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Cassazione Civile 337/2020 – Frazionamento della domanda tutela processuale – Limiti

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Ordinanza 337/2020

Frazionamento della domanda tutela processuale – Limiti

Le domande concernenti diversi e distinti diritti di credito relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti che siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, possono essere proposte in separati processi solo ove l’attore risulti assistito da un oggettivo interesse alla tutela processuale frazionata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non meritevole di tutela la scelta dell’attore di frazionare il suo credito al fine di adire il giudice di pace, così da ottenere una decisione più rapida, trattandosi di condotta che aveva alterato la competenza per valore sulla domanda e, quindi, sottratto la controversia al suo giudice naturale).

Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 13-1-2020, n. 337   (CED Cassazione 2020)

 

 

RITENUTO

Al. Ru. agiva innanzi al Giudice di pace di San Vito dei Normanni nei confronti della Unipol Assicurazioni s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 4.733,00 a titolo di risarcimento del danno patito a seguito di un incidente stradale.

La compagnia assicurativa si costituiva in giudizio. Il Giudice di pace accoglieva la domanda.

La Unipol Assicurazioni s.p.a. appellava la decisione e il Tribunale di Brindisi, in funzione di giudice d’appello, accoglieva il gravame e rigettava la domanda dell’attore.

Contro tale decisione il Ru. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. La Unipol Assicurazioni s.p.a. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Il Ru. ha depositato memorie difensive.

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 31, 40, 104 e 34 cod. proc. civ.

La seconda censura prospetta, invece, la violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.

I due motivi sono sostanzialmente sovrapponibili e devono essere esaminati congiuntamente.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibile la domanda del Ru., in quanto esercitata in violazione del principio di non frazionabilità del credito. Tale decisione risulta conforme ai princìpi affermati da questa Corte, secondo cui, qualora una pluralità di pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Sez. U, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017, Rv. 643111 – 01).

Il ricorrente deduce che egli avrebbe avuto un interesse meritevole di tutela a frazionare il credito, rappresentato dal fatto che frazionando la domanda e quindi versando nelle condizioni di accedere alla competenza per valore del Giudice di pace, avrebbe avuto una decisione in tempi più rapidi.

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato 1\.1 inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. Infatti, l’interesse dedotto a giustificazione dell’esercizio frazionato del i credito è non idoneo a giustificare la condotta processuale del Ru..

Piuttosto, egli, frazionando il credito, ha alterato la competenza per valore sulla domanda, sottraendo il giudizio al suo giudice naturale.

Si tratta, pertanto, di una strategia processuale alla quale non è sotteso un interesse meritevole di tutela, nei termini intesi dalla giurisprudenza di questa Corte, già innanzi citata.

Semmai, si è in presenza di una ipotesi di abuso del processo, in quanto il Ru. ha tentato di conseguire, mediante un uso distorto degli strumenti processuali, un vantaggio cui non aveva diritto. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ.

Ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, nella misura indicata nel dispositivo.

Sussistono, inoltre, i presupposti perché il ricorrente sia condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ. – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun apprezzabile sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere l’impugnazione proposta.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge, nonché al pagamento in favore della controparte, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 4.000,00.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.