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Cassazione Civile 33749/2022 – Esecuzione esattoriale – Pagamento della somma intimata – Onere della prova

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Ordinanza 33749/2022

 

Esecuzione esattoriale – Pagamento della somma intimata – Onere della prova

In tema di esecuzione esattoriale, incombe sul debitore, in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., l’onere di allegare e provare la tempestività del versamento della somma intimata rispetto alla data di notificazione della cartella di pagamento, ai sensi dell’art. 25, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, trattandosi di fatto che, agendo sul piano sostanziale, estingue il diritto di credito azionato dall’agente della riscossione, impedendogli di dare avvio al procedimento espropriativo. (Fattispecie in cui la copia notificata della cartella di pagamento era carente dell’indicazione della data di consegna dell’atto al debitore).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 16-11-2022, n. 33749   (CED Cassazione 2022)

Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza

Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Con la decisione in epigrafe indicata, il Tribunale di Bologna, pronunciando quale giudice del rinvio disposto dalla sentenza n. 14637/2017 di questa Corte, ha, in parziale accoglimento dell’appello sull’opposizione proposta ex art. 615 c.p.c., comma 2, da (OMISSIS): dichiarato insussistente il diritto a procedere ad esecuzione di Agenzia delle Entrate Riscossione (ope legis succeduta ad Equitalia Polis S.p.A., incorporante l’originaria procedente Equitalia Centro S.p.A.) in forza della cartella n. (OMISSIS); rigettato invece l’opposizione relativa all’azione esecutiva intentata in forza della cartella n. (OMISSIS); disposto l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), affidandosi a due motivi illustrati da memoria; non svolge attività processuale in grado di legittimità l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, va rilevato che la notificazione del ricorso nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate Riscossione (parte costituita nel giudizio a quo con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato) è inficiata da nullità, dacchè eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna e presso la sede legale dell’ente, e non già presso l’Avvocatura Generale dello Stato; detto vizio non risulta sanato, mancando la costituzione in giudizio della menzionata Pubblica Amministrazione malamente evocata in lite oppure lo spontaneo nuovo esperimento di idonea notifica dell’atto introduttivo ad opera del ricorrente (cfr. Cass., Sez. U, 15/01/2015, n. 608; Cass. 30/11/2015, n. 24417; Cass. 18/01/2016, n. 710; Cass. 23/04/2019, n. 11187; Cass. 24/06/2020, n. 12410).

Tanto precisato, ritiene il Collegio di non dover disporre ordine di rinnovazione della notificazione del ricorso ex art. 291 c.p.c., stante l’infondatezza del ricorso per le ragioni in appresso esplicate.

Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur in astratto potendone sussistere i presupposti (come nel caso, non risultando corretta l’evocazione in lite di una parte), l’emissione di un ordine di rinnovazione della notifica dell’atto introduttivo e la fissazione di un termine per il relativo incombente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (così, sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, cfr., tra le tantissime, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 15106; Cass. 18/04/2019, n. 10839).

2. Con il primo motivo si denuncia falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 2 e dell’art. 2697 c.c., contraddittorietà, incongruità ed illogicità della motivazione per violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c..

Secondo il ricorrente, il giudice territoriale, nel ritenere la tardività del pagamento eseguito (siccome ritenuto oltre il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella), ha sovvertito la regola sancita dall’art. 2697 c.c. e posto a carico del consegnatario della cartella l’onere di provare la data di notifica della stessa, senza tener conto che l’omessa indicazione della data di consegna sulla copia notificata della cartella dovrebbe impedire la decorrenza del termine per proporre opposizione ed altresì del termine per il pagamento di quanto intimato.

2.1. La doglianza è infondata.

Nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, il fatto impeditivo del diritto all’azione esecutiva da parte dell’agente non è il pagamento sic et simpliciter delle somme intimate con la cartella, ma il pagamento effettuato nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella (Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, art. 25, comma 2).

Discende da ciò che, in piana applicazione dei principi generali in tema di riparto degli oneri di allegazione e prova, l’opponente è tenuto a dedurre di aver effettuato un pagamento tempestivo, ovvero ad indicare (e, in caso di contestazione, a dimostrare) l’epoca di ricezione della cartella e di effettuazione del versamento.

Di tale regula iuris ha sostanzialmente fatto buon governo la sentenza impugnata.

Ed invero l’opponente (in questa sede ricorrente) ha mancato di allegare la data di ricezione (sicuramente avvenuta e mai negata) della cartella, a tale onere non assolvendo neppure a fronte della puntuale controeccezione dell’agente della riscossione circa il compimento della notificazione il giorno 13 giugno 2007 e la conseguente tardività del versamento degli importi oggetto di intimazione.

In presenza di una deficienza allegativa del genere, alcuna valenza riveste la mancata indicazione della data di consegna dell’atto sulla copia notificata della cartella, vizio afferente la fase di documentazione della notifica (ovvero la c.d. relata stilata dal soggetto notificatore): è ben vero che la consolidata giurisprudenza di legittimità, che non si ha qui alcun elemento per rimeditare, considera tale vizio come idoneo ad assumere rilievo ai fini della decorrenza del termine per l’esercizio di diritti e facoltà di carattere processuale, quale la proposizione di un’impugnazione. E però tale idoneità va esclusa per il compimento di attività a contenuto sostanziale, quale quella di pagamento del debito azionato al fine della sua estinzione: visto che la carenza di indicazione non impedisce di per sè sola, una volta non contestata la ricezione dell’atto da cui decorre il termine per adempiere, di accingersi a tanto.

3. Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 91, comma 1, e falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, del codice di rito, per avere la sentenza impugnata disposto la compensazione integrale delle spese di lite per soccombenza reciproca nonostante “la evidente sproporzione tra l’unico punto nel quale la Dott.ssa (OMISSIS) sarebbe rimasta soccombente rispetto a tutte le altre prevalenti questioni, sia di rito che di merito, nelle quali è stata accertata la propria ragione”.

3.1. La censura va disattesa.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di spese processuali, l’apprezzamento comparativo dell’importanza delle domande accolte o rigettate e la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca (nonchè la conseguente determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti), compiuto ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, integrano, tipicamente, esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (ex plurimis, Cass. 26/05/2021, n. 14459; Cass. 20/12/2017, n. 30592; Cass. 04/08/2017, n. 19613).

4. Il ricorso è rigettato.

5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, non avendo parte intimata svolto difese in questo grado di giudizio.

6. Atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 29 settembre 2022.