2), rispetto alla indagine sui diversi elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno (art. 2087 c.c., che richiede l’inadempimento del datore di lavoro a misure di sicurezza nominate o innominate, cfr. sulla distinzione degli elementi costitutivi delle due azioni, Cass. n. 1269 del 2022), la Corte territoriale non ha svolto un esaustivo accertamento in ordine agli obblighi di protezione imposti al datore di lavoro operante nel settore sanitario da norme di legge ovvero suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento;

10. in conclusione, il ricorso va accolto, per quanto di ragione, la sentenza va cassata e rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.