Ordinanza 33889/2022
Licenziamento collettivo – Riduzione e criteri di scelta del personale da avviare alla mobilità
In tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell’applicazione dei criteri di scelta dettati dall’art. 5 della l. n. 223 del 1991, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell’ambito dell’intero complesso organizzativo e produttivo ed in modo che concorrano lavoratori di analoghe professionalità (ai fini della loro fungibilità) e di similare livello, rimanendo possibile una deroga a tale principio solo in riferimento a casi specifici, ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale, onde evitare che il datore di lavoro finalizzi surrettiziamente detti criteri, eventualmente in collegamento con preventivi spostamenti di personale, all’espulsione di elementi non graditi, senza che questi abbiano concrete possibilità di difesa; ne consegue l’illegittimità della scelta in ragione dell’impiego dei lavoratori da porre in mobilità in un reparto soppresso o ridotto, senza tener conto del possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altri settori aziendali.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 17-11-2022, n. 33889 (CED Cassazione 2022)
RILEVATO CHE:
1. il giudice di primo grado ha confermato l’ordinanza emessa all’esito della fase sommaria che, accertata la violazione delle regole procedurali relative ai criteri di scelta dei lavori da licenziare nell’ambito della procedura di mobilità attivata da (OMISSIS) s.p.a. (da ora (OMISSIS)), ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra le parti alla data del licenziamento collettivo comunicato il 31.10.2014 e condannato (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) di una indennità risarcitoria omnicomprensiva pari a diciotto mensilità della retribuzione globale di fatto;
2. la Corte d’appello di Roma, pronunziando sul reclamo principale di (OMISSIS) e sul reclamo incidentale di (OMISSIS), in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel resto confermata, ha condannato (OMISSIS) S.P.A. in amministrazione straordinaria (da ora (OMISSIS)) a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro ed entrambe le società, in solido, a corrispondergli una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto oltre che al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali;
3. la decisione di secondo grado è stata fondata sulla considerazione che: a) vi era stata violazione dei criteri di scelta stabiliti dagli accordi sindacali del 12 luglio e 24 ottobre 2014, in specifico riferimento al criterio g) (risorsa assegnata a posizione di lavoro in esubero senza concorrenza con altri lavoratori), non avendo la società datrice di lavoro proceduto alla comparazione della posizione lavorativa del (OMISSIS) con quella degli altri addetti allo stesso settore di pari livello; b) l’annullamento del licenziamento, con effetti reintegratori nei confronti di (OMISSIS), comportava che il rapporto di lavoro, ricostituito con effetto ex tunc in capo a quest’ultima società, si trasferisse alla impresa cessionaria (OMISSIS), non essendo da quest’ultima opponibile, alla stregua dell'”interpretazione conforme” al diritto comunitario della L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 4 bis, la circostanza che l’accordo di cessione prevedesse il trasferimento solo di una parte dei dipendenti dell’azienda ceduta; c) la domanda svolta nei confronti di (OMISSIS) era compatibile con il rito ex lege n. 92 del 2012; d) la questione della illegittimità, per violazione dell’art. 2112 c.c., della clausola degli accordi collettivi che escludeva il trasferimento dei rapporti di lavoro non ricompresi nell’elenco allegato agli accordi medesimi, non configurava violazione del divieto di novum in appello essendo stata già proposta in prime cure, rappresentando gli argomenti apportati in sede di reclamo una più puntuale qualificazione giuridica dei medesimi fatti;
3. con separati ricorsi le società hanno impugnato la decisione chiedendo (OMISSIS), sulla base di tre motivi, e (OMISSIS) in A.S. sulla base di due motivi, la cassazione della sentenza di secondo grado; (OMISSIS) ha resistito depositando separati controricorso;
4. tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO CHE:
Motivi di ricorso di (OMISSIS).
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere posto a fondamento della decisione circostanze non allegate dal lavoratore il quale non aveva mai rappresentato di avere avuto esperienze pregresse in altri settori di lavoro ma si era limitato a comparare la propria posizione con quella di altri lavoratori, a suo dire impiegati in altre posizioni al momento dell’avvio della procedura di mobilità; in questa prospettiva denunzia l’ulteriore errore della sentenza impugnata per avere conferito rilievo alla pretesa mancata contestazione da parte di (OMISSIS) della circostanza relativa alla pregressa adibizione del lavoratore ad altri compiti, circostanza che assume non avere costituito oggetto di allegazione da parte dell’originario ricorrente. Evidenzia che, in ogni caso, era onere del lavoratore dimostrare di poter svolgere mansioni fungibili con quelle attuali e asseritamente pregresse del personale impiegato nella funzione Centro addestramento ove era addetto;
2. con il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli Accordi collettivi del 12 luglio 2014 e del 24 ottobre 2014 nonchè della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5. Censura, in sintesi, la sentenza impugnata per avere interpretato il riferimento ai “profili professionali eccedenti” da indicare nella comunicazione L. n. 223 del 1991, ex art. 4, come non limitato alle posizioni di lavoro presenti in azienda al momento dell’avvio della procedura di mobilità ma riferito al bagaglio professionale dei lavoratori coinvolti, in tal modo onerando la parte datrice di lavoro di una probatio diabolica di ricostruzione della complessiva professionalità del lavoratore, con chiaro pregiudizio delle esigenze di difesa; la Corte di merito aveva errato mostrando di confondere la nozione di professionalità con i “profili professionali”, espressione avente un significato tecnico preciso necessariamente correlato alle mansioni;
3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 3, con riferimento alla L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 7, in comb. disp. con gli artt. 414 e 416 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere applicato la tutela reintegratoria in assenza del relativo presupposto; la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, infatti, giustificativa della tutela reintegratoria, implicava la concreta dimostrazione, della quale era onerato il lavoratore, che la corretta applicazione degli stessi avrebbe modificato l’esito del procedimento di selezione conducendo al licenziamento di un lavoratore al posto di un altro, verifica in concreto preclusa stante l’assenza di puntuale allegazione a riguardo da parte del lavoratore ricorrente;
Motivi di ricorso di (OMISSIS) S.P.A in A.S..
4. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente censura la sentenza impugnata per avere respinto la eccezione di incompatibilità del rito ex Lege n. 92 del 2012, con l’accertamento richiesto dal lavoratore, incentrato non solo sulla verifica della illegittimità del licenziamento ma anche sulla esistenza di una fattispecie traslativa rilevante ai sensi dell’art. 2112 c.c.;
5. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 4 bis, nonchè degli accordi collettivi di riferimento per avere la Corte di merito ritenuto non consentita, alla stregua della interpretazione conforme alla Direttiva comunitaria in tema di trasferimenti di azienda, la possibilità per le parti di trasferire solo alcuni dei lavoratori della originaria compagine aziendale oggetto di cessione;
Esame dei motivi di ricorso di (OMISSIS).
6. il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) è infondato;
6.1. il giudice di appello ha ritenuto la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, criteri individuati dai contratti collettivi ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5, sulla base del principio per cui in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda o a specifiche posizioni lavorative, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore o posizione lavorativa solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione dell’impresa; il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto, settore o posizione lavorativa se essi siano idonei ad occupare altre posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda. Ha quindi ritenuto non condivisibile l’assunto di (OMISSIS) che, pur affermando, in linea di principio, la necessità di comparazione della posizione del lavoratore con le posizioni dei lavoratori di tutte le unità organizzative e funzioni comprese nell’Area di riferimento, aveva in concreto escluso posizioni di lavoro comparabili con quella del (OMISSIS) (che aveva svolto mansioni di ” tecnico gestione archivio” ed in precedenza di “addetto alla organizzazione logistica” nell’Area ” Centro Addestramento”). Secondo il giudice di appello, infatti, occorreva considerare la professionalità del (OMISSIS) quale formatasi anche in base alle precedenti esperienze lavorative, la quale non poteva determinare la sua esclusione dalla comparazione, “in special modo allorquando il lavoratore deduca di aver operato in tempi non remoti anche in altri settori”; in altri termini, se poteva convenirsi sul fatto che la professionalità del lavoratore non era comparabile con le posizioni di lavoro appartenenti ad altre funzioni, ovvero a quelle appartenenti ad altre unità organizzative, stante la diversità delle mansioni di quelle posizioni di lavoro da quelle attuali e pregresse del ricorrente e se, analogamente, poteva ritenersi per le posizioni di lavoro appartenenti alla medesima unità organizzativa del (OMISSIS), con diversa qualifica e livello di inquadramento ovvero perchè – di pari inquadramento – svolgenti mansioni mai in precedenza espletate dal lavoratore, diversa valutazione andava fatta per le altre posizioni di lavoro rispetto alle quali la fungibilità doveva presumersi in base alla incontestata circostanza della pregressa adibizione del lavoratore a quelle posizioni. Il giudice di appello, premessa quindi la illegittimità della scelta aprioristica delle posizioni lavorative da sopprimere senza una valutazione comparativa del personale e senza utili allegazioni in relazione alle ragioni dell’infungibilità, ha rilevato che, in ogni caso, era mancata la prova dell’affidamento al (OMISSIS) delle funzioni così come descritte da (OMISSIS) e dalla stessa soppresse non potendo il (OMISSIS) essere destinatario del provvedimento di licenziamento per il solo fatto di essere stato nominativamente indicato come incaricato di dette funzioni; la società nulla aveva inoltre dedotto circa la infungibilità delle precedenti mansioni;
6.2. la gravata sentenza è conforme al principio affermato da questa Corte per cui, in tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell’applicazione dei criteri di scelta dettati dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell’ambito dell’intero complesso organizzativo e produttivo ed in modo che concorrano lavoratori di analoghe professionalità (ai fini della loro fungibilità) e di similare livello, rimanendo possibile una deroga a tale principio solo in riferimento a casi specifici ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale; in caso contrario sarebbe possibile finalizzare i criteri di scelta (eventualmente in collegamento con preventivi spostamenti del personale) ad esigenze imprenditoriali non esclusivamente tecnico produttive e all’espulsione di elementi non graditi al datore di lavoro, senza concrete possibilità di difesa da parte degli interessati (in termini, tra le altre, Cass. n. 7169/2003, Cass. n. 9856/2001, Cass. n. 10832/1997). La comparazione delle diverse posizioni dei lavoratori deve essere effettuata nel rispetto dei principio di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., e il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a un reparto se detti lavoratori sono idonei – per pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative (in termini, tra le altre, Cass. n. 19105/2017, Cass. n. 203/2015, Cass. n. 9711/2011, Cass. n. 22824/2009, Cass. n. 22825/2009, Cass. n. 13783/ 2006);
6.3. ciò posto l’accertamento della professionalità maturata dal (OMISSIS) nell’attività prestata in altri settori è valutazione riservata al giudice di merito, incrinabile solo dalla deduzione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del vizio di omesso esame di fatto decisivo e controverso, vizio non prospettato, neppure formalmente, dalla società (OMISSIS);
6.4. la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non è sorretta dalla adeguata trascrizione del contenuto del ricorso introduttivo in quanto l’odierna ricorrente si è limitata a riportare solo alcune pagine del ricorso di primo grado, nelle quali le allegazioni del lavoratore sono dichiaratamente riferite alle sole attività svolte dal (OMISSIS) a partire dal subentro di (OMISSIS) ad (OMISSIS) s.p.a., sua originaria datrice di lavoro; tali allegazioni quindi risultano intrinsecamente inidonee ad escludere la esistenza in domanda di un più ampio compendio allegatorio riferito alla complessiva professionalità maturata nel periodo precedente, considerato altresì che il rapporto di lavoro con (OMISSIS) s.p.a. si era instaurato nell’aprile 1989;
6.5. in base alle considerazioni che precedono deve escludersi la violazione dell’art. 2697 c.c., che si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. n. 15107/2013, Cass. n. 4241/2018), come avvenuto. L’eventualità che la valutazione delle acquisizioni istruttorie sia stata incongrua e che il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata avesse assolto l’onus probandi integrerebbe un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente negli angusti limiti del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, non ritualmente dedotti;
7. il secondo motivo di ricorso risulta assorbito dal rigetto del primo motivo in quanto la affermazione della necessità di comparazione del lavoratore alla luce alla luce della complessiva professionalità da questi acquisita, anche sulla base di esperienze pregresse, non inficiata dalle censure articolate con il primo motivo di ricorso, risulta di per sè sola idonea a sorreggere la statuizione di illegittimità del licenziamento;
3. il terzo motivo di ricorso è da respingere;
3.1. non è esatto, a fronte dell’accertamento di fatto quale operato dal giudice di merito, sostenere che la Corte distrettuale abbia disatteso il contenuto dell’Accordo del 24.10.2014, perchè lo stesso è stato valutato ed è stato considerato non correttamente applicato per il (OMISSIS), nè che sia stato violato l’art. 2697 c.c., in tema di onere della prova, in quanto giustamente è stato precisato che, in caso di contestazione dei criteri di scelta, da parte del lavoratore, grava sul datore di lavoro l’onere di allegare i criteri applicati e di provare la loro piena applicazione individuale (per tutte Cass. n. 12711/2000);
3.2. la sentenza impugnata ha argomentato che, in base ai criteri stipulati per accordo collettivo, il (OMISSIS) non avrebbe dovuto essere licenziato perchè la sua posizione avrebbe dovuta essere comparata con altre ritenute fungibili; il motivo evoca la c.d. prova di resistenza, che riguarda il caso in cui il datore di lavoro abbia predisposto una graduatoria di lavoratori indicando posizioni comparabili, per cui la corretta applicazione del criterio controverso condurrebbe il lavoratore individuato come da licenziare ad essere collocato fuori dell’ambito numerico delle eccedenze. Si tratta dell’ipotesi in cui l’individuazione del dipendente destinatario del provvedimento espulsivo costituisce l’esito di una comparazione con altri lavoratori (cfr. Cass. n. 13803/2017, nonchè, negli stessi termini Cass. n. 24558/2016). La sentenza impugnata ha però precisato che, nel caso in esame, il (OMISSIS) era stato licenziato in quanto collocato in posizione in esubero senza concorrenza di altri lavoratori, non comparabile per un’asserita, ma smentita, peculiarità delle mansioni svolte. Il criterio della comparazione con altri lavoratori in ipotesi fungibili con la posizione effettivamente ricoperta da dipendente, cui allude il motivo di ricorso, non si confronta con le ragioni effettive poste a fondamento della decisione impugnata e per tale assorbente ragione è inammissibile;
Esame dei motivi di ricorso di (OMISSIS).
4. il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) deve essere respinto alla luce della costante giurisprudenza della Corte di cassazione secondo la quale la inesattezza del rito non determina di per sè la nullità della sentenza ove non sia dedotto e dimostrato lo specifico pregiudizio processuale connesso all’adozione di un rito diverso da quello prescritto Cass. n. 19942/2008, Cass. Sez. Un. 3758/2009, Cass. n. 22325/2014, Cass. n. 1448/2015), pregiudizio nello specifico neppure dedotto dall’odierna ricorrente;
5. il secondo motivo di ricorso deve essere anch’esso respinto in continuità con la giurisprudenza di questa Corte, alla quale si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp att. c.p.c.; il giudice di legittimità ha, infatti, ripetutamente affermato che in caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi della L. n. 675 del 1977, art. 2, comma 5, lettera c), ovvero per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività, ai sensi del Decreto Legislativo n. 270 del 1999, l’accordo sindacale di cui alla L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 4-bis, inserito dal Decreto Legge n. 135 del 2009, conv. in L. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c., concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario, in quanto la locuzione – contenuta del predetto comma 4-bis – “Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’art. 2112 c.c., trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo”, va letta in conformità al diritto dell’Unione Europea ed alla interpretazione che dello stesso ha fornito la Corte di giustizia, 11 giugno 2009, in causa C561/07 (all’esito della procedura di infrazione avviata nei confronti della Repubblica italiana per violazione della direttiva 2001/23/CE), nel senso che gli accordi sindacali, nell’ambito di procedure di insolvenza aperte nei confronti del cedente sebbene non “in vista della liquidazione dei beni”, non possono disporre dell’occupazione preesistente al trasferimento di impresa. (Fattispecie relativa a cessione di compendio aziendale da (OMISSIS) ad (OMISSIS)). ex plurimis Cass. n. 10414/2020, Cass. 33154/2021);
6. in base alle superiori considerazioni entrambi i ricorsi devono essere respinti e, secondo il criterio della soccombenza, ciascuna società condannata alla rifusione delle spese di lite in favore del controricorrente (OMISSIS), oltre che al raddoppio del contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art.13 d. P.R. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso di (OMISSIS) s.p.a. e il ricorso di (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria. Condanna le società ricorrenti alla rifusione delle spese di lite che liquida a carico di ciascuna in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle società ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 5 ottobre 2022